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lunedì 30 aprile 2018

Aggiornamento breve - gli «anti-sette» influiscono sul crollo dei valori morali?

Abbiamo notato qualche sera fa un intervento di don Aldo Buonaiuto alla trasmissione «Storie italiane» su RAI 1. Tema centrale della puntata erano alcuni gravi casi di bullismo.

Senza entrare nel merito del delicato e inquietante argomento su cui si è soffermato il talk-show, non abbiamo potuto fare a meno di osservare come gli «anti-sette» alla TV di stato non si siano fatti sfuggire l’ennesima occasione di perpetrare la loro manipolazione mentale ai danni dei telespettatori.


I valori morali di una società, di cui don Buonaiuto lamenta il crollo mentre discetta di bullismo, possono essere promossi, sorretti e difesi laicamente dalla scuola, dalle istituzioni e, come dice lo stesso Buonaiuto, da tutti gli adulti, dai media, dalla cinematografia, ecc.

Un tempo, i depositari e principali custodi dei valori morali della società erano proprio i leader spirituali e (specialmente nel nostro paese) i religiosi a partire dai parroci di paese e delle congregazioni di quartiere; una categoria che il sacerdote don Aldo Buonaiuto dimentica nell’elenco dei responsabili di un sisma valoriale tanto serio.

Non troppi decenni fa, nell’italietta di Don Camillo e Peppone, quando si aveva un problema in famiglia o un qualche dilemma morale, si andava dal prete.

A poco a poco questo presidio morale si è sfaldato, sgretolato, di pari passo con la crisi vocazionale e con l’aumento dei problemi sociali e del dissesto morale.

Non abbiamo la pretesa, in questo breve scritto, di indicare quale sia la causa di tutto ciò e neppure di spingerci in indagini che sarebbero eccessivamente superficiali.

Non intendiamo nemmeno sostenere che le colpe siano tutte da addossare alle religioni tradizionali, ad esempio alle storie di pedofilia e agli episodi di malcostume che hanno visto protagonisti troppi sacerdoti (non solo cattolici); non crediamo siano queste le cause di tale crollo di valori, anche se certamente sono concause e di sicuro contribuiscono alla sfiducia crescente nei confronti delle religioni tradizionali. Non si dimentichi che lo stesso Buonaiuto è stato indagato per pedofilia e in seguito scagionato (i fatti risalgono al 2003-2004).

Osiamo invece affermare che una causa ben più diretta della sfiducia generalizzata verso la spiritualità e, quindi, verso i valori morali, è proprio il comportamento profondamente discutibile e tristemente ambiguo di figure come il prete inquisitore don Buonaiuto; personaggi che da anni seminano allarmismo infondato nei confronti di tutte le esperienze religiose, spirituali, esoteriche e alternative che arbitrariamente non vanno loro a genio.

E in questa campagna antireligiosa, che è una campagna contro i valori morali che le religioni (anche quelle non cattoliche) sostengono, è complice proprio la TV di stato che, anziché favorire la tenuta morale della società con un servizio pubblico educativo laico, amplifica le notizie fuorvianti di Buonaiuto e degli «anti-sette», e lo fa col danaro dei contribuenti.

Abbiamo ampiamente documentato come le notizie fasulle diffuse da Buonaiuto e dai suoi colleghi «anti-sette» abbiano dato vita in più occasioni a persecuzioni mediatiche e giudiziarie che hanno distrutto vite umane e famiglie. Loro, però, non paghi di avvelenare l’opinione pubblica con odio e intolleranza, continuano imperterriti.

Si lamentano del bullismo come se fosse causato dai valori dei gruppi religiosi che Buonaiuto detesta, come se un adolescente figlio di Testimoni di Geova, di Buddisti Soka Gakkai o di Pentecostali Sabaoth apprendesse in famiglia disvalori tali da condurlo a compiere atti di prevaricazione di quel genere: una stupidaggine lapalissiana. Semmai, in questi gruppi religiosi troverebbe esempi ben più ammirevoli di certi religiosi (di nome e non di fatto) che ammorbano le cronache; di certo verrebbe educato a valori morali ormai non più dispensati in oratori deserti.

Quell’adolescente viene semmai sconvolto e scombussolato proprio guardando trasmissioni come «Storie italiane» in cui un prete in abito talare, portato in auge da un servizio di Stato e sostenuto dalla storia strappalacrime di una nota soubrette come Michelle Hunziker, tuona contro i suoi genitori perché fanno parte di una «setta distruttiva» che gli fa il «lavaggio del cervello».

Peggio ancora, se quella trasmissione la vedono i suoi nonni (abituati a considerare un prete una fonte autorevole, a maggior ragione se parla in RAI), figurarsi se non si allarmano e se non gli comunicano la loro preoccupazione, magari deplorando la nuora per aver «traviato» il figlio che loro avevano cresciuto cattolico.

Ecco come dei valori fondanti della nostra società (unità familiare, amore e il rispetto tra figli e genitori, ecc.) vengono sistematicamente sabotati dagli «anti-sette» e dai media.

