martedì 14 agosto 2018

Fake news «anti-sette»: il caso Di Nicola e le bugie contro i Testimoni di Geova

La Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova è senz’altro fra i bersagli preferiti della propaganda allarmistica «anti-sette» non solo (come si potrebbe facilmente dedurre) fra gli estremisti cattolici (o meglio, pseudo-cattolici come i militanti del GRIS) apparentemente animati da una sorta di «timore della concorrenza» del tutto fuori luogo, ma altrettanto da parte di esponenti di associazioni laiche ed apertamente antireligiose come Lorita Tinelli e Luigi Corvaglia del CeSAP, o Maurizio Alessandrini e Sonia Ghinelli del FAVIS, o ancora Toni Occhiello di AIVS. Peraltro, sia CeSAP sia FAVIS si dichiarano referenti della polizia religiosa «SAS» e rappresentano in Italia la FECRIS, controversa organizzazione europea che combatte la spiritualità non convenzionale.

Così, nei confronti dei Testimoni di Geova vi è sovente un fuoco incrociato e di origine trasversale, mascherato da motivazioni speciose e artificiosamente «di pubblica utilità» (cliché frequente presso gli «anti-sette»), che tuttavia è per lo più dovuto alla larga diffusione di questo movimento religioso e alle cospicue nuove adesioni che esso raccoglie.

Ce lo conferma lo stesso GRIS in una «ricerca» di cui apprendiamo da un post su Facebook pubblicato in aprile 2017 da una psicologa (Ornella Minuzzo, di cui abbiamo parlato proprio ieri) che ne pubblicizza l’ideologia:


Peraltro, la psicologa Ornella Minuzzo sembra non sapere nemmeno che il GRIS ha cambiato la propria denominazione a inizio anni 2000, adottando quella di «Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa», un po’ meno estremista e accademicamente discutibile rispetto all’originaria «Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette». Ma forse è il caso di soprassedere e di procedere con il tema in questione.

La stima espressa dal GRIS è infatti al ribasso, se paragonata alla cifra recentemente fornita dalla rappresentanza nazionale dei Testimoni di Geova alla RAI, ossia 250.000 fedeli in Italia contro gli 8.500.000 in tutto il mondo.

Ciò detto, le strategie messe in atto dagli «anti-sette» per denigrare ed ostacolare questa minoranza religiosa, ormai da decenni radicata ed integrata nella società civile italiana, sono press’a poco le medesime che vengono impiegate contro tutti gli altri movimenti, anche i più esigui in numero: allarmismo, istigazione alla paura e all’odio, storie più o meno verosimili di ex membri (ovviamente inviperiti e ansiosi di rivalsa) opportunamente ricamate per renderle il più possibile melodrammatiche o strappalacrime, ecc.

Una delle ultime di queste «notizie» (o pseudo-tali) in ordine cronologico è un caso di contrasti familiari che, mentre è stato presentato dai media come una «tragedia provocata dalla setta», ad un più attento esame della situazione si rivela essere uno dei numerosi casi da rubricare alla voce «danni dovuti alla propaganda ‘anti-sette’».

Andiamo con ordine e presentiamo brevemente i fatti, avvenuti fra il 21 e il 30 giugno scorsi.

Con il solito tam-tam mediatico di «notizie» che rimpallano da una testata all’altra e da un sito web all’altro (con gli inevitabili commenti indignati di chi nemmeno legge attentamente i testi), ecco che il «mostro» viene sbattuto in prima pagina per l’ennesima volta:


Frasi forti, che fanno leva su sentimenti profondi, radicati ed antichi come l’amore filiale e la sacralità del focolare: «colpevole di aver scelto di vivere», «i Testimoni di Geova la volevano morta», «una setta che sacrifica vite».

Sorvoliamo pure sull’eventuale valenza criminale di affermazioni tanto evidentemente diffamatorie, perché la malignità di un tale «giornalismo» e la pochezza di siffatte argomentazioni si rivela in tutta la sua meschinità appena un giorno più tardi, quando le figlie di Grazia Di Nicola (la signora la cui «storia» viene raccontata in quegli articoli) invocano il diritto di replica e scrivono ai media per fornire la loro versione dei fatti:
Siamo le tre figlie di Grazia Di Nicola.Siamo rimaste sconcertate dalle informazioni false che abbiamo letto sui giornali; tra l’altro nessun giornalista della vostra redazione si è degnato di contattarci per ascoltare anche la nostra versione dei fatti.Non vogliamo perdere tempo a correggere tutte le informazioni errate incluse nell’articolo; quello che ci preme precisare è che noi abbiamo sempre rispettato -- e rispettiamo -- nostra madre, a prescindere dalle decisioni che ha preso in campo religioso. Il motivo per cui oggi non abitiamo più con nostra madre non è perché l’abbiamo ripudiata. Non ci sogneremmo mai una cosa del genere. In realtà è stata lei a cacciare via di casa una di noi e a indurre le altre due a scappare via. Ci dispiace che i nostri genitori stiano strumentalizzando la situazione per mettere in cattiva luce la nostra religione.Giovanna, Annunziata e Francesca Scaglione
Si rimane a dir poco allibiti (se non disgustati) di fronte al fatto che dei giornalisti abbiano l’ardire di pubblicare dei titoli tanto cruenti senza nemmeno prendersi la briga di verificare i fatti. Ma purtroppo saremmo alquanto ingenui se ignorassimo il fatto che negli ultimi tempi (e soprattutto quando si parla di movimenti religiosi) questa è la regola, piuttosto che l’eccezione.

