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mercoledì 13 giugno 2018

Aggiornamento breve - che s'inventa AIVS pur di raccattare denaro?

Abbiamo riferito già in precedenza della questua a nostro parere un po’ squallida messa in atto dalla AIVS (un’associazione «anti-sette» particolarmente chiassosa negli ultimi mesi), sin da marzo scorso, per racimolare un po’ di soldi dai propri simpatizzanti e dagli utenti che si inseriscono nei loro gruppi Facebook.

Con il presente post diamo conto che tale raccolta fondi appare continuare, evidentemente seguendo le necessità di volta in volta manifestate dai tre principali amministratori dell’associazione.

Ecco infatti che giovedì scorso Francesco Brunori (alias Italo) lancia una colletta online tramite un sito Internet specializzato:


Sorvoliamo sull’asserzione secondo cui AIVS avrebbe «conoscenze» e competenze tal da poter fornire «sostegno sia legale che psicologico», quando nessuno dei «personaggi» (come essi stessi li descrivono) che la compongono detiene delle qualifiche attinenti alla sfera in cui opera. Sinora, l’unica attività in cui sembrano essersi impegnati con tutte le loro forze è una sorta di «settarismo anti-sette».

Neanche 24 ore più tardi, l’altro «personaggio» rappresentante di AIVS, Toni Occhiello, ripropone pari pari il medesimo post di Brunori:


Qualche giorno prima, AIVS aveva pubblicato un post in cui sembrava voler esplicitare il carattere di certune sue attività (forse promozionali? chissà) finalizzate a reclutare nuovi associati.

Attività che, ci si consenta il commento (fra il serio ed il faceto), non ci appaiono particolarmente attinenti al suo oggetto sociale:


A quanto pare, l’iniziativa di Occhiello sembra aver raggiunto l’obiettivo prefissato:


Non è la prima volta che notiamo come Occhiello possa apparire un tantino ossessionato dalla sfera erotico/sessuale: ne avevamo riportato degli esempi in questo post e ne abbiamo trovato un ulteriore indizio in un suo commento della scorsa settimana:


Certamente sono fatti suoi, del tutto privati, oltre che ovviamente legittimi; ciò che però balza all’occhio è il modo come egli paia voler metterli in piazza in quanto responsabile di un’associazione che sostiene di voler fare un servizio pubblico.

Un «servizio pubblico», quello di AIVS, che sinora si è concentrato su dichiarazioni come queste (curiosamente anch’esse rivolte, ma in senso differente, contro il «gentil sesso»):


È per finanziare propaganda come questa, che AIVS raccoglie fondi e richiede iscrizioni?

sabato 26 maggio 2018

La propaganda «anti-sette» ha realmente una finalità di lucro?

Torniamo su uno degli ultimi temi trattati, riprendendo il discorso cominciato dal nostro Mario Casini appena una settimana fa nel suo post su Luigi Corvaglia del CeSAP e il movente economico degli «anti-sette».

Sono trascorsi solo pochi giorni dalla conferenza di cui relazionava quel post, ed ecco pervenire una inequivocabile conferma, tanto spettacolare quanto inquietante, che la riflessione di Casini era sostanzialmente sensata e ben motivata.

Tale conferma arriva mediante l’ennesimo articolo di grana grossa, scritto da uno dei (soliti) giornalisti del circuito «anti-sette», o per meglio dire dalla sua «metà»; nello specifico, parliamo di Flavia Piccinni, compagna del Carmine Gazzanni di cui si parlava in un post precedente (ad esempio qui).


