giovedì 27 settembre 2018

Business «anti-sette» e intolleranza religiosa: come sfruttare le dicerie per costruirsi un’immagine

Alla fine di aprile scorso, a Milazzo (Messina), è stato presentato pubblicamente un video contro i Testimoni di Geova prodotto da un’aspirante giornalista diciannovenne (fra un mese), tale Sofia Mezzasalma, nata nella capitale ma residente sin da piccola nella città teatro della storica battaglia fra Romani e Cartaginesi.

[Modifica del 02/10/2018 - la fotografia precedente è stata rimossa]
Ci scusiamo con i lettori e con Sofia Mezzasalma per aver inizialmente utilizzato una fotografia sbagliata (peraltro diffusa da lei stessa tramite il proprio profilo Facebook) che abbiamo provveduto a rimpiazzare tempestivamente, non appena siamo stati resi edotti dell'errore.

Il video si intitola «Nel nome di Geova», dura poco meno di 59 minuti e contiene sostanzialmente le solite dicerie in stile «peste e corna» ed alcune «testimonianze» di ex fedeli, ovviamente cariche delle peggiori accuse e condite con storie strappalacrime e riferite da soggetti per la maggior parte occultati al fine di nascondere l’identità degli accusatori.

Si parla di individui che (alcuni per molti anni) hanno creduto e insegnato i testi sacri dei Testimoni di Geova, poi hanno cambiato idea e, pieni di livore e di astio, hanno cominciato a gettare fango addosso a coloro che fino a poco prima chiamavano «fratelli».


Non è strano; al contrario, è un fenomeno tanto peculiare e iterativo che è stato oggetto di studi da parte di esperti di religione, i quali hanno scandagliato le opportunità offerte dagli «ex membri» di rendere dei resoconti attendibili, scoprendo che un tale caso è alquanto raro se non impossibile.

«Il membro deluso, e l’apostata, in particolare, sono informatori le cui prove devono essere utilizzate con circospezione. L’apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una “storia di atrocità” per spiegare come — attraverso la manipolazione, l’inganno, la coercizione o le frodi — è stato prima condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un’organizzazione che oggi disapprova e condanna. Gli apostati, le cui narrazioni sono sensazionalizzate dalla stampa, cercano talora di trarre profitto dalle loro esperienze vendendo i loro racconti ai giornali o pubblicando libri.»


Questo stralcio è desunto da un saggio dal titolo «Le dimensioni sociali del settarismo» scritto per Clarendon Press (Oxford) nel 1990 dal prof. Bryan Ronald Wilson (1926-2004), un insigne sociologo inglese già presidente della Società Internazionale di Sociologia della Religione.

È talmente vero che i racconti struggenti degli apostati sono da esaminare con estrema cautela, che persino Sofia Mezzasalma, posta di fronte ad alcuni dubbi di attendibilità da parte (addirittura!) di un detrattore dei Testimoni di Geova, a proposito di alcune affermazioni riproposte nel suo «documentario», risponde così:


E infatti, sono emblematici i primi fotogrammi del sedicente «documentario»:


«Non ho elementi sufficienti per dichiarare quella storia veritiera», però la include nel suo video che poi reclamizza sfruttando TV locali, Internet e Facebook. Forse per venderlo al miglior offerente, all’insegna del business «anti-sette» di cui abbiamo più volte denunciato la malevola prassi?

«La storia della signora sembrerebbe abbastanza coerente» (dichiara candidamente Sofia Mezzasalma), però viene adoperata per suffragare una linea ideologica atta a demonizzare un’intera minoranza religiosa composta da decine e decine di migliaia di persone!

Tutto questo dice davvero molto sulla «serietà» del lavoro svolto dalla Mezzasalma.

E sulla stessa falsariga, troviamo l’immancabile «contributo» della psicologa «anti-sette» Lorita Tinelli del CeSAP (referente italiana della controversa associazione europea FECRIS), una delle principali detrattrici dei Testimoni di Geova sul territorio italiano, sempre pronta a diffondere «notizie» odiose o dicerie contro di loro pescate qua e là per la rete o fra i suoi contatti.


Dice la Tinelli che nell'ambito di un movimento religioso (da lei solitamente definito «culto distruttivo») come il Geovismo «si comanda, si dirige, si gestisce la vita del singolo inividuo».

Una frase che ci ricorda molto un argomento che avevamo trattato in un precedente post nel quale abbiamo dimostrato come l’ideologia «anti-sette» si possa applicare anche alle religioni tradizionali come il Cattolicesimo ed altre. Basterebbe adattare l’asserto di Lorita Tinelli contro i Testimoni di Geova, riportato nel video qui sopra, a questo post di Giovanna Balestrino del GRIS:


Come si è già detto nel succitato post, non troviamo affatto alcunché di criticabile nel fervore religioso di Giovanna Balestrino e nella sua fede nella parola di Dio.

Al contrario, troviamo una forte somiglianza con il fideismo sul quale si fondano le credenze dei Testimoni di Geova, secondo cui la Bibbia non è un semplice libro religioso che «parla di Dio», ma un libro mediante il quale «Dio stesso parla»: è «la parola di Dio» (seconda lettera a Timoteo, capitolo 3, versetti 16-17); fideismo già profondamente denigrato proprio dalla psicologa pugliese Lorita Tinelli.

«Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.»

I Testimoni di Geova fanno notare come la locuzione «ispirata da Dio», secondo un dizionario biblico, sia la traduzione del termine greco «θεόπνευστος» («theòpneustos», letteralmente «alitato da Dio») e compaia nella Sacra Bibbia una sola volta, identificando chiaramente Dio come fonte prima ed autore unico delle Sacre Scritture. Per questa ragione i Geovisti aspirano a regolare la propria vita secondo gli insegnamenti che ivi sono esposti.

