lunedì 30 aprile 2018

Aggiornamento breve - gli «anti-sette» influiscono sul crollo dei valori morali?

Abbiamo notato qualche sera fa un intervento di don Aldo Buonaiuto alla trasmissione «Storie italiane» su RAI 1. Tema centrale della puntata erano alcuni gravi casi di bullismo.

Senza entrare nel merito del delicato e inquietante argomento su cui si è soffermato il talk-show, non abbiamo potuto fare a meno di osservare come gli «anti-sette» alla TV di stato non si siano fatti sfuggire l’ennesima occasione di perpetrare la loro manipolazione mentale ai danni dei telespettatori.


I valori morali di una società, di cui don Buonaiuto lamenta il crollo mentre discetta di bullismo, possono essere promossi, sorretti e difesi laicamente dalla scuola, dalle istituzioni e, come dice lo stesso Buonaiuto, da tutti gli adulti, dai media, dalla cinematografia, ecc.

Un tempo, i depositari e principali custodi dei valori morali della società erano proprio i leader spirituali e (specialmente nel nostro paese) i religiosi a partire dai parroci di paese e delle congregazioni di quartiere; una categoria che il sacerdote don Aldo Buonaiuto dimentica nell’elenco dei responsabili di un sisma valoriale tanto serio.

Non troppi decenni fa, nell’italietta di Don Camillo e Peppone, quando si aveva un problema in famiglia o un qualche dilemma morale, si andava dal prete.

A poco a poco questo presidio morale si è sfaldato, sgretolato, di pari passo con la crisi vocazionale e con l’aumento dei problemi sociali e del dissesto morale.

Non abbiamo la pretesa, in questo breve scritto, di indicare quale sia la causa di tutto ciò e neppure di spingerci in indagini che sarebbero eccessivamente superficiali.

Non intendiamo nemmeno sostenere che le colpe siano tutte da addossare alle religioni tradizionali, ad esempio alle storie di pedofilia e agli episodi di malcostume che hanno visto protagonisti troppi sacerdoti (non solo cattolici); non crediamo siano queste le cause di tale crollo di valori, anche se certamente sono concause e di sicuro contribuiscono alla sfiducia crescente nei confronti delle religioni tradizionali. Non si dimentichi che lo stesso Buonaiuto è stato indagato per pedofilia e in seguito scagionato (i fatti risalgono al 2003-2004).

Osiamo invece affermare che una causa ben più diretta della sfiducia generalizzata verso la spiritualità e, quindi, verso i valori morali, è proprio il comportamento profondamente discutibile e tristemente ambiguo di figure come il prete inquisitore don Buonaiuto; personaggi che da anni seminano allarmismo infondato nei confronti di tutte le esperienze religiose, spirituali, esoteriche e alternative che arbitrariamente non vanno loro a genio.

E in questa campagna antireligiosa, che è una campagna contro i valori morali che le religioni (anche quelle non cattoliche) sostengono, è complice proprio la TV di stato che, anziché favorire la tenuta morale della società con un servizio pubblico educativo laico, amplifica le notizie fuorvianti di Buonaiuto e degli «anti-sette», e lo fa col danaro dei contribuenti.

Abbiamo ampiamente documentato come le notizie fasulle diffuse da Buonaiuto e dai suoi colleghi «anti-sette» abbiano dato vita in più occasioni a persecuzioni mediatiche e giudiziarie che hanno distrutto vite umane e famiglie. Loro, però, non paghi di avvelenare l’opinione pubblica con odio e intolleranza, continuano imperterriti.

Si lamentano del bullismo come se fosse causato dai valori dei gruppi religiosi che Buonaiuto detesta, come se un adolescente figlio di Testimoni di Geova, di Buddisti Soka Gakkai o di Pentecostali Sabaoth apprendesse in famiglia disvalori tali da condurlo a compiere atti di prevaricazione di quel genere: una stupidaggine lapalissiana. Semmai, in questi gruppi religiosi troverebbe esempi ben più ammirevoli di certi religiosi (di nome e non di fatto) che ammorbano le cronache; di certo verrebbe educato a valori morali ormai non più dispensati in oratori deserti.

Quell’adolescente viene semmai sconvolto e scombussolato proprio guardando trasmissioni come «Storie italiane» in cui un prete in abito talare, portato in auge da un servizio di Stato e sostenuto dalla storia strappalacrime di una nota soubrette come Michelle Hunziker, tuona contro i suoi genitori perché fanno parte di una «setta distruttiva» che gli fa il «lavaggio del cervello».

Peggio ancora, se quella trasmissione la vedono i suoi nonni (abituati a considerare un prete una fonte autorevole, a maggior ragione se parla in RAI), figurarsi se non si allarmano e se non gli comunicano la loro preoccupazione, magari deplorando la nuora per aver «traviato» il figlio che loro avevano cresciuto cattolico.

Ecco come dei valori fondanti della nostra società (unità familiare, amore e il rispetto tra figli e genitori, ecc.) vengono sistematicamente sabotati dagli «anti-sette» e dai media.

Dai problemi familiari sofferti da quell’adolescente, ai problemi a scuola e nella società, e quindi al bullismo, il passo non è poi così lungo.

Altro che parlare di crollo dei valori morali e indicarne i presunti responsabili! Se Buonaiuto volesse davvero prodigarsi per contribuire all’arresto di tale circolo vizioso, dovrebbe riscoprire i principi cristiani e la missione sacerdotale che gli competono e tornare a dedicarvisi; dovrebbe lasciar perdere le campagne mediatiche «anti-sette» e la TV.

sabato 28 aprile 2018

I fatui discorsi «anti-sette»: Lorita Tinelli contro il fideismo

Ci occupiamo ancora del webinar (seminario via Internet) organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e tenuto da Lorita Tinelli in data 18 Aprile, di cui abbiamo trattato in dettaglio in un post della scorsa settimana e ne focalizziamo un punto specifico che riteniamo di particolare rilievo.

Afferma la psicologa pugliese del CeSAP (il sedicente «centro studi» sugli «abusi psicologici»):


Curiosamente, la psicologa «anti-sette» smentisce se stessa in modo alquanto clamoroso (riprendiamo qui una dichiarazione da lei resa in Senato nel 2011):


Abbiamo voluto soffermarci su questo specifico punto argomentato dalla Tinelli nel webinar, perché ci pare conduca ad un’osservazione che lascia a dir poco sbalorditi.

Contraddicendo le sue affermazioni del passato, la Tinelli parla di «atteggiamento fideistico», ossia di «fideismo», per manifestare il proprio stupore di fronte alla «adesione totale» da parte dei fedeli di gruppi religiosi (a lei invisi e stigmatizzati come «culti distruttivi») alle varie credenze, principi o dogmi emanati dai rispettivi leader. Qualcosa come «il corpo di Cristo» che si materializza nell’ostia consacrata. Ma vediamo cos’è il fideismo secondo una fonte qualificata come il vocabolario Treccani:


Va da sé che riportando tale definizione non si vuole qui esprimere un giudizio né di favore né di sfavore rispetto al fatto che una credenza possa essere nutrita sulla base di una «fede aprioristica e acritica in una determinata dottrina». Potremmo naturalmente essere di avviso completamente diverso. Così come potremmo invece professare la religione cattolica (ed essere quindi profondamente convinti dell’esistenza di Dio padre onnipotente, della validità del dogma della Santissima Trinità, e della verginità di Maria).

