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giovedì 25 aprile 2019

Giornalisti «anti-sette» e censura: una lettera aperta mai pubblicata

Quando si tratta di seminare allarmismo e mettere in cattiva luce una certa comunità religiosa o spirituale o addirittura la fede stessa professata da quella comunità, certi giornalisti a caccia di «contenuti» non si fanno riguardo, e soprattutto non sottopongono le proprie informazioni ad adeguata verifica. L’abbiamo documentato e denunciato ripetutamente dalle pagine del nostro blog, basta consultare la sezione «Media e giornalisti anti-sette» di questa pagina.

Quando però qualcuno cerca di mettere in luce una prospettiva differente sulla narrazione resa dal mass media scandalistico di turno, la sua voce viene sistematicamente tacitata.

Così succede di volta in volta con il nostro Mario Casini, così succede a molti altri, per lo più devoti di questo o quel gruppo spirituale «non convenzionale».

Restituiamo così la voce ad una di queste persone che ha cercato di rivolgere la propria protesta (peraltro pacata e rispettosa, oltre che puntuale e ben documentata), senza nemmeno ricevere una risposta, ad una giornalista di Mediaset, tale Roberta Rei, che aveva voluto infangare la sua comunità religiosa. Malgrado diversi tentativi di contattarla, la «iena
» si è sempre negata.

La lettera, che pubblichiamo integralmente, è stata scritta non da un rappresentante ufficiale della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, ma da un privato cittadino: un Testimone di Geova profondamente convinto della propria fede e sufficientemente coraggioso da cimentarsi in un dialogo a viso aperto e a carte scoperte.

La vicenda cui si fa riferimento è quella della signora Grazia Di Nicola; del suo caso (e delle preziose «fake news» che ne sono scaturite) abbiamo dato conto in questo post.



mercoledì 10 aprile 2019

Business «anti-sette»: allarmismo prezzolato a conduzione familiare

di Epaminonda 


QUANDO LE “SETTE” DIVENTANO UN AFFARE DI FAMIGLIA


C’è chi specula sul terrorismo, sulla paura o sull’insonnia.

C’è chi invece cerca di arricchirsi inventando fenomeni sociali che non esistono: le presunte “sette”.

Ma Armando Piccinni e la sua socia Donatella Marazziti, entrambi psichiatri, non si fanno mancare niente.


Li troviamo quindi a pontificare su ISIS, sulle patologie del sonno, sul timore del rapporto amoroso e, più recentemente, sulla manipolazione mentale e “settaria” (concetti, questi ultimi due così formulati, già di per sé piuttosto discutibili sotto il profilo accademico).

Viene da chiedersi come tanta conoscenza, su temi tanto diversi, possa coesistere in due sole persone relativamente sconosciute, e come la loro esperienza antiterroristica e su numerosi altri campi sia passata sinora inosservata e rimasta confinata a qualche conferenza periferica nella provincia di Lucca.

Del resto, non ce ne meravigliamo: quando non si sa che pesci pigliare, si sguazza per non affogare. Si getta la lenza a casaccio nella speranza vana che qualcuno abbocchi. Si prendono a prestito le tecniche dei venditori ambulanti sulla spiaggia della vicina Viareggio: anch’essi spesso impegnati a proporre cose che nessuno vuole e di cui non c’è alcuna necessità.

Ma con l’ISIS ormai sconfitto (peraltro, sicuramente senza l’apporto dei due psichiatri lucchesi), con il sostanziale fiasco in materia d’insonnia e di pratiche amorose, la coppia Piccinni-Marazziti doveva necessariamente trovare un nuovo sbocco per evitare l’oblio definitivo.

Ecco quindi affiorare la “manipolazione mentale” e il rianimando “reato di plagio”, ma questa volta scende in campo anche la figlia dello psichiatra, Flavia Piccinni, autrice del libro Nella setta, di cui si è già ampiamente parlato in questo blog (qui, qui, qui, qui e qui, ma prima ancora qui anticipando di diversi mesi il lancio editoriale).



E spunta anche un nuovo convegno, sempre organizzato dalla “Brain Research Fondazione Onlus” creatura di Armando Piccinni (che ne è presidente), e di Donatella Marazziti (responsabile delle ricerche, con un passato giudiziario tutto da scoprire). Si tratta di un’organizzazione che contiene solo loro due e che finora (per quanto è dato conoscere) non ha realizzato nulla di concreto dopo la sua nascita nel 2015, se non (presumiamo) degli introiti per i suoi soci.

La sede del nuovo incontro settario, che si terrà fra qualche giorno, è sempre Lucca, dove la BRF vive e dove ha organizzato gran parte dei suoi precedenti rendez-vous.

Il titolo del seminario è: “Organizzazioni settarie e manipolazione mentale”, costa 40 euro e offre solo 5 crediti formativi per i medici che vi parteciperanno, oppure 3 crediti formativi che l’Ordine degli Avvocati di Lucca ha messo a disposizione ai propri iscritti, presumibilmente nella speranza di racimolare ulteriori partecipanti.

Ma basta guardare il sito istituzionale di BRF per capire che si tratta di un netto passo indietro rispetto al passato, nella logica del “non c’è limite al peggio”.

Scopriamo infatti che in 4 anni di vita la BRF ha organizzato solo due convegni con crediti formativi e a pagamento. L’altro risale al 2017 e porta il titolo “Il sonno: la fisiologia, il significato evoluzionistico, i disturbi, le patologie associate”. Concedeva 10 crediti formativi e costava 122 euro. La presentazione indicava pure che erano attesi 50 partecipanti, i quali evidentemente non si sono presentati perché la pagina non è stata aggiornata e non c’è un dato consuntivo nemmeno a due anni di distanza dall’evento.


Perciò, a giudicare dalle valutazioni della stessa BRF, le ipotetiche “sette” valgono meno della metà dell’insonnia e forse il convegno sulla manipolazione mentale chiude il cerchio proponendosi come alternativa soporifera per chi non riesce a dormire.

Ma cerchiamo d’intravedere lo stile di questa strana coppia, ora diventata trio con l’arrivo di Flavia Piccinni, e attingiamo alle perle di saggezza che ci hanno dispensato sinora.

Cominciamo dalle origini e dal comunicato stampa pubblicato nel 2015 su InSalute al momento della fondazione di BRF Onlus.


