mercoledì 31 gennaio 2018

Lorita Tinelli, dalla propaganda «anti-sette» alle polemiche per il latte versato

L’ultimo paio di giorni ha visto su un notiziario web di Noci (BA), «LeggiNoci», un resoconto relativo ad un’iniziativa intrapresa dall’Assessorato alla Cultura del piccolo comune pugliese, diretto proprio dalla psicologa «anti-sette». Iniziativa che non sembra avere raccolto molti consensi fra la cittadinanza ed è stata così in buona parte disertata da coloro che teoricamente sarebbero dovuti esserne più coinvolti.


A prima vista, si tratta di un normalissimo articolo che dà conto di un evento tenutosi presso una struttura pubblica con scarso seguito da parte della cittadinanza.

Ma l’autore dell’articolo commette un «errore fatale»: citare con nome e cognome l’assessore interessata, Lorita Tinelli, addirittura indicandola quale «responsabile dell’iniziativa»:


Apriti cielo! Immediata e alquanto piccata la replica della psicologa del CeSAP, che si scaglia proprio contro il giornalista e contro la sua testata, addirittura ipotizzando che l’articolo sia una strumentalizzazione politica:


Nel merito della questione, invece, per giustificarsi dell’evidente fallimento dell’iniziativa la Tinelli scarica il barile e attribuisce la colpa ai dirigenti scolastici del suo comune (ossia, per inciso, proprio coloro di cui dovrebbe essere al servizio):


Qualcuno potrebbe domandarsi cosa abbia a che fare questa polemica tutto sommato secondaria con il tema del presente blog: di per sé, in effetti, nulla; tuttavia, ha un’elevata rilevanza per quanto concerne la personalità di Lorita Tinelli e il suo modo di atteggiarsi nei confronti di nemici presunti e rivali immaginari. Il suo cosmo sembra talvolta popolato da sinistri oppositori che ordiscono trame ai suoi danni, e così eccola scagliarsi contro chiunque abbia l’ardire di fare una qualsivoglia osservazione sul suo operato, figurarsi se si tratta di una critica.

Giudizio avventato? Superficiale?

Si giudichi da come la Tinelli commenta l’accaduto dalla sua pagina Facebook:


In altri termini, quando si presenta il guaio l’attenzione è rivolta verso «gli altri»: nessun esame di coscienza, nessuna autocritica, nessun senso di responsabilità. Colpa degli «altri».

Addirittura, la Tinelli ha la necessità di sfogarsi contro chi si è solamente (e, peraltro, molto educatamente) permesso di rilevare come si sono svolti gli eventi; notare la sua invettiva degna del miglior «complottismo tragico»:


Tanto più rilevante questa vicenda, a nostro modo di vedere, per le specifiche lagnanze della Tinelli: costei lamenta che il giornalista si è «avventurato in cronache azzardate» senza interpellarla ed ha così «costruito un racconto distorto e incompleto». Tale enunciato impone una riflessione: non sono queste esattamente le medesime proteste che rivolgono agli «anti-sette» le persone colpite o infamate dalle «cronache azzardate» dei mass media basate su «racconti distorti e incompleti» (quando non completamente inventati) di CeSAP, FAVIS, ecc.? Il nostro blog è cosparso di tristi esempi in tal senso, dunque ci pare superfluo argomentare oltre.

Per quale ragione la Tinelli sembra non aver nulla da obiettare quando le vittime di «cronache azzardate» e «racconti distorti e incompleti» sono i bersagli degli «anti-sette», e invece si lamenta sonoramente quando un giornalista dà conto delle sue performance politiche zoppicanti?

In ultima analisi: da una personalità del genere è plausibile attendersi una tolleranza sincera, una solidarietà concreta e un rispetto del diverso che vadano oltre gli speciosi proclami di convenienza?

giovedì 25 gennaio 2018

Gli «anti-sette»: tutti contro tutti e nessuno per la pace?

Gli anti-sette non finiscono mai di smentire se stessi, come si è visto più e più volte (basta consultare la sezione «Contraddizioni» di questo blog), e per dirla tutta nemmeno di smentirsi l’un l’altro.

Molto spesso, infatti, ci troviamo a riferire di come costoro litigano l’uno con l’altro per accattivarsi un loro seguito contendersi il «palcoscenico» mediatico di trasmissioni trash, articoli scandalistici o riviste di gossip; i loro scambi di accuse talvolta sono furenti, altre volte scadono nella scurrilità e nella sconcezza. A questo proposito, è sufficiente leggere i post della sezione «Beghe e litigi» di questo blog.

Proprio qualche giorno fa si è verificato un altro curioso caso di contrapposizione fra «anti-sette».

Ecco come Laura Fezia, accanita demolitrice di tutto ciò che è cattolico e sostenitrice del CeSAP di Lorita Tinelli, si fa beffe di Annalisa Colzi, una «anti-sette» allineata con le frange cattoliche estremiste:


Sì, proprio la stessa Annalisa Colzi che si scaglia contro Raffaella Carrà per la sua (celeberrima) canzone «Tanti Auguri»:


Figurarsi: un divario insanabile fra le due posizioni, sono un’assoluta antitesi ideologico-culturale.

