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mercoledì 10 aprile 2019

Business «anti-sette»: allarmismo prezzolato a conduzione familiare

di Epaminonda 


QUANDO LE “SETTE” DIVENTANO UN AFFARE DI FAMIGLIA


C’è chi specula sul terrorismo, sulla paura o sull’insonnia.

C’è chi invece cerca di arricchirsi inventando fenomeni sociali che non esistono: le presunte “sette”.

Ma Armando Piccinni e la sua socia Donatella Marazziti, entrambi psichiatri, non si fanno mancare niente.


Li troviamo quindi a pontificare su ISIS, sulle patologie del sonno, sul timore del rapporto amoroso e, più recentemente, sulla manipolazione mentale e “settaria” (concetti, questi ultimi due così formulati, già di per sé piuttosto discutibili sotto il profilo accademico).

Viene da chiedersi come tanta conoscenza, su temi tanto diversi, possa coesistere in due sole persone relativamente sconosciute, e come la loro esperienza antiterroristica e su numerosi altri campi sia passata sinora inosservata e rimasta confinata a qualche conferenza periferica nella provincia di Lucca.

Del resto, non ce ne meravigliamo: quando non si sa che pesci pigliare, si sguazza per non affogare. Si getta la lenza a casaccio nella speranza vana che qualcuno abbocchi. Si prendono a prestito le tecniche dei venditori ambulanti sulla spiaggia della vicina Viareggio: anch’essi spesso impegnati a proporre cose che nessuno vuole e di cui non c’è alcuna necessità.

Ma con l’ISIS ormai sconfitto (peraltro, sicuramente senza l’apporto dei due psichiatri lucchesi), con il sostanziale fiasco in materia d’insonnia e di pratiche amorose, la coppia Piccinni-Marazziti doveva necessariamente trovare un nuovo sbocco per evitare l’oblio definitivo.

Ecco quindi affiorare la “manipolazione mentale” e il rianimando “reato di plagio”, ma questa volta scende in campo anche la figlia dello psichiatra, Flavia Piccinni, autrice del libro Nella setta, di cui si è già ampiamente parlato in questo blog (qui, qui, qui, qui e qui, ma prima ancora qui anticipando di diversi mesi il lancio editoriale).



E spunta anche un nuovo convegno, sempre organizzato dalla “Brain Research Fondazione Onlus” creatura di Armando Piccinni (che ne è presidente), e di Donatella Marazziti (responsabile delle ricerche, con un passato giudiziario tutto da scoprire). Si tratta di un’organizzazione che contiene solo loro due e che finora (per quanto è dato conoscere) non ha realizzato nulla di concreto dopo la sua nascita nel 2015, se non (presumiamo) degli introiti per i suoi soci.

La sede del nuovo incontro settario, che si terrà fra qualche giorno, è sempre Lucca, dove la BRF vive e dove ha organizzato gran parte dei suoi precedenti rendez-vous.

Il titolo del seminario è: “Organizzazioni settarie e manipolazione mentale”, costa 40 euro e offre solo 5 crediti formativi per i medici che vi parteciperanno, oppure 3 crediti formativi che l’Ordine degli Avvocati di Lucca ha messo a disposizione ai propri iscritti, presumibilmente nella speranza di racimolare ulteriori partecipanti.

Ma basta guardare il sito istituzionale di BRF per capire che si tratta di un netto passo indietro rispetto al passato, nella logica del “non c’è limite al peggio”.

Scopriamo infatti che in 4 anni di vita la BRF ha organizzato solo due convegni con crediti formativi e a pagamento. L’altro risale al 2017 e porta il titolo “Il sonno: la fisiologia, il significato evoluzionistico, i disturbi, le patologie associate”. Concedeva 10 crediti formativi e costava 122 euro. La presentazione indicava pure che erano attesi 50 partecipanti, i quali evidentemente non si sono presentati perché la pagina non è stata aggiornata e non c’è un dato consuntivo nemmeno a due anni di distanza dall’evento.


Perciò, a giudicare dalle valutazioni della stessa BRF, le ipotetiche “sette” valgono meno della metà dell’insonnia e forse il convegno sulla manipolazione mentale chiude il cerchio proponendosi come alternativa soporifera per chi non riesce a dormire.

Ma cerchiamo d’intravedere lo stile di questa strana coppia, ora diventata trio con l’arrivo di Flavia Piccinni, e attingiamo alle perle di saggezza che ci hanno dispensato sinora.

Cominciamo dalle origini e dal comunicato stampa pubblicato nel 2015 su InSalute al momento della fondazione di BRF Onlus.


Scopriamo che tutto comincia con un braccialetto contro la depressione (forse uno di quelli venduti sulle spiagge viareggine?). Un prototipo che Armando Piccinni si apprestava a sperimentare per 6 mesi nello studio del disturbo bipolare. Addirittura la fondazione avrebbe rilasciato anche un’app per interagire con il braccialetto. Piccinni spiegava che: “La ricerca nell’ambito della psichiatria e delle neuroscienze ha sempre bisogno di nuove energie, umane ed economiche” riferendosi sicuramente ai fondi che sperava d’intascare insieme alla Marazziti con questa “Buffonata” nella migliore tradizione lucchese.


Ma del braccialetto e dell’app si perde traccia: forse venduti insieme a qualche collanina?

Nel frattempo la BRF non fa altro che riportare attività di ricerca condotte da altri psichiatri esteri o italiani sui temi più disparati e demenziali. Attività alle quali però BRF non sembra partecipare affatto. Occorre aspettare fino al 2016 (convegno sull’ISIS) prima che la BRF scenda di nuovo concretamente in campo (per così dire).

Leggiamo la presentazione di Armando Piccinni: “Il mondo Occidentale si è trovato all’improvviso nel mezzo di una guerra contro un nemico invisibile”.

Personalmente non credo che questo concetto d’invisibilità sarebbe granché condiviso dai soldati che hanno affrontato ISIS sui campi di battaglia. Ma Piccinni è confuso e lo ammette immediatamente nel seguito della presentazione:

 

Insomma, nella sua testa vorticano pensieri confusi e sconnessi che lasciano intravedere una profonda confusione mentale destinata a compromettere l’esito del convegno come pure le sorti della BRF stessa. Non a caso il seminario era gratuito e non prevedeva alcun credito formativo.

Dopo l’incursione fallita nel territorio dell’ISIS, lo vediamo successivamente impegnato insieme alla Marazziti in un seminario che s’intitola: “Non ho paura”. Immaginiamo che si tratti di un commento in quanto sopravvissuto alla minaccia terroristica, ma ci sbagliamo.

