di Mario Casini
A fronte dell’ennesimo articolo di matrice «anti-sette» grondante di intolleranza e fautore della solita «informazione» preconcetta e a senso unico nei confronti di un movimento religioso di minoranza, mi sono attivato per metterne in luce le lacune e, quanto meno, esprimere un parere contrario.
Autore del reboante pezzo è il trentacinquenne pisano Filippo Bovo, che secondo il sito Internet dell’Ordine dei Giornalisti non è iscritto all’albo né come pubblicista né tantomeno come professionista, però si presenta come «direttore editoriale» del giornale online «L’opinione pubblica» (addirittura?)
Sarà per quella omessa qualifica che scrive ancora «qual è» con l’apostrofo?
Ma sorvolo su queste banalità, sarà stata una svista ed è solo un innocuo post su Facebook. Senz’altro ben meno grave dei pesanti giudizi espressi nel tema trattato dal suo articolo.
Questa volta, infatti, ad essere preso di mira è un gruppo spirituale di origine orientale denominato «Falun Dafa» o «Falun Gong», da tempo oggetto di una vera e propria persecuzione nel suo paese di nascita e di prevalenza, la Cina, a tratti cruenta e fratricida.
Come accade pressoché invariabilmente in questi casi, il commento che ho cercato di inserire in calce al post è stato censurato. Lo riporto qui:
Certo, il mio lessico è stato salace e i miei modi non sono certo stati blandi o improntati alla lusinga. Tutt’altro… però non ho mancato di rispetto a nessuno e, pur esprimendo un’opinione di netto contrasto alla linea dell’articolo, l’ho fatto mantenendomi nei canoni della civile convivenza.
Ma il «democratico» media che vorrebbe rappresentare la «opinione pubblica» ha creduto di censurare: nessun punto di vista divergente, nessuna voce fuori dal coro, niente dialettica… non è forse proprio questa una delle accuse classiche che dagli «anti-sette» vengono rivolte ai «culti distruttivi»?
Non che non m’aspettassi di venire censurato. Non è certo una novità: sinora il record lo detiene Lorita Tinelli, come riferivamo in un post precedente.
Così ho pensato fosse meglio manifestare il mio dissenso in privato, inviando un’e-mail alla redazione. E l’ho fatto, ribadendo all’incirca il medesimo testo del commento, soltanto integrato con un paio di link di approfondimento:
Mi ha forse risposto qualcuno, foss’anche per darmi del fesso? Macché…
Mi sono chiesto: come mai?
E mi sono risposto anche molto in fretta: è stato sufficiente dare un’occhiata a chi è questo Filippo Bovo: i suoi libri vengono pubblicati da Anteo Edizioni, che fra gli altri ha dato alle stampe anche un testo sui «deprogrammatori» e su Rick Ross, il quale non a caso viene citato quale fonte «autorevole» nell'articolo sul Falun Gong.
Non ho proseguito oltre nella mia piccola – per così dire – «indagine»; forse sarebbe interessante farlo, ma a che pro? La matrice è sempre la solita, e il risultato è sempre il medesimo: pseudo-«informazione» tendenziosa e discriminatoria strutturata in modo tale da poter giustificare una persecuzione anche violenta, come accade in Cina e come è avvenuto nel caso dei famigerati «deprogrammatori».
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