Ma non è tutto. I più maligni potrebbero infatti sostenere che quella replica sia stata indotta, oppure costruita, o che non sia veritiera, o chissà quali altre costruzioni mentali.

Al contrario, seppure a denti stretti e in mezzo ad altre stucchevoli recriminazioni e sbalorditive provocazioni, la conferma che si tratta della mera verità arriva niente meno che dalla signora Grazia Di Nicola (nota: interpretiamo la parola «affebrati», a noi sconosciuta, come qualcosa di simile a «infervorati» oppure «febbricitanti, comunque riteniamo il senso sia «sconvolti»):


Al di là degli ovvi tentativi di attenuare la gravità della propria condotta, ci troviamo di fronte a una madre che ha sostanzialmente cacciato di casa le proprie figlie perché non volevano abiurare la fede che invece lei e il marito avevano scelto di abbandonare dopo averla praticata essi stessi per anni e dopo averla trasmessa a loro. Una sorta di paradosso!

Addirittura, questi genitori non solo hanno esasperato le loro figlie fino a condurle alla triste decisione di andarsene di casa perché discriminate da coloro che dovevano amarle ed accettare le loro scelte, ma addirittura hanno tramutato la loro storia di conflitto familiare in uno «scoop» mediatico che ha segnato (forse irrimediabilmente?) le vite di tutti loro.

È questo il modello genitoriale proposto dagli psicologi «anti-sette»?

Al di là della retorica del nostro quesito, forse è proprio così: infatti, se si legge con attenzione il commento della Di Nicola, si comprende ancora meglio la delinquenziale falsità delle «fake news» propagate dagli «anti-sette»:


Quindi vi erano «discussioni» già da tempo.

Quindi vi era la percezione di un (presunto) «pericolo» nel fatto di far parte dei TdG.

Tant’è che «si era arrivati a una mancanza di rispetto reciproco», esito che non può certo darsi solo a seguito di un fatto isolato come quello su cui s’imperniano gli articoli.

Va da sé che l’episodio della trasfusione di sangue può solo essere l’ultimo di una concatenazione di eventi che hanno condotto questa sventurata famiglia al contrasto e al litigio, fino alla perdita del rispetto reciproco e addirittura all’odio.

Una tanto grave animosità, una tanto forte conflittualità fra persone dello stesso sangue può forse scaturire da un singolo accadimento, peraltro avvenuto due anni e mezzo prima di questi articoli (gennaio 2016)?

Noi non lo crediamo possibile, e d’altronde la Di Nicola ha già dimostrato con le sue stesse parole (a seguito della replica delle figlie) di non essere del tutto attendibile nelle proprie dichiarazioni.

Crediamo invece che la casalinga di Colliano (SA), dopo aver fortemente insistito con il marito (Franco Scaglione) per portarlo ad abbracciare la fede nei Testimoni di Geova nel 2008 (lo racconta lei stessa nelle dichiarazioni rese alla stampa), abbia in seguito dovuto subire delle pressioni da parte sua. Crediamo che proprio a causa di tale dissenso sia caduta, trascinata dal marito, nella rete di qualche «anti-sette» e si sia imbevuta delle loro tesi propagandistiche, abbia quindi recepito i soliti «consigli» (come quelli di cui si parla proprio nel post sulla psicologa Ornella Minuzzo) mirati a tentare di dissuadere le figlie dalla loro fede. «Consigli» di natura intollerante che ovviamente dividono e separano, piuttosto che armonizzare.

Certo, quelle che abbiamo espresso nel paragrafo antecedente sono solo nostre deduzioni, e tale resta il loro valore.