In questo seminario non hanno neanche provato a chiedere il versamento di una quota d’iscrizione e a riconoscere crediti formativi. Bensì leggiamo nella presentazione: Armando Piccinni e la Responsabile Ricerche Donatella Marazziti - si occuperanno di formare i partecipanti rispetto a un tema trasversale e di crescente importanza: la gestione del sé rispetto agli altri, e nello specifico rispetto al rapporto amoroso. Un argomento complicato che influenza in modo innegabile la vita di tutti noi”.

La farneticante dissonanza tra il titolo e lo sviluppo dell’argomento non lascia presagire nulla di buono. In effetti anche questa iniziativa è l’ennesimo buco nell’acqua con la solite cifre campate per aria:


E quindi prosegue:


Insomma, secondo Armando Piccinni tutte queste persone soffrono di disturbi psichiatrici di qualche tipo, che non riguardano unicamente la vescica e la necessità di andare in bagno nel mezzo della notte, ma ben altre più funeste ramificazioni.

La fonte di questa “ricerca” è la EuroDap, vale a dire un’altra onlus che si dedica al Disturbo da Attacchi di Panico. Che c’entra con l’insonnia, non è dato saperlo e scommetterei che non lo sappia nemmeno la “strana coppia”.


Abbiamo cercato sul sito di EuroDap lo studio menzionato da Piccinni e non l’abbiamo trovato, in compenso abbiamo trovato “7 italiani su 10 hanno cambiato abitudini” (senza nessun tipo di informazioni su metodologia e natura dello studio) oppure “9 su 10 nascondono il cellulare a partner e amici” e qui scopriamo che si tratta di un sondaggio online tra uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 60 anni. Insomma, il tipo di sondaggio che potrebbe essere condotto da una rivista scandalistica alla caccia di titoli senzionalistici e senza alcun fondamento (il che non può non ricordare la “pseudoscienza antisette” di cui si parla in questo blog, ad esempio qui o qui).

Come lo sono le affermazioni di Armando Piccinni che prosegue:


Quindi due bambini su dieci sono sonnambuli, mentre chi non riesce a dormire è praticamente un malato di mente. Naturalmente anche questo nuovo tentativo fa fiasco e dopo il flop dell’insonnia, la BRF doveva avere disperatamente bisogno di un’ultima spiaggia per accaparrarsi un po’ di popolarità e scucire qualche decina di euro a tot dozzine di persone.

Forse è proprio per questo che gli improvvisati “esperti” di sociologia, religioni e spiritualità si sono inventati  un’altra statistica campata in aria, gli sbandierati 4 milioni di italiani che farebbero parte di una presunta “organizzazione settaria”. E mette a punto un programma demenziale che non manca di fare pubblicità al libro di Flavia Piccinni.

Considerando i precedenti imbarazzi della BRF, temiamo che sarà l’ennesimo tonfo a cui parteciperanno i soliti “adepti” dell’antisettarismo italiano e della psichiatria di retroguardia che ancora esiste nel nostro Paese.

Nel frattempo confidiamo che Armando Piccinni riesca a trovare i braccialetti smarriti nel 2015.

giovedì 27 dicembre 2018

Pseudoscienza «anti-sette»: propaganda sul «reato di plagio» e cifre contraddittorie

Da alcuni mesi, con un’intensità asfissiante, ha ripreso la roboante propaganda mediatica contro la spiritualità «alternativa», astutamente e subdolamente ridefinita con la solita terminologia allarmistica («sette», «culti distruttivi», «gruppi abusanti»). Tale campagna sta proseguendo dall’inizio di novembre con la pubblicità martellante di «Nella Setta», il libro dei due giornalisti «anti-sette» Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni sostenuto a spada tratta dalle (solite) CeSAP, FAVIS, AIVS, le controverse associazioni impegnate nella loro guerra personale ai nuovi movimenti religiosi e consulenti (assieme a don Aldo Buonaiuto) della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) oltre che referenti italiane della discussa organizzazione europea FECRIS.

Lo scopo di costoro, a parte l’ovvio ritorno economico dalle vendite del libro, è far ripristinare l’incostituzionale «reato di plagio» (di epoca fascista) alias «manipolazione mentale», con l’evidente obiettivo di attirare business alle attività private degli psicologi coinvolti plasmando a proprio uso e consumo la categoria della «vittima di plagio mentale» così da poter poi essere «titolati» a somministrare trattamenti e terapie, a fornire consulenze, a gestire centri di ascolto, ecc., il tutto possibilmente finanziato dallo Stato. Un giro d’affari che è già consistente oggigiorno e potrebbe diventare alquanto considerevole in futuro a patto che, data la lampante pochezza delle basi su cui si fonda, venga reso «credibile» agli occhi di politici e amministratori della cosa pubblica.

In due paragrafi abbiamo così condensato una spiegazione chiara e difficilmente confutabile della vera ragione alla base della propaganda mediatica contro la spiritualità «alternativa». Forse qualcuno la criticherà quale sintesi un po’ troppo semplicistica, date la quantità e la qualità dei fattori in gioco nell’equazione. Eppure, vi è una marea di elementi a supporto di tale ragionamento (la gran parte dei quali abbiamo sottolineato e raccontato nel nostro blog a mano a mano che li raccoglievamo); tant’è che più si osserva tale scenario, più se ne colgono conferme.

Insomma, la nostra più che un’ipotesi è una semplice rilevazione e lettura dei fatti; prova ne è che gli «anti-sette», quando vengono sollecitati a fornire delle spiegazioni o a rispondere a chi li critica, raramente entrano nel merito e (se mai lo fanno) non portano argomentazioni concrete preferendo spostare altrove la discussione; ben più frequentemente si lanciano in invettive, attacchi ad hominem ed intimidazioni, comportandosi esattamente secondo le modalità di un «settarismo» che essi attribuiscono proprio ai movimenti di cui sostengono di «denunciare gli abusi».

La tanto strombazzata «emergenza sette» altro non è se non un allarmismo voluto e organizzato (di fatto al limite del «procurato allarme»), condotto sempre dallo stesso gruppo di individui, che sta fuorviando un’istituzione della Repubblica (la «Squadra Anti-Sette») ponendola ai margini della Costituzione. Ciò produce profitto per gli esponenti «anti-sette» in termini di clienti per le loro attività professionali, di visibilità mediatica e reputazione, di compensi per partecipare a trasmissioni in qualità di presunti «esperti», di conoscenze altolocate, ecc.

Vantaggi e guadagni che vengono realizzati grazie a mistificazioni e menzogne, oltre che su veri e propri abusi perpetrati ai danni di individui e movimenti.

Osservando con attenzione le ultime uscite degli «anti-sette» sui media, in particolare per la réclame di «Nella Setta», si osservano le clamorose incongruenze delle grottesche teorie sulla base delle quali costoro dovrebbero ricevere finanziamenti pubblici e credito da parte dello Stato.