Dai problemi familiari sofferti da quell’adolescente, ai problemi a scuola e nella società, e quindi al bullismo, il passo non è poi così lungo.

Altro che parlare di crollo dei valori morali e indicarne i presunti responsabili! Se Buonaiuto volesse davvero prodigarsi per contribuire all’arresto di tale circolo vizioso, dovrebbe riscoprire i principi cristiani e la missione sacerdotale che gli competono e tornare a dedicarvisi; dovrebbe lasciar perdere le campagne mediatiche «anti-sette» e la TV.

domenica 24 dicembre 2017

I comunisti mangiano i bambini? No… loro no, ma le «sette» sì!

[Post aggiornato il 16 Marzo 2018]
[Nota: i nomi sono stati oscurati per non perpetrare il sopruso.]

Prima che qualcuno prenda troppo sul serio la nostra provocazione, precisiamo che solo per amor di satira abbiamo intitolato questo post ricalcando la «storica» fanfaluca a proposito dei «compagni» di sinistra (per ulteriori spiegazioni, rimandiamo a questo articolo). Oggi la si definirebbe una «bufala», ma la somiglianza con quanto andremo a raccontare è emblematica.

Un lettore ben informato che sta seguendo il blog e che ha letto il nostro post a proposito della vicenda giudiziaria dei presunti «Angeli di Sodoma», ci ha fatto gentile dono di un documento alquanto pertinente che, pur essendo pubblico, non ci risulta abbia mai visto la luce.

Ne pubblichiamo qualche stralcio per fornire ulteriori elementi a dimostrazione dello scellerato modus operandi degli «anti-sette» e del modo in cui essi foraggiano la «Squadra Anti-Sette» (SAS) per colpire le persone più deboli e i gruppi di minoranza da loro opinabilmente classificati come «culti distruttivi».

Si tratta della famigerata relazione di don Aldo Buonaiuto, sulla base della quale non solo la magistratura ha inflitto la carcerazione preventiva (in attesa di giudizio) a quattro imputati, ma la macchina del fango fomentata dai soliti «anti-sette» ne ha anche rovinato per sempre l’esistenza marchiandoli a fuoco con un’ingiusta nomea di maniaci e assassini. L’unica verità è che uno di loro aveva commesso il reato di cessione (nemmeno spaccio) di stupefacenti (ed è stato quindi condannato per tale illecito).

Come si diceva appunto in quel già citato post, pochi mesi prima dell’istituzione della SAS e proprio in occasione dell’inchiesta giudiziaria che era partita su quei quattro giovani satanisti del pescarese, don Aldo Buonaiuto era stato «nominato sul campo ufficiale di polizia giudiziaria» per assistere «i poliziotti nei meandri oscuri dei riti dedicati al demonio». In altri termini, era stato assunto come consulente dalla Polizia Giudiziaria che stava indagando.

Ecco, infatti, come titolava la relazione (nove pagine) redatta da don Buonaiuto:


Ed ecco come veniva giustificato, nell’introduzione di quel documento (prima pagina), il ruolo del prete cattolico:


Vorremmo soffermarci su un elemento che viene qui fornito: «dopo (…) aver esaminato tutto il materiale acquisito» significa, senza mezzi termini, che don Buonaiuto ha avuto accesso sin dall’inizio a tutti i documenti dell’indagine, ovviamente secretati e quindi preclusi a chiunque altro, persino ai legali degli imputati. Ne consegue che a un prete cattolico (peraltro privo di qualsivoglia titolo accademico in materia di religioni e spiritualità con l’unica, ovvia eccezione della propria) viene affidato l’incarico – singolarmente (per non dire paradossalmente) – di redigere una relazione riguardo a un gruppo di satanisti: quale obiettività potrà mai avere una tale figura? In forza di un simile incarico, tale prete cattolico è automaticamente investito di un potere immenso, ossia quello di esprimere giudizi di merito e accuse molto pesanti che non saranno sottoposte ad alcun contraddittorio né al vaglio di alcuna critica.

Giudizi e considerazioni che, infatti, sono valsi agli imputati il carcere e la rovina totale della loro reputazione ad opera della macchina del fango «anti-sette», già molto prima (ben tre anni) che il tribunale potesse esaminare gli elementi e formulare una propria sentenza.

Sentenza che, quando è arrivata, ha clamorosamente smentito la versione iniziale ed ha razionalmente sanzionato solo i fatti criminosi accertati, nessuno dei quali collimava con i roboanti anatemi del sacerdote livornese.

Tant’è che la denominazione stessa «Angeli di Sodoma» è un’invenzione giornalistica (utile per suscitare timori e ribrezzo) e infatti i quattro indagati hanno subito un massacrante processo mediatico grazie a don Buonaiuto e ai suoi colleghi. Alcuni media di quel periodo sono ancora rintracciabili su Internet, con i loro titoli sensazionalistici: «Bambini drogati e violentati per riti satanici», «Bimbi violentati e drogati, 4 arresti» e «Sette sataniche, “Angeli di Sodoma” pericolosi – ramificazioni da nord a sud».

