mercoledì 8 agosto 2018

La strage del ranch di Waco: propaganda «anti-sette» moralmente responsabile?

Voltiamo pagina avendo concluso il resoconto sulla tragica carneficina del «Tempio del Popolo» e inauguriamo una nuova serie di contributi sottopostici dal nostro esperto di questioni estere, Epaminonda.

Fra le verità storiche maggiormente strumentalizzate dagli «anti-sette» per sfruttare una sorta di credulità popolare e veicolare messaggi antireligiosi, campeggia senz’altro la vicenda della comunità dei «Davidiani» raccoltasi nel ranch di Waco, in Texas; una vicenda nel cui epilogo trovarono la morte un’ottantina di persone fra cui donne e bambini.

Fu un a strage senza precedenti i cui esiti disastrosi furono dovuti in larga parte alla campagna ideologica contro la «manipolazione mentale» della «setta» residente nel ranch: in altri termini, per la morte di quelle persone si dovrebbe «ringraziare» la zizzania seminata da un esponente «anti-sette» americano, peraltro spesso citato ad esempio dai militanti italiani.




di Epaminonda


L’OPERAZIONE MEDIATICA “SHOWTIME” DI WACO


Pochi mesi fa è stato “celebrato” il 25mo anniversario della strage di Waco e della morte di Vernoll Howell (alias David Koresh), leader religioso dei Branch Davidians che ancora oggi viene considerato un vero e proprio eroe e martire da numerosi texani di ogni età.


Il 30 aprile 1993, dopo 51 giorni di assedio, nella cittadina texana di Waco morirono 76 persone, tra cui anche bambini, in un gigantesco falò che avvolse la comunità religiosa dei Branch Davidians. Dipinto dai media come un fanatico che predicava l’imminente fine del mondo, Vernoll Howell (capo dei davidiani) era entrato nel mirino dei media molto prima del triste epilogo della vicenda.

Infatti, già dal 27 febbraio i media statunitensi avevano avviato una vera e propria campagna denigratoria nei suoi confronti definendolo il “Sinful Messiah” vale a dire il messia del peccato. Si trattò di un resoconto in otto parti dove il carattere e la personalità stessa del leader venivano fatti a pezzi come solo i media pilotati sanno fare:

Nota: la pagina di cui al link riportato qui sopra non è momentaneamente accessibile dai paesi in cui vige il nuovo regolamento sulla privacy (GDPR)


Le accuse nei suo confronti? Il fatto di essersi sposato quando sua moglie aveva ancora 9 anni e di favorire il matrimonio tra minorenni con il consenso dei rispettivi genitori: fatto, questo, che sebbene risulti difficilmente accettabile nella nostra cultura europea e soprattutto italiana, nondimeno era perfettamente legale all’epoca in Texas. Oggigiorno i texani hanno fissato un limite minimo di età a 16 anni, eppure in altri stati americani è ancora lecito celebrare simili unioni.

Un’altra accusa che veniva rivolta al leader dei Davidiani era di andare in giro armato, un fatto che – come molti ben sanno anche da noi – in Texas è assolutamente consueto a tutt’oggi per la maggior parte della popolazione di ogni età. Veniva anche accusato di essere un rivenditore di armi automatiche, pratica – di nuovo – perfettamente legale secondo le normative americane dell’epoca.

In realtà, era proprio la vendita di armi la principale fonte di finanziamento del movimento e si svolgeva alla luce del sole. Il gruppo dei Branch Davidians le acquistava per corrispondenza e se le faceva consegnare dal postino pagandole in contrassegno, dopo di che andava a rivenderle nelle fiere della zona. L’unico fatto potenzialmente illecito (ma sotto il profilo fiscale) era che forse non pagavano la tassa di monopolio per la rivendita.

Tra le altre accuse troviamo naturalmente i soliti pettegolezzi a sfondo sessuale, compresa l’affermazione che il leader, altrimenti noto con lo pseudonimo di David Koresh, avesse 15 mogli, che non si facesse scrupoli a corteggiare le mogli degli altri e che fosse implicato in molestie nei confronti di minorenni.

In definitiva, gli unici elementi accertati di questa tempesta di fango erano che in effetti i Branch Davidians permettessero il matrimonio con minori (previo consenso dei genitori e nel rispetto della legge locale), che consentissero di prendere più di una moglie (consuetudine ammessa anche in altri movimenti religiosi) e infine che rivendessero armi (fatto non solo del tutto lecito, ma anzi perfettamente integrato nella realtà texana).

Un’altra particolarità del movimento era la credenza che il ritorno di Gesù Cristo fosse imminente e che sarebbe stato accompagnato da un attacco governativo nei confronti del gruppo.

Non c’è dubbio: si tratta di opinioni, di pratiche e di credenze del tutto contestabili, se volete, ma che rientrano nel libero arbitrio di una società che proclama la libertà di pensiero e di religione.

Precisiamo infine che i Branch Davidians non erano uno strano culto esoterico, bensì un’evoluzione della Chiesa Avventista del Settimo Giorno. Un movimento di matrice cristiana che aveva raggiunto il suo apice di adesioni proprio a Waco nei primi anni cinquanta del ventesimo secolo.

Si tratta quindi una realtà che era presente nella piccola cittadina texana da oltre mezzo secolo e che era ben integrata con la comunità locale, tanto che il postino (lo stesso che consegnava le armi) aveva amabili conversazioni quotidiane con David Koresh e persino lo sceriffo aveva avuto modo di incontrarlo diverse volta per affrontare certe piccole questioni. Un modo semplice per intercettare Koresh era avvicinarlo quando faceva jogging fuori dal complesso.