Quando si diventa Testimone di Geova, si è pienamente consapevoli delle regole cui si sceglie di sottostare; regole che la Congregazione professa quale emanazione della volontà di Dio espressa nelle sue Scritture e indi divulgata dai dirigenti dell’organizzazione.

Nei confronti di coloro che cambiano idea e si dissociano o intraprendono una condotta che li porta ad essere espulsi, i Testimoni di Geova applicano ciò che si legge sempre nella traduzione della Bibbia edita della CEI (prima lettera ai Corinzi, capitolo 5, versetti 11 e 13):

«Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. (...) Togliete il malvagio di mezzo a voi!»

Liberamente si diventa Testimoni di Geova, liberamente si può cessare di esserlo, liberamente si può tornare a far parte della congregazione, liberamente si può scegliere di abbandonarla per sempre. In molti lo fanno, alcuni tornano, altri prendono strade diverse. Ma solo una minuscola percentuale di loro si lacera le vesti correndo in lacrime a vomitare la propria «storia» tragica a qualche TV. Perché allora i media strombazzano solo (o per lo più) le versioni di costoro?

E se dei «giornalisti» come «Le Iene» (o dei giovani aspiranti tali come Sofia Mezzasalma) vengono a conoscenza di presunti illeciti o reati gravi come abusi su minori e simili, perché non li denunciano loro stessi? Forse perché si tratta di storie che «sembrano abbastanza coerenti» (cfr. post sopra riportato) ma costoro non dispongono di «elementi sufficienti per dichiararle veritiere» ossia perché, detto più semplicemente, sono racconti del tutto autoreferenziali e senza prove? E se non denunciano loro, perché pretendono che debbano farlo altri nell’incertezza sulla veridicità di quelle «testimonianze»?

In definitiva, considerando da un lato lo scarso approfondimento delle questioni teologiche e dottrinali afferenti alla pratica religiosa dei Testimoni di Geova e dall’altro la superficialità nel ritenere attendibili certe «testimonianze» senza verificarle adeguatamente, il lavoro di Sofia Mezzasalma sembra più un maldestro, tendenzioso tentativo di sfruttare una campagna mediatica già esistente (quella dettata dall’ideologia estremista «anti-sette») per darsi un tono, per crearsi un audience o più semplicemente per guadagnare popolarità e (magari) anche del denaro.

Il solito business «anti-sette»?

mercoledì 26 settembre 2018

La strage di Waco del 1993: Rick Ross e la «deprogrammazione»

Proseguiamo la serie di contributi di Epaminonda riguardanti la tragedia di Waco in Texas (USA) del 1993 e rileviamo come il controllo mentale sia, di fatto, un sinistro metodo adoperato proprio dagli «anti-sette» (per lo meno in America) ai danni dei devoti di nuovi movimenti religiosi e gruppi spirituali minoritari.

Scopriamo altresì in che modo l’influenza della propaganda «anti-sette» ha cagionato decine e decine di vittime innocenti solo nel caso del rogo di Waco.

Comprendiamo così ancora meglio perché, in Italia come altrove, gli «anti-sette» sembra stiano tentando di rifarsi una veste o di cambiare strategia per apparire più «accettabili» o «moderati»: troppo pesante è il fardello della verità sul loro conto che da questo blog (e da molte altre fonti) sta pian piano emergendo.

Sempre più persone leggono e capiscono, sempre più sono coloro che intuiscono l’assurdità dei sibillini anatemi allarmistici di gruppi come FAVIS, AIVS e CeSAP e della loro organizzazione capo europea, la controversa FECRIS (i cui legami con l’ormai defunto CAN di cui ci parla Epaminonda sono ben noti), sempre più cittadini s’interrogano sull’opportunità di una «polizia religiosa» come la SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).

Per un rapido riferimento, riepiloghiamo i post precedenti sul medesimo tema:
- [08 Agosto 2018] La strage di Waco: propaganda «anti-sette» moralmente responsabile?


lunedì 24 settembre 2018

Contraddizioni «anti-sette»: don Aldo Buonaiuto è «diversamente cristiano»?

In questo breve aggiornamento torniamo a parlare di don Aldo Buonaiuto e della sua rivista online «In Terris», tramite la quale, di quando in quando, porta avanti la campagna ideologica «anti-sette» contro la religiosità «alternativa», forte del suo ruolo di consulente privilegiato della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).


Tanto per cominciare, precisiamo che, sebbene l’articolo in questione sia firmato Federico Cenci, «In Terris» è un media online di fatto (e anche formalmente) di proprietà di don Aldo Buonaiuto, con tanto di società commerciale registrata presso la Camera di Commercio.


Molto vi sarebbe da dire sugli interessi finanziari che ruotano attorno alla figura di don Aldo Buonaiuto e del suo ruolo strategico sul crocevia di masse ingenti di risorse economiche, ma non vogliamo divagare dall’oggetto di questo breve aggiornamento e torniamo all’articolo citato prima.

Si legge nel pezzo a firma di Federico Cenci, che sostanzialmente riporta a sua volta il contenuto di una notizia di (Fox News, un canale mediatico americano di risonanza internazionale):

«Esperti e attivisti sarebbero dell'avviso che il governo cinese sta ora conducendo la più severa repressione del cristianesimo nel Paese da quando le libertà religiose sono state concesse dalla Costituzione cinese nel 1982.»