Come abbiamo detto poc’anzi e come abbiamo relazionato in diversi post precedenti, l’operato degli «anti-sette» non ha solo condotto in errore più di un magistrato finendo per mettere ingiustamente alla gogna un gran numero di cittadini con processi farsa e assoluzioni giunte troppo tardi (quando ormai i malcapitati erano stati massacrati dalla macchina del fango); le loro campagne mediatiche sono state e sono tutt’oggi fuorvianti per la Polizia di Stato.

Sentiamo ad esempio cosa si lascia sfuggire Alfredo Fabbrocini, un agente della «Squadra Anti-Sette» che ultimamente è apparso più volte in TV al fianco di Flavia Piccinni e di don Aldo Buonaiuto, qui a «Sky TG 24» il 13 dicembre scorso:


In un passaggio al minuto 10’26”, il poliziotto Fabbrocini afferma chiaramente che «le attività investigative non sono tantissime sull’argomento»! Questo è già un indizio quanto mai evidente che non esiste alcun «allarme sette» e che è necessario un continuo battere di grancassa sull’argomento perché qualcuno possa cominciare a crederci.

Ci si aspetterebbero delle statistiche precise, comprovate e documentate, visto che si sta cercando di influenzare l'esistenza di movimenti religiosi e di leader spirituali che raccolgono centinaia di migliaia di fedeli in tutto il paese. Al contrario, senza alcun rispetto per le credenze di quei cittadini, gli «anti-sette» e giornalisti compiacenti sparano cifre a mo’ di «Lascia o raddoppia?», come in questo spezzone della trasmissione «Siamo Noi» andata in onda su TV2000 il 9 novembre scorso proprio per favorire il lancio sul mercato del libro «Nella Setta»:


Restiamo allibiti di fronte a quel «(…) quindi facciamo almeno per due, diciamo… a occhio» di Massimiliano Niccoli: ma sì, che importa se queste cifre poi vengono adoperate per mandare al rogo qualche nostro concittadino? Raddoppiamo, e «allegria, amici ascoltatori»!

Stendiamo un pietoso velo sul pressappochismo e la becera superficialità di certi fanfaroni, e cogliamo il fatto ovvio e inconfutabile dietro alla cortina fumogena: il (presunto) dato statistico è ancora quello delle «cinquecento sette», una cifra completamente autoreferenziale messa in dubbio persino da chi l’ha propinata ripetutamente sui media nazionali di mezza Italia fino a quando non è diventata il dato «di riferimento».


Di questa clamorosa ammissione di incompetenza abbiamo parlato in uno dei post dedicati allo strabiliante webinar tenuto dalla psicologa «anti-sette» Lorita Tinelli, sottolineandone il paradosso.

In quello stralcio, la Tinelli dice chiaramente che le statistiche accampate dal suo «centro studi» sono basate sulle «richieste di aiuto» che essi asseriscono di ricevere (di nuovo, totale autoreferenzialità).

Teniamo conto che don Aldo Buonaiuto, in ottobre 2016, aveva affermato di non essere in grado di quantificare il fenomeno:


Eppure lo stesso don Buonaiuto, nell’inquietante convegno tenutosi a Roma il 9 novembre scorso (preludio alla campagna pubblicitaria di «Nella Setta») ha fornito dei numeri completamente discrepanti: (testuali parole, dal minuto 1h50m55s della registrazione) ha detto  di aver «incontrato e parlato con oltre quattordicimila persone dal 2002 a oggi» tramite il suo «numero verde anti sette» e di averne «incontrate solo quest’anno 1.403»(millequattrocentotré). Cifre, queste, confermate più di recente nella succitata trasmissione di TV2000 al fianco di Flavia Piccinni. Naturalmente, Buonaiuto non fornisce alcun dettaglio per chiarire di che genere di «incontri» si tratti e di cosa abbia «sentito» nelle telefonate che li avevano preceduti. Quando lo aveva fatto (undici anni or sono), era risultato completamente inattendibile.

Ma restiamo ancora più sbalorditi di fronte alla cifra dichiarata dal prete inquisitore, che in quel convegno sostiene addirittura di essere «arrivato ad individuare circa 8 mila gruppi in Italia, più o meno organizzati».

E di che gruppi stiamo parlando? Quale genere di associazionismo (diritto costituzionalmente garantito) gli «anti-sette» stanno chiedendo alla Polizia di Stato di prendere di mira con tale «stigma»? Sentiamolo direttamente dalle parole del vicequestore aggiunto Alfredo Fabbrocini:


Dunque, stando alla definizione di questo rappresentante della «Squadra Anti-Sette», si deve considerare «setta» una «organizzazione che si [ri]unisce per motivi che possono essere religiosi filosofici». Il che, probabilmente, congloba diversi milioni di cittadini devoti di questa o quella religione o corrente spirituale.

Siamo così di fronte a una drammatica, inquietante deriva liberticida della Repubblica, propiziata da qualche piccolo gruppo di militanti e fomentata dai racconti sensazionalistici di alcuni apostati «ben» selezionati: gli stessi che qua e là hanno espressamente parlato di «guerra alle sette» e comunque la conducono di fatto, gli stessi che fanno l’occhiolino alle politiche repressive violente attualmente in atto in Cina, gli stessi che diffondono intolleranza e «fake news» dai loro profili Facebook e dai loro siti Internet.

Cui prodest?

La risposta la forniscono loro stessi, gli «anti-sette»: i giornalisti Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni (suo stretto collaboratore nonché fidanzato, sebbene essi curiosamente non rivelino mai tale «segreto di Pulcinella») cavalcano il fenomeno commerciale del loro libro così come aveva fatto esattamente un anno prima la soubrette Michelle Hunziker, dei profittatori come Mauro Garbuglia si fanno réclame e aprono nuove attività, mentre uno psicologo quale Luigi Corvaglia porta acqua al proprio mulino e si promuove come consulente o analista per le presunte «vittime»:



Pertanto, quando sosteniamo che si tratta di un business artefatto e costruito alle spalle di persone innocenti sfruttando la credulità popolare tendenzialmente sospettosa nei confronti del «diverso», lo facciamo perché sono gli stessi «anti-sette» a fornirci elementi e prove cogenti di ciò.

A tal punto si spinge la sete di denaro o di potere di costoro?

lunedì 17 settembre 2018

Propaganda «anti-sette» e pseudoscienza: il caso di Rita Sberna

di Mario Casini

Nel nostro penultimo post si era citata en passant Rita Sberna, una blogger (non giornalista) siciliana, nemmeno trentenne, che si presenta anche come scrittrice e conduttrice radio-televisiva. Nata a Catania e vissuta in provincia di Caltanissetta, due anni fa la Sberna si è accasata a Roma e lì risiede tuttora.