Viene quindi da chiedersi per quale motivo, con l’inizio del battage dei media contro il gruppo, lo sceriffo non abbia contattato Koresh per approfondire in modo pacifico la questione della tassa sulla vendita delle armi e le altre accuse.

Quello che invece accadde fu che il 28 febbraio 1993 ben ottanta veicoli di tipo militare con circa 80 agenti armati di tutto punto si presentarono al complesso con un mandato di perquisizione e con un mandato di arresto per Koresh. Una vera e propria milizia inviata dall’ATF (Bureau of Alchol, Tobacco Firearms and Explosives), un’agenzia governativa statunitense che vigila sulle violazioni delle leggi sui monopoli di stato. La stessa che ho citato in un mio precedente contributo a proposito del massacro dei Peoples Temple.

Il nome in codice dell’operazione dell’ATF era “showtime” che significa “si va in scena”: gli agenti erano affiancati da un folto stuolo di giornalisti accorsi sul posto per documentare a modo loro il risultato della perquisizione.

Il sopraggiungere di un vero e proprio esercito armato fino ai denti davanti alla comunità di un gruppo religioso che crede imminente un attacco del governo non contribuì certo a sedare gli animi. Inoltre, nella cultura del Texas, l’indipendenza dal governo federale è molto sentita dalla gente, al punto da giustificare anche una difesa armata fino all’ultimo sangue. E questo rimane vero ancora oggi.

Non è tuttora chiaro chi abbia aperto il fuoco per primo, ma il programma televisivo realizzato in seguito per raccontare la vicenda mostra che furono gli agenti dell’ATF ad aprire le ostilità contro i cani ad guardia del ranch. Da lì si scatenò il più violento scontro a fuoco tra civili e forze dell’ordine nella storia statunitense. Uno scontro talmente violento che costò la vita già in quelle prime ore a 4 agenti dell’ATF (un quinto morì più tardi) e a 6 membri della comunità dei Davidiani. Altri 12 agenti rimasero feriti. La sparatoria fu incessante e di una violenza inaudita. Si arrestò solo perché gli agenti dell’ATF rimasero senza munizioni - altro fatto tristemente eclatante.

Il raid “a sorpresa” dell’ATF fallì quindi miseramente e l’operazione “showtime” assunse un significato diverso rispetto alle previsioni. Ma i media si adattarono rapidamente e iniziarono mesi di incessante bombardamento stampa nei confronti dei Branch Davidians colpevoli di non essersi arresi al primo colpo e - soprattutto - di essere “diversi”.

Dopo il fiasco iniziale, l’ATF fu messa da parte e sul posto arrivarono oltre 900 agenti governativi in gran parte dell’FBI, con tanto di carri armati e “negoziatori professionisti”.

Durante i lunghi giorni che ne seguirono, Koresh chiarì che nessuno dei membri della comunità aveva intenzioni suicide e che si sarebbe arreso se l’FBI avesse acconsentito di trasmettere sulla radio nazionale uno dei suoi sermoni. Nel frattempo uscirono dal complesso 30 dei suoi seguaci ed entrarono forniture di cibo con microfoni nascosti.

Dopo 51 giorni di tira e molla la situazione però non si era ancora risolta e quindi l’allora Attorney General degli Stati Uniti Janet Reno (nella foto qui sotto, la procuratrice generale al tempo appena nominata da Bill Clinton, ora defunta) autorizzò un raid a base di gas CS.


Il gas CS è un lacrimogeno che ha conseguenze letali soprattutto quando usato su bambini.


Persino il governo statunitense ne aveva bandito l’uso bellico solo quattro mesi prima, unendosi ad altre 100 nazioni del mondo che non solo ne hanno vietato l’uso sui civili, ma lo ritengono un’arma inaccettabile anche in uno scenario di guerra. Quando viene impiegato all’interno di un edificio, il CS sviluppa un potere letale ancora maggiore e certi studi dimostrano che una sola granata sparata in una stanza chiusa costituisce un serio pericolo per la vita degli occupanti.

Durante l’attacco finale, dopo aver sfondato i muri esterni con i carri armati, l’FBI lanciò all’interno dell’edificio ben 400 barili di gas CS la cui sola presenza, reagendo con altre sostanze infiammabili presenti sul luogo, provocò il rogo che uccise quasi tutti gli occupanti del complesso.

Fu probabilmente una strage programmata visto che, nel giorno scelto per il raid, c’era un vento eccezionale che favorì il rapido propagarsi delle fiamme.

Da allora, questa è rimasta una delle vicende più tristi nella storia del governo statunitense.

Infatti, in seguito, Janet Reno espresse il proprio rammarico pentendosi della scelta fatta nei confronti dei Davidiani.

L’aspetto a cui però non venne dato sufficiente risalto, e che tratterò un po’ più in dettaglio nelle prossime puntate, è come si giunse a una tale sciagura e come il governo decise di adottare una politica da “pugno di ferro” contro una piccola comunità locale forse un po’ eclettica e magari anche discutibile, ma tutto sommato integrata nella realtà sociale del Texas.

Gli istigatori hanno un nome e il loro ruolo nel condurre gli esponenti del governo alla violenza nei confronti dei cittadini che avrebbero dovuto “proteggere e servire”, è in seguito risultato del tutto chiaro. Il principale responsabile si chiama Rick Ross.

In pratica, anche questa è una strage provocata dalla propaganda anti-sette, e a breve sveleremo come.

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