Entrambe le posizioni, nella Repubblica Italiana, dovrebbero godere del medesimo rispetto.

Ma a sentire la Tinelli, tale «atteggiamento fideistico» deve essere deriso e schernito in quanto caratteristica di un «culto distruttivo» che porta le persone ad una «adesione totale» alle credenze del gruppo, magari uno di quei «gruppi che non hanno una base teorica e ideologica sostenibile» (parole sue), tanto da farle concludere, retoricamente: «come si fa a credere a cose di questo genere?»

Il discorso della Tinelli non ci pare solo di un’ovvietà e di una banalità pressoché disarmanti; ci sembra anche di una superficialità e di una tendenziosità allarmanti: incita alla discriminazione su basi del tutto inesistenti.

Per essere molto schietti: come si fa a non rendersi conto di quanto sia scontato un tale concetto? I gruppi religiosi devono essere bollati come «culti distruttivi» perché i loro membri hanno un «atteggiamento fideistico» e di «adesione totale». Ma non è forse così per la stragrande maggioranza delle religioni, se non tutte?

Da quando in qua un buddista si considererebbe un buon praticante dell’ottuplice strada se la osservasse a giorni alterni o solo quando gli pare?

Come potrebbe un imam reputare un buon musulmano colui che prega due volte al mese appollaiato su una poltrona e che non si attiene strettamente alle norme morali del Corano?

Che giudizio darebbe il priore di un monastero sulla condotta di un novizio che ogni Sabato sera se n’andasse a ballare e a fare bisboccia in birreria?

Eppure nessuno di questi comportamenti avrebbe alcunché di riprensibile, in senso lato.

E gli esempi sarebbero innumerevoli.

Per riprendere un paragone cui abbiamo già fatto ricorso, l’argomentazione della Tinelli equivale a dire che i commercianti devono essere considerati fraudolenti perché praticano dei prezzi più elevati rispetto a quelli che vengono loro praticati dai fornitori. In altri termini, sono «fraudolenti» per il semplice fatto che sono dei commercianti.

Sembreranno facezie, ma non è proprio così: la superficialità del discorso della Tinelli investe il fenomeno religioso e spirituale nel suo insieme, attaccando direttamente dottrine affatto maggioritarie a partire da quella ebraico-cristiana (in tutte le sue declinazioni, dalla protestante all’ortodossa sino alla pentecostale e al geovismo) solo per citarne una.

Cioè: ancora prima che di «nuovi movimenti religiosi», la Tinelli sta parlando di «religioni rivelate», principalmente fondate sul «fideismo»:


E abbiamo voluto citare la definizione più semplice, quella appunto riportata qui sopra, solo perché non desideriamo addentrarci in problematiche ben più complesse ed articolate che hanno riempito interi trattati di grandi filosofi, a cominciare da Immanuel Kant per proseguire con molti altri illustrissimi studiosi del passato.

Insomma, verrebbe quasi da descrivere il discorso della Tinelli con le parole della stessa Tinelli:



In altri termini la Tinelli, mentre condanna il fideismo zompando a piè pari in una materia che in quanto psicologa non le compete affatto (e in cui dimostra una palese superficialità), al tempo stesso conferma la sua incoerenza rispetto a dichiarazioni rese da lei stessa solo sette anni fa in Senato.

A chi si dovrebbe credere, dunque? Alla Tinelli del recente webinar che si scaglia contro il fideismo rivolgendosi ai suoi colleghi psicologi? Oppure alla Tinelli del 2011 che si mostra garantista per ingraziarsi la Commissione Giustizia del Senato e favorire così la promulgazione di una legge sul controverso reato di plagio?

venerdì 27 aprile 2018

Aggiornamento breve – gli estremisti inquisitori e la SAS («Squadra Anti-Sette»)

Questo post potrebbe per taluni rappresentare un’ovvietà.

Ciò nonostante, vogliamo ugualmente esplicitare quanto segue perché riteniamo giusto che ne rimanga traccia, reputiamo doveroso documentare lo stretto legame che intercorre fra la «polizia religiosa» degli «anti-sette», meglio nota come «Squadra Anti-Sette» o SAS, e una ristretta frangia estremista della Chiesa Cattolica; una frangia – sia chiaro – tutt’altro che rappresentativa della stragrande maggioranza dei cattolici (praticanti e non).

Quello che qui evidenziamo è un legame, fra l’altro, palesemente contraddittorio rispetto agli stessi valori fondanti della Repubblica Italiana, il cui dettato costituzionale è improntato al principio della «libera chiesa in libero stato».

In spregio a quel cardine su cui s’impernia il pilastro del nostro governo, è cosa risaputa sin dall’istituzione della SAS (dicembre 2006) che il referente ufficiale di questo singolare corpo di polizia è un prete cattolico, don Aldo Buonaiuto, di posizioni notoriamente intransigenti e addirittura autore di testi in cui qualifica come «setta» tutto ciò che non segue la dottrina della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

Abbiamo adoperato il vocabolo «intransigente» non a caso, poiché descrive bene la condotta di don Buonaiuto e dei poliziotti della SAS (per lo meno quelli più vicini all’ambiente «anti-sette»).

Ma quanto sono intransigenti costoro?

Tanto da produrre accuse fasulle che conducono a una persecuzione giudiziaria (come nel triste caso degli inesistenti «Angeli di Sodoma»); tanto da movimentare ogni giorno la macchina del fango nei confronti dei gruppi spirituali; tanto da pilotare l’informazione su vasta scala per mettere in atto una vera e propria manipolazione mentale di massa al fine di generare allarmismo e intolleranza verso tutto ciò che è anticonformista.

Infatti, la loro intransigenza assume sovente un carattere addirittura più ampio e finisce per non prendere più di mira solo i «movimenti religiosi alternativi» (come si accennava a proposito di Luigi Corvaglia in questo post), ma addirittura aspetti completamente differenti della vita personale.

Ecco cosa scrive ad esempio Giovanna Balestrino, in qualità di rappresentante del GRIS (già «Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette», dal 2001 «Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa»):


Si tratta della stessa Balestrino che, in quanto esponente del GRIS, è direttamente a contatto con la SAS e i suoi principali dirigenti, come ella stessa vanta spesso e pubblicamente sempre dalla propria pagina Facebook:


Il legame fra la frangia cattolica estremista e la SAS è comunque noto anche da altri elementi, i quali però riconducono sempre a don Aldo Buonaiuto oppure al GRIS.

Nel comunicato che segue, ad esempio, si era avuto l’intervento di un rappresentante della magistratura addirittura ad un convegno del GRIS a proposito di esorcismo:


Controllo del comportamento… proibire piercing e tatuaggi non ricadrebbe in questa stessa categoria?

