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giovedì 27 settembre 2018

Business «anti-sette» e intolleranza religiosa: come sfruttare le dicerie per costruirsi un’immagine

Alla fine di aprile scorso, a Milazzo (Messina), è stato presentato pubblicamente un video contro i Testimoni di Geova prodotto da un’aspirante giornalista diciannovenne (fra un mese), tale Sofia Mezzasalma, nata nella capitale ma residente sin da piccola nella città teatro della storica battaglia fra Romani e Cartaginesi.

[Modifica del 02/10/2018 - la fotografia precedente è stata rimossa]
Ci scusiamo con i lettori e con Sofia Mezzasalma per aver inizialmente utilizzato una fotografia sbagliata (peraltro diffusa da lei stessa tramite il proprio profilo Facebook) che abbiamo provveduto a rimpiazzare tempestivamente, non appena siamo stati resi edotti dell'errore.

Il video si intitola «Nel nome di Geova», dura poco meno di 59 minuti e contiene sostanzialmente le solite dicerie in stile «peste e corna» ed alcune «testimonianze» di ex fedeli, ovviamente cariche delle peggiori accuse e condite con storie strappalacrime e riferite da soggetti per la maggior parte occultati al fine di nascondere l’identità degli accusatori.

Si parla di individui che (alcuni per molti anni) hanno creduto e insegnato i testi sacri dei Testimoni di Geova, poi hanno cambiato idea e, pieni di livore e di astio, hanno cominciato a gettare fango addosso a coloro che fino a poco prima chiamavano «fratelli».


Non è strano; al contrario, è un fenomeno tanto peculiare e iterativo che è stato oggetto di studi da parte di esperti di religione, i quali hanno scandagliato le opportunità offerte dagli «ex membri» di rendere dei resoconti attendibili, scoprendo che un tale caso è alquanto raro se non impossibile.

«Il membro deluso, e l’apostata, in particolare, sono informatori le cui prove devono essere utilizzate con circospezione. L’apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una “storia di atrocità” per spiegare come — attraverso la manipolazione, l’inganno, la coercizione o le frodi — è stato prima condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un’organizzazione che oggi disapprova e condanna. Gli apostati, le cui narrazioni sono sensazionalizzate dalla stampa, cercano talora di trarre profitto dalle loro esperienze vendendo i loro racconti ai giornali o pubblicando libri.»


Questo stralcio è desunto da un saggio dal titolo «Le dimensioni sociali del settarismo» scritto per Clarendon Press (Oxford) nel 1990 dal prof. Bryan Ronald Wilson (1926-2004), un insigne sociologo inglese già presidente della Società Internazionale di Sociologia della Religione.

È talmente vero che i racconti struggenti degli apostati sono da esaminare con estrema cautela, che persino Sofia Mezzasalma, posta di fronte ad alcuni dubbi di attendibilità da parte (addirittura!) di un detrattore dei Testimoni di Geova, a proposito di alcune affermazioni riproposte nel suo «documentario», risponde così:


E infatti, sono emblematici i primi fotogrammi del sedicente «documentario»:


«Non ho elementi sufficienti per dichiarare quella storia veritiera», però la include nel suo video che poi reclamizza sfruttando TV locali, Internet e Facebook. Forse per venderlo al miglior offerente, all’insegna del business «anti-sette» di cui abbiamo più volte denunciato la malevola prassi?

«La storia della signora sembrerebbe abbastanza coerente» (dichiara candidamente Sofia Mezzasalma), però viene adoperata per suffragare una linea ideologica atta a demonizzare un’intera minoranza religiosa composta da decine e decine di migliaia di persone!

Tutto questo dice davvero molto sulla «serietà» del lavoro svolto dalla Mezzasalma.

E sulla stessa falsariga, troviamo l’immancabile «contributo» della psicologa «anti-sette» Lorita Tinelli del CeSAP (referente italiana della controversa associazione europea FECRIS), una delle principali detrattrici dei Testimoni di Geova sul territorio italiano, sempre pronta a diffondere «notizie» odiose o dicerie contro di loro pescate qua e là per la rete o fra i suoi contatti.