Ma torniamo al documento ed esaminiamone alcuni passaggi.

Questo paragrafo è posto all’inizio della relazione vera e propria:


Sorvolando su quel curioso quanto ambiguo «egregiamente» che sa un po’ di sviolinata, notiamo subito due elementi cardine: anzitutto, il «gruppo satanico» oggetto di indagine (e dunque – teoria vorrebbe – in quanto tale da considerare innocente fino a prova contraria) è immediatamente definito una «nefasta realtà»; ciò indica inconfutabilmente che la relazione di don Aldo Buonaiuto parte sin da principio con una sentenza inappellabile di colpevolezza, o per dirla in altro modo, con un profondo pregiudizio che non lascia spazio ad alcuna obiettività o serena osservazione. Quale metodo scientifico può venire adottato in presenza di un simile preconcetto?

L’altro elemento è quello dell’allarmismo, che spicca anch’esso da quel primo, chiassoso paragrafo: i quattro giovani pescaresi sarebbero stati addirittura, secondo don Buonaiuto, esponenti di una realtà criminale internazionale. Nulla, però, di quei legami stile «cospirazione mondiale» (che ci ricordano famosi film americani ricchi di effetti speciali), è mai emerso dal processo o dal proseguimento dell’inchiesta. Da quali elementi li avrà colti il prete della SAS? Forse dalla sua inesistente preparazione accademica in materia di criminologia o di filosofia della religione o di sociologia?

Più oltre nella relazione, don Aldo Buonaiuto cerca di portare prove a dimostrazione della sua tesi accusatoria:



Posto che i quattro ragazzi indiziati si fossero dati la denominazione di «Angeli di Sodoma», questa è una pura e semplice interpretazione del significato che essi avrebbero potuto attribuire al vocabolo «angeli»; ma poi,come in un sillogismo sofistico la trattazione prosegue e finisce per tradursi nel sospetto che il gruppo potesse, sulla scorta di quella significanza, commettere un crimine. Ipotesi tutto sommato legittima (sempre ammesso e non concesso che la premessa potesse essere sensata), ma quel sospetto non viene affatto qualificato come tale; tutt’altro, viene proprio fatto assurgere a «elemento di prova»! Eppure non si trattava dell’accertamento che quel genere di atto (tanto orripilante) fosse stato commesso, ma solo di un sospetto fondato su meri concatenamenti di pensiero.

Infatti, proseguendo con la lettura, si ha la netta sensazione che la «relazione» di don Buonaiuto altro non sia se non un vero e proprio «processo alle intenzioni» che ha l’amaro e orrido sapore di un revival dell’inquisizione spagnola.


Indubbiamente, un’affermazione di quel genere risulterebbe aberrante per una persona di buon senso; così sarebbe, in modo particolare, se il significato dato a quelle parole fosse davvero ciò che vuole fare intendere il testo che le riporta. In altri termini, estrapolata dal proprio contesto ed inserita in un dato passaggio di una «perizia» che dipinge una scena con tinte fosche e tetre, senza dubbio una frase tanto eclatante sortisce l’effetto di un ribrezzo istantaneo, suscita come reazione un ipotetico invito a lavarsi la bocca col sapone.

Ciò detto, se l’infelice boutade non ha avuto alcun tipo di seguito e non vi è stato il benché minimo indizio concreto della volontà di mettere in atto una tanto ripugnante condotta, nessuno dovrebbe sentirsi autorizzato a «condannare in via preventiva» un individuo per infanticidio quando tutt’al più lo si potrebbe tacciare di turpiloquio. E questo senza nemmeno aver indagato in quale contesto, in quale momento particolare e in quali condizioni individuali il soggetto avesse esternato dei pensieri tanto gravi. Anche perché la stessa relazione parla di «battuta» e non vi è peraltro alcun accenno al fatto che la «testimonianza» indicata sia stata messa alla prova in termini di veridicità o sia per altri motivi da considerarsi pienamente attendibile.

Eppure, secondo don Aldo Buonaiuto, delle «prove» come quella sono più che sufficienti per considerare gli indiziati dei criminali tout-court:


A noi, invece, da quanto esposto appare evidente come don Aldo Buonaiuto «divulghi pericolosamente» una cultura dell’allarme e del sospetto e dell’intolleranza del diverso, tentando di minare la serenità psichica della gente e – peggio ancora – strumentalizzando le istituzioni dello Stato per reprimere i diritti e la libertà delle persone che non gli garbano.

Ha forse buon gioco don Buonaiuto ad affermare che le persone «in genere» sono «fragili»? Forse vorrebbe che lo fossero, perché in tal caso lui può sentirsi autorizzato a «proteggerle» dal «maligno» e quindi a continuare a richiedere ed ottenere fondi per la sua associazione?

