giovedì 17 maggio 2018

Contributo esterno: la vera storia del «Tempio del Popolo» (un compendio)

Recentemente Lorita Tinelli, nel corso del webinar organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia, dal titolo «Sette: analisi psicologica dei meccanismi di affiliazione e affrancamento» (di cui si è ampiamente parlato sul presente blog in un primo post, poi ancora in un secondo e in un terzo), ha portato alla nostra attenzione alcuni esempi di movimenti a carattere «settario» (o presunto tale), descrivendone caratteristiche a suo dire allarmanti e paragonandoli a gruppi divenuti famosi nella cronaca nera mondiale per eccidi e stragi di massa terribili.

Uno dei gruppi citati dalla Tinelli è il «Peoples Temple» o «Tempio del Popolo».

Il nostro contributore – per così dire – esperto in affari esteri ha voluto riprendere in esame il tema (che aveva peraltro già lambito in un suo precedente pezzo) ed approfondirlo in modo dettagliato. L’articolo che segue affronta l’argomento dimostrando la totale infondatezza di paragoni come quelli ipotizzati dalla psicologa pugliese e, finalmente, fornisce elementi concreti per poter formare un’opinione super partes su quei tragici eventi.

Un avvertimento: questo resoconto non è per lettori di stomaco debole.




di Epaminonda


IL TEMPIO DEL POPOLO, UN MITO COSTRUITO DALLA CIA 
SFRUTTATO ANCORA OGGI DAGLI ANTI-SETTE ITALIANI


‘Massacro’ oppure ‘suicidio di massa’? È l’opinione contrastante che caratterizza lo straordinario evento avvenuto il 18 novembre 1978 a Jonestown, una cittadina della Guyana, un piccolo stato confinante con il Venezuela e con il Brasile. Nel fattaccio morirono avvelenate più di 900 persone, tutte appartenenti a un movimento di ispirazione religiosa denominato il Tempio del Popolo (Peoples Temple). Il disastro rimbalzò sulle copertine di tutti i quotidiani e settimanali dell’epoca e divenne il principale cavallo di battaglia degli anti-sette per qualche anno. La tesi iniziale fu che tutti gli “adepti” del movimento si erano suicidati sotto l’influsso irresistibile del fondatore del gruppo, il reverendo Jim Jones. Un caso emblematico di “lavaggio del cervello”, di “plagio”, che gli oppositori ai nuovi movimenti religiosi hanno sbandierato con grande entusiasmo sin da principio, per poi abbandonarlo gradualmente e completamente.

Solo in Italia gli anti-sette nostrani continuano a utilizzarlo a ripetizione mostrando un atteggiamento simile a quello del proverbiale soldato giapponese isolato su un’isola del Pacifico a combattere ancora il “nemico” dieci anni dopo che la guerra è terminata.

Ma per quale motivo gli anti-sette mondiali hanno abbandonato una vicenda tanto allarmante, quasi che fosse una patata bollente? Perché poco dopo il ritrovamento dei 909 corpi avvelenati, 304 dei quali minori, e del corpo del “reverendo Jones” con un colpo di pistola in testa, è cominciato ad emergere lo spettro sinistro della CIA e di altre agenzie governative.

L’evento ha segnato profondamente l’opinione pubblica americana e di tutto il mondo, al punto da scolpire una frase immortale nel gergo quotidiano: “Drinking the Kool-Aid” che significa il perseguire idee pericolose o disastrose solo perché ci si trova sotto la pressione dei nostri pari. Richiama il modo in cui i seguaci del Tempio del Popolo morirono: bevendo acqua aromatizzata con “Kool Aid”, un prodotto commerciale per preparare bibite, e “corretta” con cianuro e altri veleni.



L’impatto è stato talmente dirompente, che sono stati scritti libri, ricerche e articoli per scavare sui meccanismi che hanno portato a quello che in apparenza è stato il più grande suicidio di massa dei tempi moderni, ma che alcuni caratterizzano semplicemente come un omicidio su vasta scala. Per affrontare l’argomento scegliamo quindi una fonte asettica e necessariamente neutra: una ricerca universitaria condotta all’interno della San Diego State University. L’autrice, Rose Wunrow, è una studentessa che conduce la ricerca seguendo specifiche molto rigorose che prevedono non solo l’esame di documenti esistenti, ma anche l’intervista in prima persona di alcuni tra i pochi sopravvissuti della strage.