Scopriamo che tutto comincia con un braccialetto contro la depressione (forse uno di quelli venduti sulle spiagge viareggine?). Un prototipo che Armando Piccinni si apprestava a sperimentare per 6 mesi nello studio del disturbo bipolare. Addirittura la fondazione avrebbe rilasciato anche un’app per interagire con il braccialetto. Piccinni spiegava che: “La ricerca nell’ambito della psichiatria e delle neuroscienze ha sempre bisogno di nuove energie, umane ed economiche” riferendosi sicuramente ai fondi che sperava d’intascare insieme alla Marazziti con questa “Buffonata” nella migliore tradizione lucchese.


Ma del braccialetto e dell’app si perde traccia: forse venduti insieme a qualche collanina?

Nel frattempo la BRF non fa altro che riportare attività di ricerca condotte da altri psichiatri esteri o italiani sui temi più disparati e demenziali. Attività alle quali però BRF non sembra partecipare affatto. Occorre aspettare fino al 2016 (convegno sull’ISIS) prima che la BRF scenda di nuovo concretamente in campo (per così dire).

Leggiamo la presentazione di Armando Piccinni: “Il mondo Occidentale si è trovato all’improvviso nel mezzo di una guerra contro un nemico invisibile”.

Personalmente non credo che questo concetto d’invisibilità sarebbe granché condiviso dai soldati che hanno affrontato ISIS sui campi di battaglia. Ma Piccinni è confuso e lo ammette immediatamente nel seguito della presentazione:

 

Insomma, nella sua testa vorticano pensieri confusi e sconnessi che lasciano intravedere una profonda confusione mentale destinata a compromettere l’esito del convegno come pure le sorti della BRF stessa. Non a caso il seminario era gratuito e non prevedeva alcun credito formativo.

Dopo l’incursione fallita nel territorio dell’ISIS, lo vediamo successivamente impegnato insieme alla Marazziti in un seminario che s’intitola: “Non ho paura”. Immaginiamo che si tratti di un commento in quanto sopravvissuto alla minaccia terroristica, ma ci sbagliamo.

In questo seminario non hanno neanche provato a chiedere il versamento di una quota d’iscrizione e a riconoscere crediti formativi. Bensì leggiamo nella presentazione: Armando Piccinni e la Responsabile Ricerche Donatella Marazziti - si occuperanno di formare i partecipanti rispetto a un tema trasversale e di crescente importanza: la gestione del sé rispetto agli altri, e nello specifico rispetto al rapporto amoroso. Un argomento complicato che influenza in modo innegabile la vita di tutti noi”.

La farneticante dissonanza tra il titolo e lo sviluppo dell’argomento non lascia presagire nulla di buono. In effetti anche questa iniziativa è l’ennesimo buco nell’acqua con la solite cifre campate per aria:


E quindi prosegue:


Insomma, secondo Armando Piccinni tutte queste persone soffrono di disturbi psichiatrici di qualche tipo, che non riguardano unicamente la vescica e la necessità di andare in bagno nel mezzo della notte, ma ben altre più funeste ramificazioni.

La fonte di questa “ricerca” è la EuroDap, vale a dire un’altra onlus che si dedica al Disturbo da Attacchi di Panico. Che c’entra con l’insonnia, non è dato saperlo e scommetterei che non lo sappia nemmeno la “strana coppia”.


Abbiamo cercato sul sito di EuroDap lo studio menzionato da Piccinni e non l’abbiamo trovato, in compenso abbiamo trovato “7 italiani su 10 hanno cambiato abitudini” (senza nessun tipo di informazioni su metodologia e natura dello studio) oppure “9 su 10 nascondono il cellulare a partner e amici” e qui scopriamo che si tratta di un sondaggio online tra uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 60 anni. Insomma, il tipo di sondaggio che potrebbe essere condotto da una rivista scandalistica alla caccia di titoli senzionalistici e senza alcun fondamento (il che non può non ricordare la “pseudoscienza antisette” di cui si parla in questo blog, ad esempio qui o qui).

Come lo sono le affermazioni di Armando Piccinni che prosegue:


Quindi due bambini su dieci sono sonnambuli, mentre chi non riesce a dormire è praticamente un malato di mente. Naturalmente anche questo nuovo tentativo fa fiasco e dopo il flop dell’insonnia, la BRF doveva avere disperatamente bisogno di un’ultima spiaggia per accaparrarsi un po’ di popolarità e scucire qualche decina di euro a tot dozzine di persone.

Forse è proprio per questo che gli improvvisati “esperti” di sociologia, religioni e spiritualità si sono inventati  un’altra statistica campata in aria, gli sbandierati 4 milioni di italiani che farebbero parte di una presunta “organizzazione settaria”. E mette a punto un programma demenziale che non manca di fare pubblicità al libro di Flavia Piccinni.

Considerando i precedenti imbarazzi della BRF, temiamo che sarà l’ennesimo tonfo a cui parteciperanno i soliti “adepti” dell’antisettarismo italiano e della psichiatria di retroguardia che ancora esiste nel nostro Paese.

Nel frattempo confidiamo che Armando Piccinni riesca a trovare i braccialetti smarriti nel 2015.

venerdì 15 febbraio 2019

L’ennesima conferma delle ingiustizie «anti-sette»: ultime assoluzioni per la Comunità Shalom

È di un mese fa la notizia che sono stati finalmente assolti gli ultimi due imputati (sui quarantadue totali) nel processo per maltrattamenti a carico di gestori ed ex ospiti della Comunità Shalom di Palazzolo (Brescia), un centro per il recupero dalla tossicodipendenza profondamente ispirato alla devozione cattolica:


Come si era visto in precedenza su questo blog, la comunità assieme alla sua leader, la suora laica Rosalina Ravasio, stando ai resoconti dei media (in pieno stile «anti-sette») era diventata un «lager» nel quale si consumavano violenze e abusi di vario genere. Tutto ciò dopo oltre vent’anni di attività in favore dei più deboli, sostenuta da volontari ed acclamata da numerosi esponenti della società locale, del mondo dello spettacolo e delle autorità civili.

Tipico esempio di come la «logica» dei militanti contro i piccoli gruppi religiosi è in grado di sovvertire la realtà facendo passare per dei carnefici chi in realtà è vittima di un sistema di «informazione» malato.

Quando l’estate scorsa il primo blocco di assoluzioni ha riportato prepotentemente sotto gli occhi di tutti una verità dolce e amara al contempo, è stato infine possibile tirare le somme di quello che si era così rivelato un tentativo di linciaggio mediatico fortunatamente più fallito che riuscito.