Eppure, sull’osteggiare le «sette» si trovano affatto d’accordo.

Ad esempio, qui la Colzi annuncia anatemi contro varie dottrine fra cui, addirittura, lo Yoga:


E qui la Fezia a collaborare con una (ora defunta, ma tuttora famigerata) associazione «anti-sette» già dal lontano Novembre del 2003:


D’altronde, l’insegnante torinese di «tecniche energetiche» (tecniche energetiche? lo sapesse la Colzi, chissà cosa direbbe…) non ha mezzi termini sulla Chiesa Cattolica; qui solo un post preso ad esempio (ma ve ne sarebbe un’infinità):


Dal canto suo, la Colzi assieme al GRIS (il cattolicissimo Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa, già Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette) si scaglia proprio contro le «pratiche alternative», altra denominazione peraltro del tutto generica per qualcosa di non meglio definito, ma evidentemente considerato «di serie B».


E via discorrendo, gli esempi di intolleranza sarebbero ben più numerosi.

In parole povere, ancora una volta il gruppetto degli «anti-sette» italiani si presenta contraddittorio e frazionato, oltre che evidentemente estremista nelle rispettive posizioni.

Siamo sicuri che lo Stato Italiano dovrebbe fare affidamento su costoro per promuovere una cultura della pace?

lunedì 22 gennaio 2018

Luigi Corvaglia, lo psicologo «anti-sette», è anche anti-cattolico oltre che anti-religioso?

Che si sia atei è cosa ben più che legittima; asserzione, questa, tanto ovvia da risultare pleonastica.

Ma ingaggiare a tutti i costi una lotta contro la spiritualità solo perché si è atei, è ben altra cosa.

Sarebbe come fare una propaganda di odio contro i vegetariani solo in virtù del fatto che personalmente si ama mangiare carne e pesce e non si potrebbe mai concepire un’alimentazione di diverso tipo.

Eppure, è proprio questo che fanno gli «anti-sette» giorno dopo giorno: mantengono sempre in moto una macchina del fango contro gruppi religiosi o movimenti spirituali a loro invisi, nella speranza (peraltro alquanto vana, stando alle loro stesse affermazioni) che sempre meno persone aderiscano a quelle fedi.

A tal proposito, questa pagina che ha incontrato la preferenza di Corvaglia è alquanto esplicita in quel senso:


Da ateo agguerrito, Corvaglia ha spesso parole ostili e irriguardose non solo verso i nuovi movimenti religiosi, ma anche nei confronti della Chiesa Cattolica e delle sue figure di spicco.

Ad esempio, qui si scaglia contro santa Madre Teresa di Calcutta:


Una cattiveria, la sua, che diventa addirittura un turpiloquio irriverente e dissacrante:


Notare anche il «Mi piace» della socia di Alessandrini, Sonia Ghinelli del FAVIS, sempre sotto le mentite spoglie del controverso pseudonimo Ethan Garbo Saint Germain.

E non è affatto questione di essere cattolici o no, né di essere più o meno appassionati ai Rolling Stones e nemmeno di avere un maggiore o minore senso dell’umorismo: da parte di persone civili e dotate di un minimo di educazione dovrebbe essere sottinteso il rispetto nei confronti di una persona, defunta, che ha rivestito un ruolo di primo piano nella propria congregazione e che tuttora gode della devozione di decine di migliaia di persone facenti parte di una stessa religione.

Ma la scarsità di benevolenza verso le credenze cattoliche è talmente profonda che raggiunge la vera e propria derisione, del tutto priva di considerazione per il fatto di ricoprire un ruolo di divulgatore e di uomo di scienza in quanto presidente di un (sedicente) «centro studi» come il CeSAP:


Anche nel seguente post fa botta e risposta con il suo collega «anti-sette» Maurizio Alessandrini nel dileggiare alti prelati:


D’altronde, il livore di Corvaglia verso i gruppi spirituali non di suo gradimento è tanto radicato da manifestarsi anche in altri modi.

Per esempio, lasciando che un suo amico denigri (o diffami?) gli Hare Krishna nel commento ad un post riguardante uno dei soliti articoli allarmistici contro le «sette»:


«Dovunque vi sono gli Hare Krishna vi è una fregatura»: caspita, che alto livello di scienza e di ricerca! Sarà sulla base di giudizi come questo che è stato scelto Corvaglia per rappresentare l’Italia nella FECRIS (la Federazione Europea dei Centri di Ricerca e Informazione sul Settarismo), organizzazione tristemente nota proprio per il suo supporto a iniziative discriminatorie?

Di fatto, non c’è da stupirsi che Corvaglia abbia avallato quel commento gratuitamente offensivo nei riguardi di una minoranza religiosa diffusa in tutto il mondo e notoriamente pacifica.