Se da un lato si può solo vedere con favore il fatto che tali soprusi vengano continuamente resi noti e denunciati, dall’altro lato è sbalorditivo notare come siano ormai trascorsi diversi mesi (se non anni) da quando la repressione della libertà religiosa in Cina è un fatto tristemente conosciuto. Però «In Terris» leva il suo grido di protesta solo ora che a farne le spese sono i cattolici?

Da anni le minoranze confessionali che don Aldo Buonaiuto definirebbe «sette religiose» o «culti distruttivi» vengono discriminate e perseguitate in Cina, con metodi anche violenti. Gli esempi più eclatanti (qua e là tragici) sono la Chiesa di Dio Onnipotente (di cui abbiamo parlato nel nostro blog) e la «Falun Dafa» (nota anche come «Falun Gong»).

«“L’evangelizzazione online è severamente vietata, così come i materiali destinati alla conversione dei lettori. Le risorse catechistiche o istruttive non possono essere pubblicate online, bensì devono essere limitate alle reti interne cui si accede con nomi utente e password registrati”. Ma basterebbe ricordare lo stillicidio di chiese buttate giù perchè non rispettano i rigidi regolamenti sull'edilizia, per comprendere il clima che i cristiani respirano in Cina.»

In un post recente abbiamo documentato come gli «anti-sette» italiani salutino con favore l’intolleranza religiosa messa in atto da regimi come quello russo e cinese.

Lo stesso solco è evidentemente ripercorso dalla rivista online di don Aldo Buonaiuto, che nel «suo» articolo a firma di Federico Cenci non spende nemmeno una singola parola. Si parla egoisticamente nemmeno di cristiani, ma specificamente di cattolici, mentre a un pastore evangelico viene soltanto riservato il ruolo di informatore che riferisce dei gravi fatti che si consumano sul territorio cinese.

Eppure «ama il prossimo tuo come te stesso» fu la strada chiaramente indicata da Gesù Cristo a chi gli domandava cosa fare di buono per ottenere un domani la vita eterna, come ben illustra il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Un po’ sarcasticamente, viene da domandarsi se don Aldo Buonaiuto, più ancora che un prete inquisitore come si è ampiamente documentato su questo blog, non sia anche un «diversamente cristiano»!

sabato 22 settembre 2018

Maria Elisabetta Alberti Casellati e le contraddizioni della propaganda «anti-sette»

Davanti alla TV e seduti di fronte alla carta stampata dei quotidiani di una settimana fa, milioni di italiani hanno letto ed ascoltato una dichiarazione della presidentessa del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, presumibilmente annuendo ed approvandone la retorica «politicamente corretta».


Un ineccepibile ed irreprensibile intervento di prammatica, non vi è dubbio.

Ma quale coerenza per la giurista rodigina?

Poniamo un interrogativo tanto inquietante non certo per sollevare una polemica fine a se stessa, ma perché il fulcro stesso dell’intervento della Alberti Casellati confligge clamorosamente con le sue iniziative parlamentari precedenti:


In questo stralcio, la Alberti Casellati si sta particolarmente riferendo al periodo più buio dell’ultimo secolo italiano, quello del ventennio fascista. Periodo del quale abbiamo parlato anche noi di recente nei due post a proposito della circolare antireligiosa Buffarini Guidi e dei suoi diretti strascichi successivi che giungono fino ai giorni nostri con la propaganda «anti-sette».

Il binomio fra fascismo/nazismo e intolleranza religiosa (oltre che etnica) è storicamente acclarato. Andrebbe precisato che il fascismo non è l’unico estremismo politico a promuovere persecuzioni ai danni delle confessioni religiose (vedasi il funesto e purtroppo attualissimo esempio di Russia e Cina), ma in questo post vogliamo focalizzare il periodo fascista sulla scorta della rievocazione del triste anniversario delle «leggi razziali», da cui trae spunto il succitato intervento della presidentessa del Senato.

L’incoerenza di quel discorso puranco inappuntabile risiede – dicevamo – nelle iniziative parlamentari precedentemente messe in atto dalla Alberti Casellati. Non casi isolati, ma manovre ben precise dettate dal manifesto ideologico «anti-sette», del tutto in linea con l’ispirazione intollerante della «Buffarini Guidi» e, di fatto, un tentativo di continuazione di quel diktat fascista.

Correva l’anno 2001 quando in novembre l’allora senatore di Alleanza Nazionale Renato Meduri presentò il disegno di legge nr. 800 dal titolo «Norme per contrastare la manipolazione psicologica», che s’imperniava apertamente sulle controverse teorie del «lavaggio del cervello» e mirava direttamente e palesemente a restaurare il «reato di plagio», giudicato incostituzionale nel 1981.


Nostalgico del «duce», Renato Meduri era (ed è tuttora), notoriamente ed espressamente vicino alle posizioni del fascismo, come egli stesso non esita a dichiarare pubblicamente (vedasi figura seguente). Indagato e poi prosciolto per la strage dovuta all’attentato al treno Freccia del Sole a Gioia Tauro, Meduri era comunque ufficialmente una figura di riferimento delle proteste violente della destra di Reggio Calabria. Un’inclinazione  alle maniere forti e alla spavalderia che non l’ha mai abbandonato sin dai tempi del «Boia chi molla!», a giudicare dalle sue parole:


Meno di un anno più tardi, fu proprio Maria Elisabetta Alberti Casellati a formulare e presentare una proposta di legge del tutto simile, la nr. 1777 di ottobre 2002, dal titolo «Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale». Come ebbe ella stessa a precisare ulteriormente in una trasmissione televisiva andata in onda a SAT2000 (ora TV2000) il 24 marzo del 2004, l’obiettivo dichiarato di quel disegno di legge erano in particolar modo le «sette religiose».