Nella sua presentazione autobiografica (dettagliata ma sfortunatamente non scevra di inesattezze linguistiche, fattore purtroppo ricorrente nei suoi scritti), Rita Sberna sostiene di aver fissato fra i propri obiettivi «far conoscere l’amore di Dio attraverso la condivisione delle esperienze e della fede di ognuno». Non è chiaro, tuttavia, come tale proposito (innegabilmente nobile) s’intoni con la propaganda di odio degli «anti-sette» a cui lei dà spazio sui propri siti Web: seguendo la sua «logica» l’amore immenso, incomparabile ed incondizionato di Gesù Cristo sembra dover essere riservato solo a una quota della popolazione, mentre altre centinaia di migliaia di persone «colpevoli» di perseguire una differente religiosità non dovrebbero godere né della considerazione né tantomeno della misericordia divina.

E pensare che proprio una correligionaria di Rita Sberna, nonché esponente «anti-sette», Giovanna Balestrino (rappresentante piemontese del GRIS), un po’ incoerentemente inneggia alla pace fra la gente citando il Santo Padre (salvo poi organizzare convegni in cui le minoranze religiose non cattoliche vengono messe alla berlina ed accusate delle peggiori nefandezze):


In un primo momento, comunque, mi ero formato l’idea che Rita Sberna fosse tutto sommato in buona fede e fosse solo una delle molte vittime della manipolazione di informazioni e «notizie» ad opera degli «anti-sette» e che quindi, aizzata dagli effetti della propaganda contro la spiritualità anticonformista, avesse preso a ciarlare di «satanismo» e di «sette pericolose» reduplicando gli anatemi del prete inquisitore don Aldo Buonaiuto, referente privilegiato della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).

La sistematica censura dei miei commenti sulle sue pagine Web, però, mi ha indotto a dare un’occhiata un poco più approfondita al pittoresco personaggio di Rita Sberna e mi ha consentito di scoprire che ero in errore. Ecco infatti un mio commento che non ha mai visto la luce e probabilmente mai la vedrà:


Con le pive nel sacco, ho curiosato un po’ e ho trovato questo post:


Secondo quanto Rita Sberna afferma nel suo post, ad un sacerdote cattolico «ben preparato sull’argomento (meglio se esorcista)» oppure a «un gruppo di preghiera carismatico» dovrebbe spettare il compito di stabilire se uno o più dei seguenti «sintomi» siano da attribuire al fatto di aver ricevuto un «maleficio operato tramite fattura». Ecco parte della lista: «impressione di freddo sul petto o sulle spalle, senso di soffocamento, palpitazioni cardiache, sensazioni di puntura alla nuca, allo stomaco, vicino al cuore, a volte sensazione di bruciori, contrazioni dolorose alla testa, in certi periodi e prevalentemente alla sera, angosce immotivate (…), dimagrimento senza motivi apparenti, (…), sensazioni di sfinimento senza motivo, perdita di energia, fatica o angoscia nell’alzarsi dal letto la mattina, (…) ripetuti impulsi suicidi, (…) impressione di essere costantemente osservati e spiati», e parecchi altri.

Curioso (se non grottesco) il «disclaimer» introdotto appena prima dell’elenco della presunta sintomatologia: «Ribadendo che per ogni problema è sempre necessario consultare prima il medico ed effettuare le opportune visite specialistiche, possiamo elencare i sintomi (…)». Pare quasi una frase posticcia, inserita in un secondo momento su consiglio di qualcuno, siccome il verbo «ribadire» presupporrebbe che si fosse affermato qualcosa in precedenza, che invece non è stato affatto specificato; al contrario, nell’argomentazione iniziale viene detto esattamente l’opposto.

Mi domando se sintomi come bruciori, contrazioni alla testa, dimagrimento, sfinimento, soffocamento e palpitazioni cardiache non siano di precipua competenza di un medico, e se impulsi suicidi, angosce immotivate e sentirsi osservati non debbano essere sottoposti ad uno specialista. Dovrebbero, a meno che non si voglia incorrere in un’accusa di esercizio abusivo della professione medica. Invece Rita Sberna sostiene a più riprese che il «discernimento» di tali manifestazioni (inequivocabilmente denominate «sintomi psicologici o fisici») dovrebbe essere svolto «con un sacerdote o un gruppo di preghiera».

Come mai, di fronte a tali affermazioni, non insorgono gli «anti-sette» come Sonia Ghinelli di FAVIS sempre molto attenti a criticare le medicine alternative (ovviamente mai mancando di etichettarle spregiativamente come «pseudo cure» e via dicendo)?


Forse la sintomatologia snocciolata da Rita Sberna ha a che vedere con le «sette psicoterapeutiche» cui fumosamente fa accenno Lorita Tinelli del CeSAP, (corrispondente italiana della controversa sigla franco-europea FECRIS)?


Quasi quasi mi tornano in mente le dissertazioni pseudo-scientifiche proprio della Tinelli nel suo fantasmagorico webinar del 18 aprile scorso, fra cui in particolare questa che certamente la psicologa pugliese avrebbe affibbiato al sibillino discorso di Rita Sberna:


domenica 8 luglio 2018

Aggiornamento breve - contraddizioni «anti-sette» su fede e guarigione

È ben noto che la principale occupazione giornaliera degli esponenti «anti-sette» italiani consiste nel pubblicare, diffondere e ritrasmettere notizie (la cui attendibilità spesso solleva dubbi) che possano contribuire a consolidare nella gente un’opinione ostile nei confronti dei nuovi movimenti religiosi.

Fra i diversi soggetti spesso adoperati da costoro per collegare (talvolta con salti logici notevoli) le minoranze religiose con fenomeni che destino preoccupazioni (o timori o indignazione) vi è la medicina e la guarigione.

Ci domandiamo, quindi, perché referenti ufficiali di associazioni «anti-sette» come Sonia Ghinelli da un lato portino avanti l’accostamento (del tutto indebito) spiritualità alternativa = pseudoscienza medica, e dall’altro non intervengano per gridare allo scandalo quando una loro collega come Giovanna Balestrino (esponente piemontese del GRIS) propala un post di questo genere:


Ovviamente, nulla a che dire da parte nostra sulla potenza della fede e sull’eventuale fatto storico dell’avvenuta guarigione. Tuttavia, è lampante che nella notizia pubblicata dalla Balestrino e nel suo commento alla stessa viene portato avanti un diretto collegamento fra l’influenza della fede del malato in questione e il recedere della sua malattia.

Ciò su cui ci interroghiamo, dunque, è perché Sonia Ghinelli, Lorita Tinelli o Luigi Corvaglia non insorgano additando la Balestrino come fautrice di una «pseudoscienza medica», come fanno in altri casi.

