venerdì 10 agosto 2018

I danni degli «anti-sette»: come rischiare di rovinare una vita con l’allarmismo ingiustificato

[post aggiornato il 11/08/2018 alle ore 20:11]

Nel nostro blog abbiamo documentato in numerose occasioni i danni e le conseguenze della propaganda allarmistica «anti-sette»: intere esistenze letteralmente rovinate dalla paranoia sociale indotta da associazioni e gruppi militanti (CeSAP, FAVIS, GRIS o AIVS) contro le nuove religiosità, vite irrimediabilmente segnate dall’odierna inquisizione da parte di figure discutibili come don Aldo Buonaiuto, dispendio di denaro pubblico per processi infondati, molestie sul piano legale (come le innumerevoli querele della psicologa Lorita Tinelli nei confronti dei suoi presunti avversari), e via discorrendo.

Alcuni mesi fa, nel nord Italia (per la precisione, nel bresciano), si è verificato un fatto di cronaca alquanto peculiare; curiosamente, proprio in quello stesso territorio che ha dato vita ad almeno due eclatanti vicende precedenti di persecuzione giudiziaria ai danni di associazioni di natura religiosa: il caso di Fiorella Tersilla Tanghetti e quello della Comunità Shalom.

In una piccola scuola situata in una zona collinare-campagnola nella provincia di Brescia (la località si chiama Mocasina, di fatto una frazione del già modesto comune di Calvagese della Riviera, 3.569 abitanti) un laboratorio multiculturale realizzato per una prima elementare è stato strumentalizzato a fini politici, nel solco dell’ideologia «anti-sette» che vorrebbe escludere tutto ciò che paia discostarsi da presunti valori tradizionali.

Un’esperta educatrice ed apprezzata scrittrice, la bergamasca Ramona Parenzan, è stata presa di mira e tacciata di «stregoneria», quando di fatto aveva semplicemente «osato» coinvolgere i bambini in un gioco di fantasia ispirato alle fiabe (quelle, sì – ce lo si lasci aggiungere – retaggio di una tradizione millenaria) nel quale si è adoperato del tè verde a mo’ di «pozione magica», una conchiglia a mo’ di «amuleto» portafortuna e dei simboli («cuoricini» e «stelline») a corredo della storia che veniva raccontata:


A dei genitori dotati di una qualche cultura verrebbero senz’altro in mente le favole di Esopo prima (nell’antica Grecia) e di Fedro poi (nella Roma imperiale), gli intramontabili racconti di Hans Christian Andersen, le «carte» di caratterizzazione di Vladimir Jakovlevič Propp, la splendida opera pedagogica di Gianni Rodari, le narrazioni visionarie di Italo Calvino (emblematica a tal proposito la celeberrima trilogia del Visconte Dimezzato / Barone Rampante / Cavaliere Inesistente, costellata di metafore). Si potrebbe comporre un intero trattato sulle risorse letterarie per l’educazione infantile e del simbolismo che vi è spesso contenuto. Per non parlare del valore esemplificativo e propedeutico di numerose parabole descritte nei testi sacri, dalla Bibbia nell’occidente al Mahabharata in India sino alla saga mesopotamica di Gilgamesh.


Ma l’iniziativa della Parenzan, in arte «strega Romilda», si è rivelata un’eresia imperdonabile: quando una sola (andrebbe sottolineato: una sola) fra le mamme dei bambini si è inalberata per quell’attività extracurricolare che ha stimolato l’immaginazione e la socializzazione dei piccoli in un contesto differente da quello della consueta lezione, Simone Pillon, un parlamentare eletto a Brescia e noto per la sua intransigenza cattolica (quella che noi abbiamo definito estremismo pseudo-cattolico) ha visto l’occasione per creare un caso mediatico e politico:


Si notino i toni adoperati dal senatore Pillon: «Vogliamo insegnare ai nostri bambini l’italiano, la matematica, l’arte, la musica e lasciar perdere queste porcherie? Appena insediato farò una
interrogazione parlamentare su questa vergognosa vicenda, perché è la Costituzione a garantire il diritto dei genitori, e solo dei genitori, a educare i propri figli». Addirittura un’interrogazione parlamentare, prima ancora di aver appurato la situazione ed essersi informato: proclami altisonanti e pronunciati con sussiego, ma destituiti di qualsiasi fondamento.


È sempre la medesima prassi, creare un «mostro» dal nulla e sbatterlo in prima pagina, esagerando dei fatti tutto sommato innocui (o, tutt’al più, solo marginalmente discutibili) per trasformarli in una (inesistente) «emergenza», insinuando dubbi e diffidenza, generando allarme sociale, istigando all’odio.

Le conseguenze? Per fortuna i toni si sono smorzati velocemente, ma nel frattempo la «strega Romilda» ha dovuto proteggere se stessa dalle reazioni inviperite e preoccupanti dei soliti «leoni da tastiera» che si fanno condizionare dalla propaganda «anti-sette»:


Alla educatrice bergamasca, comunque, non sono affatto mancate attestazioni di solidarietà, in effetti in numero ben superiore rispetto alle manifestazioni di intolleranza istigate dal senatore estremista e dalla macchina del fango mediatica:


Della situazione ha parlato in dettaglio, alcuni giorni dopo lo scoppio della polemica, la scrittrice Roberta De Tomi, mettendo correttamente in luce le lacune dell’etica giornalistica in situazioni come queste:


Ecco quanto è facile danneggiare la vita altrui, nel ventunesimo secolo, sfruttando la credulità popolare e portando avanti una propaganda allarmistica consolidata e costruita ad arte per mettere nel mirino fenomeni religiosi, spirituali o anche soltanto (come in questo caso) culturali.

Forse il senatore Pillon ha sentito l’influenza di una storia triste quanto antica che a tutt’oggi viene ricordata (anche in maniera plateale) nel bresciano, come testimonia un fatto di cronaca locale riferito dai media nell’aprile dell’anno scorso:


Ci riferiamo al rogo di Benvegnuda Pincinella, una donna fiera e indipendente che fu accusata di stregoneria e bruciata viva nella pubblica piazza proprio a Brescia nell’estate del 1518, esattamente 500 anni prima dell’increscioso episodio che abbiamo raccontato in questo post. E non fu, purtroppo, un episodio isolato.

In quel periodo, mentre gli anni più bui dell’inquisizione erano ormai solo un doloroso ricordo destinato a rimanere una macchia indelebile nella storia della Chiesa, al nord imperversavano le tesi di Martin Lutero e lo scisma riformista stava scuotendo la Roma apostolica fino alle fondamenta; parroci di provincia disobbedivano, il dubbio serpeggiava fra le fila del clero, frotte di fedeli passavano al protestantesimo o tornavano alle tradizioni animistiche delle campagne contadine. E l’Urbe era cosìì lontana dall’arco alpino...

Pincinella venne accusata, tra le altre, cose di libertinaggio e di aver fatto becco il marito. In realtà queste cose accadevano caso mai quando era giovane (era nata nel 1455 circa), mentre il suo arresto, tortura e rogo avvennero quando aveva sessant’anni. Restò vittima di un’esecuzione capitale che doveva evidentemente essere «esemplare» e da «monito» per tutta la «cristianità», perché il popolo «lasciasse perdere le porcherie» che ella praticava.

È forse questo il genere di «valori etici» che mirano a restaurare gli «anti-sette»?

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