I due progetti di legge (Meduri e Casellati) vennero assegnati alla Commissione Giustizia del Senato, la quale il 3 febbraio 2004 dispose l’assorbimento del nr. 800 nel testo del nr. 1777. Le due proposte di legge, così accorpate, proseguirono nell’iter ma non si spinsero oltre la fine della legislatura (27 aprile 2006) e non giunsero nemmeno al vaglio dell’assemblea parlamentare. Un’iniziativa legislativa che, come ebbe a commentare l’esperto di religioni Massimo Introvigne («sulla base di vent’anni [oggi quasi trentacinque] di esperienza nello studio delle cosiddette “sette”») in un articolo su «Il Foglio» del 19 marzo 2004, altro non fu se non un «capriccio liberticida della Casa per le libertà», un’iniziativa «pericolosa (…) e insieme inutile per gli scopi che si propone di raggiungere».

Ma nonostante i pareri accademici, gli appetiti «anti-sette» della Alberti Casellati, evidentemente, non si erano placati. Infatti, dieci anni più tardi (26 febbraio 2014) la senatrice pronunciò un’interrogazione parlamentare che riprendeva il discorso contro i nuovi movimenti religiosi da dove l’aveva lasciato, riproponendo l’allarmismo e la fanfara mediatica contro fantomatiche (ma mai chiaramente specificate) «organizzazioni all’origine delle derive settarie» e «gruppi a carattere religioso, esoterico o spirituale». Come sempre, guai a chi è anticonformista.

Fra i pochi cofirmatari di quella interrogazione parlamentare troviamo Pietro Liuzzi, già più volte citato nel presente blog, concittadino ed amico personale di Lorita Tinelli del CeSAP.

Non è affatto un caso: nel testo presentato dalla Alberti Casellati vengono infatti portate a riferimento le associazioni «anti-sette» corrispondenti della controversa organizzazione europea FECRIS, quindi sia il succitato CeSAP, sia la FAVIS e il suo presidente Maurizio Alessandrini.

Naturalmente, il testo non manca di presentare come «necessaria» la controversa unità della Polizia di Stato nota come SAS o «Squadra Anti-Sette», che verrebbe meglio descritta come una «polizia religiosa».

Tutti elementi che, assieme ai molti altri segnali dell’estremismo di destra che caratterizza gli «anti-sette», richiamano in tutto e per tutto la repressione religiosa in atto nel periodo fascista.


Con quale memoria storica, dunque, è un «obbligo morale fare i conti»?

mercoledì 19 settembre 2018

La strage di Waco del 1993: l’incompetenza che gettò le basi per un massacro

Riprendiamo finalmente la serie dei contributi riguardanti la tragedia di Waco in Texas (USA) del 1993, e – più in generale – le «fole» sovente addotte dai militanti «anti-sette» nel loro ormai traballante tentativo di sostenere le loro sibilline e screditate teorie, come quella assai controversa del «plagio» o «lavaggio del cervello».

Per un più rapido riferimento, riepiloghiamo i due post precedenti sul medesimo tema:
- [08 Agosto 2018] La strage di Waco: propaganda «anti-sette» moralmente responsabile?

In questa puntata, il «nostro» Epaminonda presenta gli esiti di un’indagine governativa svolta ufficialmente dalle autorità americane competenti a proposito della gestione di quella vicenda: le responsabilità che ne emersero fanno tuttora vergogna ai cittadini statunitensi.

Una clamorosa sequela di cantonate che, se da un lato può lasciare completamente allibiti, dall’altro non è affatto casuale: come si è riferito nel recente post a proposito del caso di «Ananda Assisi», anche qui l’influenza «anti-sette» ha potuto fuorviare completamente i dirigenti di un ente pubblico mettendoli in condizione di conculcare i diritti di quegli stessi individui che avrebbero invece dovuto tutelare.


lunedì 17 settembre 2018

Propaganda «anti-sette» e pseudoscienza: il caso di Rita Sberna

di Mario Casini

Nel nostro penultimo post si era citata en passant Rita Sberna, una blogger (non giornalista) siciliana, nemmeno trentenne, che si presenta anche come scrittrice e conduttrice radio-televisiva. Nata a Catania e vissuta in provincia di Caltanissetta, due anni fa la Sberna si è accasata a Roma e lì risiede tuttora.

Nella sua presentazione autobiografica (dettagliata ma sfortunatamente non scevra di inesattezze linguistiche, fattore purtroppo ricorrente nei suoi scritti), Rita Sberna sostiene di aver fissato fra i propri obiettivi «far conoscere l’amore di Dio attraverso la condivisione delle esperienze e della fede di ognuno». Non è chiaro, tuttavia, come tale proposito (innegabilmente nobile) s’intoni con la propaganda di odio degli «anti-sette» a cui lei dà spazio sui propri siti Web: seguendo la sua «logica» l’amore immenso, incomparabile ed incondizionato di Gesù Cristo sembra dover essere riservato solo a una quota della popolazione, mentre altre centinaia di migliaia di persone «colpevoli» di perseguire una differente religiosità non dovrebbero godere né della considerazione né tantomeno della misericordia divina.