Ma se il «maligno» da lui additato è solamente il libero pensiero e se il «pericolo» è in realtà rappresentato dalla libera associazione, la gente ha davvero bisogno di una simile «tutela» e lo Stato (che si presume sia laico) dovrebbe continuare a finanziarla con il denaro di noi contribuenti?

venerdì 22 dicembre 2017

STORIA / 3. Ancora sulle devastanti conseguenze della propaganda «anti-sette»

Torniamo sull’argomento dei danni cagionati dall’intolleranza «anti-sette» per descrivere un caso emblematico che, anche dopo il lungo tempo ormai trascorso, rende bene l’idea di quanto devastanti possono essere le conseguenze delle campagne mediatiche e delle persecuzioni giudiziarie montate dai presunti o sedicenti «esperti» di movimenti religiosi.

Il caso degli «Angeli di Sodoma» è stato sotto le luci della ribalta mediatica nell’autunno del 2002.

Ecco con quale tenore drammatico le cronache nere del periodo descrivevano la situazione: «L’orrore abitava in una casa qualunque, alla periferia di una piccola città stretta fra le colline e il mare. Lì approdavano ragazzi troppo fragili, attirati da un mondo che avevano imparato a conoscere attraverso le suggestioni della musica. Il mondo del satanismo, delle messe nere, dei riti foschi partoriti da menti malate. “Angeli di Sodoma”, così il loro messia voleva si chiamassero. Charles Bukowski era il loro idolo. G. C., il cupo sacerdote».

Con un’ingenuità quasi naif, degna del miglior film d’azione americano anni ’80, i giornalisti «ben informati» proseguivano nei loro racconti di come i «buoni» avevano sgominato i «cattivi»: «La polizia ha chiesto aiuto alla comunità di don Oreste Benzi, che ha messo a disposizione don Aldo Buonaiuto, un giovane sacerdote esperto di satanismo. E don Buonaiuto, nominato sul campo ufficiale di polizia giudiziaria, ha guidato i poliziotti nei meandri oscuri dei riti dedicati al demonio».

A molti commentatori, osservatori e studiosi parve subito singolare che proprio un prete cattolico venisse considerato una fonte autorevole per giudicare un fenomeno criminoso che qualcuno aveva presupposto potesse essere caratterizzato da aspetti religiosi o esoterici. Eppure, le dichiarazioni individuali di quel sacerdote finirono per sostanziare un ordine di carcerazione preventiva per quattro ragazzi, la cui unica colpa pareva essere il praticare una loro filosofia completamente avulsa dalla forma mentis della società in cui si trovavano. Tanto che qualcuno ebbe a gridare ad una nuova «caccia alle streghe», praticata «con metodi feroci e sistematici». Dal canto loro, gli interessati, dall’isolamento in prigione si proclamavano innocenti e «vittime di una montatura».

L’esito dell’inchiesta che ebbe luogo nei tre anni successivi? Eccolo qua:


Ma come è tristemente consueto nell’ambito degli «anti-sette», purtroppo, in attesa di un giudizio organico due dei quattro imputati poi assolti «perché il fatto non sussiste», sono stati «sbattuti nelle prima pagine dei giornali e nei titoli dei telegiornali e additati come mostri e facenti parti di una setta satanica». Le loro vite sono state segnate per sempre da un inevitabile disonore e dalla disapprovazione dell’opinione pubblica, a prescindere dal fatto che dopo tre anni la giustizia ha ritenuto infondate buona parte delle accuse.

Similmente a quanto è accaduto qualche tempo dopo con il «caso Arkeon», mentre la gogna mediatica ha condannato gli imputati ancora prima che si celebrasse il processo e senza possibilità alcuna di ricorso, la giustizia ordinaria ha sanzionato una condotta illecita legata alla droga, ma per converso ha dissolto completamente il teorema della «setta satanica pericolosa», ovvero quella sorta di cortina fumogena sparsa ovunque dagli «anti-sette», con don Buonaiuto in prima fila.

Nel «caso Arkeon», il «teorema Tinelli» aveva paventato l’esistenza di una «psico-setta» distruttiva e aveva descritto tutta una serie di reati gravi che però il tribunale (tre gradi di giudizio, fino alla Corte di Cassazione) hanno accertato esistere soltanto nella fervida immaginazione della psicologa pugliese e di coloro che, assieme alla Tinelli, avevano raccontato delle «storie di abusi» rivelatesi inconsistenti.

Nel caso degli «Angeli di Sodoma», la condotta realmente criminosa (sanzionata come tale a seguito degli accertamenti da parte della magistratura) è stato lo spaccio di droga assieme alla profanazione di tomba, mentre il castello di carte montato (questa volta) da don Aldo Buonaiuto si è rivelato di una falsità tanto accanita quanto maliziosa.