Dice la Tinelli che nell'ambito di un movimento religioso (da lei solitamente definito «culto distruttivo») come il Geovismo «si comanda, si dirige, si gestisce la vita del singolo inividuo».

Una frase che ci ricorda molto un argomento che avevamo trattato in un precedente post nel quale abbiamo dimostrato come l’ideologia «anti-sette» si possa applicare anche alle religioni tradizionali come il Cattolicesimo ed altre. Basterebbe adattare l’asserto di Lorita Tinelli contro i Testimoni di Geova, riportato nel video qui sopra, a questo post di Giovanna Balestrino del GRIS:


Come si è già detto nel succitato post, non troviamo affatto alcunché di criticabile nel fervore religioso di Giovanna Balestrino e nella sua fede nella parola di Dio.

Al contrario, troviamo una forte somiglianza con il fideismo sul quale si fondano le credenze dei Testimoni di Geova, secondo cui la Bibbia non è un semplice libro religioso che «parla di Dio», ma un libro mediante il quale «Dio stesso parla»: è «la parola di Dio» (seconda lettera a Timoteo, capitolo 3, versetti 16-17); fideismo già profondamente denigrato proprio dalla psicologa pugliese Lorita Tinelli.

«Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.»

I Testimoni di Geova fanno notare come la locuzione «ispirata da Dio», secondo un dizionario biblico, sia la traduzione del termine greco «θεόπνευστος» («theòpneustos», letteralmente «alitato da Dio») e compaia nella Sacra Bibbia una sola volta, identificando chiaramente Dio come fonte prima ed autore unico delle Sacre Scritture. Per questa ragione i Geovisti aspirano a regolare la propria vita secondo gli insegnamenti che ivi sono esposti.

Quando si diventa Testimone di Geova, si è pienamente consapevoli delle regole cui si sceglie di sottostare; regole che la Congregazione professa quale emanazione della volontà di Dio espressa nelle sue Scritture e indi divulgata dai dirigenti dell’organizzazione.

Nei confronti di coloro che cambiano idea e si dissociano o intraprendono una condotta che li porta ad essere espulsi, i Testimoni di Geova applicano ciò che si legge sempre nella traduzione della Bibbia edita della CEI (prima lettera ai Corinzi, capitolo 5, versetti 11 e 13):

«Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme. (...) Togliete il malvagio di mezzo a voi!»

Liberamente si diventa Testimoni di Geova, liberamente si può cessare di esserlo, liberamente si può tornare a far parte della congregazione, liberamente si può scegliere di abbandonarla per sempre. In molti lo fanno, alcuni tornano, altri prendono strade diverse. Ma solo una minuscola percentuale di loro si lacera le vesti correndo in lacrime a vomitare la propria «storia» tragica a qualche TV. Perché allora i media strombazzano solo (o per lo più) le versioni di costoro?

E se dei «giornalisti» come «Le Iene» (o dei giovani aspiranti tali come Sofia Mezzasalma) vengono a conoscenza di presunti illeciti o reati gravi come abusi su minori e simili, perché non li denunciano loro stessi? Forse perché si tratta di storie che «sembrano abbastanza coerenti» (cfr. post sopra riportato) ma costoro non dispongono di «elementi sufficienti per dichiararle veritiere» ossia perché, detto più semplicemente, sono racconti del tutto autoreferenziali e senza prove? E se non denunciano loro, perché pretendono che debbano farlo altri nell’incertezza sulla veridicità di quelle «testimonianze»?

In definitiva, considerando da un lato lo scarso approfondimento delle questioni teologiche e dottrinali afferenti alla pratica religiosa dei Testimoni di Geova e dall’altro la superficialità nel ritenere attendibili certe «testimonianze» senza verificarle adeguatamente, il lavoro di Sofia Mezzasalma sembra più un maldestro, tendenzioso tentativo di sfruttare una campagna mediatica già esistente (quella dettata dall’ideologia estremista «anti-sette») per darsi un tono, per crearsi un audience o più semplicemente per guadagnare popolarità e (magari) anche del denaro.