E pensare che proprio una correligionaria di Rita Sberna, nonché esponente «anti-sette», Giovanna Balestrino (rappresentante piemontese del GRIS), un po’ incoerentemente inneggia alla pace fra la gente citando il Santo Padre (salvo poi organizzare convegni in cui le minoranze religiose non cattoliche vengono messe alla berlina ed accusate delle peggiori nefandezze):


In un primo momento, comunque, mi ero formato l’idea che Rita Sberna fosse tutto sommato in buona fede e fosse solo una delle molte vittime della manipolazione di informazioni e «notizie» ad opera degli «anti-sette» e che quindi, aizzata dagli effetti della propaganda contro la spiritualità anticonformista, avesse preso a ciarlare di «satanismo» e di «sette pericolose» reduplicando gli anatemi del prete inquisitore don Aldo Buonaiuto, referente privilegiato della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).

La sistematica censura dei miei commenti sulle sue pagine Web, però, mi ha indotto a dare un’occhiata un poco più approfondita al pittoresco personaggio di Rita Sberna e mi ha consentito di scoprire che ero in errore. Ecco infatti un mio commento che non ha mai visto la luce e probabilmente mai la vedrà:


Con le pive nel sacco, ho curiosato un po’ e ho trovato questo post:


Secondo quanto Rita Sberna afferma nel suo post, ad un sacerdote cattolico «ben preparato sull’argomento (meglio se esorcista)» oppure a «un gruppo di preghiera carismatico» dovrebbe spettare il compito di stabilire se uno o più dei seguenti «sintomi» siano da attribuire al fatto di aver ricevuto un «maleficio operato tramite fattura». Ecco parte della lista: «impressione di freddo sul petto o sulle spalle, senso di soffocamento, palpitazioni cardiache, sensazioni di puntura alla nuca, allo stomaco, vicino al cuore, a volte sensazione di bruciori, contrazioni dolorose alla testa, in certi periodi e prevalentemente alla sera, angosce immotivate (…), dimagrimento senza motivi apparenti, (…), sensazioni di sfinimento senza motivo, perdita di energia, fatica o angoscia nell’alzarsi dal letto la mattina, (…) ripetuti impulsi suicidi, (…) impressione di essere costantemente osservati e spiati», e parecchi altri.

Curioso (se non grottesco) il «disclaimer» introdotto appena prima dell’elenco della presunta sintomatologia: «Ribadendo che per ogni problema è sempre necessario consultare prima il medico ed effettuare le opportune visite specialistiche, possiamo elencare i sintomi (…)». Pare quasi una frase posticcia, inserita in un secondo momento su consiglio di qualcuno, siccome il verbo «ribadire» presupporrebbe che si fosse affermato qualcosa in precedenza, che invece non è stato affatto specificato; al contrario, nell’argomentazione iniziale viene detto esattamente l’opposto.

Mi domando se sintomi come bruciori, contrazioni alla testa, dimagrimento, sfinimento, soffocamento e palpitazioni cardiache non siano di precipua competenza di un medico, e se impulsi suicidi, angosce immotivate e sentirsi osservati non debbano essere sottoposti ad uno specialista. Dovrebbero, a meno che non si voglia incorrere in un’accusa di esercizio abusivo della professione medica. Invece Rita Sberna sostiene a più riprese che il «discernimento» di tali manifestazioni (inequivocabilmente denominate «sintomi psicologici o fisici») dovrebbe essere svolto «con un sacerdote o un gruppo di preghiera».

Come mai, di fronte a tali affermazioni, non insorgono gli «anti-sette» come Sonia Ghinelli di FAVIS sempre molto attenti a criticare le medicine alternative (ovviamente mai mancando di etichettarle spregiativamente come «pseudo cure» e via dicendo)?


Forse la sintomatologia snocciolata da Rita Sberna ha a che vedere con le «sette psicoterapeutiche» cui fumosamente fa accenno Lorita Tinelli del CeSAP, (corrispondente italiana della controversa sigla franco-europea FECRIS)?


Quasi quasi mi tornano in mente le dissertazioni pseudo-scientifiche proprio della Tinelli nel suo fantasmagorico webinar del 18 aprile scorso, fra cui in particolare questa che certamente la psicologa pugliese avrebbe affibbiato al sibillino discorso di Rita Sberna:


sabato 15 settembre 2018

Gli «anti-sette» italiani inneggiano al totalitarismo e sostengono l’estremismo?

Si è visto più volte come certi militanti «anti-sette» denotino, non solo nel loro concreto modus operandi ma talvolta anche nelle loro stesse dichiarazioni, una certa affinità con le politiche del regime fascista o con la più recente dialettica delle fazioni di estrema destra. Basti pensare alla circolare Buffarini Guidi ed alle sue successive propaggini che tuttora permangono qua e là nell’arcipelago del «business anti-religioso» di associazioni come CeSAP (corrispondente italiana della controversa sigla franco-europea FECRIS), FAVIS, AIVS o GRIS e dei rispettivi esponenti come la psicologa Lorita Tinelli, l’ex ragioniere in pensione Maurizio Alessandrini o il prete «inquisitore» don Aldo Buonaiuto, referenti privilegiati della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).

Abbiamo anche documentato il fatto che quegli stessi sedicenti «esperti» di spiritualità (clamorosamente privi di reali qualifiche accademiche in materia) tentano di propinare teorie controverse e screditate come il «plagio» o «manipolazione mentale», da tempo abbandonate dagli studiosi (seri) di religioni in tutto il mondo. Fatto, questo, che rappresenta non solo un «errare», ma un vero e proprio «perseverare nell’errore» del tutto deliberato, e dunque «diabolico».