Si potrebbe pensare che si sia trattato di un caso isolato, magari dovuto al fatto che don Buonaiuto era alle prime esperienze della sua crociata contro i «culti distruttivi». Non è così, e a questo proposito citiamo un frizzante ma incisivo articolo pubblicato su «Agenzia Radicale», a firma di Camillo Maffia:



D’altronde, che don Buonaiuto non sia realmente un esperto di «sette» ma affermi solo di esserlo, risulta palese anche da altri elementi. In questa intervista, per esempio, uno dei massimi studiosi di movimenti religiosi e di spiritualità a livello mondiale, il prof. Massimo Introvigne, definisce così il prete «anti-sette» consulente della polizia di stato: «Non solo la vicenda dei presunti Angeli di Sodoma, ma anche i suoi libri a mio avviso permettono di concludere che ci troviamo di fronte a un militante, non a uno studioso. Naturalmente don Buonaiuto potrebbe sostenere che anch’io, e tanti miei colleghi, siamo “militanti”, nel nostro caso in favore della libertà religiosa delle cosiddette “sette”. La differenza però è che io, come altri studiosi accademici, ho al mio attivo centinaia di pubblicazioni su riviste internazionali, o presso case editrici accademiche, che le sottopongono al vaglio rigoroso della “peer review”, cioè alla recensione anonima da parte di colleghi universitari. Con tutto il rispetto, mi pare che questo appunto manchi nel curriculum di don Buonaiuto».

Infatti, va anche precisato che la conclamata mancanza di fondamento delle «notizie» riferite da don Buonaiuto a proposito della presunta «setta degli Angeli di Sodoma» è stata in seguito più volte ricordata non solo da un illustre sociologo come il prof. Introvigne, ma anche da persone di estrazione completamente differente (quali ad esempio lo scrittore Amedeo Longobardi), come mostrano molti commenti qua e là per la Rete (quelli in calce a questo articolo solo per citarne alcuni).

Infine, sarebbe opportuno precisare che dopo quella sentenza (ottobre 2006) ce n’è stata una seconda, di appello, con la quale i reati inizialmente sanzionati sono stati alquanto ridimensionati fino ad un dimezzamento della pena. Ma se in quel gruppetto di giovani anticonformisti c’era stato dello spaccio di stupefacenti e qualche altro illecito, giusto e dovuto è stato fermare e sanzionare l’illegalità; ciò detto, che bisogno c’era di assassinare la loro reputazione per sempre e di istigare un’indagine giudiziaria su aspetti del tutto inesistenti? Di nuovo, come in molti altri casi, un inutile dispendio di denaro pubblico e una vita rovinata per i quattro imputati che sono stati tacciati delle nefandezze più raccapriccianti, tutte frutto dell’orrida, oscena e morbosa immaginazione di un esponente del clero cattolico, referente della controversa «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno.

D’altronde, non è strano che le vicissitudini giudiziarie di Arkeon e degli «Angeli di Sodoma» (e di altre che qui non abbiamo menzionato ma delle quali si potrebbe e forse si dovrà parlare) siano scaturite entrambe dalla stessa prassi scellerata, quella di strumentalizzare il potere dello stato contro le minoranze, tant’è che i già citati don Buonaiuto (prete cattolico) e Lorita Tinelli (psicologa) si dichiarano referenti della SAS («Squadra Anti-Sette») esattamente come Sonia Ghinelli del FAVIS, e tutti loro adottano il medesimo modus operandi.

A tal proposito, sui metodi della SAS (una sorta di «polizia spirituale» dalle fosche tinte orwelliane), molto è stato scritto e denunciato dal sito Internet «Libero Credo».

C’è da augurarsi che, caso dopo caso, lo Stato si ravveda e riconsideri la distribuzione delle proprie risorse per destinarle ad attività serie di contrasto al crimine… con il bisogno che ce n’è!

sabato 29 dicembre 2018

Pseudoscienza «anti-sette», l’inquietante convegno del 9 novembre 2018 presso l’università «LUMSA»: don Aldo Buonaiuto e la «Squadra Anti-Sette» (SAS) promuovono la «libertà di calunnia»?

Il 9 novembre 2018 scorso si è tenuto un convegno presso l’università «LUMSA» (acronimo di «Libera Università Maria Santissima Assunta», presentata come «il secondo ateneo più antico di Roma»), dal titolo «La trappola delle sette», nel quale è stato dato ampio spazio alle teorie «anti-sette» ed ai racconti di presunte vittime di ipotetici «culti abusanti» o simili. L’evento, organizzato dalla Polizia di Stato, è stato promosso da don Aldo Buonaiuto sotto l’egida della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ed ha visto la partecipazione di Elisabetta Mancini e Francesca Romana Capaldo in rappresentanza della SAS (la controversa «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) oltre che di alcuni giornalisti e (verso la fine) anche la comparsata del Vicepremier e Ministro dell’Interno, Matteo Salvini.


Come menziona «In Terris» (la rivista online facente capo a una società commerciale di proprietà dello stesso Buonaiuto) nel suo entusiastico resoconto dell’evento, fra i saluti iniziali si è registrato quello del cardinale Giovanni Angelo Becciu, il quale – alquanto curiosamente – si occupa di tutt’altro, essendo il prefetto della «Congregazione delle cause dei santi» (sic!). Presenza, la sua, tanto più grottesca se si considera che il porporato settantenne, già segretario di stato Vaticano, è esponente di spicco dei Focolarini, movimento cattolico «di frangia» anch’esso sovente preso di mira in quanto «setta» (ovviamente dedita al «plagio» mentale dei suoi «adepti») da quella stessa intransigente, feroce propaganda ideologica contro la spiritualità «alternativa» che il convegno in oggetto ha promosso con tanta enfasi.