Classe 1986, da tempo la Piccinni sta cercando di affermarsi come scrittrice e reporter assieme al meglio avviato consorte, che lei stessa ha trionfalmente ed amorosamente celebrato in Gennaio scorso quando si è qualificato come giornalista professionista (dopo anni – va detto – di articoli di qualità più che discutibile smerciati qua e là per la rete ai danni delle piccole minoranze spirituali da sempre nel mirino degli «anti-sette» militanti):


Gazzanni e Piccinni hanno collaborato, fra le altre cose, alla realizzazione del controverso e ampiamente contestato servizio televisivo «anti-sette» di RAI 3 dal titolo «Io ci credo», del quale abbiamo parlato in dettaglio in precedenza:


«Tanto orgoglio e soddisfazione» per aver contribuito alla disinformazione degli italiani con una trasmissione che si è rivelata un completo fiasco in termini contenutistici ed è stata contestata non solo da esperti di movimenti religiosi e da uomini di cultura, ma addirittura dagli stessi «anti-sette»!

Perciò, ci coglie un dubbio: che la «soddisfazione» cui accenna la Piccinni sia da interpretarsi in termini finanziari? Per essere schietti: quanto denaro avranno incassato i due romantici giornalisti per una «consulenza» così «qualificata»?

Un interrogativo con il quale tuttavia abbandoniamo tale digressione e torniamo di buona lena al filone principale di questo post.

Il 18 maggio scorso esce nelle edicole il settimanale «Gioia», che con tanto di richiamo in prima pagina lancia uno dei soliti titoloni allarmistici:


I concetti sono i soliti della trita e ritrita propaganda «anti-sette»: guai a vestirsi in modo anticonformista, guai a recitare preghiere poco conosciute, guai a non seguire le ritualità di regime o a cercare una filosofia distinta da ciò che ci hanno sempre insegnato. È pericoloso, perché si finisce per essere «manipolati», dopo di che non si può più uscirne, ecc.

Come al solito, costoro ci vorrebbero tutti vestiti in divisa e allineati per fare il saluto romano al duce, come sembrava voler intendere un’esponente «anti-sette» del GRIS di cui abbiamo parlato in precedenti post sia qui che qui. D’altronde, si sa, il controverso «reato di plagio» per il quale tanto costoro battono la grancassa, faceva parte dell’ordinamento giuridico del «ventennio».

Saremo forse un po’ troppo sarcastici, ma il resto dell’articolo non aiuta certo a far salire il livello della critica.

Vediamo alcuni passaggi:


Certamente delle righe tanto patetiche (nel senso del «pathos») potranno strappare qualche lacrima al lettore che non conosce l’argomento; certamente dev’essere a quell’audience che si rivolge la Piccinni. I meglio informati, però, potrebbero solo sorridere (con amarezza) riconoscendo i fatti concreti dietro i proclami.

Le «persone e specialisti» cui accenna vagamente la giornalista sono questi, che dalla sua pagina Facebook lei stessa racconta di avere incontrato alle porte di Bari assieme al «suo» Gazzanni all’inizio di febbraio di quest’anno:

 


Lorita Tinelli sulla sinistra nella prima foto, Toni Occhiello nella seconda: ecco gli «esperti» di cui va parlando, talmente «esperti» da non essere in grado (la prima) di definire in maniera chiara e lineare che cosa sarebbe una «setta», né di adoperare (il secondo) una dialettica civile ed educata per rapportarsi con gli altri. Invece che confrontarsi con chi muove loro delle critiche, costoro reagiscono con scherno e tentativi di intimidazione, come s’è più volte (e da più parti) riferito in precedenza.

Fra gli «esperti» interpellati dalla Piccinni c’è anche Patrizia Santovecchi: un’altra figura dal passato controverso, della quale abbiamo parlato più in dettaglio in un precedente post.