Infatti, troviamo Corvaglia solo qualche mese fa ad un convegno in Siberia con niente meno che Aleksander Dvorkin, fra i principali esponenti proprio della succitata FECRIS, figura controversa e fra i maggiori fautori dell’intolleranza e della discriminazione «anti-sette» nell’Est europeo; un consulente del governo Putin che qualche anno fa propose addirittura di mettere al bando in Russia la versione Hare Krishna del Bhagavad Gita (leggendario testo sacro della spiritualità indù), in quanto da lui considerato «estremista» rischiando peraltro di scatenare un incidente diplomatico di non poco conto nei rapporti fra Russia e India (se il tribunale non avesse respinto l'istanza alimentata dalle sue pressioni ideologiche).


La linea dottrinale di Corvaglia non dev’essere molto distante da quella tirannica di Dvorkin, tant’è che lo psicologo pugliese qualche tempo fa ha scritto, riferendosi alla propaganda mediatica contro i movimenti religiosi alternativi: «un giornalista ha tutto il diritto, in base alla propria idea di chi sia più affidabile, di decidere a quale fonte attingere». Vale a dire: quello che conta non sono l’attendibilità oggettiva delle informazioni o i criteri di selezione delle stesse, quello che conta sono le «preferenze» del giornalista.

E questa sarebbe l’accuratezza dell’informazione di cui parlano certi esponenti «anti-sette»?

sabato 20 gennaio 2018

Il business «anti-sette» asservisce anche i giornalisti

Da questo blog abbiamo spesso acceso i riflettori (e continueremo a farlo) sulle false accuse e «notizie» fasulle prodotte o manipolate dagli «anti-sette».

Ma di quando in quando succede che qualche giornalista, forse per scarsità di «materia prima», va a pescare dal calderone dei vari CeSAP, FAVIS, ONAP, anti-TdG, ecc., per accatastare qualche «succosa» storia di presunti «abusi» e mettere assieme qualche centinaio di battute per un buon «pezzo» da rivendere al miglior offerente o al primo che è disposto a comprarlo (ve ne sono stati parecchi esempi anche recenti ed eclatanti).

Quando poi la catasta di scartoffie è sufficientemente consistente o può essere propinata con un’adeguata campagna di marketing, il giornalista di turno si improvvisa scrittore e cerca di piazzare la maggior quantità possibile di copie nelle librerie e fra il vasto pubblico. Si sa, gli affari sono affari (come nel caso di Michelle Hunziker).

Poco importa se il business viene fatto alle spalle di persone le cui vite vengono irrimediabilmente infangate o addirittura completamente devastate per il profitto o per l’interesse di qualcun altro.

In taluni casi, il giornalista di turno ha buon gioco a prendere di mira un’intera comunità spirituale o religione di minoranza, specialmente se in rapida crescita fra i giovani, additandola (tanto per cambiare) come «setta» o «culto distruttivo» (giusto per inquadrare bene sin da subito un contesto «torbido») e poi dando fondo a tutto il repertorio delle chiacchiere da comari, allarmismo e credulità popolare tipici degli anatemi «anti-sette», meglio se «dimostrati» dalla «testimonianza» di qualche ex membro del movimento, così il tutto si ammanta di una propria «credibilità».

Credibilità dello stesso valore che avrebbe domandare a una moglie, in lite con il marito da cui si è separata dopo molti anni di matrimonio, qual è la sua opinione dell’ex coniuge. Più o meno come chiedere a un fervido interista il suo parere su uno juventino, o viceversa: ci si può forse aspettare un esame equanime, sereno ed imparziale?

Non sempre si riesce a cogliere quanto sia assurdo considerare attendibile la testimonianza di un ex membro inviperito (esempio lampante è quello di Toni Occhiello), eppure è cosa di un’ovvietà disarmante.

Ma i giornalisti hanno bisogno di fare sensazione, e così scrivono articoli come questo:


Il pezzo è di Giovanni Del Vecchio e Stefano Pitrelli, già autori di un controverso libro contro numerosi movimenti religiosi.

Su quell’articolo, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai ha diffuso un comunicato stampa di replica che suggeriamo di leggere per intero e che peraltro mostra modi ben più rispettosi di quelli adottati dai giornalisti nei loro confronti.

Ma al di là della voce ufficiale del gruppo religioso, sono forse ancora più interessanti i commenti all’articolo contro la Soka Gakkai riportato dal sito «Huffington Post»: diretti, privi di mediazione, spontanei e schietti, qua e là frizzanti quando non addirittura focosi, i contributi dei lettori rendono bene l’idea di quanta gente viene riguardata dall’intolleranza religiosa portata avanti da articoli di tale fatta. Un’offesa non solo alla spiritualità, ma al giornalismo stesso.

Eccone uno:


Altri tre:


Naturalmente, qua e là nella discussione, non mancano interventi del «solito» Toni Occhiello, che esercita il suo ruolo di «troll» come ben descritto in un nostro precedente post:


Gli utenti, correttamente, lo ignorano del tutto e continuano ad esprimere liberamente la propria opinione:


Significativa la quantità degli interventi a favore della Soka Gakkai, di tenore ed ispirazione piuttosto differenti l’uno dall’altro.