Ma a quanto sembra di dover dedurre dalle loro più recenti esternazioni, non è tanto un aspetto di destra o di sinistra a distinguere dal comune essere pensante i propagandisti contro la religiosità minoritaria; piuttosto, è proprio una caratteristica di estremismo tout court. In altri termini, gli esponenti «anti-sette» sono estremisti per definizione:


Che gli «anti-sette» adottino di norma «metodi radicali» e siano «intransigenti» lo si è descritto e dimostrato un numero ormai incalcolabile di volte solo in questo blog, senza nemmeno menzionare l’abbondante materiale che si trova altrove (e non solo sul Web, ma anche nei trattati degli studiosi di religiosità).

Ma ultimamente essi promuovono anche estremismi politici nei quali l’odio sfocia nella violenza e negli abusi più tragici.

Come nel post seguente, che fu una delle prime avvisaglie, in Ottobre dell’anno scorso: Sonia Ghinelli di FAVIS acclama Luigi Corvaglia di CeSAP per la sua partecipazione ad un convegno assieme a niente meno che Alexandr Dvorkin, il kapò russo degli «anti-sette», personaggio tetro e controverso ben noto per la sua sistematica opera di fomento dell’intolleranza contro le minoranze religiose:


In quest’altro post dei primi di agosto scorso, la «fluida» Sonia Ghinelli riesce persino a far apparire «democratica» la Russia, che nel frattempo viene addirittura biasimata dall’ONU per le sue violazioni dei diritti umani in ambito religioso; e naturalmente non manca di condire il suo post con la solita tiritera sui «culti distruttivi». Talché ci domandiamo: quella dell’esponente FAVIS è ignoranza (colpevole) o disinformazione (deliberata)?


Di nuovo, ecco Sonia Ghinelli che porta avanti l’attacco del regime cinese alla Chiesa di Dio Onnipotente, e non dimentichiamo che questa gente viene deportata e incarcerata solo perché «colpevole» di pregare in maniera differente, di raccogliere numerose adesioni e di essere critica del governo.


Ancora, ecco la macchina del fango mediatica «anti-sette» all’opera, con lo pseudo-giornalista Filippo Bovo che prosegue il suo «copia/incolla» (a fini di lucro) della propaganda cinese contro le minoranze religiose fingendo di non sapere a quali soprusi e violenze essa lasci mano libera:


Tutto ciò è davvero sbalorditivo: in mezzo mondo si levano voci di protesta contro le angherie che in Cina e in Russia subiscono le minoranze religiose (ovviamente fomentate da giornalisti compiacenti con le loro «notizie» allarmistiche sui mass media relative a «casi» in cui qualcuno viene accusato del tale o talaltro fatto, sempre tutti da dimostrare), e gli «anti-sette» nostrani si fregano le mani per il battage mediatico che giustifica quegli abusi dei diritti umani. Se non è cattiveria questa…

venerdì 7 settembre 2018

Gli «anti-sette» incongruenti e inattendibili: don Aldo Buonaiuto smentisce se stesso

In questo post riproponiamo il tema dell’inattendibilità degli «anti-sette», particolarmente riferito alle cifre incongruenti spesso sbandierate da costoro ma del tutto autoreferenziali e prive di circostanze e dettagli precisi, tanto inconsistenti da rasentare la pseudoscienza come nel caso delle asserzioni sulle non meglio specificate «500 sette» da parte della psicologa pugliese Lorita Tinelli dell’associazione CeSAP (corrispondente italiana della controversa sigla franco-europea FECRIS) o alle statistiche presentate dal protagonista del post di oggi, don Aldo Buonaiuto, il prete inquisitore collaboratore del GRIS e referente della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) e, in questo ruolo, curiosamente alleato al fronte ateo degli «anti-sette», ossia la succitata Tinelli con i suoi partner romagnoli Maurizio Alessandrini e Sonia Ghinelli dell’associazione FAVIS.

Abbiamo ben pochi commenti da fare, perché tutto quello che occorre dire è già sorprendentemente esposto, in maniera cristallina, nientemeno che dallo stesso don Aldo Buonaiuto, in risposta a questa domanda postagli da una giovane blogger fervente cattolica, Rita Sberna (che – sia chiaro – non è una giornalista), in un’intervista che è stata registrata poco meno di due anni or sono (ottobre 2016):


Facciamo un piccolo passo indietro e – tanto per rafforzare e riconfermare (se mai ve ne fosse bisogno) il ruolo rivestito da don Aldo Buonaiuto come collaboratore della Polizia di Stato – ecco come lo presenta Rita Sberna:


E ora vediamo come risponde don Aldo Buonaiuto al quesito postogli dalla giovane presentatrice:


«Le sette sataniche purtroppo sono diffuse ma non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Abbiamo capito correttamente?

Temiamo di sì:

«(...) non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Ecco crollare l’intero castello di carte «anti-sette», ecco dimostrarsi l’assoluta inesistenza del presunto «allarme» dei «culti distruttivi», come peraltro già era stato dimostrato da altri in precedenza e come abbiamo più volte dimostrato anche noi.

Ma non era proprio Lorita Tinelli a parlare di «circa 500 sette» e a ribadire continuamente questa cifra (tutt’altro che documentata) ai mass media e su Internet?

«(...) non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Ma non era proprio don Aldo Buonaiuto a dichiarare di fronte alla stampa e ad altri illustri invitati presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, che in cinque anni la sua organizzazione aveva trattato 1853 presunti «casi» di persone che avevano aderito a movimenti a suo dire «discutibili» o «pericolosi»?

Eppure:

«(...) non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Teniamo in mente questa clamorosa incongruenza e torniamo all’intervista di Rita Sberna: si sfiora addirittura il paradosso un paio di minuti più tardi, quando don Aldo Buonaiuto parla della figura de «l’ingannatore, l’astuto, il serpente, il menzognero»:


Di chi stava parlando il prete inquisitore referente della SAS?