Attendiamo di vedere se quest’ultima assoluzione sarà oggetto di ricorso da parte della pubblica accusa; un’ipotesi che al momento ci appare decisamente improbabile.

mercoledì 13 febbraio 2019

Censure e disinformazione: il libro «anti-sette» di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni

Mentre continua a infuriare la campagna mediatica messa in atto per pubblicizzare e vendere il libro «anti-sette» scritto da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni e compilato con il materiale proveniente da militanti e da facinorosi apostati descritti in questo blog, sempre più lacune e incongruenze emergono dalla loro «informazione» a senso unico.

Una «informazione» che, come s’è già visto e documentato ampiamente, di fatto è disinformazione ed è studiata artificiosamente per generare profitto.

Circa tre settimane fa è stata diffusa una interessante recensione, scritta da un esperto internazionale di spiritualità e religiosità quale il dott. Massimo Introvigne e pubblicata sulla rivista del CESNUR (l’autorevole «Centro Studi sulle Nuove Religioni»):


Sarebbe sì interessante e motivo di lustro per il nostro blog riportare l’intero testo della recensione, tuttavia riteniamo più opportuno convogliare il traffico al sito che l’ha resa pubblicamente disponibile (peraltro assieme all’intero fascicolo di cui fa parte, «The Journal of CESNUR»).

Ci limitiamo a sottolinearne un paio di passi che riteniamo siano davvero icastici, e sicuramente rappresentativi del giudizio complessivo formulato da una figura certo accademica ma pur sempre vicina al vissuto reale delle comunità religiose e spirituali che studia (incluse quelle più direttamente oggetto di repressioni violente anche ai giorni nostri):

Il libro non offre un resoconto neppure minimamente obiettivo dei gruppi che attacca come “sette”, per quattro principali ragioni (…).
Il volume esordisce con un approccio piuttosto confuso alla definizione di che cosa sia una “setta” e, arrivati alla fine del libro, ci si accorge che la confusione è aumentata.

Inoltre:

Sul tema dei nuovi movimenti religiosi il libro non è una fonte attendibile.
(…) Offre una visione parziale, distorta e inaffidabile della maggioranza dei gruppi che presenta.
Che qualche parlamentare della Repubblica si sia fondato sul libro per reclamare interventi pubblici contro le “sette” mostra che l’ignoranza sul tema non è purtroppo prerogativa solo dei giornalisti.

Come ci attendevamo, i diretti interessati non hanno avuto il benché minimo coraggio (almeno sinora) di confrontarsi con una tale recensione, né di pubblicare in modo diretto un commento o un tentativo di smentita né alcuna chiosa.

Hanno pensato i loro amici militanti «anti-sette» a mettere in atto la consueta «macchina del fango» questa volta ai danni proprio del dott. Introvigne, nel tentativo (a nostro avviso piuttosto puerile e comunque risibile) di screditarne l’autorevolezza.

Lo hanno fatto proprio coloro che sovente si esprimono a proposito dei nuovi movimenti religiosi con parole e giudizi molto, forse troppo pesanti, senza essere realmente qualificati per farlo.

Il presidente del CeSAP (nonché esponente FECRIS), lo psicologo Luigi Corvaglia ha dapprima esordito con una sorta di contro-recensione (peraltro miseramente affidata a un commento su Facebook) che si può riassumere nella disperata apologia di Steven Hassan (già fautore della deprogrammazione) per poi approdare a delle improbabili insinuazioni a proposito dell’autodisciplina e della dialettica di Introvigne.

L’amica di Corvaglia nonché fondatrice del CeSAP, Lorita Tinelli, l'ha buttata addirittura sulla «credibilità» (proprio lei… sic!) ma naturalmente senza portare elementi concreti e limitandosi ad avvalorare le dicerie altrui.

Sonia Ghinelli ha fornito un’interpretazione addirittura «complottista», un po' sconclusionata e obiettivamente contorta dell’intervento del dott. Introvigne: secondo la rappresentante di FAVIS, infatti, lo studioso avrebbe scritto una critica finalizzata a «promuovere» il libro (come se già non bastasse la roboante campagna pubblicitaria dei suoi autori) per «intorbidire le acque» e favorire dei non meglio precisati secondi fini.

Tale inesistenza o inconsistenza di repliche vere e proprie non fa che sottolineare la validità delle osservazioni di Massimo Introvigne.

E non è tutto, perché di fronte al tentativo di rendere nota la recensione di Introvigne proprio là dove essa doveva risultare di maggior interesse, ovvero sulla pagina Facebook di promozione del libro, la scure della censura «anti-sette» non ha tardato a intervenire per imbavagliare chi ha osato parlare.

Questo era infatti un post precedentemente visibile (ma ora rimosso) che era rimasto pubblicato per alcuni giorni sulla pagina Facebook del libro «Nella Setta»:



Evidentemente, anche questa volta gli «anti-sette» sono stati colti clamorosamente in fallo e non hanno potuto far altro che concentrare il loro livore su chi si è permesso di esprimere il proprio parere: chiunque, persino chi ha pieno titolo e competenza per formularlo.

lunedì 28 gennaio 2019

Propaganda «anti-sette» per discriminare gli omosessuali e devastare le famiglie?

di Mario Casini


Quando la propaganda «anti-sette» entra in una famiglia o in una comunità, sono sempre guai.

E le comunità, si sa, sono composte da singoli cittadini che a loro volta fanno parte di famiglie più o meno numerose.

In tutti i casi, l’allarmismo sulle presunte «sette» e gli anatemi contro ipotetici «culti distruttivi» finiscono sempre per ingenerare sospetto, tensione, insofferenza, discussioni, litigi, fino alle reazioni violente.

Lo abbiamo visto in molti casi e in storie alquanto diverse l’una dall’altra: si pensi al tragico caso della bassa modenese, alla persecuzione giudiziaria ai danni di Ananda Assisi, al marito che tenta di assassinare la ex moglie o a un centro religioso per il recupero dei tossicodipendenti (la Comunità Shalom) improvvisamente diventato un «lager» secondo i media, oppure una semplice scampagnata fra amici che getta nello scompiglio un’intera cittadina scozzese.

Questa volta, a finire nel tritacarne dell’odio istigato dalla disinformazione e da «cose che tutti sanno» ma che provengono da fonti nascoste e del tutto tendenziose, sono due giovani donne omosessuali. Due ragazze che si sono scoperte innamorate e che, con la «lieta furia» dei loro vent’anni, hanno deciso di sposarsi malgrado le pressioni per rompere la loro unione.


Parlo della storia di Denise e Deborah che è stata raccontata su Canale 5 a «C’è posta per te» qualche giorno fa.

Vi sono indubbiamente degli aspetti relazionali che hanno acuito il conflitto, degli errori e delle incomprensioni. Tuttavia, mi hanno molto colpito alcuni stralci della ricostruzione emersa dai racconti di tutti gli interessati, cioè le due giovani stesse e i familiari di una delle due (Denise).