Questo, per esempio, di aprile 2017:


Si noti come vengono sapientemente (e maliziosamente) assimilate le «pseudo-cure» e le «sette abusanti» per identificare artificiosamente il pericolo fisico allo stigma nei confronti della spiritualità di minoranza.

Non è affatto un post isolato, ve ne sono molti altri. Come questo, di fine maggio 2017:


O anche quest’altro, del 22 settembre 2016:


Qui addirittura inneggia a un inasprimento delle sanzioni a carico di chi abusa della professione medica: nulla da eccepire, ma l’avrà spiegato alla Balestrino, che di professione fa proprio l’avvocato?

L’avrà spiegato anche ai suoi colleghi «anti-sette» fautori dell’esorcismo, della stessa sponda della Balestrino, particolarmente intransigenti nei confronti di tutto ciò che non è rigorosamente cattolico?


Due pesi, due misure: questo sembra il modo di ragionare costante degli «anti-sette».

sabato 26 maggio 2018

La propaganda «anti-sette» ha realmente una finalità di lucro?

Torniamo su uno degli ultimi temi trattati, riprendendo il discorso cominciato dal nostro Mario Casini appena una settimana fa nel suo post su Luigi Corvaglia del CeSAP e il movente economico degli «anti-sette».

Sono trascorsi solo pochi giorni dalla conferenza di cui relazionava quel post, ed ecco pervenire una inequivocabile conferma, tanto spettacolare quanto inquietante, che la riflessione di Casini era sostanzialmente sensata e ben motivata.

Tale conferma arriva mediante l’ennesimo articolo di grana grossa, scritto da uno dei (soliti) giornalisti del circuito «anti-sette», o per meglio dire dalla sua «metà»; nello specifico, parliamo di Flavia Piccinni, compagna del Carmine Gazzanni di cui si parlava in un post precedente (ad esempio qui).


Classe 1986, da tempo la Piccinni sta cercando di affermarsi come scrittrice e reporter assieme al meglio avviato consorte, che lei stessa ha trionfalmente ed amorosamente celebrato in Gennaio scorso quando si è qualificato come giornalista professionista (dopo anni – va detto – di articoli di qualità più che discutibile smerciati qua e là per la rete ai danni delle piccole minoranze spirituali da sempre nel mirino degli «anti-sette» militanti):


Gazzanni e Piccinni hanno collaborato, fra le altre cose, alla realizzazione del controverso e ampiamente contestato servizio televisivo «anti-sette» di RAI 3 dal titolo «Io ci credo», del quale abbiamo parlato in dettaglio in precedenza:


«Tanto orgoglio e soddisfazione» per aver contribuito alla disinformazione degli italiani con una trasmissione che si è rivelata un completo fiasco in termini contenutistici ed è stata contestata non solo da esperti di movimenti religiosi e da uomini di cultura, ma addirittura dagli stessi «anti-sette»!

Perciò, ci coglie un dubbio: che la «soddisfazione» cui accenna la Piccinni sia da interpretarsi in termini finanziari? Per essere schietti: quanto denaro avranno incassato i due romantici giornalisti per una «consulenza» così «qualificata»?

Un interrogativo con il quale tuttavia abbandoniamo tale digressione e torniamo di buona lena al filone principale di questo post.

Il 18 maggio scorso esce nelle edicole il settimanale «Gioia», che con tanto di richiamo in prima pagina lancia uno dei soliti titoloni allarmistici:


I concetti sono i soliti della trita e ritrita propaganda «anti-sette»: guai a vestirsi in modo anticonformista, guai a recitare preghiere poco conosciute, guai a non seguire le ritualità di regime o a cercare una filosofia distinta da ciò che ci hanno sempre insegnato. È pericoloso, perché si finisce per essere «manipolati», dopo di che non si può più uscirne, ecc.

Come al solito, costoro ci vorrebbero tutti vestiti in divisa e allineati per fare il saluto romano al duce, come sembrava voler intendere un’esponente «anti-sette» del GRIS di cui abbiamo parlato in precedenti post sia qui che qui. D’altronde, si sa, il controverso «reato di plagio» per il quale tanto costoro battono la grancassa, faceva parte dell’ordinamento giuridico del «ventennio».

Saremo forse un po’ troppo sarcastici, ma il resto dell’articolo non aiuta certo a far salire il livello della critica.

Vediamo alcuni passaggi:


Certamente delle righe tanto patetiche (nel senso del «pathos») potranno strappare qualche lacrima al lettore che non conosce l’argomento; certamente dev’essere a quell’audience che si rivolge la Piccinni. I meglio informati, però, potrebbero solo sorridere (con amarezza) riconoscendo i fatti concreti dietro i proclami.

Le «persone e specialisti» cui accenna vagamente la giornalista sono questi, che dalla sua pagina Facebook lei stessa racconta di avere incontrato alle porte di Bari assieme al «suo» Gazzanni all’inizio di febbraio di quest’anno:

 


Lorita Tinelli sulla sinistra nella prima foto, Toni Occhiello nella seconda: ecco gli «esperti» di cui va parlando, talmente «esperti» da non essere in grado (la prima) di definire in maniera chiara e lineare che cosa sarebbe una «setta», né di adoperare (il secondo) una dialettica civile ed educata per rapportarsi con gli altri. Invece che confrontarsi con chi muove loro delle critiche, costoro reagiscono con scherno e tentativi di intimidazione, come s’è più volte (e da più parti) riferito in precedenza.

Fra gli «esperti» interpellati dalla Piccinni c’è anche Patrizia Santovecchi: un’altra figura dal passato controverso, della quale abbiamo parlato più in dettaglio in un precedente post.

Tinelli, Occhiello e Santovecchi sono «anti-sette» tutti accomunati da una stessa fondamentale caratteristica: sono tutti direttamente e profondamente influenzati da storie di apostati, oppure sono loro stessi apostati, ovvero persone che hanno professato una determinata fede per un certo tempo e poi l’hanno abbandonata

Per spiegare di che genere di individuo stiamo parlando, citiamo proprio uno dei pochi passaggi del succitato servizio di RAI 3 che, culturalmente parlando, si salva rispetto al resto delle sequenze perché riporta dei pareri autorevoli (qui il prof. Silvio Calzolari, orientalista e segretario di quella «federazione per la libertà di credo» citata dalla Piccinni):


Nel tentativo di conferire un po’ di ufficialità alla sua linea di pensiero, la Piccinni chiama in causa altri personaggi mediatici, prima fra tutte naturalmente Michelle Hunziker, la cui superficialità è stata messa in evidenza non solo sul nostro blog per la parte attinente ai nuovi movimenti religiosi, ma anche altrove per l’attendibilità alquanto discutibile della sua ricostruzione dei fatti.