Il solito business «anti-sette»?

sabato 23 giugno 2018

La fallimentare questua di AIVS, i conti in rosso e l’esclusione degli utenti che non pagano

Torniamo a parlare della potentina «Associazione Italiana Vittime Sette» (AIVS) per alleggerire un po’ i toni, quasi un intermezzo ameno rispetto ai temi ben più forti e drammatici di cui ci stiamo occupando in questo periodo (episodi storici sanguinosi come l’eccidio del «Tempio del Popolo», ecc.).

Ci ha colpito una discussione che ha avuto luogo qualche giorno fa su uno dei gruppi Facebook gestiti dai «numerosi personaggi» (come amano definirsi, ossia i tre amministratori e principali attivisti) di AIVS.

L’esordio è di un simpatizzante di AIVS che racconta di aver risposto in maniera volutamente offensiva e denigratoria ad un proprio amico (?), a suo parere colpevole di appartenere tuttora al movimento religioso da lui abbandonato (e costantemente nel mirino di AIVS). Interviene un altro utente che cerca di smorzare i toni:


La risposta immediata è di Toni Occhiello, che coglie la palla al balzo per vendergli l’iscrizione all’associazione (come s’è visto già in precedenza, per lui deve trattarsi di una sorta di anomalo business), senza considerare che la proposta dell’utente aveva evidentemente un carattere gioviale.

Prevedibile la reazione un po’ scherzosa e un po’ di stupore, che però – a quanto pare – non viene recepita affatto bene dall’ex regista di Cerignola:


Diligentemente, Occhiello propugna l’iscrizione descrivendone le modalità e le prerogative.

L’utente, però, pare poco convinto di voler affrontare un esborso anche tanto esiguo, sicché manifesta nuovamente (a modo suo) le proprie perplessità:


Sorvoliamo sulla ragione, di non chiara interpretazione, per cui Occhiello risponda non più dal proprio profilo personale ma proprio da quello ufficiale di AIVS, e per lo più usando un po’ l’italiano e un po’ l’inglese.

Naturale l’obiezione dell’utente, un po’ meno comprensibile la reazione piccata e sprezzante di Occhiello:


Dalle parole ai fatti: dopo avergli dato del «cazzaro» e «agent provocateur» (insomma, dopo averlo accusato ed offeso per bene) Occhiello lo mette alla porta escludendolo dal gruppo.

Sarà perché AIVS può contare su un numero talmente copioso e sovrabbondante di iscritti da potersi permettere di escludere chiunque non vada loro a genio, anche se simpatizza con la loro linea «anti-sette»?

Probabilmente è così, o almeno questa poteva essere una prima conclusione sulla base di alcune loro rutilanti dichiarazioni, come questa che è del 19 marzo scorso:


Quasi mossi a compassione nei loro confronti, verrebbe da fare un rapido, entusiastico conto.

Sorvoliamo sull’evidente contraddizione in termini: «ben 40.000 fuoriusciti» pare essere un dato certo, però i «75.000 membri» sarebbero «millantati». A quale delle due cifre si dovrebbe credere dunque? Lasciamo stare e proseguiamo.

Su «ben 40.000 fuoriusciti», fosse anche soltanto un 1% coloro che corrono ad iscriversi ad AIVS per arruolarsi nella loro «lotta» da «combattenti» contro la Soka Gakkai, si tratterebbe comunque di 400 persone. Non certo un esercito, ma comunque da tenere in una qualche considerazione per lo meno a livello locale.

E invece, ci tocca ammettere che siamo stati completamente fuorviati da quella strombazzata allarmistica.

Infatti a fornirci una mesta, quasi angosciosa smentita interviene niente meno che Francesco Brunori (alias Italo) con un suo recentissimo post:


Niente «arricchimento», quindi. Almeno per ora.

Forse il business «anti-sette» non è così redditizio come costoro speravano?

domenica 20 maggio 2018

Il business «anti-sette»: Luigi Corvaglia, il CeSAP e la ricerca di potenziali clienti

di Mario Casini

Modificando un po' l'abitudine del blog, in questo post partirò dal quesito conclusivo: il CeSAP è davvero un «centro studi» oppure è una sorta di associazione «di facciata» che opera a livello mediatico e propagandistico per generare una domanda commerciale e poi passare i potenziali clienti ai propri associati e partner che erogheranno loro delle prestazioni a pagamento?

Una domanda insolita?