Per esempio questo:


mi hanno detto che molto probabilmente ero stata plagiata, che era soltanto una cosa passeggera …

Lo stesso, identico genere di «persuasione» che viene adoperata ai danni di chi ha abbracciato un movimento religioso contro il quale è stata messa in moto la macchina del fango della propaganda «anti-sette». E non è nemmeno detto che debba essere per forza un «culto alternativo», potrebbe persino essere un gruppo di tutt’altro genere, come è il caso di «Un Punto Macrobiotico».

Insulti (dai propri stessi familiari!), umiliazione, limitazione della libertà personale, sorveglianza speciale: tutto questo può subire chi ha fatto una scelta inaspettata o non condivisa. Lo sgomento è tale (anche a causa dell’incomprensione che si viene a creare) che i genitori, imbevuti dalle «notizie» che hanno inevitabilmente sentito o letto qua e là in TV o su Internet, sono già «indottrinati» a «sapere» che quando avvengono certe cose il proprio figlio deve aver subito il «lavaggio del cervello».



ricominciano a insultarla, a dirle che lei sta appartenendo ad una setta, che le hanno fatto il lavaggio del cervello …

Per riprendere un articolo del quale abbiamo parlato nel nostro post «Anti-sette», disinformazione e fake news: manipolazione mentale di massa: «il costante ed immediato flusso di informazioni (verificate e non) tende ad annullare la capacità di analisi critica dell’utente (…). Le informazioni non verificate ma ritenute veritiere dagli utenti influenzano la percezione e la comprensione generale degli eventi».

Ed è esattamente quello che è capitato a questa famiglia, in cui il germe del pregiudizio e dell’odio hanno ammorbato i rapporti umani di una mezza dozzina di persone, conducendole sul punto di una frattura insanabile (o quasi).

Tanto è vero che persino il fratello di Denise mostra come sia stato dato ormai per assodato che il presunto «plagio mentale» di Deborah ai suoi danni sia stato tale da privarla addirittura della libertà e della facoltà di «esprimere le proprie opinioni».


è molto succube ... non è libera di esprimere nessuna opinione …

Quindi Deborah, giovane innamorata di Denise, deve essere una sorta di novella Mesmer e aver ipnotizzato l’amata fino a convincerla a cambiare il proprio orientamento sessuale?

Un’idea talmente antiscientifica che è persino inutile commentarla.

Eppure è sempre la stessa tecnica che ho già citato in un precedente post, ben illustrata da un giornalista di lungo corso come Marcello Foa (ora massimo dirigente RAI) in un video di cui avevo ripreso un brevissimo stralcio:


Il caso di Denise e Deborah, con l’omosessualità condannata quale risultato di una «manipolazione mentale», non può non far correre il pensiero a quel caso clamoroso che cinquant’anni fa vide un intellettuale di sinistra dichiaratamente (anzi, per quei tempi, coraggiosamente) gay messo sotto accusa sulla base del reato di plagio, rimasuglio stantio del codice penale del periodo fascista. Parlo ovviamente di Aldo Braibanti, un professore che finì per essere l’unico uomo condannato per plagio nella storia d’Italia. Senza aggiungere altro a quella triste storia, cito quale fonte questo articolo del giornalista Giuseppe Loteta, che quella stagione di battaglie sociali la visse sulla propria pelle in difesa dei diritti di tutti.

Il reato di plagio fu giudicato incostituzionale nel 1981 dalla celebre sentenza nr. 96 della Corte Costituzionale datata 8 giugno 1981, dopo che a finire sotto accusa era stato un sacerdote cattolico, don Emilio Grasso, accusato di aver messo in atto un «lavaggio del cervello» ai danni di alcuni giovani della borghesia  romana per persuaderli ad abbandonare i loro propositi di studio e di carriera per seguirlo nelle sue attività sociali.

La storia ci insegna che il processo per plagio a carico di Aldo Braibanti si concluse con un’impietosa condanna.

Questa volta, per lo meno, la vicenda di una famiglia devastata ha visto un timido lieto fine.


giovedì 24 gennaio 2019

Business «anti-sette»: ecco come Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni lucrano sull’odio

Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, giornalisti «anti-sette» recentemente autori del libro «Nella Setta» che stanno pubblicizzando accanitamente su tutti i media del paese inclusa Internet, non hanno mai confutato i nostri rilievi a proposito del loro movente economico. Al contrario, con attacchi personali piuttosto che spiegazioni hanno mostrato di non avere argomenti per negare quella che noi abbiamo riscontrato essere l’evidenza dei fatti e abbiamo quindi raccontato come tale, peraltro a partire da ben prima che il loro libro vedesse la luce.

Beninteso, non c’è nulla di male nello svolgere un’attività professionale a scopo di lucro. E ci mancherebbe! Ciò che stona (e che finisce per far trasparire una certa malafede) è l’intento dissimulato. Ovvero: di fatto è un’operazione commerciale in piena regola, però viene condita con leziose dichiarazioni di intenti di natura assistenziale o culturale o addirittura di utilità sociale.

Una «minestra perfetta» come quella già vista appena un anno prima per la soubrette «anti-sette» Michelle Hunziker: stesso obiettivo (il denaro), stesse modalità (la creazione di un nemico immaginario da propinare al popolo credulone seminando allarmismo e infamando chi aiuta davvero la gente o chi non ha altre colpe se non portare avanti un propria fede diversa da quella della maggioranza).

Operazione di marketing, quella architettata dalla showgirl svizzera, che dev’essere stata presa ad esempio proprio da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni: infatti, a chi ha osservato con attenzione l’exploit mediatico «anti-sette» della Hunziker dell’autunno 2017 non è sfuggito che il suo periodo di onnipresenza sui media nazionali le ha fatto da viatico per l’ingaggio a cinque zeri al festival di Sanremo e per quello successivo a «Striscia la Notizia». Quindi, se i proventi del libro pubblicato ai danni della pranoterapeuta che l’aveva accolta molti anni prima presunta non saranno stati granché, i veri soldi li ha poi guadagnati grazie al clamore destato per mezzo di quel lancio editoriale.

In maniera tutt’altro che dissimile, ai loro amici giornalisti che li intervistano Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni mostrano la facciata di chi vorrebbe farsi paladino degli indifesi e portabandiera di un cambiamento normativo (è la solita, vexata quaestio del ripristino del «reato di plagio» di fascista memoria, alias «manipolazione mentale»):


Fatta la tara alle fesserie giuridiche e all’allarmismo gratuito (anzi, a pagamento), quello che rimane sono esultanze come questa:


Ma Gazzanni e Piccinni sapranno sicuramente spiegarci come i «diritti cinematografici e televisivi già venduti» si traducano in un beneficio per le presunte «vittime» di ipotetici «culti abusanti», oltre che per le loro tasche.