Considerando i risultati spesso disastrosi della propaganda «anti-sette» e della psicosi che essa genera (un esempio recente lo abbiamo raccontato solo la scorsa settimana), quelle della Balestrino che a prima vista possono apparire delle raccomandazioni materne magari solo un po’ apprensive, assumono invece un tenore decisamente inquietante.

Tornano alla mente le grida «dagli all’untore» di manzoniana memoria, ma speriamo di essere in errore.

mercoledì 25 aprile 2018

Lorita Tinelli e la pseudoscienza «anti-sette»: un’esposizione sbalorditiva

Come s’era preannunciato, abbiamo seguito con grande interesse ed attenzione il webinar (seminario via Internet) organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e tenuto da Lorita Tinelli la scorsa settimana (18 Aprile).

Ne esamineremo gli aspetti che riteniamo più significativi in relazione alle tematiche trattate dal nostro blog.

Il titolo del webinar era «Sette: analisi psicologica dei meccanismi di affiliazione e affrancamento», ma l’obiettivo non esplicitamente dichiarato, come di consueto, erano per lo più i gruppi spirituali o religiosi minoritari ritenuti invisi dalla Tinelli e pertanto bollati come «sette» o «culti distruttivi» da lei e dai suoi compari di CeSAP, AIVS e FAVIS (questi ultimi peraltro corrispondenti della federazione euro-francese FECRIS e referenti privilegiati della polizia «anti-sette» S.A.S. assieme al prete cattolico don Aldo Buonaiuto).

Già all’inizio, dopo una breve introduzione da parte dell’addetto dell’ordine lombardo che ha curato l’evento (tale Dimitri Davide Baventore), il grado di competenza della psicologa pugliese in materia di religioni e spiritualità viene subito messo in mostra in maniera emblematica, mediante la sua «spiegazione» del termine «setta»:


Ci convinciamo che è stato solo l’esordio e quindi ci sarà stato un po’ di comprensibile imbarazzo iniziale.

Vediamo come prosegue:


Niente da fare, siamo ben lontani da ciò che ci saremmo aspettati: un’esposizione scientifica qualificata e corredata da appropriati riferimenti accademici: la Tinelli non va oltre al farfugliare un’etimologia e biascicare qualche indicazione frammentaria e raffazzonata.

Pazienza… però ci si domanda come si possa impostare un’ora e tre quarti di webinar su di un argomento alla cui definizione venga dedicato un minutino striminzito oltretutto in maniera tanto disorganica e imprecisa.

E sì che il termine «setta» viene spiegato molto bene sui vocabolari da «comuni mortali».

Per le problematiche legate ai «nuovi movimenti religiosi» vi sono invece libri di testo scritti da autorevoli studiosi ed esperti accademici. Basterebbe leggerli, al che si potrebbe citarli a riferimento.

Perché Lorita Tinelli non lo fa? Forse perché ciò la costringerebbe ad ammettere l’uso sconsiderato che fanno gli «anti-sette» di quella stessa parola «setta» a mo’ di stigma, appositamente studiato, al fine di generare allarmismo sociale? Chissà. Sorprendentemente la Tinelli accenna al fatto che questo vocabolo è adoperato per lo più nella sua valenza «mediatica», ma ben si guarda dallo specificare che sono proprio le figure come la sua a fomentarne un uso tanto improprio.

Qualunque sia la spiegazione di un così singolare fenomeno, ai fini della migliore chiarezza rimandiamo a un ottimo sommario scritto dalla prof.ssa Raffaella Di Marzio (esperta di religioni e spiritualità) e tuttora presente nel glossario del suo sito Internet. A onor del vero, vi sarebbero da correggere una banale tautologia sintattica nel testo oltre ad un’imprecisione semantica, ma in fin dei conti si tratta di minutaglie meramente linguistiche.

Tuttavia, proseguendo con il webinar si evidenziano degli aspetti addirittura più gravi.

Ad evento inoltrato (ore 21:45 circa) la Tinelli dichiara:


«Esistono gruppi militari o gruppi politici,
l’ideologia non è necessariamente religiosa.»

Somiglia un po’ a quell’inquietante «controllo del comportamento», caldeggiato dagli «anti-sette», che tanto sa di regime totalitarista (ne faremo cenno in uno dei prossimi post).

Addirittura, la Tinelli in un altro momento della conferenza coinvolge anche i «life coach» e assieme a Baventore cita niente meno che Anthony Robbins (ne avevamo parlato qui ed evidentemente non ci eravamo sbagliati).

Ecco così riaffiorare la propaganda «anti-sette» generalizzata contro tutto ciò che può risultare «scomodo», esattamente come si relazionava in un nostro post precedente: nessuno è al sicuro quando c’è in circolazione chi può permettersi di bollare un gruppo culturale, un partito politico o una compagnia di amici come «setta» e richiederne la persecuzione sul piano mediatico o legale.

Ma davvero sbalorditivo è come la Tinelli fa marcia indietro rispetto a delle sue dichiarazioni recenti proprio sull’entità del fenomeno o sulle statistiche da lei medesima tanto sbandierate fino a poche settimane prima sui canali nazionali.


Focalizziamo bene questo punto, perché è davvero fondamentale: la Tinelli parla ora di «dati orientativi», sostiene che «è molto difficile stabilire quante siano».

La ragione addotta dalla psicologa pugliese? è «difficilissimo raccogliere questo dato, perché i gruppi settari non hanno nella loro definizione o denominazione il termine ‘setta’» (sic!):


Riteniamo tale motivazione a dir poco traballante, oltre che palesemente antiscientifica.

Sarebbe come dire che è arduo censire i commercianti disonesti perché non espongono l’insegna «commerciante disonesto» o perché si danno denominazioni cangianti, fermo restando che il termine «commerciante» ha almeno un’etimologia e una definizione conosciuta e non fantasiosamente rielaborata o interpretata ad uso e consumo di associazioni «anti-commercianti».

Oppure sarebbe come dichiarare che è difficile calcolare quante siano le squadre di calcio in Italia perché alcune si configurano come associazioni sportive dilettantistiche, altre come professionistiche, certune si chiamano federazioni, certe altre si raggruppano come circoli amatoriali, poi ci sono le formazioni scolastiche, ecc.

Insomma, a noi pare una scusa alquanto banale: se si rappresenta un «centro studi» corrispondente di una federazione europea (FECRIS) che vanta un rapporto diretto con il Ministero dell’Interno (SAS) e che sovente sale in cattedra sul palcoscenico delle TV nazionali, è realistico che ci si arresti di fronte a ostacoli di tanto lieve entità?

Ma a poco a poco ecco emergere quello che potrebbe ragionevolmente essere il reale fine perseguito da Lorita Tinelli e dal CeSAP: il denaro.


La Tinelli esprime questo concetto della «necessità» di risorse (finanziamenti) dopo aver parlato del rapporto del Ministero dell’Interno del 1998 dal titolo «Sette religiose e movimenti magici in Italia», un documento controverso e da più parti screditato, criticato anche dal mondo accademico oltre che confutato in sede giudiziaria.