Ma vi è un altro elemento che vorremmo addurre a supporto delle nostre argomentazioni: la tempistica. Grazia Di Nicola ha cominciato a raccontare alla stampa la propria «storia» già in ottobre del 2016, con un exploit sui media locali del salernitano. Proprio a quel periodo risalgono i suoi contatti con Lorita Tinelli del CeSAP e Sonia Ghinelli del FAVIS. In marzo del 2017, quindi ben oltre un anno prima dell’ondata mediatica a cui abbiamo assistito nel giugno scorso, la Di Nicola ha addirittura tentato di imbastire una petizione online al Presidente della Repubblica:


Dunque perché tornare ancora alla ribalta qualche settimana fa? Perché esacerbare una storia già tanto triste, al punto da suscitare la reazione delle sue figlie che fino a quel momento avevano mantenuto un rispettoso silenzio persino davanti alle cattiverie strombazzate dalla madre ai quattro venti sul loro conto e sul conto della loro congregazione? A che pro?

Ma ciò che lascia ancor più sgomenti è la falsità stessa dell’argomentazione su cui è imperniato il cancan di quegli ultimi articoli, ossia: è una menzogna che le figlie abbiano abbandonato la madre a seguito della trasfusione, e a specificarlo è proprio la casalinga di Colliano (SA) in questa intervista del 19 ottobre 2016, di cui proponiamo qui di seguito un breve stralcio.

La Di Nicola ha spiegato in dettaglio come abbia lei per prima deciso di abbandonare i Testimoni di Geova diversi mesi dopo l’episodio della trasfusione, per il semplice fatto che non voleva più accettare quella fede e le pratiche religiose ad essa collegate. Una scelta innegabilmente legittima e indiscutibile, ma perché ha voluto obbligare altri a seguirla?


Ci domandiamo come si possa tanto candidamente sorprendersi per il disappunto delle proprie figlie quando, dopo anni di adesione ad un credo, di punto in bianco si va in TV a dirne peste e corna mettendo in piazza fatti privati e questioni familiari che si dovrebbero risolvere parlando con i propri cari. Forse qualcuno l’ha indotta a fare ciò? Magari proprio qualche «anti-sette»? Se la Di Nicola un giorno avrà l’onestà intellettuale di rivelarlo, allora sì che sarà stata fatta davvero chiarezza.

Ma non solo: il racconto della Di Nicola, fra l’altro, dimostra la falsità delle storie allarmistiche sulle trasfusioni di sangue, nelle quali viene sempre sistematicamente omesso il fatto che al Testimone di Geova viene prestata assistenza qualificata dalla congregazione affinché si individui una terapia alternativa sotto l’opportuna supervisione medica.

Ci domandiamo dunque: era davvero necessario rovinare la propria famiglia, in conseguenza della propria scelta di abbandonare una data fede?

Probabilmente no; ma se anche non era necessario, è stato consequenziale alle attività tipiche degli «anti-sette».

E pensare che solo pochi anni fa la signora Grazia Di Nicola diffondeva messaggi come questo:


Ecco, quindi, un’ennesima dimostrazione di come la propaganda «anti-sette» sconvolge intere famiglie, semina allarmismo e genera divisione e conflittualità.

9 commenti:

  1. Dopo l’apprezzamento per il post mi permetto di sottolineare quanto segue.
    PRIMO è assolutamente vero che i Testimoni di Geova promuovono una alleanza terapeutica con gli operatori sanitari quando si tratta di affrontare condizioni mediche che richiederebbero trasfusioni di sangue, per un semplice motivo, VOGLIONO CURARSI,VOGLIONO VIVERE e non lasciarsi morire. Ma le chiacchiere stanno a zero, vediamo cosa fanno in pratica e con quali risultati.
    Cosa fanno: In oltre 110 paesi del mondo opera una rete internazionale formata da circa 1.700 Comitati di assistenza sanitaria. Ne fanno parte ministri delle comunità locali che interagiscono con cognizione di causa con medici e personale ospedaliero, operatori sociali e magistrati. A richiesta offrono gratuitamente i seguenti servizi:
    Provvedono articoli tratti da autorevoli riviste mediche e informazioni attendibili sotto il profilo scientifico su strategie cliniche che consentono di gestire il paziente senza ricorso a trasfusioni di sangue allogenico
    https://www.jw.org/it/biblioteca-medica/

    Facilitano il consulto con specialisti qualificati, Aiutano se necessario a trasferire il paziente, Illustrano le metodiche a medici, comitati etici, personale ospedaliero, giuristi e altri specialisti del settore
    Aiutano i pazienti Testimoni e i sanitari a chiarire eventuali problemi etici connessi con le cure mediche, Si interessano dell’assistenza religiosa e pratica dei Testimoni ricoverati in ospedale

    I risultati: Sarebbero migliaia, non saprei come fare ad elencarli tutti, un solo esempio

    https://www.jw.org/it/news/notizie-giornalisti/notizie-giornalisti-per-area/Italia/medicina-senza-sangue-convegno-padova/