Infine, addirittura una smentita nel cuore stesso dei «contenuti» proposti dai giornalisti:


A fronte di simili reazioni, cosa hanno fatto Giovanni Del Vecchio e Stefano Pitrelli? Cosa ha fatto la redazione di «Huffington Post»? Nulla, il nulla assoluto: non delle scuse, non delle precisazioni, niente di niente.

Ecco il rispetto dei giornalisti «anti-sette» nei confronti delle minoranze religiose.

mercoledì 17 gennaio 2018

Gli anti-sette e le intimidazioni ai loro critici - Toni Occhiello

Non è una novità che questo blog sia oggetto di intimidazioni e tentativi di censura: come gli utenti più affezionati sanno bene, è accaduto sin dall’inizio.

Tuttavia, un recentissimo messaggio minaccioso da parte di uno dei più veementi oppositori della libertà religiosa dei gruppi spirituali minoritari, Toni Occhiello di Cerignola (FG), sembra proprio non aver gradito che qualcuno come me abbia avuto il coraggio di svelare un poco di verità sul suo conto. Per dirla tutta, ci sarebbe molto, molto altro da svelare, molto altro da raccontare, ma… ogni cosa a suo tempo.

Occhiello evidentemente preferirebbe poter proseguire indisturbato il suo costante lavorio diffamatorio nei confronti del gruppo religioso di cui ha cessato di fare parte qualche anno fa, un lavorio (a mio modesto e personale parere) ai limiti dello «stalking», ma comunque indubbiamente caratterizzato da un livore profondo e generalizzato nei riguardi di tutto ciò che sotto il profilo spirituale non è «convenzionale» o può in qualche maniera venire bollato come «setta».

Ecco quindi arrivare un messaggio da parte di Toni Occhiello al mio profilo Facebook. Messaggio che (per mia negligenza, e ne chiedo perdono), ho visto solo una settimana più tardi, in quanto «filtrato» dal sistema. La ragione di ciò (va detto per onore di cronaca), ossia la ragione per cui il messaggio è stato «filtrato», è che Occhiello non ha avuto il coraggio di chiedermi l’amicizia o di contattarmi direttamente tramite e-mail, si è invece affidato ad un messaggio che Facebook ha recapitato sotto l’intestazione dei «messaggi filtrati» o «richieste di messaggio».

Inoltre, subito dopo avermi inviato il messaggio, mi ha anche «bloccato», sicché non mi è stato possibile in alcun modo rispondergli tramite Facebook.

Tipico degli «anti-sette»: o si nascondono gettando il sasso e poi ritraendo la mano, oppure fingono di instaurare una dialettica che però è a senso unico e non ammette osservazioni contrarie.

Ma vediamo in dettaglio il messaggio di Occhiello, perché merita davvero qualche commento.


Obiezione che sorge spontanea: se un sito parla del sottoscritto, sono io il primo ad avere interesse per la correttezza delle informazioni che riporta: ne consegue che sono io per primo a dovermi adoperare affinché eventuali inesattezze siano rettificate.

Ammesso e non concesso che la pagina di Wikipedia su Toni Occhiello non l’abbia inserita egli stesso (cosa sulla quale, francamente, nutro serissimi dubbi), ci si aspetterebbe come minimo che fosse lui a contattare Wikipedia per far correggere l’informazione. Eppure, ad oggi (16 Gennaio), su quella pagina è ancora riportato l’anno di nascita sbagliato come si riferiva in un precedente post.

Proseguiamo con il prossimo punto:


A noi proprio non risulta affatto che pubblicare data e luogo di nascita di un individuo, quando costui fa di tutto per presentarsi come personaggio pubblico, possa integrare una fattispecie penale; tanto più che il suo luogo di nascita è già palesato nella pagina di Wikipedia che lo stesso Occhiello conferma implicitamente essere riferita a lui e contenere un anno di nascita errato.

Sarebbe anche interessante sapere chi siano i «suoi avvocati» (notare il plurale) e quali «Autorità» (notare la lettera maiuscola nel suo messaggio) andrebbero interpellate.

Tanta insistenza di Occhiello sulla pubblicazione delle proprie generalità e in particolare del suo anno di nascita non fanno che irrobustire l’interrogativo già formulato in precedenza: cosa c’è di tanto scottante in quella data? Perché sembra essere così cruciale per Occhiello tenerla nascosta? Forse qualche situazione imbarazzante collegata alla sua età e ad eventuali privilegi ad essa collegati? Chissà, al momento non è dato sapere.

