Mentre continua a infuriare la
campagna mediatica messa in atto per
pubblicizzare e
vendere il libro «anti-sette» scritto da
Carmine Gazzanni e
Flavia Piccinni e compilato con il materiale proveniente da militanti e da facinorosi apostati descritti in questo blog, sempre più
lacune e
incongruenze emergono dalla loro «informazione» a senso unico.
Una «informazione» che, come s’è già visto e
documentato ampiamente, di fatto è
disinformazione ed è studiata artificiosamente
per generare profitto.
Circa tre settimane fa è stata diffusa una
interessante recensione, scritta da un esperto internazionale di spiritualità e religiosità quale il dott.
Massimo Introvigne e pubblicata sulla rivista del
CESNUR (l’autorevole «Centro Studi sulle Nuove Religioni»):
Sarebbe sì interessante e motivo di lustro per il nostro blog riportare l’intero testo della
recensione, tuttavia riteniamo più opportuno convogliare il traffico al sito che l’ha resa pubblicamente disponibile (peraltro assieme all’intero fascicolo di cui fa parte,
«The Journal of CESNUR»).
Ci limitiamo a sottolinearne
un paio di passi che riteniamo siano davvero
icastici, e sicuramente rappresentativi del
giudizio complessivo formulato da una figura certo accademica ma pur sempre vicina al vissuto reale delle comunità religiose e spirituali che studia (incluse quelle più direttamente oggetto di repressioni violente anche ai giorni nostri):
Il libro non offre un resoconto neppure minimamente obiettivo dei gruppi che attacca come “sette”, per quattro principali ragioni (…).
Il volume esordisce con un approccio piuttosto confuso alla definizione di che cosa sia una “setta” e, arrivati alla fine del libro, ci si accorge che la confusione è aumentata.
Inoltre:
Sul tema dei nuovi movimenti religiosi il libro non è una fonte attendibile.
(…) Offre una visione parziale, distorta e inaffidabile della maggioranza dei gruppi che presenta.
Che qualche parlamentare della Repubblica si sia fondato sul libro per reclamare interventi pubblici contro le “sette” mostra che l’ignoranza sul tema non è purtroppo prerogativa solo dei giornalisti.
Come ci attendevamo, i
diretti interessati non hanno avuto il
benché minimo coraggio (almeno sinora) di confrontarsi con una tale recensione, né di pubblicare in modo diretto
un commento o un tentativo di
smentita né alcuna
chiosa.
Hanno pensato i loro amici militanti «anti-sette» a mettere in atto la
consueta «macchina del fango» questa volta ai danni proprio del dott. Introvigne, nel tentativo (a nostro avviso piuttosto puerile e comunque risibile) di screditarne l’autorevolezza.
Lo hanno fatto proprio coloro che sovente si esprimono a proposito dei nuovi movimenti religiosi con parole e giudizi molto, forse troppo pesanti,
senza essere realmente qualificati per farlo.
Il presidente del
CeSAP (nonché esponente
FECRIS), lo psicologo
Luigi Corvaglia ha dapprima esordito con una sorta di contro-recensione (peraltro miseramente affidata a un commento su Facebook) che si può riassumere nella disperata
apologia di
Steven Hassan (già fautore della
deprogrammazione) per poi approdare a delle
improbabili insinuazioni a proposito dell’autodisciplina e della dialettica di Introvigne.
L’amica di Corvaglia nonché fondatrice del
CeSAP,
Lorita Tinelli, l'ha buttata addirittura sulla
«credibilità» (proprio lei… sic!) ma naturalmente senza portare elementi concreti e limitandosi ad avvalorare le dicerie altrui.
Sonia Ghinelli ha fornito un’interpretazione addirittura «
complottista», un po' sconclusionata e obiettivamente contorta dell’intervento del dott. Introvigne: secondo la rappresentante di
FAVIS, infatti, lo studioso avrebbe scritto una critica finalizzata a «promuovere» il libro (come se già non bastasse la roboante campagna pubblicitaria dei suoi autori) per «intorbidire le acque» e favorire dei
non meglio precisati secondi fini.
Tale inesistenza o
inconsistenza di repliche vere e proprie non fa che sottolineare la validità delle osservazioni di
Massimo Introvigne.
E non è tutto, perché di fronte al tentativo di rendere nota la recensione di Introvigne proprio là dove essa doveva risultare di maggior interesse, ovvero sulla pagina Facebook di promozione del libro,
la scure della censura «anti-sette» non ha tardato a intervenire per imbavagliare chi ha osato parlare.
Questo era infatti
un post precedentemente visibile (ma
ora rimosso) che era rimasto pubblicato per alcuni giorni sulla pagina Facebook del libro
«Nella Setta»:
Evidentemente, anche questa volta gli «anti-sette» sono stati colti
clamorosamente in fallo e non hanno potuto far altro che concentrare il loro livore su chi si è permesso di esprimere il proprio parere: chiunque, persino chi ha pieno titolo e competenza per formularlo.