venerdì 24 agosto 2018

Intolleranza «anti-sette»: FAVIS, censura e riqualificazione terminologica

di Mario Casini


Qualche giorno fa, ho notato un post di aprile scorso sulla pagina Facebook del FAVIS, l’associazione «anti-sette» di Maurizio Alessandrini e Sonia Ghinelli (corrispondente italiana della controversa FECRIS e referente della costosa «Squadra Anti-Sette» SAS del Ministero dell'Interno) in cui si richiede denaro ai contribuenti mediante il cinque per mille.

Così, mi è venuto l’uzzolo di provare a chiedere un po’ di trasparenza alla sigla riminese:


La reazione è stata non solo fortemente ostile e piccata (cosa che avrei senz’altro potuto aspettarmi), ma anche in buona parte fuori luogo. Segno evidente che (come ho poi commentato) il mio quesito ha scoperchiato un pentolone.


E infatti il nocciolo della risposta (al netto dell’attacco ad hominem nei miei confronti) si potrebbe riassumere in: «secondo la legge, non siamo tenuti a fornire alcun rendiconto, pertanto non lo abbiamo mai fatto e non intendiamo farlo».

Certo, avrei potuto chiudere la questione accontentandomi (per modo di dire) di aver avuto l’ennesima riprova del modus operandi «anti-sette».

E invece, spavaldo quale sono, ho voluto insistere:


La replica si commenta da sé: una riga per ribadire la propria lampante contraddizione in termini («siamo trasparenti, però non vogliamo fornire rendiconti siccome la legge ce lo consente») e tutto il resto per denigrare me medesimo.

A questo punto non potevo più tirarmi indietro, e così ho rintuzzato:


E qui spunta fuori la reazione stizzita e scomposta tipica di chi, messo in un angolo da argomentazioni stringenti, non ha altri mezzi se non l’attacco personale e… la propaganda.

Dice il rappresentante di FAVIS (ritengo debba essere Maurizio Alessandrini, ma potrei averlo confuso con Sonia Ghinelli, d'altronde non si firmano) che i miei commenti, in cui richiedo (con rispetto) delucidazioni e trasparenza, sono una «attività di troll».

In Internet, la parola «troll» significa «chi interviene all'interno di una comunità virtuale in modo provocatorio, offensivo o insensato, al solo scopo di disturbare le normali interazioni tra gli utenti».

Questa si potrebbe definire a tutti gli effetti «Verbal Engineering», tecnica di cui fu famigerato e malvagio maestro Joseph Goebbels nella Germania nazista.

Lo dirò senza mezzi termini: gli «anti-sette» di FAVIS, CeSAP, AIVS (e qualche altro) alterano sistematicamente le definizioni delle parole, piegandole alle proprie necessità, col solo scopo di conculcare i diritti altrui (in questo caso la libertà di parola).

A chiunque scriva cose sgradite agli «anti-sette» viene appioppato l’appellativo di «troll», in particolar modo a chi fa loro notare certe incongruenze o discrepanze. Il risultato dell'uso improprio di questo termine è che chiunque scriva qualcosa che costoro non condividono «diventa» un «troll», anche se si esprime educatamente, pacatamente e in linea con il contesto della discussione.

Somiglia un po’ a quello che spiega il noto giornalista Marcello Foa in questo video di cui riprendo qui un brevissimo stralcio:


E infatti, ecco quello che succede con un’altra commentatrice che interviene per darmi ragione:


Scatta immediatamente la censura, questa volta istantaneamente ed espressamente messa in atto proprio da Sonia Ghinelli (tramite il suo discusso profilo anonimo «Ethan Garbo Saint Germain»):


Il commento «scomodo» è stato infatti prontamente eliminato, e al suo posto rimane lo «stigma», del tutto fazioso ed ingiustificato, di «troll». Nessuna opinione divergente, nessuna voce fuori dal coro: nulla di tutto ciò viene permesso.

Al contrario, chi muove delle osservazioni e sollecita un esame di coscienza, viene messo alla porta come «troll».

È esattamente la stessa prassi che gli «anti-sette» adottano da molti anni con la parola «setta», che (come abbiamo spiegato e documentato in precedenza) per secoli non ha avuto un significato negativo. Sono stati loro ad alterarne il significato fino a ridurlo alla grottesca accezione di una sorta di «gruppo di mentecatti e malfattori che si lavano il cervello a vicenda quando non sono dediti a scannarsi a comando e a seviziare neonati».

Tornano in mente funeste dichiarazioni d’intenti atte a screditare intere etnie con devastanti conseguenze:


Tacciando di «troll» quelle che sono in effetti semplici voci fuori dal coro, gli «anti-sette» sono passati ad un inquietante livello di produzione lessicale a scopo discriminatorio. Sembrano infatti voler dire: «chi scrive commenti a sostegno di chi noi consideriamo essere un troll, è un troll egli stesso e viene eliminato».

Nemmeno i nazisti del terzo reich furono così svelti nel manipolare la terminologia modificando la definizione di appartenente alla razza giudaica e creando una categoria di «giudeo onorario» in quanto sostenitore di altri giudei. Goebbels docet.

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