Tinelli, Occhiello e Santovecchi sono «anti-sette» tutti accomunati da una stessa fondamentale caratteristica: sono tutti direttamente e profondamente influenzati da storie di apostati, oppure sono loro stessi apostati, ovvero persone che hanno professato una determinata fede per un certo tempo e poi l’hanno abbandonata

Per spiegare di che genere di individuo stiamo parlando, citiamo proprio uno dei pochi passaggi del succitato servizio di RAI 3 che, culturalmente parlando, si salva rispetto al resto delle sequenze perché riporta dei pareri autorevoli (qui il prof. Silvio Calzolari, orientalista e segretario di quella «federazione per la libertà di credo» citata dalla Piccinni):


Nel tentativo di conferire un po’ di ufficialità alla sua linea di pensiero, la Piccinni chiama in causa altri personaggi mediatici, prima fra tutte naturalmente Michelle Hunziker, la cui superficialità è stata messa in evidenza non solo sul nostro blog per la parte attinente ai nuovi movimenti religiosi, ma anche altrove per l’attendibilità alquanto discutibile della sua ricostruzione dei fatti.

C’è spazio anche per i due giornalisti «anti-sette» Stefano Pitrelli e Gianni Del Vecchio (dei quali si è detto qui e qui), che con un’ondata di autoreferenzialità arrivano a fregiarsi di essere riusciti, grazie al loro libro, a distogliere dalle loro scelte un numero non meglio precisato di devoti di movimenti religiosi. Non dicono quante persone, invece, avendo letto il loro testo o le relative recensioni, si siano convinti sempre più a portare avanti la propria fede oppure si siano interessati a questo o quel gruppo spirituale. Ma in ambo i casi siamo nell’ambito delle speculazioni, dal momento che nemmeno i due giornalisti «anti-sette» portano alcun dato verificabile e circostanziato.

Dovendo riempire la colonna, la Piccinni arriva addirittura a «riesumare» Cecilia Gatto Trocchi, una sociologa che, dopo anni di militanza contro i nuovi movimenti religiosi al fianco del GRIS e di altri «anti-sette», nel luglio del 2005 morì suicida a 66 anni dopo un periodo di conclamata instabilità mentale.

Emblematico un riquadro laterale: sapendo che nel nostro blog abbiamo cominciato a smentire (con fatti e documenti) certe favole «anti-sette», la Piccinni porta ad esempio il controverso caso di Waco (del quale pure ci occuperemo) e non parla, invece, del Tempio del Popolo, una storia solitamente molto gettonata da costoro.

A conti fatti, ben lungi dall’apportare dei contenuti propri, tutto l’articolo della Piccinni risulta essere una réclame degli «anti-sette» e dei loro «prodotti editoriali» o «servizi personalizzati»: in concreto, una sorta di spot pubblicitario finalizzato a portare clienti ai suoi amici psicologi come Lorita Tinelli o Luigi Corvaglia, piuttosto che a creare un interesse (e quindi una futura domanda commerciale) per il libro che sta scrivendo assieme al suo compagno Gazzanni, o per quello della Hunziker, o anche per le prossime trasmissioni televisive che sicuramente verranno imbastite sul tema dei «culti distruttivi».

Infatti, dulcis in fundo, ecco il «gran finale»:


Ci asteniamo dal commentare i virgolettati della Tinelli riportati in questo riquadro, perché lo fanno già egregiamente da sé, rimanendo sulla stessa linea dialettica della pseudoscienza già relazionata in post precedenti come questo o questo. Ci soffermiamo invece sulla chiusa, in cui vengono appunto pubblicizzate le associazioni facenti parte della rete «anti-sette» italiana.

Diventa, insomma, sempre più evidente che gli «anti-sette» stanno fomentando, ormai da anni, una campagna mediatica fondata su tesi di grande superficialità, su resoconti di dubbia attendibilità e in generale su una pseudoscienza che usurpa la sociologia delle religioni, sfruttando la credulità popolare e generando allarme, allo scopo di generare profitti per una ristretta cerchia di persone, vuoi con prodotti editoriali vuoi con prestazioni professionali a pagamento. Forse non sempre tale attività genera utili finanziari in senso stretto, ma comunque, porta inconfutabilmente agli esponenti «anti-sette» un ritorno di immagine, una certa reputazione e una visibilità mediatica che, di conseguenza, li conduce a una qualche forma di guadagno personale, per loro altrimenti irrealizzabile.