Un dossier ormai vetusto che fra l’altro non era nemmeno un vero «rapporto di polizia»! Era solo un memorandum ad uso interno del Ministero, commissionato alla vigilia del Giubileo del 2000. Quel dossier tanto opinabile e già superato all’atto della sua pubblicazione, fu fatto poi trapelare ad arte alla stampa tramite un paio parlamentari ben disposti verso quegli stessi «anti-sette» che avevano fornito le «informazioni» per redigerlo. Una mossa scaltra ma decisamente scorretta che per nulla ha giovato all’informazione collettiva.

Evidentemente la Tinelli e il CeSAP stanno pianificando di diventare dei referenti ufficiali dello Stato per poter così accedere a fondi pubblici e continuare a svolgere, ancor meglio remunerati, la loro opera di classificazione (stigma) delle minoranze religiose «non convenzionali».

Ma con queste «illuminanti» dichiarazioni della Tinelli l’impalcatura delle statistiche «anti-sette» traballa in maniera ancora più clamorosa che in passato: infatti, numerosi media (su tutto il territorio nazionale), sia in Internet sia in TV sia sulla carta stampata già solo nel corso dell’ultimo anno hanno strombazzato l’esistenza di «cinquecento sette» o «cinquecento psico-sette» (versioni peraltro già tristemente discordanti) basandosi sui resoconti della Tinelli.

Cifre che di fatto non hanno un fondamento concreto e sono basate su presunzioni contraddistinte da un’assoluta mancanza di trasparenza. Eppure il megafono mediatico ha reso tali congetture una «statistica acclarata»!

Nessuno ha sottoposto a verifica la versione propalata dalla Tinelli e del CeSAP nel 2018 (prima in TV e solo ultimamente in questo webinar). Se l’avessero fatto i giornalisti che l’hanno pappagallescamente ritrasmessa, si sarebbero accorti di molte incongruenze così come si sarebbero accorti (solo per fare un esempio) che gli stessi dati venivano attribuiti al GRIS (con la collaborazione del CeSAP) ancora nel 2008:


Dieci anni sono davvero un po’ troppi perché si possa credere a una stasi totale del fenomeno, specie quando sono proprio gli «anti-sette» a parlare di «movimenti in continuo mutamento», di «metamorfosi costante», di «rapida crescita dei seguaci», ecc.

Forse è per questo che la Tinelli aveva tentato di mettere le mani avanti nella presentazione stessa del suo webinar, con una discrepanza che era stata esattamente il tema del nostro precedente post: la psicologa del CeSAP sa perfettamente che quel suo asserto sulle «cinquecento sette» è a dir poco discutibile, e come minimo non è mai stato adeguatamente documentato. Ecco perché è lei stessa, adesso a metterlo in dubbio.

E pensare che nemmeno due mesi prima la TV di stato intervistava la Tinelli e ne desumeva, di nuovo, lo stesso dato delle «cinquecento sette in Italia»:


Volgendo al termine del webinar, c’è spazio anche per la controversa teoria del «lavaggio del cervello» alias «manipolazione mentale»; ce ne eravamo occupati di recente proprio per smascherare la pseudoscienza «anti-sette» a questo proposito, ed ecco la Tinelli fare una timida marcia indietro con la medesima contraddittorietà evidenziatasi prima. Forse avevamo colpito nel segno?


La psicologa dichiara che «non c’è una definizione scientifica» mentre il «lavaggio del cervello è una definizione mediatica» e «assolutamente è un termine non scientifico» ma «figurato», atto ad indicare «le tecniche con cui è possibile modificare i punti di vista di una persona o i suoi valori».


In altri termini, scientifico non è, però è «comodo» adoperarlo, come chiosa poi la Tinelli.

Come dire: non bisognerebbe chiamare gli orientali «musi gialli», però «rende l’idea». No comment.

In conclusione, riportiamo lo stralcio di un video nel quale la già citata prof.ssa Raffaella Di Marzio chiarisce bene le ragioni per cui il termine «setta» vada evitato e quali possano essere gli effetti perniciosi dello stigma praticato dagli «anti-sette».

Da notare la differenza abissale, sia nella modalità dialettica sia nella preparazione, fra la Di Marzio e la Tinelli:


(Nota: la versione integrale di questo video si può trovare seguendo questo link, ma si avvisa che l’audio è alquanto poco fruibile, infatti nello spezzone qui presentato abbiamo incrementato il volume)

Insomma: lo stigma, l’intolleranza e la discriminazione, senza alcun fondamento scientifico: questo è il risultato dell’operato degli «anti-sette».

lunedì 23 aprile 2018

Il «settarismo» degli «anti-sette» di AIVS

Come è ampiamente documentato in questo blog, l’operato di AIVS è improntato all’invettiva al vetriolo, alla critica smodata e all’offesa gratuita.

Ma vi è un ulteriore aspetto che prende forma dalle loro ultime esternazioni ed emerge sempre maggiormente dal comportamento dei principali responsabili di AIVS (Toni Occhiello, Francesco Brunori, Luciano Madon) avallato dal loro legale di fiducia, Annalisa Montanaro, di cui abbiamo parlato proprio nell’ultimo post.

È ben noto che quelli di AIVS (così come tutte le altre denominazioni dell’arcipelago «anti-sette») tacciano le minoranze religiose a loro invise (e/o di cui hanno fatto parte in precedenza) di essere delle «sette pericolose», «culti distruttivi», «gruppi abusanti» e via discorrendo.

Ma in particolare il più gettonato è senz’altro il termine «setta» (di cui parliamo più in dettaglio in questo post) con le sue diverse declinazioni: l’aggettivo «settario», il sostantivo «settarolo» (dispregiativo per «membro di setta») e la categoria del «settarismo».

Proviamo a esplorare la valenza semantica di quest’ultima parola con l’assistenza di un riferimento autorevole come il vocabolario Treccani: «settarismo» sta per «l’essere settario, cioè fazioso; accanito spirito di parte». Fra i sinonimi, troviamo «faziosità, partigianeria, parzialità, fanatismo, intolleranza, intransigenza».

Tant’è che gli «anti-sette» tendono a demonizzare interi movimenti religiosi (e quindi migliaia e migliaia di persone, se non centinaia di migliaia) sulla base di torti che essi asseriscono di avere subito in prima persona o che essi riferiscono essere stati subiti da altri i quali poi li hanno denunciati. Accuse e recriminazioni, dunque, spesso molto gravi ed espresse con parole pesanti e grondanti di odio.

Contemporaneamente, gli «anti-sette» tendono anche a rifiutare un dialogo costruttivo e soprattutto qualsiasi genere di critica (come quelle che rivolgiamo loro dalle «pagine» virtuali del presente blog), che viene spesso classificata superficialmente come «attacco» senza però che si entri mai nel merito dei contenuti posti sotto esame.

L’orizzonte degli «anti-sette», quindi, non fa che riempirsi di nemici (reali o immaginari che siano) che essi ritengono di dover osteggiare, spesso dileggiare, talvolta intimidire, in qualche caso anche perseguitare.

A poco valgono le speciose dichiarazioni d’intenti come questa di Lucio Madon (responsabile AIVS):


Perché di fatto la condotta evidenziata da AIVS è ben altra.