Si veda anche questo post che festeggia le vendite del libro:



Per non parlare delle molteplici affermazioni di giubilo sulla notorietà acquisita, dalla quale ovviamente si traggono ulteriori vantaggi economici e che, evidentemente, rappresenta il loro vero obiettivo commerciale: la popolarità mediatica nel loro settore vale oro; Gazzanni e Piccinni questo lo sanno molto bene. E sfruttano la situazione, anche se la loro facciata vorrebbe essere di tutt’altro genere.

Ecco qui un altro esempio, solo uno sui numerosi:


Provino ora a smentirci, Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, quando sosteniamo che lucrano sull’odio.

Finora, a distanza di mesi, di repliche argomentate nemmeno l’ombra.

Forse che non siamo affatto in errore?

mercoledì 23 gennaio 2019

Gli «anti-sette»: un italiano su quattro crede ai ciarlatani. Che sia vero?

di Mario Casini


Gli esponenti «anti-sette» e i loro megafoni mediatici sostengono dapprima che in Italia vi siano «cinquecento sette» (cifra traballante, conflittuale rispetto alle precedenti e comunque tutta da documentare), poi che il sei per cento della popolazione nazionale («quattro milioni» di italiani) siano «vittime di una setta», ma dalla fine dell’anno scorso questa cifra ha addirittura visto un’iperbolica impennata:


Quindi si parla di 17 (diciassette) milioni di persone, oltre un italiano su quattro!

L’inconsistenza di tali cifre affastellate per fare numero è tale che la pubblicista Daniela Giammusso (forse un’amica di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni?), autrice del succitato pezzo ANSA promozionale del libro, è dovuta ricorrere a un’inchiesta «eclatante» sì, ma anche vecchia di oltre dieci anni e più che debitamente coronata da una vicenda processuale che ha fatto giustizia sanzionando i reati che si erano consumati.

Ma secondo costoro, un italiano su quattro è un imbecille o un credulone che si fa infinocchiare dai ciarlatani.

Che sia vero?

Ho provato a esaminare accuratamente tale asserto anche al di là della propaganda ideologica.

Forse un fondo di verità c’è.

Infatti: quanti sono gli italiani disposti a credere alle fesserie di questi produttori di fake news confezionate per istigare all’odio?

Quanti concittadini ritengono attendibili personaggi controversi che nascondono il proprio operato dietro profili Facebook anonimi come Sonia Ghinelli, la vicepresidente di FAVIS? Quanti si fanno ingannare dall’apparenza serafica di un estremista pseudo-cattolico come il prete inquisitore don Aldo Buonaiuto e bevono senza troppo senso critico le sue cifre contraddittorie infarcite di inquietanti anatemi? Quanti si illudono che un curriculum ampolloso come quello della psicologa Lorita Tinelli debba equivalere a un’effettiva competenza nell’ambito dei nuovi movimenti religiosi (assunto che, come s’è visto, è lontanissimo dalla verità)?

Certo, sono molti: dunque hanno ragione gli «anti-sette» a sostenere che un’ampia percentuale della popolazione italiana abbocca alle scemenze di impostori e ciarlatani.

Tuttavia, sono ancora convinto che la stragrande maggioranza della gente non si lascia incantare dall’allarmismo di questi disinformatori prezzolati, e lo dico perché l’avanzata dei nuovi movimenti religiosi, che lo si voglia o no, è inarrestabile. Ieri Hare Krishna, Testimoni di Geova e Scientology, nell’oggi Damanhur, i Mormoni e i buddisti Soka Gakkai, nel domani i gruppi pentecostali di avanguardia come Parola della Grazia: il seguito è sempre più consistente, le adunanze e le messe sempre più frequentate, i nuovi templi sempre più imponenti.

Sono anche convinto (e come me, per fortuna, molta gente che lavora e ha famiglia) che le persone dovrebbero essere lasciate semplicemente libere di credere a ciò che più garba loro, foss’anche all’oroscopo e ai tarocchi (invero così lontani dalle mie vedute!). D’altronde, dal cartomante o dall’assicuratore, dal pranoterapeuta o dal commerciante, dal prete carismatico o dal promotore finanziario, se vengo raggirato o truffato, se subisco violenza o estorsione o abusi di qualunque genere, fortunatamente vivo in uno stato di diritto in cui posso godere della protezione delle forze dell’ordine. E come mostra la giurisprudenza, la legge esiste eccome, e i delinquenti possono essere sanzionati. Certo, qualcuno (purtroppo) la fa franca, ma non occorre inventare la categoria di ipotetiche «sette» per giustificare le eventuali negligenze della giustizia penale e civile.

E poi, vista e considerata l’ormai conclamato clima di assoluta incertezza sull’affidabilità dei media e la disarmante pseudoscienza degli «anti-sette», chi mi dice che sia peggio credere ad un presunto mago piuttosto che ad un giornalista o ad un militante contro le «sette»?

Per una volta voglio improvvisarmi ateo (chissà che lo psicologo Luigi Corvaglia non abbia di che correggermi) e provare ad usare una chiave di lettura differente da quella cui sono abituato (e nella quale, beninteso, credo fermamente).

A sentire gli «anti-sette» come Lorita Tinelli, «l’atteggiamento fideistico» (da lei deriso e schernito) è una caratteristica dei «culti distruttivi» perché porta le persone ad una «adesione totale» alle credenze di «gruppi che non hanno una base teorica e ideologica sostenibile» (parole sue!). Retorica conclusione del suo (s)ragionamento: «come si fa a credere a cose di questo genere?».


Ma ecco cosa direi da ateo, quasi facendo il verso alla psicologa pugliese e al suo conterraneo collega ed amico Luigi Corvaglia: il cattolicesimo è un culto distruttivo perché promuove delinquenziali ed empi concetti di cannibalismo e teofagia, celebra come santo un folle che credeva di parlare con gli animali e – figlio degenerato – ripudiava il padre fuggendo nudo dalla propria casa, traeva origine dalle profezie di un leader che sosteneva di sentire una voce (quella di Dio) in virtù della quale era in dovere di ammazzare il proprio figlio, mandava i propri adepti a morire sbranati dalle belve e immolati sul fuoco inneggiando sprezzanti della propria vita al loro guru… e via discorrendo.

