giovedì 27 dicembre 2018

Pseudoscienza «anti-sette»: propaganda sul «reato di plagio» e cifre contraddittorie

Da alcuni mesi, con un’intensità asfissiante, ha ripreso la roboante propaganda mediatica contro la spiritualità «alternativa», astutamente e subdolamente ridefinita con la solita terminologia allarmistica («sette», «culti distruttivi», «gruppi abusanti»). Tale campagna sta proseguendo dall’inizio di novembre con la pubblicità martellante di «Nella Setta», il libro dei due giornalisti «anti-sette» Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni sostenuto a spada tratta dalle (solite) CeSAP, FAVIS, AIVS, le controverse associazioni impegnate nella loro guerra personale ai nuovi movimenti religiosi e consulenti (assieme a don Aldo Buonaiuto) della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) oltre che referenti italiane della discussa organizzazione europea FECRIS.

Lo scopo di costoro, a parte l’ovvio ritorno economico dalle vendite del libro, è far ripristinare l’incostituzionale «reato di plagio» (di epoca fascista) alias «manipolazione mentale», con l’evidente obiettivo di attirare business alle attività private degli psicologi coinvolti plasmando a proprio uso e consumo la categoria della «vittima di plagio mentale» così da poter poi essere «titolati» a somministrare trattamenti e terapie, a fornire consulenze, a gestire centri di ascolto, ecc., il tutto possibilmente finanziato dallo Stato. Un giro d’affari che è già consistente oggigiorno e potrebbe diventare alquanto considerevole in futuro a patto che, data la lampante pochezza delle basi su cui si fonda, venga reso «credibile» agli occhi di politici e amministratori della cosa pubblica.

In due paragrafi abbiamo così condensato una spiegazione chiara e difficilmente confutabile della vera ragione alla base della propaganda mediatica contro la spiritualità «alternativa». Forse qualcuno la criticherà quale sintesi un po’ troppo semplicistica, date la quantità e la qualità dei fattori in gioco nell’equazione. Eppure, vi è una marea di elementi a supporto di tale ragionamento (la gran parte dei quali abbiamo sottolineato e raccontato nel nostro blog a mano a mano che li raccoglievamo); tant’è che più si osserva tale scenario, più se ne colgono conferme.

Insomma, la nostra più che un’ipotesi è una semplice rilevazione e lettura dei fatti; prova ne è che gli «anti-sette», quando vengono sollecitati a fornire delle spiegazioni o a rispondere a chi li critica, raramente entrano nel merito e (se mai lo fanno) non portano argomentazioni concrete preferendo spostare altrove la discussione; ben più frequentemente si lanciano in invettive, attacchi ad hominem ed intimidazioni, comportandosi esattamente secondo le modalità di un «settarismo» che essi attribuiscono proprio ai movimenti di cui sostengono di «denunciare gli abusi».

La tanto strombazzata «emergenza sette» altro non è se non un allarmismo voluto e organizzato (di fatto al limite del «procurato allarme»), condotto sempre dallo stesso gruppo di individui, che sta fuorviando un’istituzione della Repubblica (la «Squadra Anti-Sette») ponendola ai margini della Costituzione. Ciò produce profitto per gli esponenti «anti-sette» in termini di clienti per le loro attività professionali, di visibilità mediatica e reputazione, di compensi per partecipare a trasmissioni in qualità di presunti «esperti», di conoscenze altolocate, ecc.

Vantaggi e guadagni che vengono realizzati grazie a mistificazioni e menzogne, oltre che su veri e propri abusi perpetrati ai danni di individui e movimenti.

Osservando con attenzione le ultime uscite degli «anti-sette» sui media, in particolare per la réclame di «Nella Setta», si osservano le clamorose incongruenze delle grottesche teorie sulla base delle quali costoro dovrebbero ricevere finanziamenti pubblici e credito da parte dello Stato.

Come abbiamo detto poc’anzi e come abbiamo relazionato in diversi post precedenti, l’operato degli «anti-sette» non ha solo condotto in errore più di un magistrato finendo per mettere ingiustamente alla gogna un gran numero di cittadini con processi farsa e assoluzioni giunte troppo tardi (quando ormai i malcapitati erano stati massacrati dalla macchina del fango); le loro campagne mediatiche sono state e sono tutt’oggi fuorvianti per la Polizia di Stato.

Sentiamo ad esempio cosa si lascia sfuggire Alfredo Fabbrocini, un agente della «Squadra Anti-Sette» che ultimamente è apparso più volte in TV al fianco di Flavia Piccinni e di don Aldo Buonaiuto, qui a «Sky TG 24» il 13 dicembre scorso:


In un passaggio al minuto 10’26”, il poliziotto Fabbrocini afferma chiaramente che «le attività investigative non sono tantissime sull’argomento»! Questo è già un indizio quanto mai evidente che non esiste alcun «allarme sette» e che è necessario un continuo battere di grancassa sull’argomento perché qualcuno possa cominciare a crederci.