Va anche rilevato che sono sempre gli stessi nomi e sempre gli stessi gruppi a portare avanti la campagna propagandistica contro le minoranze religiose «non convenzionali» e a dirigere in forma organizzata le attività infamanti descritte in questo blog.

Ecco dunque il vero movente degli «anti-sette»: il lucro.

giovedì 8 febbraio 2018

Quello degli «anti-sette» è un business? Perché chiedono soldi?

Un post che desideriamo analizzare in dettaglio in quanto estremamente esemplificativo dell’operato, assai discutibile e tendenzioso, degli esponenti «anti-sette». Il post in questione è questo, pubblicato il 4 Febbraio scorso sulla pagina Facebook di AIVS, a nostro avviso (ma non lo si può dare per certo) da Toni Occhiello (l'immagine seguente è in versione ridotta, ma viene sezionata e resa leggibile subito dopo):


Il post esordisce con una asserzione di sapore «complottistico», priva di elementi concreti e soprattutto allusiva rispetto a persone di cui non vengono fatti nomi e cognomi ma la cui identità viene data per sottintesa:


Da una tanto fumosa premessa si passa quindi al solito «buoni e cattivi» con una punta di vittimismo rispetto alla fantomatica «lobby» dalla quale Occhiello e i suoi compari di CeSAP e FAVIS starebbero subendo «calunnie e intimidazioni». Spontaneo domandarsi come mai l’ex regista foggiano non si fa scrupoli nel dileggiare e infamare il movimento religioso di cui ha fatto parte per tanti anni con parole forti e cariche di odio e poi si lagna di un blog come il nostro in cui non facciamo altro che riferire e documentare fatti, peraltro con una certa pacatezza.

Ma ecco a cosa mira realmente la lamentela di AIVS:


Al denaro: Occhiello sta chiedendo soldi, questo è l’obiettivo del suo post, il cui successo è ben evidenziato dalla quantità (scarsità) di «Mi piace», commenti e condivisioni.

E l’obiettivo risulta ancora più chiaro dall’unico commento presente sul post, che è della stessa AIVS e incita senza mezzi termini all’iscrizione (onerosa, € 20,00):


Non sarà una gran somma, ma sono sempre soldi e questo non è affatto l’unico post in cui Occhiello sollecita iscrizioni.

Al contrario, l’attività di AIVS assume anche maggiormente l’aspetto di un insolito, grottesco business se si nota che nell’ultimo periodo Occhiello ha lanciato una campagna di inserzioni, sempre su Facebook, per pubblicizzare i propri post che veicolano odio e allarme contro i movimenti religiosi:


E ancora:


Questo modus operandi non è affatto limitato al bellicoso Toni Occhiello e ai suoi due o tre livorosi collaboratori. Tutt’altro.

Basta guardare l’annuncio che campeggia imponente nella pagina principale del sito del CeSAP di Luigi Corvaglia e Lorita Tinelli, ben studiato sotto il profilo pubblicitario dato che tocca il sempre sensibile tasto della benevolenza:


Per non parlare di uno dei principali militanti contro i Testimoni di Geova, Rocco Politi, anch’egli (tanto per cambiare) un apostata che ha lasciato il movimento dopo una vita di frequentazione e partecipazione convinta. Nel suo caso, addirittura si presenta come il «liberatore» del popolo tanto oppresso dai pericolosissimi «culti distruttivi», con tanto di titoloni a caratteri cubitali:


Addirittura questo «simil-esorcista» parla di «vittime di fanatismi»: ma quale fanatismo? Forse il suo stesso?

Ma ecco subito svelato, anche nel suo caso, a cosa punta tanta concitazione e animosità:


Forse che gli «anti-sette», in fondo, fanno ciò che fanno per profitto personale?

Dove e come vengono spesi i soldi che vengono loro versati da eventuali donatori?

Interrogativi, questi, cui prima o poi dovrà pur essere data risposta.