Stranezze pontificie a parte, l'evento ha riproposto gli usuali resoconti allarmisti e sensazionalistici di un presunto «allarme sette» che giustificherebbe l’operatività di una apposita unità di Polizia di Stato istituita in seno al Servizio Centrale Operativo (SCO) della Direzione Anticrimine Centrale (DAC), cioè proprio la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno, normalmente apostrofata nel nostro blog come «polizia religiosa». Ne abbiamo parlato proprio l’altra mattina per denunciare l’inquietante strumentalizzazione di un’istituzione della Repubblica da parte di un esiguo gruppo di individui e di associazioni private che ne sfruttano il potere per perseguire i propri fini e per procurarsi benefici economici e di altro genere.

Fra costoro, il primo a trarre vantaggio da un ruolo quanto mai discutibile di consulente ufficiale della Polizia di Stato è senz’altro il prete inquisitore don Aldo Buonaiuto, per l’appunto promotore del convegno organizzato dalla stessa SAS; il suo operato si è reso tristemente famoso sin dai primi anni 2000 per il clamoroso caso degli inesistenti «Angeli di Sodoma», del quale ci siamo occupati tempo addietro.

Evidentemente sentendosi forte di un ruolo di primo piano nell’evento e di un ambiente a lui particolarmente favorevole, in quest’occasione don Buonaiuto ha dato fondo al proprio livore ed alla propria veemenza nei confronti di tutto ciò che fuoriesce da una strettissima osservanza di quanto egli ritiene sia «religione», cioè una versione del cattolicesimo a nostro avviso alquanto estremista e dunque lontana dai propri principi fondanti (abbiamo analizzato tale aspetto in un precedente post). Comunque sia, don Aldo Buonaiuto esclude categoricamente che le credenze proposte e divulgate dai movimenti spirituali e filosofici più esigui ma in rapida diffusione possano essere «religiose», al contrario devono essere ritenute «criminali» e fasulle perché strumentali ad «accalappiare adepti» da sfruttare poi contro la loro volontà per i fini più deprecabili.


Una filippica dalle tinte fosche e cupe, espressa con un’emotività da militante infervorato più che da scientifico consulente, che sicuramente sortisce l'effetto di fare sensazione e di colpire in pieno petto l’ascoltatore. Quanto però alla concretezza dei dati che fornisce, non vi è nulla di più lontano dall’attendibile e dal circostanziato.

Don Aldo Buonaiuto infatti, mentre veicola la propria rabbia per trasmetterla all’uditorio, generalizza in maniera estremamente superficiale e non fornisce dati concreti o descrizioni precise di situazioni specifiche, a cominciare dalla «testimonianza» (rigorosamente anonima e non verificabile, ma dai toni ruvidi e drammatici) con cui esordisce. Non dichiara quali siano le associazioni che egli definisce «culti estremi» o «realtà criminogene», non nomina chi sarebbero i «criminali» che portano «agli inferi, negli abissi, nel vuoto, nel caos, nella disperazione, nella solitudine, nell’isolamento». Eppure ha proprio lì, al suo fianco, degli agenti della Polizia di Stato (con cui interloquisce regolarmente). Perché quindi non opera nella trasparenza informando i cittadini e le istituzioni di chi sarebbero i «cattivi» contro i quali sarebbe giusto nutrire tanto odio?

Il motto così fervidamente esclamato da don Buonaiuto «Le parole hanno un significato!», dovrebbe essere osservato proprio da lui stesso con maggiore obiettività. Perché quando si taccia qualcuno (che nemmeno viene nominato) di essere un «criminale», lo si sta giudicando colpevole ancora prima che possa aver avuto luogo una seria ed attenta disamina della sua condotta.

Vediamo allora quali dati porta il novello Bernardo di Guido che vorrebbe insegnare al vasto pubblico ed alle istituzioni della Repubblica come condurre l’odierna inquisizione:


Don Aldo Buonaiuto sostiene dunque di aver «incontrato e parlato con oltre quattordicimila persone dal 2002 a oggi» tramite il suo «numero verde anti sette» e di averne incontrate «quest’anno, a oggi, 1.403» (millequattrocentotré); non esemplifica però in alcun modo di che genere di «incontri» si sia trattato, di cosa si sia «parlato» in quelle telefonate e in quei «colloqui». Non fornisce alcun criterio di valutazione, alcun metro di misura. Solo cifre, sulla cui autenticità è peraltro lecito dubitare, anche fortemente.

Poco prima (1h40m00s), il sacerdote afferma anche che fra questi millequattrocentotré vi sono «persone invisibili» e «persone che si nascondono», ma tutti loro sarebbero «vittime delle sette» di cui lo Stato non si sta occupando. A maggior ragione, se ciò fosse vero, sarebbe logico richiedere una certa precisione nel fornire i relativi dati.