Sostanzialmente la stessa linea di pensiero con cui si dileggiano i culti numericamente più esigui: «hanno credenze assurde» e «fanno cose incomprensibili».

Addirittura, secondo Flavia Piccinni «ripetere un mantra dalla mattina alla sera» è sintomo che si è stati irretiti e si è diventati «vittima» di una «setta». Bontà sua: ammesso e non concesso che la scrittrice e pubblicista sappia cosa sia un mantra, spero vivamente che non le capiti mai di passeggiare accanto a un gruppo di apostolato della preghiera intento a recitare un rosario nel periodo primaverile. I poveri malcapitati rischierebbero di ritrovarsi la Squadra Anti-Sette (SAS) nel giro di qualche minuto in assetto antisommossa per «sgominare il maligno», magari capeggiati da don Aldo Buonaiuto pronto a somministrare un esorcismo collettivo.


Guai a stare vicino a chi è in difficoltà o a chi attraversa periodi difficili della propria vita: sacerdoti, familiari e conoscenti, guru (nel senso vero del termine, non nell’accezione fuorviante smerciata dai media), compagni di scuola, soci e colleghi di lavoro, attenzione! Mai esagerare nell’amicizia. Mai far sentire importanti chi ci sta accanto. Potreste venire condotti in carcere (quale misura cautelare) perché tacciati di «love bombing»!

Mi si passi l’ironia, per lo meno cerco con questa di bilanciare la superficialità becera e la subdola malizia di chi vede il male dappertutto, persino nelle manifestazioni di affetto.

E se invece cercassimo di imparare un po’ dalla cultura (quella vera, ben altra cosa rispetto alla «TV spazzatura»)?

Una frase per riassumere l’intero discorso: «Omnia munda mundis» come disse padre Cristoforo soccorrendo le manzoniane Agnese e Lucia nel convento di Pescarenico. Se fosse vissuta al tempo, Flavia Piccinni avrebbe senz’ombra di dubbio accusato il sacerdote di voler approfittare sessualmente della promessa sposa, anzi di trasformare l’intera struttura ecclesiale in luogo privilegiato di orge dissacranti. Sataniche, come avrebbe poi chiosato don Aldo Buonaiuto.

Amen.

lunedì 21 gennaio 2019

Michele Nardi, magistrato «anti-sette», sotto accusa per corruzione

Abbiamo appreso dai media nazionali nei giorni scorsi che Michele Nardi, magistrato pavese di 52 anni di ruolo a Roma dal 2012, è stato arrestato (assieme al giudice Antonio Savasta) nell’ambito di un’inchiesta condotta dal tribunale di Lecce perché – secondo l’accusa – si sarebbe accaparrato denaro e benefici personali «millantando credito presso i giudici del Tribunale di Trani»; fra le altre cose, si sarebbe fatto consegnare «quale prezzo della propria mediazione con il pretesto di dover comprare il favore dei giudici» vari vantaggi fra cui «un viaggio a Dubai del valore di 10mila euro», la ristrutturazione di un suo immobile a Roma «per un importo pari a circa 120-130mila Euro (…), un Rolex Daytona (…) costato 34mila 500 euro» oltre a «due diamanti ciascuno del valore di 27mila euro». Infine, «secondo le indagini il pm [Nardi] avrebbe tentato di farsi consegnare complessivi due milioni di Euro».

Va precisato che l’indagine è in pieno svolgimento e, malgrado l’arresto a scopo cautelare, va sottolineato che Nardi potrebbe venire scagionato e va quindi ritenuto innocente fino a prova contraria per questa recentissima serie di accuse che gli vengono rivolte. Diverso invece il discorso circa l’imputazione di calunnia per la quale, in maggio 2016, era stato condannato a Catanzaro.

Tuttavia, mentre attendiamo che gli sviluppi dell’inchiesta attuale facciano luce sulla vicenda ed accertino la verità dei fatti, ricordiamo quale è stato sin qui l’apporto di Michele Nardi alla campagna ideologica dei militanti contro i nuovi movimenti religiosi in favore del ripristino del reato di plagio, al fianco di personaggi controversi come don Aldo Buonaiuto.

Tale campagna, come è ampiamente documentato nel nostro blog, mira a instillare nella società un allarmismo generalizzato a proposito di presunte «sette religiose» che si nasconderebbero dietro l’angolo pronte ad ogni sorta di agguato e rappresenterebbero un pericolo per l’intero paese:


Questo intervento è tratto dalla puntata del 28 aprile 2012 della trasmissione «Vade Retro» di David Murgia che va in onda sull’emittente cattolica «TV 2000». Qui vediamo Michele Nardi proprio accanto al prete inquisitore:


Michele Nardi, già sostituto procuratore a Roma, è infatti personaggio largamente apprezzato dagli «anti-sette» che spesso lo hanno invitato ai loro convegni e presentato come «grande magistrato» ed illustre rappresentante delle istituzioni.

Qui un post dell’avvocatessa Giovanna Balestrino del GRIS datato 20 maggio 2017 che esemplifica bene tale nostro asserto:


Sorvolando sul veniale «dà» senza accento, focalizziamo invece certe dichiarazioni ricorrenti da parte del pubblico ministero Nardi in occasione di conferenze e incontri «anti-sette».

Il sodalizio contro i nuovi movimenti religiosi è forte in particolare con il GRIS. Qui la partecipazione ad un convegno regionale nel novembre del 2012 a dare manforte a Giuseppe Bisetto e allo stesso David Murgia già citato prima:


Spicca fra i concetti veicolati la linea di supporto al ripristino del «reato di plagio» (alias «manipolazione mentale»), un tamburo che gli «anti-sette» non smettono mai di battere. Si osservi a tal proposito questa frase, riportata dai media a margine del corso «Esorcismo e preghiera di liberazione» organizzato proprio dal GRIS presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma:

La manipolazione mentale è un’attività complessa che tende ad azzerare il libero arbitrio della persona, per sottometterla alle volontà dei capi.


Dichiarazioni, queste, che si sovrappongono specularmente ad altri interventi di Michele Nardi, come questo desunto dalla medesima trasmissione di «TV 2000» citata prima:


Ciò che balza particolarmente all’occhio è la somiglianza fra queste accuse, genericamente rivolte dal magistrato a delle non meglio precisate «sette», e le imputazioni che oggidì gli stanno venendo rivolte dal giudice per le indagini preliminari di Lecce, che così l’ha definito:

Una persona senza scrupoli che utilizza il lavoro di magistrato (e i rapporti che ne derivano) per spremere quante più utilità possibili; è sconcertante, tenuto conto che si tratta di un magistrato, come per lui sia normale millantare di poter “accomodare” i processi.