Come si accennava nel post di ieri, la scorsa settimana una delle più attive utenti dei gruppi Facebook di AIVS, tale Paola Moscatelli, ha pubblicato (con quale autorizzazione?) una fotografia del suo ex marito con l’attuale compagna (ci limitiamo a mostrare il post per non reiterare l’abuso):


In calce a questa foto, la Moscatelli ha inserito un commento in cui rivolge delle insinuazioni rispetto alla moralità di quella signora, per poi offenderla senza mezzi termini:


Un’altra utente, evidentemente meno assetata di vendetta e un po’ più equilibrata, fa notare che un tale modus operandi non è corretto e potrebbe addirittura rappresentare una condotta illecita:


Non l’avesse mai fatto: la signora commette l’errore madornale di osare esprimere una critica (peraltro misurata, composta e del tutto ragionevole) rispetto all’operato di Toni Occhiello e della sua banda.

Risultato: dopo un po’ di botta e risposta in cui tenta inutilmente di ribadire le proprie ragioni, si ritrova di fronte ai tentativi di Occhiello di giustificare la condotta palesemente scorretta della Moscatelli e di far ignorare l’evidente allusione da lei espressa ai danni dell’attuale compagna dell’ex marito:


E la discussione continua, con Occhiello che protrae la propria difesa a spada tratta della Moscatelli nonostante i diversi addebiti che le vengono mossi con dovizia di particolari:


Specifichiamo che quella qui riportata è solo una porzione della discussione integrale, ma già così rende bene l’idea.

Ecco infatti come va a concludersi:


Alla fine, la voce fuori dal coro viene esclusa dal gruppo.

Stessa sorte per un altro utente che si rende conto dell’evidente iniquità di trattamento e reagisce:


Idem per un’altra utente:


Dapprima Occhiello finge di non capire, ma poi (non senza una certa ampollosità), alla fine dei botta e risposta conclude come segue:


Ciò che intende dire fra le righe (senza però essere esplicito come il suo ruolo istituzionale invece richiederebbe) è che ha semplicemente messo alla porta tutti gli utenti che hanno reagito esprimendo delle critiche.

Democrazia, rispetto delle regole, riconoscimento della dignità del prossimo: sono valori tanto avulsi dal retroterra culturale di AIVS?

domenica 22 aprile 2018

Gli «anti-sette» di AIVS: niente rispetto, molta intolleranza

Una decina di giorni fa Annalisa Montanaro, avvocato di AIVS oltre che amica di Toni Occhiello ed estimatrice della «anti-sette» Lorita Tinelli, ha pubblicato sul proprio profilo Facebook un post che dapprima ci ha affascinati, poi in un secondo momento ci ha lasciati alquanto perplessi:


Basta davvero poco per trattare gli altri con rispetto: pensiero nobile, il suo, e senz’altro ampiamente condivisibile. Impossibile, però, non collegare istantaneamente tale asserto con l’operato dei suoi assistiti e colleghi, più volte documentato ed evidenziato in questo blog (ad esempio qui, qui, qui, e qui), palesemente improntato allo scherno, all’offesa e all’intimidazione; in poche parole, alla più assoluta mancanza di rispetto.

Giova specificare che la Montanaro si è qualificata come legale di AIVS in occasione della conferenza stampa tenutasi presso una sala del Senato della Repubblica (sic!) mercoledì 21 giugno 2017.


Va anche ricordato che, proprio nell’ambito di quell’evento, la Montanaro ebbe a precisare quale fosse la sua preparazione in tema di movimenti religiosi e spiritualità «non convenzionale»: sostanzialmente nessuna a parte quanto poteva averle raccontato la Tinelli nel periodo appena precedente alla conferenza stampa.

Per dirlo con le sue parole:


«(…) Io di sette e di gruppi religiosi che coercizzano il pensiero non ho mai sentito parlare prima di incontrare queste persone che oggi mi hanno coadiuvato e che mi hanno preceduto (…)»

Per inciso: impossibile non domandarsi come sia possibile, se ci si ritiene dei professionisti qualificati, saltare sul carro di una associazione che fa dell’invettiva al vetriolo, dell’attacco veemente e della critica infamante la propria regola di vita, senza nemmeno premurarsi di svolgere un po’ di ricerca obiettiva e coscienziosa, particolarmente in considerazione del fatto che quella tematica di cui si va parlando coinvolge decine di migliaia di persone.

Ma tornando al tema espresso nel post evidenziato all’inizio, il profondo interrogativo che le andrebbe rivolto e sul quale sarebbe davvero interessante ricevere una risposta dall’avvocatessa tarantina, è se comparando quel suo pensiero elevato e nobile alle azioni svolte ogni giorno dai soci di AIVS non le sia venuto qualche dubbio morale.

Occhiello e i suoi sembrano motivare le proprie azioni con una sorta di «legge del taglione» la cui ragion d’essere risiederebbe nei devastanti torti subiti (dicono) dall’organizzazione religiosa di cui hanno rispettivamente fatto parte fino a qualche tempo fa.

Dacché in Italia la libertà di espressione fortunatamente sopravvive, essi avrebbero ed hanno tutto il diritto di manifestare il proprio dissenso nei riguardi di qualsivoglia gruppo spirituale o confessione religiosa.

Ma il rispetto nei confronti anche di coloro che hanno identificato quali acerrimi nemici, noi proprio non lo scorgiamo.

Ne rileviamo l’esatto opposto, invece, in commenti come questo, scritto da tale Paola Moscatelli una delle più attive utenti del gruppo Facebook di AIVS e riportato in calce a una fotografia del suo ex marito con l’attuale compagna (foto pubblicata, peraltro, con quale autorizzazione?):


Tralasciamo il seguito della discussione perché ce ne occuperemo in un altro post.

Ci limitiamo a mettere in luce il tenore e la qualità dell’operato di AIVS, interrogandoci: dov’è finito il rispetto?

Chissà se l’avvocato Montanaro si sarà accorta di una tanto grave discrepanza.

sabato 21 aprile 2018

Aggiornamento breve - gli «anti-sette» di AIVS dileggiano persino se stessi?

Osservando il seguente post su una delle pagine Facebook gestite da AIVS, abbiamo notato una situazione che definiremmo grottesca.

Toni Occhiello dà il buongiorno ai suoi compari pubblicando una foto che, peraltro, ci pare piuttosto fuori tema (una strada cittadina sulla quale scorrono due velocipedi):


Gli fanno subito eco dei commenti di utenti del gruppo Facebook di AIVS che colgono (persino) questa occasione per dileggiare la religione di cui facevano parte in precedenza. Commenti, a nostro parere, un po’ squallidi:


Potrà sembrare semplicemente un commento di cattivo (anzi, pessimo) gusto.

Noi invece vi ravvisiamo un aspetto ulteriormente paradossale.

Sì, perché dovrebbe essere ben noto agli accoliti di AIVS che Toni Occhiello è paraplegico, o comunque ha un’invalidità che ne compromette la capacità di deambulazione.

Interviene un altro utente a spiegare che tipo di veicolo è quello visibile nella parte alta della foto e perché non c’è molto da ridere in proposito (si pensi anche solo a manifestazioni sportive ormai grandemente partecipate come le Paralimpiadi):


Singolare, a nostro avviso, che Occhiello lasci correre delle battutacce offensive contro la propria stessa categoria, senza nemmeno intervenire per riportare nel gruppo (che ha fondato) un minimo di educazione e di rispetto nei confronti di chi soffre una tanto grave limitazione fisica.