Ma passiamo al terzo ed ultimo punto:


Mi piacerebbe tanto che Occhiello spiegasse perché dobbiamo essere noi a consultare dei registri  di quarant’anni fa quando, se abbiamo commesso un errore nel verificare il suo nominativo presso la Directors Guild of America (come riferivamo nella parte finale di questo post), non debba essere lui a dimostrarlo e a produrre uno straccio di prova. Sarebbe tanto semplice: se possiede un attestato di qualche genere, un diploma o un certificato, perché non ne fa oggetto di uno dei suoi numerosi post su Facebook? O perché non ce lo invia tramite e-mail? Se davvero abbiamo commesso un errore, saremo ben felici di rettificarlo (come peraltro abbiamo precisato sin da principio a questo proposito).

Veniamo alla chiusa del messaggio, in cui emerge inequivocabilmente il reale intento intimidatorio della comunicazione di Occhiello:


L’amico avvocato che ci assiste si è fatto l’idea che Occhiello abbia usato una terminologia alquanto “all’americana” per esporre le sue minacce. Il che mi lascia pensare che non abbia effettivamente interpellato alcun legale (per lo meno non in Italia) e che quindi gli «avvocati» a cui avrebbe «dato incarico» esistano solamente nella sua fervida immaginazione.

Concludo dicendo solamente, a scanso di equivoci, che descrivere e commentare le attività online (pubbliche) di Toni Occhiello e della sua banda di «anti-sette» mettendone in luce le improprietà e le contraddizioni non comporta alcunché di illegale, anche perché noi, da questo blog, portiamo sempre e comunque rispetto nei confronti di coloro dei quali parliamo. Cosa che, invece, Occhiello decisamente non fa.

Forse agli «anti-sette» non va a genio la libertà di parola? Forse vorrebbero servirsene unicamente loro per gettare fango sulle minoranze religiose?

Spiacenti, ma in Italia - per fortuna! - vige ancora la Costituzione del 1948, suggeriamo ad Occhiello e ai suoi amici di leggerla un giorno o l’altro… scopriranno cose alquanto interessanti.

lunedì 15 gennaio 2018

Coercitivi, ma con Garbo

Pubblichiamo qui integralmente una riflessione pervenuta da uno dei nostri lettori più affezionati, che descrive bene l’operato degli «anti-sette» per quanto concerne il loro modo perverso e fuorviante di «fare informazione».


domenica 14 gennaio 2018

Aggiornamento breve - gli «anti-sette» si contraddicono anche all’estero

Non sapremmo dire se sono gli «anti-sette» italiani che hanno preso esempio da quelli americani o viceversa.

Tuttavia, alcune notizie apprese nei giorni scorsi confermano appieno la tesi già ampiamente esposta e documentata da questo blog, ossia che l’ambiente degli «anti-sette» è pieno stipato di contraddizioni, discordanze e incongruenze.

Apprendiamo dai «soliti noti» di CeSAP e FAVIS che recentemente due apostati della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’Ultimo Giorno (Mormoni) hanno messo online un sito «per rendere pubblici dei documenti riservati» al fine di denunciare dei presunti abusi commessi nell’ambito di quel movimento religioso, di cui facevano parte.

Tanto per cambiare, l’accento viene posto su possibili casi di abuso sessuale (che, come si è già illustrato in precedenza, per costoro sembra essere un argomento caratterizzato da una sorta di ossessione morbosa).


Abbiamo dato un’occhiata a quel sito e ne abbiamo letto con attenzione la brevissima presentazione.

Non abbiamo potuto far altro che constatarne la lampante incoerenza che caratterizza l’iniziativa sin dall’esordio:


Dichiarano infatti: «FaithLeaks è un’associazione e un mezzo d’informazione non a scopo di lucro basato sul principio che una maggiore trasparenza all’interno delle associazioni religiose dia come risultato un minor numero di falsità, una minore corruzione e meno abusi».

Tant’è che la denominazione cui fa capo il sito è la «Truth and Transparency Foundation», ovvero la Fondazione per la Verità e la Trasparenza. Una sigla quanto mai solenne ed altisonante, si potrebbe dire. Nella pagina principale del loro sito Internet, campeggia il pulsante «Fai una donazione oggi»:


Quindi il principio asserito da «FaithLeaks» è: più trasparenza uguale meno abusi.

Trasparenza, però, che solo i «culti» sono tenuti ad avere. Almeno a giudicare dalle loro stesse affermazioni.

Loro, infatti, l’obbligo/dovere della trasparenza non sembrano averlo: «L’associazione [FaithLeaks] fornisce alle fonti e agli informatori i mezzi tecnici per inviare in forma anonima dei documenti riservati che poi dei professionisti e dei giornalisti possano adoperare per realizzare sulla base di essi (e per ampliare di volta in volta) dei reportage, delle cronache e degli articoli a proposito della religione».

Da notare che i «mezzi tecnici» di cui parlano nient’altro sono che i principali sistemi per occultare la propria identità in Internet, metodi adoperati per lo più da delinquenti telematici e persone che sguazzano fra siti pornografici, pedofilia online, spamming (invio di e-mail pubblicitarie non richieste), reti di terroristi, ecc.

E come se non bastasse, questi «mezzi tecnici» di natura quanto meno discutibile «FaithLeaks» li mette a disposizione di chiunque voglia fare denunce anonime per sviluppare campagne di pettegolezzi e dicerie ai danni di minoranze religiose pacifiche.