C’è spazio anche per i due giornalisti «anti-sette» Stefano Pitrelli e Gianni Del Vecchio (dei quali si è detto qui e qui), che con un’ondata di autoreferenzialità arrivano a fregiarsi di essere riusciti, grazie al loro libro, a distogliere dalle loro scelte un numero non meglio precisato di devoti di movimenti religiosi. Non dicono quante persone, invece, avendo letto il loro testo o le relative recensioni, si siano convinti sempre più a portare avanti la propria fede oppure si siano interessati a questo o quel gruppo spirituale. Ma in ambo i casi siamo nell’ambito delle speculazioni, dal momento che nemmeno i due giornalisti «anti-sette» portano alcun dato verificabile e circostanziato.

Dovendo riempire la colonna, la Piccinni arriva addirittura a «riesumare» Cecilia Gatto Trocchi, una sociologa che, dopo anni di militanza contro i nuovi movimenti religiosi al fianco del GRIS e di altri «anti-sette», nel luglio del 2005 morì suicida a 66 anni dopo un periodo di conclamata instabilità mentale.

Emblematico un riquadro laterale: sapendo che nel nostro blog abbiamo cominciato a smentire (con fatti e documenti) certe favole «anti-sette», la Piccinni porta ad esempio il controverso caso di Waco (del quale pure ci occuperemo) e non parla, invece, del Tempio del Popolo, una storia solitamente molto gettonata da costoro.

A conti fatti, ben lungi dall’apportare dei contenuti propri, tutto l’articolo della Piccinni risulta essere una réclame degli «anti-sette» e dei loro «prodotti editoriali» o «servizi personalizzati»: in concreto, una sorta di spot pubblicitario finalizzato a portare clienti ai suoi amici psicologi come Lorita Tinelli o Luigi Corvaglia, piuttosto che a creare un interesse (e quindi una futura domanda commerciale) per il libro che sta scrivendo assieme al suo compagno Gazzanni, o per quello della Hunziker, o anche per le prossime trasmissioni televisive che sicuramente verranno imbastite sul tema dei «culti distruttivi».

Infatti, dulcis in fundo, ecco il «gran finale»:


Ci asteniamo dal commentare i virgolettati della Tinelli riportati in questo riquadro, perché lo fanno già egregiamente da sé, rimanendo sulla stessa linea dialettica della pseudoscienza già relazionata in post precedenti come questo o questo. Ci soffermiamo invece sulla chiusa, in cui vengono appunto pubblicizzate le associazioni facenti parte della rete «anti-sette» italiana.

Diventa, insomma, sempre più evidente che gli «anti-sette» stanno fomentando, ormai da anni, una campagna mediatica fondata su tesi di grande superficialità, su resoconti di dubbia attendibilità e in generale su una pseudoscienza che usurpa la sociologia delle religioni, sfruttando la credulità popolare e generando allarme, allo scopo di generare profitti per una ristretta cerchia di persone, vuoi con prodotti editoriali vuoi con prestazioni professionali a pagamento. Forse non sempre tale attività genera utili finanziari in senso stretto, ma comunque, porta inconfutabilmente agli esponenti «anti-sette» un ritorno di immagine, una certa reputazione e una visibilità mediatica che, di conseguenza, li conduce a una qualche forma di guadagno personale, per loro altrimenti irrealizzabile.

Va anche rilevato che sono sempre gli stessi nomi e sempre gli stessi gruppi a portare avanti la campagna propagandistica contro le minoranze religiose «non convenzionali» e a dirigere in forma organizzata le attività infamanti descritte in questo blog.

Ecco dunque il vero movente degli «anti-sette»: il lucro.

sabato 28 aprile 2018

I fatui discorsi «anti-sette»: Lorita Tinelli contro il fideismo

Ci occupiamo ancora del webinar (seminario via Internet) organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e tenuto da Lorita Tinelli in data 18 Aprile, di cui abbiamo trattato in dettaglio in un post della scorsa settimana e ne focalizziamo un punto specifico che riteniamo di particolare rilievo.

Afferma la psicologa pugliese del CeSAP (il sedicente «centro studi» sugli «abusi psicologici»):


Curiosamente, la psicologa «anti-sette» smentisce se stessa in modo alquanto clamoroso (riprendiamo qui una dichiarazione da lei resa in Senato nel 2011):


Abbiamo voluto soffermarci su questo specifico punto argomentato dalla Tinelli nel webinar, perché ci pare conduca ad un’osservazione che lascia a dir poco sbalorditi.

Contraddicendo le sue affermazioni del passato, la Tinelli parla di «atteggiamento fideistico», ossia di «fideismo», per manifestare il proprio stupore di fronte alla «adesione totale» da parte dei fedeli di gruppi religiosi (a lei invisi e stigmatizzati come «culti distruttivi») alle varie credenze, principi o dogmi emanati dai rispettivi leader. Qualcosa come «il corpo di Cristo» che si materializza nell’ostia consacrata. Ma vediamo cos’è il fideismo secondo una fonte qualificata come il vocabolario Treccani:


Va da sé che riportando tale definizione non si vuole qui esprimere un giudizio né di favore né di sfavore rispetto al fatto che una credenza possa essere nutrita sulla base di una «fede aprioristica e acritica in una determinata dottrina». Potremmo naturalmente essere di avviso completamente diverso. Così come potremmo invece professare la religione cattolica (ed essere quindi profondamente convinti dell’esistenza di Dio padre onnipotente, della validità del dogma della Santissima Trinità, e della verginità di Maria).

Entrambe le posizioni, nella Repubblica Italiana, dovrebbero godere del medesimo rispetto.

Ma a sentire la Tinelli, tale «atteggiamento fideistico» deve essere deriso e schernito in quanto caratteristica di un «culto distruttivo» che porta le persone ad una «adesione totale» alle credenze del gruppo, magari uno di quei «gruppi che non hanno una base teorica e ideologica sostenibile» (parole sue), tanto da farle concludere, retoricamente: «come si fa a credere a cose di questo genere?»

Il discorso della Tinelli non ci pare solo di un’ovvietà e di una banalità pressoché disarmanti; ci sembra anche di una superficialità e di una tendenziosità allarmanti: incita alla discriminazione su basi del tutto inesistenti.

Per essere molto schietti: come si fa a non rendersi conto di quanto sia scontato un tale concetto? I gruppi religiosi devono essere bollati come «culti distruttivi» perché i loro membri hanno un «atteggiamento fideistico» e di «adesione totale». Ma non è forse così per la stragrande maggioranza delle religioni, se non tutte?

Da quando in qua un buddista si considererebbe un buon praticante dell’ottuplice strada se la osservasse a giorni alterni o solo quando gli pare?

Come potrebbe un imam reputare un buon musulmano colui che prega due volte al mese appollaiato su una poltrona e che non si attiene strettamente alle norme morali del Corano?