    SECONDO Riguardo alla signora Di Nicola non ho niente da dire, mi sembra che la vostra analisi sia sufficiente, inoltre non sono abituato a parlare di singoli casi che non conosco bene. Mi si consenta una battuta sulle critiche delle famiglie divise dai Testimoni di Geova. Una certa Maria de Filippi ha costruito il suo successo parlando di famiglie divise per le cause più disparate, da incomprensioni, a questioni economiche, gelosie e quant’altro. Se uno non accetta più il modello di vita scelto e praticato da un familiare e lo abbandona chi è che divide la famiglia colui che cambia idea o colui che continua sulle convinzioni che prima erano condivise?
    La posizione ufficiale dei Testimoni di Geova riguardo a chi lascia l’Organizzazione è la seguente: “Che dire se un uomo viene disassociato ma la moglie e i figli continuano a essere Testimoni di Geova? Dal punto di vista religioso le cose cambiano, ma i legami di sangue restano inalterati. Il vincolo coniugale e i normali rapporti familiari e affettivi proseguono.”
    Tutti la possono leggere nel loro sito
    https://www.jw.org/it/testimoni-di-geova/domande-frequenti/evitare-ogni-contatto/

    Grazie per lo spazio, Bruno Bargiacchi



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  2. La società jw e torre di guardia dei testimoni di Geova spende milioni di dollari per censura e pubblicità essa è parte anche di jp Morgan. Non a caso è una società pluridenunciata in 5 continenti per abuso di potere incitamento al suicidio abusi sessuali nascosti insomma sempre le stesse cose.Noi siamo testimoni oculari minacciati a cui vengono attribuiti connotati morali e sociali che non ci appartengono. Alla verità dei fatti la società fà attivare la macchina del fango e incita azioni di mobbing da branco.La maschera vi è caduta e la verità non sarà mai ricattabile da voi da gente che nn vuole essere vostro complice.Questo articolo è manipolatori o è falso nella sostanza.

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    1. Sentinella,
      lei formula accuse piuttosto gravi. Ho lasciato passare il suo commento perché in questo blog applichiamo una censura solo in caso di toni palesemente offensivi, diffamatori o scurrili.
      Qui trovo che siamo al limite.
      La invito a smorzare la sua ira e a controllare un po' il linguaggio per gli eventuali prossimi interventi.

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  3. Ma per quale motivo bisognerebbe essere puniti per aver fatto la cosa giusta? Accettare una trasfusione che ti salva la vita, non può essere un peccato, e non può essere punito con la dissociazione, neppure temporanea. La signora avendo vissuto questa esperienza sulla propria pelle, si deve essere resa conto dell'assurdità del culto che seguiva, e ha cercato di tirarne fuori anche le figlie, anche se magari ha agito in modo istintivo così come molto spesso fanno le mamme. Quello che ha diviso questa famiglia non è la propaganda anti-sette, ma un culto manipolatore delle coscienze che ti spinge a credere che salvarti la vita con una trasfusione sia un'offesa a Dio.

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    1. Rispetto la sua opinione ma non la condivido affatto.
      Al contrario, dalle sue parole traspare evidente il pregiudizio.
      Le ricordo che l'etichetta «culto manipolatore delle coscienze» viene sovente applicata anche ai Cristiani Cattolici, tanto quanto all'ideologia Comunisti (che non è ovviamente una religione).
      La sua è la classica intolleranza di chi non sembra essere capace di rispettare una credenza altrui perché troppo differente dalla propria, ma deve a tutti i costi condannarla.
      Verrebbe quasi da dire che lei stesso/a dev'essere vittima del condizionamento mentale «anti-sette».

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  4. La Costituzione italiana e la quasi totalità di quelle adottate nella maggioranza delle nazioni del mondo, sanciscono la LIBERTÀ religiosa. Gesù in Giovanni 8:32 disse che i veri cristiani avrebbero CONOSCIUTO LA VERITÀ E SAREBBERO STATI LIBERI. Liberi da cosa? Dalle falsità religiose. Dall'intolleranza. Dalla perfidia. Dalla cattiveria.ecc. Perché argomentare in piazza accadimenti e fatti devastanti familiari e personali ? Qual è il motivo? Rappacificare? Comprendere l'altro? O aizzare odio, incomprensioni, ecc.? Chi ae beneficio da tutto questo ? È facile accusare, dividere, esacerbare. ...É complicato invece unire, amare, capire, usare empatia. Se smorziamo i toni forse riusciremo a comprenderci meglio e accettare l'altro è le sue decisioni, in tutti i campi della vita.

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    1. Scusandoci per il ritardo nell'approvare il suo commento, ne manifestiamo la nostra piena condivisione.

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  5. Grazie per il suo articolo, sarebbe bello se più persone avessero la sua onestà intellettuale La saluto cordialmente

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