Verrebbe quasi da dire che la solidarietà, presso l’AIVS, non è proprio di casa.

giovedì 19 aprile 2018

Un piccolo saggio della discutibile forma mentis «anti-sette»

Tempo addietro abbiamo notato un curioso commento di Sonia Ghinelli ad una notizia relativa al caso di Mario Pianesi (nome di spicco della macrobiotica in Italia bersagliato da alcuni mesi dalla propaganda «anti-sette»), del quale ci siamo occupati anche noi.

Il commento della Ghinelli (come sempre pubblicato tramite il suo discutibile profilo anonimo) riguarda un articolo stampa che riporta le dichiarazioni di alcuni sostenitori di Pianesi, affiliati alla sua catena di negozi, che reagiscono alla macchina del fango mediatica messa in moto contro di loro.


Forse ancora più sbalorditivo del messaggio espresso dalla Ghinelli è il commento che si legge in calce al suo post, scritto da tale Emilio Morelli una persona che evidentemente condivide le sue vedute e mostra già solo con la propria terminologia un forte pregiudizio nei confronti del gruppo che critica:


Fatta salva (e, in verità, sacrosanta) la libertà di opinione, riteniamo tutto sommato utili questi due commenti.

Utili, sì, perché mostrano in maniera inequivocabile una forma mentis profondamente condizionata da preconcetti e, in ultima analisi, alquanto fuorviante e aberrante.

Secondo costoro, infatti, gli associati di Pianesi dovrebbero solidarizzare con le «vittime» o cosiddette tali; «vittime», fra l’altro, di «reati» che sono ancora tutti da dimostrare che la magistratura ha a tutt’oggi il compito di accertare; «vittime», dunque, di situazioni che fino ad oggi sono solo loro e gli «anti-sette» a definire «abusi».

Secondo costoro, i macrobiotici del «Punto» dovrebbero mostrare solidarietà nei confronti di chi li sommerge di accuse non ancora verificate, e non ribadire la propria amicizia e la propria stima verso chi costituisce il loro stesso gruppo!

Secondo costoro, in altri termini, i soci di Pianesi che vengono demonizzati dalla stampa fomentata dagli «anti-sette» non dovrebbero far percepire il proprio supporto e il proprio appoggio a chi è nella loro stessa situazione.

A parte la palese assurdità di un simile ragionamento, un’argomentazione tanto paradossale nasconde una negligenza forse ben più grave.

Ciò che Ghinelli e Morelli sembrano voler dimenticare (e che vorrebbero far dimenticare) è un principio cardine della nostra Costituzione, ossia il concetto della «presunzione di non colpevolezza»: si è infatti innocenti «fino a prova contraria»!

Parimenti, le presunte «vittime» sono tali solamente per ipotesi, dal momento che la loro denuncia non è stata ancora confermata vera da una sentenza definitiva; sempre per ipotesi, potrebbe addirittura emergere che quelle persone non sono affatto delle vittime ma dei calunniatori prezzolati. E allora chi sarebbero i colpevoli? Chi le vittime e chi i carnefici?

Come se non bastasse, al momento, Pianesi e i suoi non sono ancora nemmeno degli imputati ma solo degli indagati; ciò nonostante stanno subendo una continua e pressante gogna mediatica che ne sta facendo a pezzi la reputazione.

Ma Morelli si permette di definirli «persone prive di umanità e mentalmente alienate»: non è semmai lui stesso a mostrare un’assoluta mancanza di tatto oltre che di pudore e di onestà intellettuale?

D’altronde non è strano: è sufficiente una veloce ricerca su di lui per capire da che parte sta e quanto è viziato il suo discorso. Egli, infatti, è solo uno dei vari apostati dei Testimoni di Geova che si tengono occupati dando sfogo all’ostilità e all’odio nei confronti di quella che prima era la loro religione.


martedì 17 aprile 2018

Contributo esterno - demolizione definitiva della controversa teoria del «lavaggio del cervello» (parte 1)

È arrivato il momento di prendere di petto l’annosa questione della propaganda «anti-sette» a proposito del controverso «plagio» mentale, da loro denominato anche «manipolazione mentale» o «lavaggio del cervello». È giunta l’ora di fare chiarezza.

Sul nostro blog abbiamo lambito questo argomento in più occasioni, vuoi sbugiardando le «fake news» di Sonia Ghinelli del FAVIS, vuoi riportando il parere di studiosi qualificati, vuoi fornendo qualche cenno storico di cosa fosse davvero il «brainwashing».

Ma il tema è di tale importanza che richiede senza dubbio approfondimenti, e ce ne fornisce lo spunto proprio il presidente del CeSAP Luigi Corvaglia, come si leggerà nell’articolo.

Pubblichiamo dunque la prima parte di quello che è inteso a diventare un resoconto più possibile completo ed articolato, realizzato dal nostro più appassionato contributore che s’è preso a cuore la materia.

Riteniamo che questo post vada letto con la dovuta attenzione non solo da chiunque nutra un qualche interesse nella sfera dei nuovi movimenti religiosi, ma anche e soprattutto da tutti coloro che di quel mondo si occupano in qualche maniera, o perché lo osteggiano o perché lo sostengono o perché ne fanno parte.


Ancora su Toni Occhiello e la discutibile propaganda di AIVS

Mentre prosegue la questua di Toni Occhiello e dei tre o quattro animatori della sua associazione «anti-sette» AIVS, notiamo che il piccolo ma chiassoso gruppetto salentino non sembra voler smorzare i toni della propria campagna di odio nei confronti delle nuove religioni.

Al contrario, AIVS cerca appoggi presso altri gruppi affini e sembra trovarne in figure già da tempo schierate nella loro stessa lotta, come per esempio Branka Dujmic-Delcourt, un’esponente «anti-sette» croata di nascita con passaporto belga e rappresentante della FECRIS, la controversa associazione europea accreditata presso il Consiglio d'Europa quale ONG (organizzazione non governativa; nonostante sia curiosamente finanziata dal governo francese), che raccoglie le diverse denominazioni in un’unica organizzazione di cui, fra l’altro, fanno parte le italiane CeSAP e FAVIS:


Da notare come a dare il benvenuto alla «anti-sette» croata sia proprio Lorita Tinelli del CeSAP, salda alleata di AIVS.

Segno forse che AIVS si sta affannando per aggrapparsi al carro della FECRIS da cui potrebbe «mungere» un po’ di denaro? Oppure un po’ di credibilità o anche una maggiore visibilità? Non siamo certamente in grado di rispondere con certezza a un simile quesito, tuttavia l’interrogativo pare sensato.

Nel frattempo, come si accennava prima, Occhiello continua a raccattare iscrizioni proponendo la sua tessera per accedere al «gruppo segreto» di AIVS, il «gold club» di cui si parlava in un precedente post:


Una quota di 20 Euro per i «servizi di base». Ci si domanda quali siano tali servizi. Forse la pubblicazione di post su Facebook come questo?