Che giudizio darebbe il priore di un monastero sulla condotta di un novizio che ogni Sabato sera se n’andasse a ballare e a fare bisboccia in birreria?

Eppure nessuno di questi comportamenti avrebbe alcunché di riprensibile, in senso lato.

E gli esempi sarebbero innumerevoli.

Per riprendere un paragone cui abbiamo già fatto ricorso, l’argomentazione della Tinelli equivale a dire che i commercianti devono essere considerati fraudolenti perché praticano dei prezzi più elevati rispetto a quelli che vengono loro praticati dai fornitori. In altri termini, sono «fraudolenti» per il semplice fatto che sono dei commercianti.

Sembreranno facezie, ma non è proprio così: la superficialità del discorso della Tinelli investe il fenomeno religioso e spirituale nel suo insieme, attaccando direttamente dottrine affatto maggioritarie a partire da quella ebraico-cristiana (in tutte le sue declinazioni, dalla protestante all’ortodossa sino alla pentecostale e al geovismo) solo per citarne una.

Cioè: ancora prima che di «nuovi movimenti religiosi», la Tinelli sta parlando di «religioni rivelate», principalmente fondate sul «fideismo»:


E abbiamo voluto citare la definizione più semplice, quella appunto riportata qui sopra, solo perché non desideriamo addentrarci in problematiche ben più complesse ed articolate che hanno riempito interi trattati di grandi filosofi, a cominciare da Immanuel Kant per proseguire con molti altri illustrissimi studiosi del passato.

Insomma, verrebbe quasi da descrivere il discorso della Tinelli con le parole della stessa Tinelli:



In altri termini la Tinelli, mentre condanna il fideismo zompando a piè pari in una materia che in quanto psicologa non le compete affatto (e in cui dimostra una palese superficialità), al tempo stesso conferma la sua incoerenza rispetto a dichiarazioni rese da lei stessa solo sette anni fa in Senato.

A chi si dovrebbe credere, dunque? Alla Tinelli del recente webinar che si scaglia contro il fideismo rivolgendosi ai suoi colleghi psicologi? Oppure alla Tinelli del 2011 che si mostra garantista per ingraziarsi la Commissione Giustizia del Senato e favorire così la promulgazione di una legge sul controverso reato di plagio?

mercoledì 25 aprile 2018

Lorita Tinelli e la pseudoscienza «anti-sette»: un’esposizione sbalorditiva

Come s’era preannunciato, abbiamo seguito con grande interesse ed attenzione il webinar (seminario via Internet) organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e tenuto da Lorita Tinelli la scorsa settimana (18 Aprile).

Ne esamineremo gli aspetti che riteniamo più significativi in relazione alle tematiche trattate dal nostro blog.

Il titolo del webinar era «Sette: analisi psicologica dei meccanismi di affiliazione e affrancamento», ma l’obiettivo non esplicitamente dichiarato, come di consueto, erano per lo più i gruppi spirituali o religiosi minoritari ritenuti invisi dalla Tinelli e pertanto bollati come «sette» o «culti distruttivi» da lei e dai suoi compari di CeSAP, AIVS e FAVIS (questi ultimi peraltro corrispondenti della federazione euro-francese FECRIS e referenti privilegiati della polizia «anti-sette» S.A.S. assieme al prete cattolico don Aldo Buonaiuto).

Già all’inizio, dopo una breve introduzione da parte dell’addetto dell’ordine lombardo che ha curato l’evento (tale Dimitri Davide Baventore), il grado di competenza della psicologa pugliese in materia di religioni e spiritualità viene subito messo in mostra in maniera emblematica, mediante la sua «spiegazione» del termine «setta»:


Ci convinciamo che è stato solo l’esordio e quindi ci sarà stato un po’ di comprensibile imbarazzo iniziale.

Vediamo come prosegue:


Niente da fare, siamo ben lontani da ciò che ci saremmo aspettati: un’esposizione scientifica qualificata e corredata da appropriati riferimenti accademici: la Tinelli non va oltre al farfugliare un’etimologia e biascicare qualche indicazione frammentaria e raffazzonata.

Pazienza… però ci si domanda come si possa impostare un’ora e tre quarti di webinar su di un argomento alla cui definizione venga dedicato un minutino striminzito oltretutto in maniera tanto disorganica e imprecisa.

E sì che il termine «setta» viene spiegato molto bene sui vocabolari da «comuni mortali».

Per le problematiche legate ai «nuovi movimenti religiosi» vi sono invece libri di testo scritti da autorevoli studiosi ed esperti accademici. Basterebbe leggerli, al che si potrebbe citarli a riferimento.

Perché Lorita Tinelli non lo fa? Forse perché ciò la costringerebbe ad ammettere l’uso sconsiderato che fanno gli «anti-sette» di quella stessa parola «setta» a mo’ di stigma, appositamente studiato, al fine di generare allarmismo sociale? Chissà. Sorprendentemente la Tinelli accenna al fatto che questo vocabolo è adoperato per lo più nella sua valenza «mediatica», ma ben si guarda dallo specificare che sono proprio le figure come la sua a fomentarne un uso tanto improprio.

Qualunque sia la spiegazione di un così singolare fenomeno, ai fini della migliore chiarezza rimandiamo a un ottimo sommario scritto dalla prof.ssa Raffaella Di Marzio (esperta di religioni e spiritualità) e tuttora presente nel glossario del suo sito Internet. A onor del vero, vi sarebbero da correggere una banale tautologia sintattica nel testo oltre ad un’imprecisione semantica, ma in fin dei conti si tratta di minutaglie meramente linguistiche.

Tuttavia, proseguendo con il webinar si evidenziano degli aspetti addirittura più gravi.

Ad evento inoltrato (ore 21:45 circa) la Tinelli dichiara:


«Esistono gruppi militari o gruppi politici,
l’ideologia non è necessariamente religiosa.»

Somiglia un po’ a quell’inquietante «controllo del comportamento», caldeggiato dagli «anti-sette», che tanto sa di regime totalitarista (ne faremo cenno in uno dei prossimi post).

Addirittura, la Tinelli in un altro momento della conferenza coinvolge anche i «life coach» e assieme a Baventore cita niente meno che Anthony Robbins (ne avevamo parlato qui ed evidentemente non ci eravamo sbagliati).

Ecco così riaffiorare la propaganda «anti-sette» generalizzata contro tutto ciò che può risultare «scomodo», esattamente come si relazionava in un nostro post precedente: nessuno è al sicuro quando c’è in circolazione chi può permettersi di bollare un gruppo culturale, un partito politico o una compagnia di amici come «setta» e richiederne la persecuzione sul piano mediatico o legale.