Esaminando queste cifre, si dovrebbe dare atto a don Aldo Buonaiuto di aver «incontrato e parlato», in media, con due/tre persone ogni santo giorno di ogni singolo anno dal 2002 ad oggi sull’intero territorio italiano. Ciò senza alcuna distinzione fra un incontro, una semplice conversazione telefonica degna di nota, un semplice scambio di saluti, una dissertazione sulla cosmogonia di qualche movimento, ecc. Ben si comprende dunque l’approssimazione cui una tale cifra costringe e la conseguente impossibilità di effettuare dei rilievi statistici attendibili dell’ipotetico fenomeno.

Don Buonaiuto dichiara inoltre di aver «identificato ottomila gruppi più o meno organizzati»:


Si noti lo sguardo volutamente penetrante cui fa seguito tale altisonante asserzione.

Ne abbiamo già parlato nel precedente post e non vogliamo ripeterci: è una cifra che non quadra e che, fra l’altro, confligge clamorosamente con ciò che dichiarano gli altri «anti-sette», inclusi coloro con i quali il prete inquisitore condivide i salotti dei talk-show:


Quindi i «culti estremi» e le «realtà criminogene» sono cinquecento o sono ottomila? C’è una bella differenza, la proporzione è di uno a sedici!

Non stupisce una tale imprecisione ed approssimazione, d’altronde don Buonaiuto già in passato aveva ammesso di non essere assolutamente in grado di quantificare con esattezza il presunto fenomeno:


Eppure era stato previsto sin dal novembre del 2006 che gli «anti-sette» (FAVIS e CeSAP con don Buonaiuto in prima fila) coinvolti nel «monitoraggio» delle presunte «sette» dovessero comunicare alla DAC i «contenuti delle segnalazioni ricevute»; anzi, le associazioni stesse, in teoria, si erano «offerte di trasmetterle». Così si legge nella circolare De Gennaro che istituì  ufficialmente la SAS:


A fomentare l’allarmismo «anti-sette» con i resoconti dai toni più forti in termini di scandalo e scalpore, come di consueto, è la categoria dei giornalisti. Così è stato anche in questo caso, con la presentazione dei casi di «vittime» che ovviamente colpiscono per la loro disperazione e per la drammaticità degli abusi ipoteticamente subiti.

È a questo punto che la libertà di stampa (sacrosanta in quanto sancita dalla Costituzione della Repubblica, regolamentata dall’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963 come «diritto insopprimibile») in teoria dovrebbe fondarsi su di un «obbligo inderogabile», da parte dei giornalisti, verso «il rispetto della verità sostanziale dei fatti», ma in pratica finisce per dare libero sfogo alle antipatie personali e alle vendette private.

Come nel caso di Piergiorgio Giacovazzo, giornalista che ha moderato il convegno della LUMSA: costui presenta ed acclama la «testimonianza» di una delle presunte «vittime» di un’associazione che non ha nulla a che vedere con l’ambito religioso o spirituale ma viene catalogata «setta» e identificata chiaramente con la sua denominazione completa, senza che però le venga data nessuna possibilità di replica (in un consesso pubblico!) alle accuse gravissime che le vengono mosse. Non pago di tale lampante parzialità, Giacovazzo arriva addirittura a definire i responsabili dell’associazione dei «criminali»:


Ci domandiamo se non sia un comportamento calunnioso, oltre che contraddittorio nei termini: il giornalista Giacovazzo dice che gli accusati sono sotto indagine per vari reati, e al termine della sua arringa li «giudica» già colpevoli definendoli senza troppi complimenti dei «criminali». Definirla una condotta scorretta ci pare a dir poco eufemistico.

Piergiorgio Giacovazzo dà spazio anche a Maurizio Alessandrini, presidente della controversa associazione FAVIS, pensando di fornire ulteriori «credenziali» alla teoria del convegno secondo cui esisterebbe un «allarme sette». E così finisce per fare un altro tonfo, se si considera che la figura di questo ex ragioniere in pensione è stata screditata non da qualche suo oppositore o detrattore, ma proprio da suo figlio che rappresenterebbe la ragione dell’esistenza stessa di FAVIS. Per non parlare dei molti altri punti nell’operato di questa associazione che hanno destato serie perplessità e hanno posto gravi interrogativi tuttora irrisolti.


Oltretutto, se si dovesse applicare lo stesso criterio di valutazione (quello delle «testimonianze degli ex») all’ateneo che ha ospitato il convegno, bisognerebbe dare spazio agli utenti di Internet che ne parlano malissimo e descrivono la LUMSA come un istituto particolarmente interessato ad esaminare il reddito dei propri studenti per assicurarsi di poter incassare una retta alquanto salata, e molto meno attenta a fornire loro un titolo di studio che possa avere una qualche utilità effettiva. Fra l’altro, questi utenti scontenti sono numerosi, ben di più rispetto alle tre o quattro presunte «vittime» che hanno raccontato le loro storie sensazionali durante il convegno.