Chissà. Però le sue parole (evidentemente attribuite a chi segue una spiritualità a lui invisa, ma che un po’ sarcasticamente ci domandavamo se non potessero riferirsi a lui stesso) ricordano un recentissimo post della sua collega «anti-sette» Lorita Tinelli:


Quale candore: «stiamo prendendo tutti una brutta deriva in campo relazionale e di rispetto dell’altro»? Evidentemente stava parlando del CeSAP e dei suoi colleghi «anti-sette».

Ma sentiamo come prosegue il prete esorcista don Aldo Buonaiuto:


«(...) il demonio a volte riesce anche proprio a utilizzare cristiani credenti consacrati persone anche proprio del mondo della Chiesa intesi come sacerdoti ecc. per combinare i suoi misfatti.»

Che sia un lapsus freudiano?

domenica 2 settembre 2018

I danni degli «anti-sette»: il caso di Ananda Assisi (2004-2008)

Ci tuffiamo nuovamente nei retroscena dell’attuale propaganda «anti-sette» e descriviamo uno peggiori casi che, disgraziatamente, ben esemplificano i danni devastanti che i militanti contro la spiritualità «non convenzionale» sono in grado di produrre strumentalizzando la macchina mediatica per gettare fango su comunità pacifiche, «colpevoli» soltanto della propria «diversità». La vicenda di cui ci occupiamo stavolta si colloca peraltro in un periodo storico (prima metà degli anni 2000) segnato dal dilagare dell’attività «anti-sette» del «prete inquisitore» don Aldo Buonaiuto, referente della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno, sulla cui costituzionalità molti dubbi e perplessità sono stati giustamente sollevati) nonché collaboratori degli altri gruppi «anti-culto» associati alla controversa sigla europea FECRIS.

E, come vedremo, il principale istigatore occulto dell’ingiustizia consumatasi fra il 2004 e il 2008, è proprio don Aldo Buonaiuto.


L’associazione Ananda (meglio nota come «Ananda Assisi») non è solo un popolare gruppo di meditazione yoga e cultura orientale, è anche una vera e propria comunità residenziale nella quale le persone si recano in un ritiro totale dalla frenesia del vivere quotidiano; molti, dopo aver provato l’esperienza di vita proposta da Ananda, si trattengono presso la struttura per periodi prolungati, qualcuno sceglie anche di fermarvisi definitivamente imponendo un cambio radicale alla propria vita e di dedicarsi alla propria spiritualità, come ben racconta un articolo di «Repubblica» pubblicato in maggio del 2016. Alquanto indovinata anche la collocazione geografica del gruppo: in comune di Nocera Umbra, fra Assisi e Gualdo Tadino, nel cuore dell’Italia peninsulare, immersa nella meravigliosa e lussureggiante vegetazione di una regione splendida come l’Umbria, nota in tutto il mondo per i forti, profondi richiami religiosi di luoghi sacri millenari.


Nell’inverno del 2004, la comunità di Ananda viene scossa da eventi drammatici ed inaspettati. Ecco la testimonianza di «Narya», Paolo Tosetto, uno dei principali rappresentanti italiani del movimento, che descrive quel terribile periodo. Il video è tratto dagli interventi del convegno di presentazione dell’associazione LIREC (Centro Studi sulla Libertà di Religione e di Credo), tenutosi a Roma il 16 gennaio scorso.


In soli dieci minuti, Tosetto riassume in modo esauriente e con straordinaria dignità dei fatti agghiaccianti che possono solo suscitare indignazione: il 14 Gennaio del 2004 un contingente di un’ottantina di poliziotti fa irruzione presso la sede dell’associazione Ananda (una tranquilla comunità religiosa presente in zona da più di dieci anni e perfettamente integrata con il suo territorio!), perquisiscono perentoriamente i locali e sequestrano interi faldoni di documenti e una quarantina di computer; i conti bancari dell’associazione vengono congelati e la sua stessa esistenza viene messa a repentaglio. Di lì a poco, scattano i titoloni allarmistici dei giornali ed ecco che di nuovo un (inesistente) «mostro» viene sbattuto in prima pagina.


Gli articoli del solito tenore «anti-sette», naturalmente, parlavano della «forte pressione psicologica» con cui «gli adepti alla setta venivano indotti a spogliarsi dei propri beni» (Il Gazzettino del 3 marzo 2004) e raccontavano di «suicidi e psicosi croniche dietro i “misteri” di Ananda», di «riduzione in schiavitù» ammantata di religiosità indiana (Il Messaggero del 5 marzo 2004). Ai responsabili vengono contestati reati gravissimi, fra cui l'associazione a delinquere.

Inutile proseguire nel riesumare altri articoli dell’epoca: finiremmo per rimestare nel torbido, sappiamo molto bene che genere di anatemi tendano a proporre e quali allarmanti minacce dipingano. È la solita minestra, riscaldata già al tempo (basti pensare alla vicenda degli inesistenti «Angeli di Sodoma») e ribollita anche oggigiorno con secondi fini (talvolta persino economici).

Purtroppo non fu un fuoco di paglia, l’inchiesta proseguì e i soprusi del giustizialismo «anti-sette» non si fermarono alla prima irruzione: alle ore 5:30 del mattino del 29 febbraio 2004, la polizia tornò presso la sede di Ananda ed arrestò una decina di dirigenti dell’associazione, che erano stati posti sotto indagine, portandoli in carcere, dove rimasero per una settimana in attesa di venire giudicati.