Ma davvero sbalorditivo è come la Tinelli fa marcia indietro rispetto a delle sue dichiarazioni recenti proprio sull’entità del fenomeno o sulle statistiche da lei medesima tanto sbandierate fino a poche settimane prima sui canali nazionali.


Focalizziamo bene questo punto, perché è davvero fondamentale: la Tinelli parla ora di «dati orientativi», sostiene che «è molto difficile stabilire quante siano».

La ragione addotta dalla psicologa pugliese? è «difficilissimo raccogliere questo dato, perché i gruppi settari non hanno nella loro definizione o denominazione il termine ‘setta’» (sic!):


Riteniamo tale motivazione a dir poco traballante, oltre che palesemente antiscientifica.

Sarebbe come dire che è arduo censire i commercianti disonesti perché non espongono l’insegna «commerciante disonesto» o perché si danno denominazioni cangianti, fermo restando che il termine «commerciante» ha almeno un’etimologia e una definizione conosciuta e non fantasiosamente rielaborata o interpretata ad uso e consumo di associazioni «anti-commercianti».

Oppure sarebbe come dichiarare che è difficile calcolare quante siano le squadre di calcio in Italia perché alcune si configurano come associazioni sportive dilettantistiche, altre come professionistiche, certune si chiamano federazioni, certe altre si raggruppano come circoli amatoriali, poi ci sono le formazioni scolastiche, ecc.

Insomma, a noi pare una scusa alquanto banale: se si rappresenta un «centro studi» corrispondente di una federazione europea (FECRIS) che vanta un rapporto diretto con il Ministero dell’Interno (SAS) e che sovente sale in cattedra sul palcoscenico delle TV nazionali, è realistico che ci si arresti di fronte a ostacoli di tanto lieve entità?

Ma a poco a poco ecco emergere quello che potrebbe ragionevolmente essere il reale fine perseguito da Lorita Tinelli e dal CeSAP: il denaro.


La Tinelli esprime questo concetto della «necessità» di risorse (finanziamenti) dopo aver parlato del rapporto del Ministero dell’Interno del 1998 dal titolo «Sette religiose e movimenti magici in Italia», un documento controverso e da più parti screditato, criticato anche dal mondo accademico oltre che confutato in sede giudiziaria.

Un dossier ormai vetusto che fra l’altro non era nemmeno un vero «rapporto di polizia»! Era solo un memorandum ad uso interno del Ministero, commissionato alla vigilia del Giubileo del 2000. Quel dossier tanto opinabile e già superato all’atto della sua pubblicazione, fu fatto poi trapelare ad arte alla stampa tramite un paio parlamentari ben disposti verso quegli stessi «anti-sette» che avevano fornito le «informazioni» per redigerlo. Una mossa scaltra ma decisamente scorretta che per nulla ha giovato all’informazione collettiva.

Evidentemente la Tinelli e il CeSAP stanno pianificando di diventare dei referenti ufficiali dello Stato per poter così accedere a fondi pubblici e continuare a svolgere, ancor meglio remunerati, la loro opera di classificazione (stigma) delle minoranze religiose «non convenzionali».

Ma con queste «illuminanti» dichiarazioni della Tinelli l’impalcatura delle statistiche «anti-sette» traballa in maniera ancora più clamorosa che in passato: infatti, numerosi media (su tutto il territorio nazionale), sia in Internet sia in TV sia sulla carta stampata già solo nel corso dell’ultimo anno hanno strombazzato l’esistenza di «cinquecento sette» o «cinquecento psico-sette» (versioni peraltro già tristemente discordanti) basandosi sui resoconti della Tinelli.

Cifre che di fatto non hanno un fondamento concreto e sono basate su presunzioni contraddistinte da un’assoluta mancanza di trasparenza. Eppure il megafono mediatico ha reso tali congetture una «statistica acclarata»!

Nessuno ha sottoposto a verifica la versione propalata dalla Tinelli e del CeSAP nel 2018 (prima in TV e solo ultimamente in questo webinar). Se l’avessero fatto i giornalisti che l’hanno pappagallescamente ritrasmessa, si sarebbero accorti di molte incongruenze così come si sarebbero accorti (solo per fare un esempio) che gli stessi dati venivano attribuiti al GRIS (con la collaborazione del CeSAP) ancora nel 2008:


Dieci anni sono davvero un po’ troppi perché si possa credere a una stasi totale del fenomeno, specie quando sono proprio gli «anti-sette» a parlare di «movimenti in continuo mutamento», di «metamorfosi costante», di «rapida crescita dei seguaci», ecc.

Forse è per questo che la Tinelli aveva tentato di mettere le mani avanti nella presentazione stessa del suo webinar, con una discrepanza che era stata esattamente il tema del nostro precedente post: la psicologa del CeSAP sa perfettamente che quel suo asserto sulle «cinquecento sette» è a dir poco discutibile, e come minimo non è mai stato adeguatamente documentato. Ecco perché è lei stessa, adesso a metterlo in dubbio.

E pensare che nemmeno due mesi prima la TV di stato intervistava la Tinelli e ne desumeva, di nuovo, lo stesso dato delle «cinquecento sette in Italia»:


Volgendo al termine del webinar, c’è spazio anche per la controversa teoria del «lavaggio del cervello» alias «manipolazione mentale»; ce ne eravamo occupati di recente proprio per smascherare la pseudoscienza «anti-sette» a questo proposito, ed ecco la Tinelli fare una timida marcia indietro con la medesima contraddittorietà evidenziatasi prima. Forse avevamo colpito nel segno?


La psicologa dichiara che «non c’è una definizione scientifica» mentre il «lavaggio del cervello è una definizione mediatica» e «assolutamente è un termine non scientifico» ma «figurato», atto ad indicare «le tecniche con cui è possibile modificare i punti di vista di una persona o i suoi valori».


In altri termini, scientifico non è, però è «comodo» adoperarlo, come chiosa poi la Tinelli.

Come dire: non bisognerebbe chiamare gli orientali «musi gialli», però «rende l’idea». No comment.

In conclusione, riportiamo lo stralcio di un video nel quale la già citata prof.ssa Raffaella Di Marzio chiarisce bene le ragioni per cui il termine «setta» vada evitato e quali possano essere gli effetti perniciosi dello stigma praticato dagli «anti-sette».

Da notare la differenza abissale, sia nella modalità dialettica sia nella preparazione, fra la Di Marzio e la Tinelli:


(Nota: la versione integrale di questo video si può trovare seguendo questo link, ma si avvisa che l’audio è alquanto poco fruibile, infatti nello spezzone qui presentato abbiamo incrementato il volume)

Insomma: lo stigma, l’intolleranza e la discriminazione, senza alcun fondamento scientifico: questo è il risultato dell’operato degli «anti-sette».