Indubbiamente Toni Occhiello deve aver svolto del «lavoro» per ricercare accuratamente un’immagine tanto «adatta» da associare a tale post!

Non ce ne voglia per la nostra piccola battuta di spirito, ma anche senza muovere la benché minima critica al testo del post e al tenore della tesi che espone (e ve ne sarebbero!), sfugge davvero l’attinenza della fotografia (oscena) con il messaggio che AIVS intende qui propalare.

Probabilmente la «ispirazione» deriva ad Occhiello dai suoi precedenti «lavori», tipo quello di «fotografa’ le zoccole» di cui ci rende lui stesso edotto in una sua pagina Facebook  (per chi ama la «grana grossa», seguendo questo link si può visionare il testo integrale del post così come la fotografia che per pudore abbiamo tagliato):


I gusti sono gusti: Occhiello è senz’altro liberissimo di sfogare la propria verve figurativa immortalando prostitute senza veli; ci domandiamo soltanto perché debba trasporre queste sue personali inclinazioni attribuendole al movimento religioso che ha scelto di dileggiare ed infamare ad ogni piè sospinto.

Ma di nuovo: qual è il risultato concreto dell’operato di AIVS? In che modo essa può influenzare le persone che raggiunge? Ben lungi dal poter modificare la consapevolezza di ciascuno del proprio vissuto, costoro tendono a generare ostilità nei confronti della religione in generale:


È solo uno dei numerosi commenti di questa fatta: AIVS genera repulsione verso «tutte le religioni».

D’altronde non ci stupisce affatto, abbiamo già più volte dato conto di questa tendenza da parte degli «anti-sette»; si vedano ad esempio questo post, quest’altro e questaltro ancora.

Ma di nuovo torniamo a interrogarci: che diritto hanno degli apostati come Toni Occhiello e i suoi compari di AIVS di inquinare l’immaginario collettivo con le loro gravi (ma per lo più indiziarie) accuse e con i loro pesanti giudizi e le loro triviali volgarità ai danni di minoranze religiose pacifiche?

domenica 15 aprile 2018

I risultati della psicosi «anti-sette»: ecco un piccolo esempio

Da tempo stiamo denunciando (e, un po’ alla volta, documentando) da questo blog la «manipolazione mentale» messa in atto dagli «anti-sette» ai danni della popolazione del nostro paese.

Sfortunatamente, tale propaganda è all’opera anche altrove e, in verità, in tutta Europa e ben oltre; probabilmente, è un fenomeno che esiste in tutto l’orbe terracqueo.

Ci siamo imbattuti in alcuni articoli pubblicati nei giorni scorsi su Internet che riferiscono di un curioso caso avvenuto in Scozia: a nostro parere, si tratta di una dimostrazione lampante, grottesca e per certi versi inquietante di quali reazioni può produrre il battage mediatico «anti-sette» e l’utilizzo stesso del vocabolo «setta» per ghettizzare chiunque porti avanti delle idee non convenzionali (ne parlavamo in un recente post).


È capitato la scorsa settimana in Scozia che una compagnia di amici amanti della musica hard rock e delle atmosfere mistiche ed appartate sono stati «sorpresi» mentre erano in gita fuori città, riuniti attorno a un fuoco a raccontare storie di fantasmi ascoltando le loro canzoni preferite presso un piccolo isolotto lacustre del Lago di Loch Leven, a nord di Edimburgo, a poco più di un’ora di strada dai luoghi che hanno dato i natali a un’icona del rock di metà anni ’80 come Derek Dick, in arte «Fish».

Che delitto!

Sono stati «ricercati» per una sera da una squadra di soccorso (sic!) della polizia la quale, dopo aver dispiegato un contingente di «una ventina di veicoli» fra forze dell’ordine e di emergenza (addirittura!) e dopo aver fracassato i finestrini delle auto dei ragazzi «alla ricerca di indizi», li ha raggiunti sull’isolotto.


Motivo di tanto subbuglio: la polizia era mossa dalla preoccupazione che potesse trattarsi di un ipotetico «culto suicida».

Logico lo sgomento della piccola compagnia, guidata da un musicista che di lavoro fa l’insegnante di scuola, tale David Henderson, di cui riportiamo la breve testimonianza come la si desume dai media:


Assieme a Henderson vi erano alcuni amici, tre bambini e un cane: insomma, la classica rimpatriata, con la differenza di una collocazione e un orario singolari.

Ci domandiamo cosa sarebbe successo se a fare da «consulente» dei poliziotti scozzesi vi fosse stato un prete cattolico «anti-sette» come don Aldo Buonaiuto: probabilmente si sarebbe gridato allo scandalo e ai rivoltanti crimini perpetrati dalla «setta occulta» di Henderson nei confronti di innocenti bambini, e addirittura animali! Chissà come si sarebbe scatenata la fantasia morbosa nel solco della più torbida propaganda «anti-sette».

Fortunatamente, in quel piccolo paesino del Nord Europa non vi erano estremisti «anti-sette» e così quelle persone non hanno dovuto subire una sorte tragica come quella degli inesistenti «Angeli di Sodoma».

Ciò nonostante, non si può mancare di osservare come la psicosi rispetto ai presunti «culti distruttivi» (che qui in Italia viene alimentata costantemente, quasi giornalmente) abbia comunque prodotto danni non solo rovinando a una mezza dozzina di persone una scampagnata fra amici (senza contare i finestrini in frantumi), ma anche e soprattutto mettendo in allarme un’intera comunità per un pericolo inesistente.

mercoledì 11 aprile 2018

Contributo esterno - Fake news e media ufficiali, una strana coppia

Pubblichiamo questo breve ma interessante contributo, forse un po' «fuori tema» rispetto alla linea del nostro blog, perché lo riteniamo meritevole di attenzione in quanto stimola delle riflessioni importanti su aspetti delicati del variegato mondo dell’informazione in Italia.


domenica 8 aprile 2018

Toni Occhiello: e le sue «notizie» allarmanti (ma fasulle) e razziste

Ci è capitato sott’occhio questo interessante e curioso commento di Toni Occhiello, che risale a Martedì scorso (3 aprile):


Siccome nessuno fra noi che gestiamo e curiamo il blog ha una competenza o una conoscenza sufficientemente approfondite della cultura nipponica, ci siamo presi un po’ di tempo per verificare queste informazioni, insospettiti da vari elementi che proprio non ci quadravano.

Ci siamo affidati a dei pareri che abbiamo potuto raccogliere da figure che riteniamo qualificate, ossia persone che hanno vissuto molti anni (decenni) in quella nazione stabilendo rapporti culturali e commerciali con la popolazione giapponese, oppure che l’hanno studiata a livello accademico per molto tempo approfondendone i lati più riposti.

Di due in particolare (che preferiamo restino anonimi onde evitare ritorsioni ai loro danni, visti i comportamenti che abbiamo denunciato proprio ultimamente) riportiamo qui di seguito una sintesi del responso. Il primo dei due interpellati è docente universitario presso un ateneo della capitale, orientalista e profondo conoscitore della società giapponese presso la quale ha soggiornato per otto anni; il secondo è referente di una stimata associazione culturale italo-nipponica, laureato in lingue e letterature orientali, ha vissuto in Giappone per ben otto lustri ed è stato decorato dal Consolato Generale del Giappone a Milano con un’onorificenza «per l’impegno profuso nella promozione della comprensione e conoscenza del Giappone in Italia».