Il titolo della ricerca, scritta nell’agosto del 2014, è il seguente: “Il massacro psicologico: Jim Jones e il Tempio del Popolo: un’indagine”. E’ uno degli svariati articoli pubblicati da questa università sul tema del Tempio del Popolo. Cominciamo dal testo della Wunrow perché ci offre una base chiaramente imparziale per iniziare il viaggio attraverso una delle vicende più intricate della storia moderna. Sono svolte altre ricerche sulla stessa materia all’interno del medesimo ateneo. Ma partiamo da questo primo contributo, che ha richiesto all’autrice diversi mesi di lavoro e che è stato sponsorizzato dal Department of Religious Studies della San Diego State University. Proseguiremo il discorso in seguito esaminando anche il lavoro successivo di altri studiosi.

Scopriamo innanzi tutto che il movimento del Tempio del Popolo, ai suoi primordi (1955), era nato con obiettivi politici. Era composto da attivisti che contestavano la discriminazione razziale e che si battevano per l’eguaglianza politica nella cittadina di Indianapolis. Quelli erano gli anni caldi dell’emancipazione razziale e del movimento dei diritti civili avviato da Martin Luther King Jr. giusto un anno prima, nel 1954, e portato avanti fino al suo assassinio nel 1968. All’epoca Jim Jones si atteggiava a modello di integrazione, fu il primo nello stato dell’Indiana ad adottare insieme alla moglie un bambino di colore. Gestiva un ricovero per disabili, un orfanotrofio e distribuiva zuppa ai poveri. Fu il primo ad ammettere persone di colore nella propria chiesa e, di fatto, il suo movimento raccolse inizialmente una componente preponderante di seguaci nella popolazione afro-americana, fino a raggiungere 20.000 aderenti nel periodo di massima espansione, quando si trovava a San Francisco nel 1971.


Un chiaro modello di emancipazione civica che permetteva a Jim Jones di entrare in contatto con sezioni della popolazione che a quel tempo erano in subbuglio e raccogliere informazioni preziose. Inquietante anche il modello esteriore in cui cercava di emulare Martin Luther King, sebbene senza gli stessi principi di non violenza. Voci insistenti dichiarano che in quel periodo Jim Jones fosse in realtà un informatore dell’FBI e conducesse le proprie attività con lo scopo nascosto di carpire informazioni preziose da una comunità multietnica che era diventata impermeabile alle forze di polizia americane e ai tentativi di indagine tradizionali.

In quanto predicatore poteva indirizzare le persone verso obiettivi da lui scelti e poteva raccogliere informazioni preziose che il governo americano avrebbe potuto utilizzare a scopi politici. Non sorprende quindi scoprire, in un articolo pubblicato sul Washington Post nel gennaio del 1979, che dopo il massacro a Jonestown erano stati trovati nel “covo” di Jim Jones documenti riservati dell’FBI assieme alla bozza di un libro che descriveva attività apparentemente illegali condotte dal Federal Bureau of Investigation.


E non ci sorprende nemmeno che una delle principali prove che dimostrano il “suicidio di massa” provenga proprio dall’FBI. Il fatto ancora più strano è che la documentazione trovata a Jonestown non riguardava il Tempio del Popolo, bensì altre attività segrete del governo statunitense ed elencava i nomi di agenti sotto copertura impegnati in altri tipi di operazioni. Vediamo quindi che Jim Jones ci appare fin dall’inizio come una figura ben lontana dai tratti di un vero leader religioso, e semmai più vicina a quelli di un agitatore politico o facente parte di una polizia segreta.

Per concludere la nostra descrizione di questo primo periodo del Tempio del Popolo, prendiamo spunto da un’altra ricerca pubblicata sempre dalla State University of San Diego e sempre nel 2014, per opera di Tina Parrish, con il titolo: “Stili di leadership: Martin Luther King a confronto con Jim Jones”.

Ecco che cosa scrive Parrish: “Le similitudini tra Martin Luther King e Jim Jones [in questo periodo iniziale] sono inspiegabili e sbalorditive. Entrambi erano predicatori durante la stessa era, negli Anni 60 quando la gente stava finalmente rendendosi conto che il colore della pelle non importava, e che tutti siamo uguali agli occhi di Dio. Entrambi predicavano l’eguaglianza razziale. Entrambi erano idealisti e volevano la pace nel mondo. Tuttavia, laddove Martin Luther King era non-violento, Jim Jones è diventato paranoico e credeva che tutti ce l’avessero con lui e con il suo gregge. Il Tempio del Popolo aveva un vero e proprio arsenale di armamenti che portarono con sé in Guyana. [Jones] disponeva di un esercito privato che lo circondava in ogni momento, a quanto pare perché aveva ricevuto minacce di morte”.