Il principio più trasparenza uguale meno abusi, dunque, secondo gli «anti-sette» deve tutelare soltanto chi accusa un movimento religioso e non il movimento religioso che viene messo sotto accusa da qualche ex membro imbufalito, perché il principio «innocente fino a prova contraria» sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non è contemplato dai loro valori.

Complimenti! Se esistesse un «Premio Incoerenza», probabilmente sarebbe già stato assegnato.

venerdì 12 gennaio 2018

Gli «anti-sette» sono antireligiosi e contro la Costituzione?

Di quando in quando, gli «anti-sette» come Toni Occhiello, Sonia Ghinelli, Lorita Tinelli e gli altri di quella risma adducono speciose giustificazioni per il loro operato, cercando di apparire «corretti» malgrado tutto.

Proclami come «informiamo con maggior obiettività possibile», oppure «stiamo solo denunciando abusi», o anche «divulghiamo notizie di rilievo», ecc. ecc. Di fatto, il loro «riceviamo e pubblichiamo» è uno stillicidio di articoli scandalistici o di titoloni scritti appositamente per fare sensazione, addirittura in taluni casi basati su «informazioni» in buona parte inventate o non verificate, con obiettivi evidentemente delatori.

E non è nemmeno, come a prima vista può apparire, che gli «anti-sette» abbiano nel mirino certe bande pseudo-sataniche («pseudo», in quanto ammantate di una mera parvenza di satanismo) che si sono evidentemente rese responsabili di crimini efferati come l’omicidio o lo stupro: no davvero, costoro ce l’hanno con tutti i movimenti religiosi e persino con le religioni «tradizionali» che siano cristiani evangelici o pentecostali, che siano buddisti Soka Gakkai o Scientology, che sia Damanhur o i Testimoni di Geova.

Una parola astiosa l’hanno sempre per tutti, un articolo denigratorio non mancano mai di pubblicizzarlo. E la si potrebbe anche considerare informazione persino in questi termini, se fosse imparziale ed equilibrata; ma è tutt’altro che tale: al contrario, è tendenziosa e a senso unico, spesso sprezzante e categorica. Mai una volta riferiscono i comunicati e le dichiarazioni di questo o quell’altro movimento che avevano prima infangato, mai una volta segnalano gli articoli sulle buone testimonianze dei loro appartenenti.

Un esempio principe di tale tendenza: un recente post di Imma Iannone (fervente attivista contro i Testimoni di Geova, della quale si parlava in questo post) che dileggia la religione:


D’altronde, i loro giudizi sono ancora più «demolitori» e a noi sembrano alquanto più in linea con gli sfottò «da stadio» (con tutto il rispetto per il meglio del calcio), altro che «pubblico servizio». Ecco un altro esempio:



È forse informazione, questa? No, è propaganda discriminatoria e qualunquista, e lo è già solo in virtù di questa occlusione di informazioni a favore per lasciare spazio solo ed esclusivamente alle notizie a sfavore, peraltro sovente imprecise o sommarie o che in seguito si rivelano addirittura infondate.

D’altronde, lo ha affermato senza mezzi termini anche Pietro Liuzzi, parlamentare amico di Lorita Tinelli (si veda questo post): «La promozione e la difesa del diritto alla libertà di religione e credo, nonché il riconoscimento e la tutela delle minoranze religiose e spirituali contro ogni forma di intolleranza e discriminazione non devono costituire un'impasse rispetto alla protezione delle vittime di organizzazioni cultuali abusanti e/o totalitarie» (fonte: Senato, Atto n° 4-08243). Il che significa, in parole povere e in concreto, che la libertà di culto può anche essere accantonata se l’obiettivo è limitare o perseguire (o perseguitare?) alcune minoranze definite «abusanti» dagli «anti-sette».

Non è forse questo un vero e proprio pericolo per la democrazia della nostra Repubblica?

mercoledì 10 gennaio 2018

Gli «anti-sette»: professionalità, serietà e dialettica accademica... o no?

Per ognuno dei principali esponenti «anti-sette» si potrebbe scrivere un saggio a parte: ciascuno di loro ha una propria storia, ha dei moventi (che ovviamente tenta di adombrare, per lo più invano) e ha dei tratti caratteristici.

La figura forse più controversa (ma in verità è arduo fare paragoni fra questi personaggi) è colei che gestisce il profilo Facebook a nome «Ethan Garbo Saint Germain», pseudonimo di Sonia Ghinelli della FAVIS e convivente della ex moglie di Maurizio Alessandrini, presidente della medesima associazione.

Sì, non ci siamo sbagliati, è un fatto evidente dalle documentazioni pubbliche disponibili a ogni cittadino: la Ghinelli convive proprio con la ex moglie di Alessandrini (Patrizia Fungi), e d’altronde è lei per prima a scrivere costantemente al maschile da quel profilo Facebook e a dichiarare apertamente di avere un «orientamento sessuale fluido».