Come ben scrisse in quel periodo Manuel Olivares, un giornalista che s’interessò al caso: «Da un punto di vista culturale ciò che, credo, penalizzi realtà come Ananda, in particolare in momenti così diffcili, è la profonda e diffusa ignoranza di culture religiose altre, che può indurre ad assumere punti di vista univoci e ferocemente preconcetti (…) Di qui, nell’universo insulso dei luoghi comuni, chi sceglie, ad esempio, di praticare il karma-yoga (servizio volontario come offerta a Dio) in un ashram o in una comunità religiosa può essere facilmente additato come un individuo psicolabile sfruttato da feroci aguzzini o addirittura ridotto in schiavitù».

Facile intuire quali furono le distruttive conseguenze subite dai partecipanti di Ananda Assisi durante quei terribili anni: la reputazione dei singoli intaccata dal tam tam mediatico, i danni economici subiti dalla comunità, il sospetto e la diffidenza che gli «anti-sette» hanno tentato di sobillare. Ma, come ha ben raccontato Tosetto, il loro tentativo di demolire Ananda ha sortito l’effetto contrario, con manifestazioni di solidarietà ed aiuti inattesi da parte non solo di frequentatori della comunità, ma anche dai vicini della medesima.

Successivamente, è arrivata anche la vittoria giudiziaria: il 22 novembre 2008, «dopo 7 anni di indagini e accuse da parte della procura di Perugia, il caso intentato contro Ananda per associazione a delinquere con scopi di riduzione in schiavitù, lavaggio del cervello, circonvenzione d'incapace, usura e frode si è concluso con un’assoluzione piena. Tutte le accuse sono totalmente crollate e il giudice dell’udienza preliminare, Dr. Massimo Ricciarelli, ha assolto tutti i componenti di Ananda, emettendo sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste».

Scavando nel background di un così grave caso di persecuzione giudiziaria ai danni di un gruppo spirituale, emerge come già altrove la figura da carogna degli apostati o «ex membri»: nella fattispecie, un paio di persone che si sono adoperate per comunicare le proprie recriminazioni e trasformarle in accuse, rivelatesi poi false in tribunale. La principale fra questi è un ex addetto alle vendite dei prodotti biologici realizzati e commercializzati da Ananda per sostenere le proprie attività religiose (particolarmente apprezzate le «noci lavatutto») il quale, allontanato per i suoi comportamenti non in linea con le buone maniere richieste dalla comunità e scontento per non aver tratto il profitto sperato dall’attività svolta, aveva dapprima giurato vendetta alla dirigenza e successivamente aveva fornito le proprie «testimonianze» per fare in modo che Ananda finisse in guai seri.

Sotto il profilo giudiziario, il responsabile dell’indagine fu il sostituto procuratore di Perugia, Antonella Duchini.


Triestina, classe 1956, in magistratura sin dal 1981, già da pretore di Perugia a metà anni ’90 il suo nome era spesso sui giornali. Fece scalpore, ad esempio, nell’ambito di un’inchiesta sulla produzione e vendita di videocassette pornografiche, per la decisione di sottoporre a un vaglio attento e scrupoloso oltre quattrocento cortometraggi a luci rosse. In quel periodo, era considerata un «giovane magistrato dal piglio deciso e stimata dai colleghi per lo scrupolo con il quale svolge il proprio lavoro». Oggigiorno il vento sembra soffiare in direzione opposta, se consideriamo che la Duchini è indagata per abuso d’ufficio e rivelazione di informazioni segretate, tanto che il Consiglio Superiore della Magistratura ne ha disposto il trasferimento ad altra procura (Ancona).

Ma in quel periodo (primi anni 2000) la Duchini era considerata  una professionista competente e coscienziosa. Ci domandiamo, quindi, cosa poté spingerla a prendere una cantonata tanto clamorosa e – soprattutto – tanto deleteria per un’intera comunità religiosa?

Come poté la Duchini, senza aver mai nemmeno interpellato la dirigenza di Ananda nel corso di oltre un anno di indagini, giungere alla conclusione che «molti adepti» avevano subito dello «sfruttamento» ed un «totale condizionamento psicologico», tanto da «trovarsi in una condizione devastante della personalità, sfociata in più occasioni in disturbi mentali gravi»?

Quale genere di «consulente» o di «consigliere», evidentemente ritenuto «qualificato», può fuorviare sino a tal punto un sostituto procuratore nel pieno della sua carriera come Antonella Duchini?

Troviamo la risposta in bella mostra in uno degli articoli più recenti sugli sviluppi del caso giudiziario:


 «(…) la sostanza dell’impianto accusatorio nei confronti degli imputati doveva ravvisarsi nelle dichiarazioni rese da alcuni soggetti (...) e nelle
consulenze redatte da Don Aldo Buonaiuto e dalla Prof.ssa Cecilia Gatto Trocchi»

I commenti sarebbero inutili: don Aldo Buonaiuto (un prete cattolico) e Cecilia Gatto Trocchi (esponente del GRIS), ben noti per le loro tesi contro i nuovi movimenti religiosi. Conoscendo il già citato caso degli inesistenti «Angeli di Sodoma», possiamo ben immaginare quali nefandezze per lo più immaginarie possano aver riferito agli inquirenti.

Ma mentre la seconda non può più rispondere dei propri abusi, essendo morta suicida a 66 anni nel luglio del 2005, il primo è ancora in circolazione ed è piuttosto attivo nell’osteggiare la spiritualità non cattolica o anche cattolica ma non convenzionale.

Hanno mai chiesto perdono, costoro, per gli orribili torti che hanno commesso?