Vediamo quindi un personaggio molto lontano dalle caratteristiche umanitarie, pacifiche e benevole che contraddistinguono un autentico movimento religioso moderno, bensì una via di mezzo fra un paranoico e un agente del controspionaggio che va in giro con la scorta armata e che esercita influenza e pressione sui propri “seguaci” unicamente a fini politici.

Nella ricerca di Rose Wunrow scopriamo che Jim Jones proponeva idee rivoluzionarie contro i mali del capitalismo americano. Si dichiarava contro la segregazione e gli abusi, con una connotazione chiaramente socialista. In sostanza aveva creato una miscela degli argomenti che facevano presa sull’opinione pubblica americana di quel tempo per attrarre persone che condividevano questi ideali filo-comunisti, per poi spingerli a vendere ogni loro possesso e a devolvere ogni cosa al Tempio del Popolo. Un comportamento che gli anti-sette hanno spesso cercato poi di attribuire, strumentalmente, ad altri movimenti religiosi.

Jones operava attivamente per separare le coppie e per avere personalmente rapporti adulteri con entrambi i sessi. Usava droghe sui propri seguaci che molto spesso erano già tossicodipendenti prima di unirsi al movimento. Faceva ricorso alle droghe sia per influenzarli sia per creare effetti da palcoscenico dove si verificavano false guarigioni “miracolose”.

Il suo comportamento violento, iniziato già a San Francisco e poi continuato in Guyana, ricalca passo per passo le modalità operative di un noto esperimento della CIA denominato MK-Ultra come vedremo più in dettaglio tra poco.

Ma appare evidente anche a un osservatore casuale che il Tempio del Popolo era un movimento gestito unicamente per finalità politiche. Nel 1975, Jim Jones ebbe un contributo determinante nell’elezione del sindaco di San Francisco George Moscone, eletto con uno stretto margine di 4.000 voti, molti dei quali provenienti proprio dai membri del Tempo del Popolo a cui Jones ordinava per chi votare. Membri che erano stati portati a San Francisco con autobus speciali da altre aree degli Stati Uniti e che non avrebbero avuto diritto di votare nella città. Un chiaro caso di brogli elettorali architettato da Jim Jones che in cambio ottenne una posizione politica di tutto rispetto.

[Nella foto, a destra Jim Jones e in centro il sindaco Moscone]

Come risultato di tale alleanza, infatti, Jim Jones divenne il responsabile della City Housing Authority, vale dire del dipartimento di edilizia pubblica di una delle più grandi città della California, carica che mantenne fino alle sue dimissioni nel 1977, dopo accuse di attività criminale che Moscone insabbiò impedendo a Jim Jones di essere indagato. Ricordiamo che uno dei temi principali della campagna di riforma di Martin Luther King Jr. fu proprio l’eguaglianza nel diritto alla casa. Fu questo il tema che lo portò di fatto alla morte nell’attentato del 1968. Appare quindi di significativa rilevanza il fatto che Jim Jones, aspirante emulatore di King, si trovi in una posizione socialmente tanto strategica. Solo chi ha vissuto quei momenti della storia americana se ne può rendere completamente conto.

E per capire il livello di tensione che contornava questi argomenti, notiamo che nel 1978 fu assassinato anche Moscone, ucciso da Daniel James White, paracadutista reduce del Vietnam e suo collega nel municipio di San Francisco.

Per capire lo scenario politico-psichiatrico in cui Jim Jones operava ci limitiamo a dire che White uccise Moscone il 27 novembre 1978, solo 9 giorni dopo la strage di Jonetown. Lo uccise dopo aver superato destramente i “metal detector” e sparandogli alla spalla, al torace e infine due colpi direttamente alla testa. Dopo di che uscì dall’ufficio di Moscone e andò nell’ufficio di un altro collega, Harvey Milk, a cui sparò cinque colpi, gli ultimi due appoggiando la bocca dell’arma direttamente alla testa della vittima. Harvey Milk fu il primo politico gay eletto nella storia politica della California. La sua uccisione determinò gravi sommosse a San Francisco. Durante il processo, lo psichiatra forense Martin Blinder fece assolvere White dal reato di omicidio premeditato perché era “depresso” e gli procurò una condanna di 7 anni per omicidio colposo. White uscì di galera 5 anni più tardi e, naturalmente, si suicidò.