Con un po’ di buon senso, si dovrebbe tendere a lasciare da parte le libere scelte erotiche più o meno discutibili a seconda dell’orientamento personale di ciascuno, poiché, se vissute in modo strettamente privato, non rappresentano certamente un reale problema per la gente.

Ma tale non pare essere l’opinione della Ghinelli, che invece della propria sessualità sembra voler fare «notizia» e motivo di pubblico sollazzo, anzi, addirittura veicolo di critiche ed attacchi «ad hominem» contro i suoi presunti avversari. Ecco, per esempio, in che modo apostrofava qualche mese fa la dott.ssa Simonetta Po, una studiosa a lei particolarmente invisa:


Mentre gli scritti accademici degli studiosi seri e coscienziosi vengono temprati e vagliati mediante il confronto e la discussione «fra pari» (la cosiddetta «peer review»), il FAVIS si rapporta in questo modo ai critici dei movimenti religiosi se sono di corrente diversa dalla loro. È forse professionalità, questa?

D’altronde, quello non era un caso isolato e tanto meno una novità (come peraltro relazionavamo in altri post precedenti, qui, qui e qui), infatti anche un paio di mesi prima la Ghinelli aveva voluto dare pubblico spettacolo, sempre nel mezzo dei diverbi «a distanza» con la dott.ssa Po:


E non contenta, addirittura rincara la dose:


Per concludere in modo ancora più esplicito ed esibizionista:


D’altro canto, si potrebbe addirittura arrivare a ritenere che per la Ghinelli l’ambito della sessualità rappresenti un argomento che sconfina nell’ossessione (anche in considerazione dei continui post con notizie su casi di abusi sessuali a danno di bambini). Questa è chiaramente un’ipotesi, ma trova qualche elemento in post come il seguente:


Da qualunque parte la si osservi, non si può negare che questa fotografia un che di morboso l’abbia davvero.

Senza contare che a distanza di anni la Ghinelli la ripropone condividendola di nuovo:


Ci domandiamo: è un’ossessione, questa, oppure no?

In un modo o nell’altro, balza comunque all’occhio questa tendenza a mischiare le faccende personali con le «notizie» (virgolette d’obbligo) propinate come «di pubblico interesse».

Quanto sono professionali e seri, dunque, questi esponenti «anti-sette»?

sabato 6 gennaio 2018

Aggiornamento breve – Ancora sull’incoerenza degli «anti-sette»

Quando si tratta di convenienza, gli «anti-sette» danno fondo a tutte le loro risorse per ammantarsi di un tono di rispettabilità e per aggrapparsi ad alti papaveri come politici (vedere qui e qui), professionisti, amministratori (vedere qui) e persino… alti prelati della Chiesa Cattolica.

Prendiamo in prestito un’immagine da questo interessantissimo post del sito «Libero Credo» (ravvisando, fra l’altro, che la stessa non sembra più essere presente né sul sito istituzionale del FAVIS né sul loro blog) per mostrare Maurizio Alessandrini al cospetto niente meno che di Papa Giovanni Paolo II in data 23 Dicembre 2000:


Sebbene la foto non sia più presente (per ignote ragioni), comunque sul sito del FAVIS l’episodio è ricordato quale fiore all’occhiello nelle cronache delle loro attività degli anni trascorsi. Ci si aspetterebbe, quindi, la massima deferenza nei confronti dell’autorità cattolica. O, se non altro, una certa benevolenza o un minimo di rispetto nei confronti del clero, anche quando le circostanze motivano delle critiche legittime e fondate.

Al contrario, come relazionava «Libero Credo» e come conferma appieno il periodo recente, vi è un’intensa opera di propaganda non solo antireligiosa ma proprio anticattolica da parte del FAVIS, principalmente nella persona di Sonia Ghinelli che gestisce l’anonimo e discusso profilo Facebook «Ethan Garbo Saint Germain».

Eccone uno degli innumerevoli esempi:


Ed un altro:


Qualcuno potrà pensare che sia solo la Ghinelli a nutrire sentimenti tanto astiosi nei confronti del clero cattolico, mentre Alessandrini è più moderato ed è rimasto fedele ai propositi espressi in quel determinante incontro con il Papa.

Non è così: il ragioniere riminese in pensione non solo mette «Mi piace» ai post della Ghinelli, ma commenta pure rincarando la dose, non senza frecciate cariche di acrimonia e di sarcasmo con il riferimento alle «madonnine lacrimanti»:


Chiudiamo con un’ultima, ennesima dimostrazione del livello culturale e dialettico con il quale il FAVIS osteggia la Chiesa Cattolica:


Come sempre, il giudizio ai lettori.

venerdì 5 gennaio 2018

Le faide interne degli «anti-sette»

Creare un mostro e quindi diventare «campione» della caccia alle streghe appartiene alla nostra sotto-cultura di italiani sin dai tempi del Medio Evo. Gli untori moderni usano i delatori e i «social media» anziché le comari di paese o le malelingue prezzolate, ma la sostanza non cambia. Basta leggere i contenuti dei loro post per rendersene conto. Alcuni stralci sono illuminanti.