E ancora:

una personalità spregiudicata e pericolosa (...) capace di creare documenti falsi per inquinare le prove

Impossibile non rimanere un po’ interdetti mettendo a paragone tale grave valutazione, espressa dal magistrato di Lecce a carico del suo collega in forza a Roma, con il giudizio parimenti severo formulato dal teleschermo proprio da Nardi nei confronti delle ipotetiche «sette» o del «maligno»:


Tornando poi al filone calabrese dell’indagine, si apprende dalla stampa che sono sotto la lente d’ingrandimento  addirittura i possibili legami fra Michele Nardi e la massoneria!

(…) risulta documentato il tentativo di Nardi di contattare il giudice del processo al fine di ottenere la positiva definizione della sua vicenda processuale facendo ricorso a conoscenze attive in ambito massonico, ambiente di cui egli stesso fa parte

Sbalorditivo: è proprio quel genere di ambiente che il GRIS, a suon di convegni e pubblicazioni uno dopo l’altra, ha fatto bersaglio dei più inflessibili anatemi, come ci ricorda la succitata Giovanna Balestrino nel maggio di due anni fa:


O come si può constatare dalla seguente locandina di quello stesso periodo (maggio 2017) che annuncia una conferenza in provincia di Agrigento:


Attendiamo fiduciosi che la giustizia (umana e divina) faccia il proprio corso.

sabato 19 gennaio 2019

Contributo esterno - l’era della «post-verità» religiosa

Dal nostro corrispondente esperto in questioni estere, Epaminonda (ma con una piccola rifinitura del solito, impertinente Mario Casini), ecco un pregevole contributo a proposito del ruolo dei giornalisti non solo nella propaganda «anti-sette» di cui ci occupiamo in questo blog, ma anche e soprattutto nella diffusione (prezzolata) di «informazioni» dalla scarsa attendibilità, che in ultima analisi rovinano la categoria stessa dei reporter e deturpano la libertà di stampa.

Conosciamo bene le conseguenze (talvolta disastrose) del tamtam mediatico sul presunto «allarme sette» ai danni delle vite di individui o di intere famiglie facenti parte di gruppi spirituali «non convenzionali», ma oltre a ciò deve essere considerata l’influenza dei disinformatori di «professione» rispetto al vasto pubblico e agli scenari socio-politici del terzo millennio. 


sabato 12 gennaio 2019

Disinformazione «anti-sette»: Carmine Gazzanni sa di cosa sta parlando?

di Mario Casini

Ormai è quasi scontato – anche perché copiosamente documentato nel nostro blog – prevedere le dichiarazioni degli «anti-sette»: sebbene proferite ogni volta da soggetti differenti del loro esiguo, variegato e quanto mai contraddittorio arcipelago, sono costantemente caratterizzate dal medesimo tratto stilistico: la ripetitività di offese gratuite e storie ricamate, che mirano a screditare (qua e là con toni anche infantili come nel caso di AIVS e Toni Occhiello, altrove con i tratti ben più gravi della calunnia e della persecuzione) i bersagli delle invettive: che si tratti di un libro, di un post su Facebook o di una trasmissione in TV o in radio, la tecnica impiegata è sempre la medesima: liste di proscrizione di movimenti e relativi leader, presunti «abusi economici» e interessi nascosti che però di rado vengono dettagliati e circostanziati in fatti precisi, accuse di nefandezze ripugnanti, video pruriginosi con sfondi sonori da film dell’orrore, pubblicazione di foto private, fatti personali e legami familiari spiattellati pubblicamente. Questo è il business degli «anti-sette» e, come si è più volte dimostrato, è costruito alle spalle di persone il più delle volte innocenti.

In questo becero/triste quadro ben s’inserisce la campagna pubblicitaria avviata tre mesi fa per vendere «Nella Setta» il libro dei militanti «anti-sette» italiani firmato da Carmine Gazzanni (giornalista il cui «curriculum» contro il mondo della spiritualità è cominciato ben prima che egli si arruolasse nell’ordine dei professionisti) e Flavia Piccinni, scrittrice ma più che altro sua fidanzata. Perché poi pubblicamente debbano sottacere il fatto di essere compagni di vita quando «svelano» tutto il «torbido» che esisterebbe intorno a chi ricerca una spiritualità tanto lontana e odiata da loro, non è dato sapere. Pare quasi che debba esservi un che di losco o di imbarazzante: eppure l’amore è una cosa meravigliosa. Ma sto divagando, meglio andare al sodo e ai punti davvero importanti che vorrei brevemente sollevare.

Sì, perché mentre la libertà di parola è sacrosanto che sia garantita a tutti, persino a chi volesse scrivere un libro per narrare la vita grama degli asini volanti o degli allevatori di Scarpantibus, da un giornalista professionista ci si aspetterebbe una competenza per lo meno sufficiente rispetto a ciò su cui esprime i propri giudizi, influenzando così inevitabilmente la vita di centinaia di migliaia di persone. Ne avevamo accennato in un recente post: il «rispetto della verità sostanziale dei fatti» dovrebbe essere un «obbligo inderogabile» per chi pretende di riferire notizie di interesse pubblico.

Eppure Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni – amici e collaboratori di controverse associazioni «anti-sette» come la già citata AIVS e come CeSAP e FAVIS e quindi indirettamente privilegiati dal collegamento di questi ultimi con la «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) non sembrano preparati a fondo sugli argomenti di cui raccontano. Al contrario, oltre a strombazzare cifre completamente autoreferenziali e soprattutto prive di un’analisi compita e dettagliata, costoro si lasciano anche scappare strafalcioni veri e propri, mostrando delle lacune abissali in quegli stessi argomenti su cui tentano ostentare sicurezza.

Parto da un primo dato che è indubbiamente significativo, se consideriamo che rappresenta il fulcro di tutta la réclame per incrementare le vendite del libro: la cifra dei quattro milioni. La formulano così:

Quattro milioni di italiani ogni mattina si alzano, e hanno un segreto: sono membri di un’organizzazione settaria (…)

Frase ad effetto: spaventa, rende sospettosi e guardinghi. Ben studiata: attenzione, il nemico è qui fra di noi, potrebbe essere (anzi: «sono», dice il libro) «il vostro edicolante, la ragazza che vi prepara il cappuccino al bar la mattina, la signora simpatica che incontrate sull’autobus andando al lavoro o il vostro odiatissimo vicino».