Segue il sunto dei loro pareri.

Nell’atteggiamento dei giapponesi nei confronti di chi è diverso, disabile o sfortunato non si nota qualcosa di granché differente da quello che si può riscontrare presso altri popoli.

Per fare un esempio, presso un’azienda manifatturiera di Kyoto (la «Taiyo no ie - Omron») lavorano circa 150 disabili anche gravi e alcuni di loro gestiscono funzioni importanti della fabbrica; in quello stabilimento è esposto un motto che così recita: «No charity but an opportunity», ossia «Non la carità, ma un’opportunità».

L’atteggiamento nei confronti degli stranieri da parte del popolo giapponese è vario, spesso fatto di curiosità, ma sempre improntato alle buone maniere anche con gli occidentali. Certamente vi sono frange della popolazione maggiormente caratterizzate dal nazionalismo, come d’altronde avviene in tutto il mondo.

Non si registrano lanci di banane verso i pullman: se Toni Occhiello potesse documentare quanto riferisce, sarebbe cosa assai gradita: difficile pensare che un episodio tanto eclatante non abbia lasciato il segno su qualche giornale o rivista o da qualche parte in Internet.

Si pensi che per le strade delle grandi città è difficile trovare un mozzicone di sigaretta o una cartaccia per terra, figurarsi delle bucce di banane.

Anche linguisticamente parlando, il commento di Occhiello è una mistificazione: la parola «gaijin»
(non «ganjin») vuol dire semplicemente «persona di fuori», quindi forestiero o straniero, ed è una contrazione di «gaikokujin» (termine più neutro) mentre «gaijin» ha effettivamente un’accezione  che si può considerare anche offensiva (infatti si tenderebbe a privilegiare il vocabolo «gaikokujin» nei normali rapporti civili).


Parimenti, «scimmia» in giapponese si dice «saru»
non «ganjin».

Si tenga conto che i visitatori stranieri in Giappone stanno aumentando vertiginosamente: anche gli italiani nel solo mese di febbraio 2018 sono aumentati dell’8% e sarà facile raggiungere i 40 milioni di visitatori stranieri per il 2020, anno delle Olimpiadi di Tokyo.

In merito poi all’interpretazione data da Occhiello del concetto di karma, non si può che definirla fuorviante e riduttiva, e tutt’al più una spiegazione di quel genere la si potrebbe collegare alle dottrine dell’India, non certamente al Giappone.

Quanto è attendibile Toni Occhiello? Impossibile non domandarcelo in considerazione di tutto il materiale sul suo conto riportato nel presente blog.

Quanto è attendibile l’AIVS?

venerdì 6 aprile 2018

Offese, insulti e minacce: gli «anti-sette» di AIVS e CeSAP usano metodi intimidatori?

A quanto pare stiamo proprio colpendo nel segno.

Le reazioni scomposte, scurrili e rabbiose degli «anti-sette» (in particolare Toni Occhiello e Lorita Tinelli) dicono molto sul timore che sembrano avere della verità che a poco a poco, di volta in volta, sveliamo sul loro conto.

Senza mai travalicare il limite del lecito e sempre mantenendoci nei canoni di civile diritto di espressione e di critica, continuiamo con il compito che ci siamo dati di accendere i riflettori sul controverso mondo degli «anti-sette».

Inutile commentare le molestie che stiamo ricevendo, più significativo invece documentarle in maniera puntuale.

Gli attacchi «ad personam» contro Mario Casini (peraltro già registrati in precedenza) e contro il nostro blog riprendono alcuni giorni fa come mostra il seguente post di Lorita Tinelli che prende di mira uno dei nostri ultimi:


Nei commenti a questo post, si leggono affermazioni gravi ed accuse nei confronti di Mario Casini che si potrebbero ritenere calunniose dal momento che lo tacciano di reati che non ha commesso:


In contemporanea, a cavallo della Pasqua, avvengono fatti strani sui nostri account, sia e-mail sia Facebook e anche nella piattaforma di amministrazione del blog; a tutt’oggi vi è un post nel quale non riusciamo a recuperare delle immagini che riportano affermazioni pubbliche di Lorita Tinelli (guarda caso!). Un piccolo esempio:


Ovviamente non abbiamo elementi concreti per poter attribuire tali fatti a qualcuno, ma non possiamo fare a meno di notare che hanno tutta l’aria di essere opera di qualche hacker.

Le ostilità si intensificano poi con quest’altro post di Toni Occhiello, con cui comincia anche l’intimidazione:


Raggiungono livelli dell’offesa personale e dell’ingiuria da parte di Toni Occhiello, peraltro un suo modus operandi consolidato come si è più volte documentato in questo stesso blog (vedere ad esempio qui e qui).

Giudichino i lettori questo commento (ora rimosso) di Occhiello sul profilo «Google+» di Casini:


Per non parlare di quest’altro, che è proprio di oggi, arrivato poco fa al blog:


Forse Occhiello pensa che scrivere parolacce in Inglese ne riduca la cifra offensiva; qualcuno dovrebbe spiegargli che non funziona esattamente così.

Poi ci accusano di fare «dossieraggio»: uno sproposito totale, se si tiene conto che le informazioni pubblicate in questo blog sono per lo più pubbliche e per la maggior parte vengono diffuse (o strombazzate) proprio dagli stessi «anti-sette»! Ci limitiamo ad esaminarle e a ragionare pacatamente al riguardo.

Chi invece sostiene di detenere degli «archivi» sui suoi nemici (presunti, reali o immaginari che siano) è proprio Occhiello! Si legga qui:


Addirittura «archivi» (con la «A» maiuscola!) riguardo ai loro «affari»: il che ha tutta l’aria di avere a che fare con informazioni riservate; questo, sì, caso mai, che si potrebbe ipotizzare essere «dossieraggio». Senza contare le vanterie degli «anti-sette» sulle loro operazioni di infiltrazione presso questo o quel gruppo religioso.

Come si potrebbe definire una tale condotta? A noi viene in mente solo un termine adatto: «intimidazione»; e leggendone il relativo lemma sul vocabolario Treccani, riteniamo di aver colto nel segno.

Insomma: AIVS, CeSAP e FAVIS sembrano schierati tutti assieme per osteggiare questo blog e farlo censurare. Non è da escludere che ci riescano, anche entro breve tempo, vista la compiacenza a loro favore da parte di taluni funzionari pubblici.

Inutile domandarci il perché, è fin troppo evidente che cercano di tapparci la bocca, da tempo.

E dire che noi abbiamo sempre fatto il contrario: li abbiamo invitati a fornirci spiegazioni o chiarimenti, a confrontarsi con noi, a motivare il loro operato. Tutto inutile.

Al lettore il quesito: è lecito un simile comportamento da parte degli «anti-sette»?

Sono forse metodi intimidatori? Sono forse minacce?