Ethan Garbo S. Germain, pseudonimo ufficiale di Sonia Ghinelli, esponente del FAVIS (Associazione Familiari Vittime delle Sette), è tra le fonti più prolifiche di “complimenti” per i propri colleghi.

«Simo mi segnalano tue nuove sciocchezze» scrive in data 4 novembre 2017 rivolgendosi direttamente contro la dott.ssa Simonetta Po, la principale voce critica italiana sulla Chiesa di Scientology, la quale a sua volta poche ore prima aveva definito la Ghinelli come una «comare nascosta dietro un falso profilo, a proposito di “leoni da tastiera”».


Ma le critiche non si limitano alla sfera professionale, tant’è che la Ghinelli accusa il colpo sul commento di un suo possibile orientamento lesbo replicando alla Po con queste parole: «Ho un orientamento fluido come si usa dire oggi». Insomma: non smentisce, ma precisa che per lei va bene un po’ tutto. Un atteggiamento che indica una rettitudine morale inappuntabile da parte di una persona che si erge a giudice delle attività religiose e della moralità sessuale altrui.

Qualche mese prima sempre Sonia Ghinelli si dedicava a Pier Luigi Zoccatelli, niente meno che il vice-direttore del Centro studi sulle nuove religioni (CESNUR) criticandolo per un intervento da lei non condiviso sul quale commenta (sempre con il «Garbo» tipico del suo pseudonimo):


Perciò Zoccatelli diventa uno «stronzo professionista». Chissà se istituiranno un albo e un «Ordine degli Stronzi Professionisti» che equipari il loro tanto venerato (e criticato) Ordine degli Psicologi.

Ad ogni modo, rincuora e rinfranca l’emblematico spirito di confronto costruttivo e di libera collaborazione che ispira queste varie associazioni apparentemente senza fini di lucro.
Ma torniamo a novembre dell’anno appena trascorso: nel «Garbo-mirino» torna la famiglia Po, nella persona di Ruggero, fratello di Simonetta. La pietra dello scandalo è un’intervista di Ruggero a Raffaella di Marzio, quest’ultima apostrofata dalla Ghinelli come «altra asserita super esperta di sette nel paese».

In questo caso si va sul pesante e la Di Marzio viene accusata di parlare semplicemente a vanvera con toni non propriamente «accademici».

Ecco alcuni stralci particolarmente edificanti secondo la «fluida» Ethan:


Un vocabolario chiaramente «scientifico» e perfettamente idoneo per una «esperta ricercatrice»: dal «vaffanculo» allo «stronzo professionista» fino al «non sai una mazza» e, attingendo ad altri post: «merdose multinazionali settarie», «coglioni girati» e «tira una madonna».


Non c’è che dire: una fine linguista oltre che sobria studiosa di fenomeni sociali e religiosi e di spiritualità.

Soprattutto, particolarmente tollerante dei punti di vista altrui e dei suoi stessi colleghi. Il tutto corroborato da una morigeratezza esemplare.

Ma dulcis in fundo non possiamo tralasciare Antonio Occhiello detto «Toni», il «film maker» di semi-esportazione (ha fatto qualche lavoretto a Hollywood) che si presenta come presidente dell’Associazione Italiana Vittime delle Sette. Un uomo capace di attrarre un grande seguito: ben 34 (trentaquattro) persone sul suo profilo «Google Plus» e ben 41 (quaranta) visualizzazioni (per inciso, almeno una è la nostra) con un Like sulla sua pellicola di punta.

Qualche mese fa aveva accusato Matteo Renzi di aver tirato acqua al suo mulino politico riconoscendo la Soka Gakkai come religione al fine di assicurarsi voti di scambio. Un gruppo che Occhiello dichiara essere estremamente un «culto pericoloso» per esperienza personale, infatti confessa di esserne stato un seguace ben 30 anni. Viene spontaneo domandarsi: per quale motivo è rimasto tanto tempo in quel movimento, se era così terribile? E che garanzia di giudizio offre un personaggio che per sua stessa ammissione si sarebbe fatto abbindolare come «vittima» per gran parte della sua vita adulta?

Ce lo svela egli stesso commentando un post di Maria Elena Boschi relativo a un incontro di partito del PD. Ecco le sue testuali parole:


Insomma, questi «mostri» di cultura hanno un loro codice per riconoscersi: un dialogo forbito e penetrante che riporta alla mente le osterie, e non certo l’oratorio.

Sono proprio costoro i paladini che dovrebbero difenderci da noi stessi e proteggerci dal pericolo di cadere «vittima» di qualche «setta»?

Questi ricercatori che si confrontano sulle sfumature: da «vaffanculo» a «vattene affanculo»? Come sempre, ai lettori l’ardua sentenza.

Concludiamo con Ethan Garbo Ghinelli: «Evitiamo puerili alibi e nascondini».

Appunto!