Qualcuno sarà forse rimasto sbalordito, qualcun altro indignato, chi più di spalle larghe, invece, indifferente.

Eppure quest’interrogativo che da un po’ ci stiamo ponendo (si vedano ad esempio questo, questo o questo post, oppure i post su Michelle Hunziker), e che gli «anti-sette» non ci stanno affatto aiutando a fugare, si fa largo in modo sempre più ingombrante nella nostra visuale del grottesco teatrino di gruppi che osteggiano le piccole minoranze religiose.

Sin dall’inizio dei lavori di questo blog mi sono domandato: cui prodest? Perché costoro fanno tutto ciò? Perché diffondere odio e allarmismo ogni santo giorno? Perché sfruttare qualunque occasione possibile per stigmatizzare il tale o talaltro movimento religioso non convenzionale e quindi portare avanti la controversa e sbugiardata teoria del «lavaggio del cervello» o «manipolazione mentale» e continuare a fare pressione sulla politica perché ripristini il reato fascista di plagio? Perché seguitare a parlare di «culti distruttivi» quando di fatto gli unici casi accertati di reato riguardano fattispecie già ben presenti e consolidate nell’ordinamento giuridico e individui che (ahimè) si macchiano di determinati fatti criminosi a prescindere dalle proprie asserite convinzioni spirituali?

Ebbene: più andiamo avanti a denunciare le incongruenze e incoerenze degli «anti-sette», più li osserviamo con attenzione, più seguiamo i loro interventi pubblici, più conferme troviamo della nostra teoria (che comunque – è doveroso precisarlo – non possiamo ancora considerare completamente confermata).

Solo ultimo in ordine cronologico, è stato un seminario che abbiamo visto pubblicizzare a più riprese da Luigi Corvaglia e Lorita Tinelli del CeSAP e, seguenti a ruota, da Sonia Ghinelli di FAVIS, questo:


Tralasciamo il fatto che il seminario ha visto una partecipazione abbastanza scarsa (circa 25-30 persone a in totale, inclusi gli amici dei relatori e gli organizzatori, a fronte di una capienza complessiva della sala di almeno il doppio dei posti) da parte della popolazione locale (la città di Lecce conta poco meno di 95.000 abitanti, circa 800.000 con la provincia) e concentriamoci sui contenuti, così come sono stati relazionati da una TV locale:


La solita minestra: lavaggio del cervello, tecniche di persuasione, sette abusanti, ecc. Nient’altro se non il trito e ritrito repertorio «anti-sette» riproposto anche in quest’occasione.

La giornalista, nel servizio, parla di una «visione nuova, inedita e laica» ma evidentemente nemmeno lei (tanto quanto il direttivo del Cefass) ha approfondito alcunché dei temi presentati e delle tesi portate avanti dal CeSAP, che sono in fin dei conti sempre le stesse.

Forse l’unico asserto un po’ diverso dai soliti è il fatto che le persone facenti parte dei «movimenti religiosi alternativi» (o delle «sette», per usare il termine tanto caro a chi ha buon gioco ad infangarli) portano avanti «due vite»: sembra quasi vogliano dare a intendere che chi segue un credo «non tradizionale» abbia una «doppia vita» (concetto che naturalmente richiama tinte fosche e attizza fantasie morbose). Sarà anche una «visione nuova, inedita e laica», ma a me pare solo l’ennesima trovata buona a mettere in cattiva luce chi non la pensa come loro.

Ma ciò che desidero focalizzare nel presente post, è un passaggio dell’intervista a Luigi Corvaglia:


Ecco spuntare fuori il filone del business.

Per parafrasare in modo schietto e un po' umoristico:
Sei un «Arancione»? allora sei malato, vieni da me così ti curo.
Reciti ogni mattina per mezz’ora un mantra buddista? stai mettendo a dura prova i tuoi neuroni, devi farti vedere da uno specialista.
Frequenti dei seminari full-immersion per l’autostima con il guru di una disciplina olistica? fa’ attenzione, sei a rischio di plagio e presto verrai isolato dal mondo intero! fissa subito un appuntamento con il CeSAP per una consulenza.