Ho cercato in lungo e in largo nel libro un dettaglio di questa «paurosa cifra» (addirittura il 6-7% della popolazione italiana sarebbe «vittima» di belzebù!) ma non l’ho trovato. Di fatto, non si dice quale sia la fonte del dato, non vi è alcuna traccia del calcolo che lo ha prodotto. Se ne parla all’inizio del testo (per captare ben bene l’attenzione?) e poi basta.

Insomma, da dove deriva questa cifra che d’improvviso è piombata sul popolo italiano e che finora cinquantasei milioni di cittadini non avevano nemmeno lontanamente sospettato? È «liberamente» ricavata dalla sommatoria dei numeri dei partecipanti dei diversi gruppi religiosi forniti dalle organizzazioni degli stessi? Proviene dalle «statistiche» curate da don Aldo Buonaiuto? È tratta da uno sviluppo o proiezione statistica di quanto elaborato dal Ministero dell’Interno nel famigerato rapporto del 1998? Chissà.

Cerco, cerco, e trovo forse una spiegazione nel primo capitolo del libro, a pagina 11, dove Gazzanni e Piccinni sostengono che il loro «viaggio» si concluda idealmente nell’ufficio della SAS di Firenze. Lo stesso ufficio che si vede nell’infelice trasmissione andata in onda il 24 febbraio 2018 su RAI Tre, «Presa Diretta», alla quale hanno collaborato essi stessi. Sì, perché il giornalista di Isernia afferma alla TV di stato:


Questo chiaramente dà un’aura di ufficialità al suo libro «anti-sette», però stona con i documenti ufficiali e con le cifre precedentemente buccinate dai suoi amici della compagnia contro i presunti «culti distruttivi»:


Tutto chiaro ora? Nient’affatto, perché le cifre diffuse dalle «citate associazioni» (che alla fine si riducono in concreto alla singola e singolare figura di don Aldo Buonaiuto) sono alquanto diverse e, in particolare, il prete inquisitore non ha mai parlato di «quattro milioni di italiani» ma ha fatto discorsi di tutt’altro genere, peraltro profondamente contraddittori.

A differenza di don Aldo Buonaiuto e dei suoi colleghi mangiapreti come Luigi Corvaglia del CeSAP o Maurizio Alessandrini di FAVIS, però, la «Squadra Anti-Sette» è un corpo di polizia dello stato: ne consegue che, se considera valide (senza verificarle) e poi ratifica e diffonde pubblicamente delle cifre infondate e impropriamente allarmistiche, rischia di cadere in una «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici» (articolo 479 del codice penale): «Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell`esercizio delle sue funzioni, (…) attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l`atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell`art. 476».

Sarebbe ora che la SAS renda definitivamente conto dei dati «anti-sette» ai contribuenti e si faccia al 100% garante dell'attendibilità degli stessi, a maggior ragione visto e considerato che lo stesso Carmine Gazzanni dichiara di averli ricevuti proprio da loro.

Idealmente, questo potrebbe diventare il tema di un’interrogazione parlamentare che suonerebbe press’a poco come segue.

Considerato che le informazioni allarmanti diffuse dai media e reiterate da controverse associazioni «anti-sette» sembrano provenire da ambienti della Polizia di Stato (almeno stando a quanto dichiarato da un giornalista di nome Carmine Gazzanni);

considerato che il «numero verde» del telefono «contro le sette sataniche» diretto da don Aldo Buonaiuto è referente ufficiale della Squadra Anti-Sette della Polizia di Stato come stabilito nella circolare istitutiva nr. 557/RS/3040 del 23 novembre 2006 del Ministero dell’Interno;

considerati gli errori giudiziari e il dispendio di denaro pubblico dovuto ad informazioni tendenziose o del tutto fasulle basandosi sulle quali la magistratura ha in taluni casi condotto inchieste che si sono rivelate poi superflue ma hanno ugualmente prodotto un’influenza gravissima sugli individui coinvolti;

si interrogano i ministri per sapere se (...) eccetera

Sarà meglio ch’io torni con i piedi per terra: ho ancora un punto da rilevare nelle strampalate affermazioni rese in TV da Carmine Gazzanni per pubblicizzare il libro scritto con la sua fidanzata Flavia Piccinni.

È un momento dell’intervista che mi ha fatto sbellicare dalle risa persino più di un altro passaggio in cui delle «questioni di salute» (in modo tutto sommato veniale) con una potente trasfigurazione semantica diventano «questioni salutari» (sarà stata una licenza poetica?).

No, direi che l’apice del ridicolo si raggiunge quando il giornalista isernino arriva a dichiarare:


Scusate, fatemelo trascrivere:

«Proposte in parlamento ci sono state ma effettivamente non sono mai né state calendarizzate né tantomeno approvate»
(cit. Carmine Gazzanni)

Gazzanni si riferisce (senza ovviamente dettagliare alcunché, come al solito) alle proposte di legge sulla «manipolazione mentale», che sono state una mezza dozzina a partire dai primi anni 2000 e portano tutte quante l’inconfondibile marchio della propaganda «anti-sette» contro i «nuovi movimenti religiosi».

È vero che nessuna di quelle iniziative è mai stata approvata dal parlamento e ratificata fino a diventare legge.

È clamorosamente falso che non ne siano mai state calendarizzate e discusse: al contrario, fra il 2003 e il 2004 uno dei progetti di legge del fronte «anti-sette» accorpò due iniziative (una dell’attuale presidentessa del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, l’altra dell’allora senatore di estrema destra Renato Meduri; ne abbiamo parlato qui) in un unico testo dal titolo «Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale», e l’iter parlamentare ottenne i pareri favorevoli di due commissioni permanenti e arrivò in Commissione Giustizia del Senato.

Successivamente, il disegno di legge nr. 569 a firma dell’on. Antonino Caruso rimase per mesi in calendario e venne discusso in Commissione Giustizia del Senato in sede referente tra il 2009 e il 2010. Vennero svolte numerose audizioni (anche successivamente, nel 2011 e 2012), fino a quando poi non cadde il governo. Fra l’altro, l’iter parlamentare del disegno di legge nr. 569 (grazie alla complicità della senatrice cofirmataria Laura Allegrini) fu fortemente influenzato dal fronte «anti-sette», nei modi decisamente discutibili apertamente denunciati in questo e questo post del sito «Libero Credo».

Questo fa capire a me (e a chiunque altro osservi il fenomeno con obiettività) che Carmine Gazzanni, il giornalista, non si è documentato sull’argomento di cui sta parlando. Ne sta parlando esclusivamente a fini pubblicitari, e allora che importa se le informazioni che diffonde sono – di fatto – disinformazione?