Ci si aspetterebbero delle statistiche precise, comprovate e documentate, visto che si sta cercando di influenzare l'esistenza di movimenti religiosi e di leader spirituali che raccolgono centinaia di migliaia di fedeli in tutto il paese. Al contrario, senza alcun rispetto per le credenze di quei cittadini, gli «anti-sette» e giornalisti compiacenti sparano cifre a mo’ di «Lascia o raddoppia?», come in questo spezzone della trasmissione «Siamo Noi» andata in onda su TV2000 il 9 novembre scorso proprio per favorire il lancio sul mercato del libro «Nella Setta»:


Restiamo allibiti di fronte a quel «(…) quindi facciamo almeno per due, diciamo… a occhio» di Massimiliano Niccoli: ma sì, che importa se queste cifre poi vengono adoperate per mandare al rogo qualche nostro concittadino? Raddoppiamo, e «allegria, amici ascoltatori»!

Stendiamo un pietoso velo sul pressappochismo e la becera superficialità di certi fanfaroni, e cogliamo il fatto ovvio e inconfutabile dietro alla cortina fumogena: il (presunto) dato statistico è ancora quello delle «cinquecento sette», una cifra completamente autoreferenziale messa in dubbio persino da chi l’ha propinata ripetutamente sui media nazionali di mezza Italia fino a quando non è diventata il dato «di riferimento».


Di questa clamorosa ammissione di incompetenza abbiamo parlato in uno dei post dedicati allo strabiliante webinar tenuto dalla psicologa «anti-sette» Lorita Tinelli, sottolineandone il paradosso.

In quello stralcio, la Tinelli dice chiaramente che le statistiche accampate dal suo «centro studi» sono basate sulle «richieste di aiuto» che essi asseriscono di ricevere (di nuovo, totale autoreferenzialità).

Teniamo conto che don Aldo Buonaiuto, in ottobre 2016, aveva affermato di non essere in grado di quantificare il fenomeno:


Eppure lo stesso don Buonaiuto, nell’inquietante convegno tenutosi a Roma il 9 novembre scorso (preludio alla campagna pubblicitaria di «Nella Setta») ha fornito dei numeri completamente discrepanti: (testuali parole, dal minuto 1h50m55s della registrazione) ha detto  di aver «incontrato e parlato con oltre quattordicimila persone dal 2002 a oggi» tramite il suo «numero verde anti sette» e di averne «incontrate solo quest’anno 1.403»(millequattrocentotré). Cifre, queste, confermate più di recente nella succitata trasmissione di TV2000 al fianco di Flavia Piccinni. Naturalmente, Buonaiuto non fornisce alcun dettaglio per chiarire di che genere di «incontri» si tratti e di cosa abbia «sentito» nelle telefonate che li avevano preceduti. Quando lo aveva fatto (undici anni or sono), era risultato completamente inattendibile.

Ma restiamo ancora più sbalorditi di fronte alla cifra dichiarata dal prete inquisitore, che in quel convegno sostiene addirittura di essere «arrivato ad individuare circa 8 mila gruppi in Italia, più o meno organizzati».

E di che gruppi stiamo parlando? Quale genere di associazionismo (diritto costituzionalmente garantito) gli «anti-sette» stanno chiedendo alla Polizia di Stato di prendere di mira con tale «stigma»? Sentiamolo direttamente dalle parole del vicequestore aggiunto Alfredo Fabbrocini:


Dunque, stando alla definizione di questo rappresentante della «Squadra Anti-Sette», si deve considerare «setta» una «organizzazione che si [ri]unisce per motivi che possono essere religiosi filosofici». Il che, probabilmente, congloba diversi milioni di cittadini devoti di questa o quella religione o corrente spirituale.

Siamo così di fronte a una drammatica, inquietante deriva liberticida della Repubblica, propiziata da qualche piccolo gruppo di militanti e fomentata dai racconti sensazionalistici di alcuni apostati «ben» selezionati: gli stessi che qua e là hanno espressamente parlato di «guerra alle sette» e comunque la conducono di fatto, gli stessi che fanno l’occhiolino alle politiche repressive violente attualmente in atto in Cina, gli stessi che diffondono intolleranza e «fake news» dai loro profili Facebook e dai loro siti Internet.

Cui prodest?

La risposta la forniscono loro stessi, gli «anti-sette»: i giornalisti Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni (suo stretto collaboratore nonché fidanzato, sebbene essi curiosamente non rivelino mai tale «segreto di Pulcinella») cavalcano il fenomeno commerciale del loro libro così come aveva fatto esattamente un anno prima la soubrette Michelle Hunziker, dei profittatori come Mauro Garbuglia si fanno réclame e aprono nuove attività, mentre uno psicologo quale Luigi Corvaglia porta acqua al proprio mulino e si promuove come consulente o analista per le presunte «vittime»:



Pertanto, quando sosteniamo che si tratta di un business artefatto e costruito alle spalle di persone innocenti sfruttando la credulità popolare tendenzialmente sospettosa nei confronti del «diverso», lo facciamo perché sono gli stessi «anti-sette» a fornirci elementi e prove cogenti di ciò.

A tal punto si spinge la sete di denaro o di potere di costoro?

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