Francamente lo trovo patetico: queste persone non stanno facendo nient’altro che sfruttare la notorietà sempre crescente e dilagante dei nuovi movimenti religiosi per carpire la loro luce riflessa, identificare la loro presenza come allarmante e pericolosa, spaventare più possibile la gente con casi di reato (veri o presunti) che con la religione o la spiritualità hanno ben poco a che fare, stabilire un legame fra i fatti criminosi e quei movimenti, e poi piazzarsi sotto i riflettori proponendosi come «soluzione al problema».

Per raggiungere un tanto subdolo obiettivo, manipolano le statistiche e forniscono cifre incongruenti, ripropongono teorie screditate al limite della pseudoscienza, conducono campagne sui media tanto sistematiche quanto fuorvianti e sfruttano episodi del passato gravissimi e sconcertanti (ma di sicuro appeal psicologico) come l’eccidio del Tempio del Popolo senza però raccontarne tutte le verità storiche.

Ecco quello che fanno in realtà: cercano di procurarsi clienti.

E nel caso di Corvaglia, ciò apre un ulteriore panorama di interrogativi, se teniamo conto che lo psicologo del CeSAP è anche un dipendente dell’ASL di Bari. Ma di questo ci si occuperà prossimamente.

Consapevole di tutto ciò, subito dopo aver visto il servizio televisivo in questione, sono stato preso dal disappunto per una così sonora caduta di stile di un centro studi che all’apparenza sembrava tanto stimato ed apprezzato dai suoi utenti.

Ho quindi voluto esprimere il mio parere in proposito lasciando una recensione sulla loro pagina Facebook:


Per tutta risposta, mi sono ritrovato poche ore più tardi un messaggio alla mia pagina Facebook che, al di là della comprensibile e più che legittima contestazione del mio parere da parte del Cefass, si concludeva con la solita, immancabile minaccia velata di ritorsioni legali (che vorrei tanto pubblicare ma non faccio solo perché si tratta di un messaggio privato e quindi, per rispetto, mi astengo).

Tutto ciò non fa che concorrere ad avvalorare la mia impressione che gli «anti-sette» stiano semplicemente cercando di «tutelare» (come una bestia feroce fa con la propria preda) il proprio business, in quanto psicologi o consulenti, da presunti «rivali» che essi riterrebbero di individuare in persone, come me e molte altre, che esprimono la propria opinione (contraria alla loro) o che portano avanti un messaggio differente e non tendenzioso, come i principali studiosi di religiosità alternativa.

martedì 13 marzo 2018

Aggiornamento breve - AIVS e Toni Occhiello, «anti-sette» sempre più business

Si era già detto in un precedente post della squallida questua messa in atto tramite Facebook da Toni Occhiello nei confronti degli utenti che si mostrano interessati ai contenuti diffuso dalla pagina di AIVS e delle diverse pagine infamanti nei confronti della Soka Gakkai.

A giudicare dagli sviluppi degli ultimi giorni, non si può che notare un accentuarsi di tale attività che, a poco a poco, assume sempre più i tratti del business.

Come in ogni attività commerciale, Toni Occhiello e i suoi tre o quattro «fedelissimi» mettono in promozione alcuni post su Facebook per pubblicizzare AIVS, come si è riferito precedentemente e come si può notare anche qui con un post uscito la scorsa settimana:


Chiaramente la réclame attira persone sulle loro pagine e richieste di inserimento nel loro gruppo chiuso, come avviene normalmente per qualsiasi pagina Facebook i cui gestori desiderano aumentare il «parco clienti».

Una volta nel recinto, alla prima occasione, gli utenti ricevono richieste di iscriversi (a titolo oneroso, ossia pagando) all’associazione; richieste che vengono propinate in modo più o meno accattivante, come si è visto in precedenza e come vediamo nuovamente qui nei commenti a questo post del 24 Febbraio scorso:


Ma la raccolta fondi di AIVS non si ferma qui: evidentemente dev’essere stato «fiutato il filone», se Toni Occhiello riesce addirittura a inventarsi un «Gold Club» (con relativo tesseramento) stile «carta fedeltà» del supermercato.

Eccone l’annuncio, che è proprio di ieri:


Con un po’ di ironia, si potrebbe dire che manca solo la «raccolta punti» per gli «omaggi AIVS».