Notiamo la strana coincidenza delle date e delle modalità. Jones fu ucciso a Jonestown 9 giorni prima, anch’egli con un colpo alla testa che “pareva suicida”.

Ma torniamo al nostro “reverendo” e alle sue attività che ricalcano il modello MK-Ultra, un programma di condizionamento mentale sperimentato dalla CIA negli anni Cinquanta e dichiarato in seguito illegale e “ufficialmente” soppresso. Se ne era parlato in un precedente contributo sempre su questo blog.

Dopo essersi trasferito definitivamente in Guyana per sfuggire allo scandalo politico, Jones cominciò a utilizzare sistematicamente sui propri seguaci esattamente le stesse identiche tecniche del programma MK-Ultra: elettroshock, privazione del sonno continuata e sistematica, percosse, droghe. Proprio dal programma MK-Ultra condotto ad Harvard ricordiamo che è uscito Theodore Kaczynski, tristemente noto in Italia con il nome di Unabomber, che condusse attentati dinamitardi dal 1978 al 1995 anni uccidendo 3 persone e ferendone altre 23 prima di essere scoperto. Da notare, anche qui, l’anno 1978 come inizio dell’attività di Unabomber.


Nel caso di Jim Jones troviamo che prima del “suidicio di massa” erano state utilizzate le seguenti tecniche per “preparare” i propri seguaci al suicidio: percosse fisiche ai dissidenti che poi venivano sotterrati all’interno di scatole delle dimensioni di una bara. Mentre si trovavano seppellite, le vittime venivano continuamente attaccate verbalmente e senza sosta accusandole dei loro “misfatti”. I bambini venivano sottoposti ad elettroshock usando elettrodi per vacche. Notizie false e allarmanti venivano costantemente propagate dagli altoparlanti che circondavano il campo di Jonestown.
I “seguaci” erano costretti a lavorare costantemente in attività defatiganti e diverse ricerche hanno dimostrato che le persone esauste non sono in grado di giungere a conclusioni rapide che siano anche logiche e non hanno le abilità per mettere in pratica tali conclusioni. Negli ultimi mesi prima del massacro, Jim Jones aveva cominciato a fornire a tutti i “seguaci” massicce dosi di psicofarmaci, cento volte superiori a una dose “normale”. I recalcitranti venivano internati in reparti di cura intensiva dove ricevevano ampie dosi di Thorazine, un potente psicofarmaco che produce sonnolenza e apatia. Chi ancora resisteva veniva torturato, oppure torturavano in sua presenza un bambino oppure un’altra persona.

Nonostante questo “trattamento” preventivo durato mesi, durante i quali Jim Jones inculcava quotidianamente e continuamente l’idea del suicidio nelle proprie vittime, diversi di loro si rifiutarono di ingerire la bevanda avvelenata il giorno del massacro. Furono costretti a berla, oppure fu iniettata direttamente nel corpo e alcuni di loro furono semplicemente uccisi con un colpo di arma da fuoco.

Suicidio di massa? A qualcuno piacerebbe che la gente lo credesse. Ma, se lo fosse, allora potremmo chiamare suicidio di massa anche quello degli ebrei sostenendo che entrassero spontaneamente nelle camere a gas dei campi di concentramento nazisti. E ovviamente Jim Jones non è qui con noi per raccontarlo, come non lo sono nemmeno alcuni dei suoi alleati politici, morti pochi giorni dopo. Naturalmente non esistono collegamenti “ufficiali” con la CIA. Ma ci sono due elementi che ci portano a riflettere.

1) Il massacro di Jonestown fu avviato dopo che alcune delle guardie armate di Jim Jones avevano ucciso il parlamentare democratico Leo Ryan che si era recato sul posto per indagare e che stava lasciando la Guyana con un gruppo di “fuggitivi”. Ryan in quel periodo era la principale spina nel fianco della CIA a livello politico.

2) Il rapporto sul massacro arrivò subito dopo la strage dal responsabile della stazione CIA in Guyana, Richard Dwyer, che agiva anche da capo-scorta per Ryan.

Ma di questo parleremo più a fondo in una prossima puntata.

Ciò che risulta con certezza da indagini svolte in modo indipendente come quelle qui citate, Jim Jones non è affatto la figura tipica né di un “guru”, né di un leader religioso, né del “capo di una setta”: somiglia moltissimo invece a un agente provocatore sotto copertura, destinato a favorire finalità unicamente ideologiche o politiche, e sovversive, con metodi chiaramente di derivazione bellica e psichiatrica.


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