Sfortunatamente, passata l’ironia, si può solo constatare quali sono i «prodotti» che AIVS «mette in vendita»:


«Testimonianze» anonime, prive di un contraddittorio serio e coscienzioso, probabilmente nemmeno sottoposte a un vaglio per accertarne l’attendibilità; storie che, per quanto ne può sapere un ignaro spettatore, potrebbero anche essere inventate di sana pianta, tanto più che sono alquanto scarne in termini di circostanze, nomi e fatti precisi.

Ecco la «merce di scambio» di AIVS e degli «anti-sette».

giovedì 8 febbraio 2018

Quello degli «anti-sette» è un business? Perché chiedono soldi?

Un post che desideriamo analizzare in dettaglio in quanto estremamente esemplificativo dell’operato, assai discutibile e tendenzioso, degli esponenti «anti-sette». Il post in questione è questo, pubblicato il 4 Febbraio scorso sulla pagina Facebook di AIVS, a nostro avviso (ma non lo si può dare per certo) da Toni Occhiello (l'immagine seguente è in versione ridotta, ma viene sezionata e resa leggibile subito dopo):


Il post esordisce con una asserzione di sapore «complottistico», priva di elementi concreti e soprattutto allusiva rispetto a persone di cui non vengono fatti nomi e cognomi ma la cui identità viene data per sottintesa:


Da una tanto fumosa premessa si passa quindi al solito «buoni e cattivi» con una punta di vittimismo rispetto alla fantomatica «lobby» dalla quale Occhiello e i suoi compari di CeSAP e FAVIS starebbero subendo «calunnie e intimidazioni». Spontaneo domandarsi come mai l’ex regista foggiano non si fa scrupoli nel dileggiare e infamare il movimento religioso di cui ha fatto parte per tanti anni con parole forti e cariche di odio e poi si lagna di un blog come il nostro in cui non facciamo altro che riferire e documentare fatti, peraltro con una certa pacatezza.

Ma ecco a cosa mira realmente la lamentela di AIVS:


Al denaro: Occhiello sta chiedendo soldi, questo è l’obiettivo del suo post, il cui successo è ben evidenziato dalla quantità (scarsità) di «Mi piace», commenti e condivisioni.

E l’obiettivo risulta ancora più chiaro dall’unico commento presente sul post, che è della stessa AIVS e incita senza mezzi termini all’iscrizione (onerosa, € 20,00):


Non sarà una gran somma, ma sono sempre soldi e questo non è affatto l’unico post in cui Occhiello sollecita iscrizioni.

Al contrario, l’attività di AIVS assume anche maggiormente l’aspetto di un insolito, grottesco business se si nota che nell’ultimo periodo Occhiello ha lanciato una campagna di inserzioni, sempre su Facebook, per pubblicizzare i propri post che veicolano odio e allarme contro i movimenti religiosi:


E ancora:


Questo modus operandi non è affatto limitato al bellicoso Toni Occhiello e ai suoi due o tre livorosi collaboratori. Tutt’altro.

Basta guardare l’annuncio che campeggia imponente nella pagina principale del sito del CeSAP di Luigi Corvaglia e Lorita Tinelli, ben studiato sotto il profilo pubblicitario dato che tocca il sempre sensibile tasto della benevolenza:


Per non parlare di uno dei principali militanti contro i Testimoni di Geova, Rocco Politi, anch’egli (tanto per cambiare) un apostata che ha lasciato il movimento dopo una vita di frequentazione e partecipazione convinta. Nel suo caso, addirittura si presenta come il «liberatore» del popolo tanto oppresso dai pericolosissimi «culti distruttivi», con tanto di titoloni a caratteri cubitali:


Addirittura questo «simil-esorcista» parla di «vittime di fanatismi»: ma quale fanatismo? Forse il suo stesso?

Ma ecco subito svelato, anche nel suo caso, a cosa punta tanta concitazione e animosità:


Forse che gli «anti-sette», in fondo, fanno ciò che fanno per profitto personale?

Dove e come vengono spesi i soldi che vengono loro versati da eventuali donatori?

Interrogativi, questi, cui prima o poi dovrà pur essere data risposta.