Quando poi sul palco (2,01,00) sale un rappresentante delle istituzioni come Vittorio Rizzi, niente meno che il prefetto a capo della Direzione Anticrimine Centrale del Ministero dell’Interno, ci si attenderebbe un differente approccio alla materia, sicuramente improntato meno allo scandalismo e più alla scientificità ed all’equilibrio. Pochi minuti sono sufficienti per rimanere completamente disillusi e trovarsi di fronte a delle fole di proporzioni ciclopiche, a cominciare dall’attribuzione alla «mitologia classica» dei misteri eleusini che invece furono fatti inequivocabilmente storici afferenti alla ritualità iniziatica della civiltà greca sin dal VII-VI secolo a.C. e fino al IV d.C., peraltro in parte successivamente trasferiti (per lo meno sul piano semantico) alla stessa liturgia cristiana (basti ricordare il «mistero della fede»).

Da questo svarione culturale, si passa poco dopo alla riproposizione di una delle classiche «bufale» smerciate dagli «anti-sette» sin dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso:


Come abbiamo ampiamente documentato nel nostro blog (e come, del resto, è stato rivelato da numerosi e importanti studi e inchieste giornalistiche succedutisi negli anni ai quali noi abbiamo solamente attinto), quella del «suicidio di massa» è una falsità ed è stata a più riprese smentita.

Addirittura, Rizzi colloca il tragico episodio di Jonestown nella Guyana francese, cioè a ben oltre 700 km da dove avvenne realmente (nella Guyana inglese). Su scala ridotta, sarebbe come confondere Milano con Milano Marittima. Segni evidenti che la materia non è stata approfondita, ma lo sguardo si è fermato alla superficie, dove abbonda la propaganda e le mistificazioni non si contano.

Non è tutto, perché fra le ormai ben note menzogne «anti-sette» c’è spazio per la strage di Waco e anche qui Rizzi si fa portavoce di un falso storico clamoroso, dicendo che «durante una diretta televisiva gli adepti di questa setta si diedero fuoco».


La verità, come ormai sa bene chi segue il nostro blog da qualche tempo, è che quella di Waco fu una vergognosa «strage di stato» messa in atto da un ente del governo americano fuorviato proprio da un esponente «anti-sette».

Una cantonata imbarazzante, ancora più grave se si considera che Rizzi sostiene di aver osservato quello sciagurato evento da vicino «nelle relazioni con i colleghi della polizia americana».

In chiusura del convegno si è collocato l’intervento che com’è ovvio ha maggiormente attirato i giornalisti, quello del ministro Matteo Salvini, il quale verso la fine (2h24m08s) afferma apertamente di aver conosciuto di persona don Aldo Buonaiuto e di aver apprezzato l’influenza di lui sulla campagna elettorale che ha portato alla sua vittoria:


Un sodalizio: quello fra la politica, un prete (don Aldo Buonaiuto), i giornalisti (come Piergiorgio Giacovazzo e gli altri che più si accaniscono contro i nuovi movimenti religiosi) e dei poliziotti (la SAS) che richiama in modo davvero inquietante un’istituzione del «ventennio» fascista come il «Ministero della Cultura Popolare» o MinCulPop.

Ci auguriamo di essere in errore.

venerdì 7 settembre 2018

Gli «anti-sette» incongruenti e inattendibili: don Aldo Buonaiuto smentisce se stesso

In questo post riproponiamo il tema dell’inattendibilità degli «anti-sette», particolarmente riferito alle cifre incongruenti spesso sbandierate da costoro ma del tutto autoreferenziali e prive di circostanze e dettagli precisi, tanto inconsistenti da rasentare la pseudoscienza come nel caso delle asserzioni sulle non meglio specificate «500 sette» da parte della psicologa pugliese Lorita Tinelli dell’associazione CeSAP (corrispondente italiana della controversa sigla franco-europea FECRIS) o alle statistiche presentate dal protagonista del post di oggi, don Aldo Buonaiuto, il prete inquisitore collaboratore del GRIS e referente della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) e, in questo ruolo, curiosamente alleato al fronte ateo degli «anti-sette», ossia la succitata Tinelli con i suoi partner romagnoli Maurizio Alessandrini e Sonia Ghinelli dell’associazione FAVIS.

Abbiamo ben pochi commenti da fare, perché tutto quello che occorre dire è già sorprendentemente esposto, in maniera cristallina, nientemeno che dallo stesso don Aldo Buonaiuto, in risposta a questa domanda postagli da una giovane blogger fervente cattolica, Rita Sberna (che – sia chiaro – non è una giornalista), in un’intervista che è stata registrata poco meno di due anni or sono (ottobre 2016):


Facciamo un piccolo passo indietro e – tanto per rafforzare e riconfermare (se mai ve ne fosse bisogno) il ruolo rivestito da don Aldo Buonaiuto come collaboratore della Polizia di Stato – ecco come lo presenta Rita Sberna:


E ora vediamo come risponde don Aldo Buonaiuto al quesito postogli dalla giovane presentatrice:


«Le sette sataniche purtroppo sono diffuse ma non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Abbiamo capito correttamente?

Temiamo di sì:

«(...) non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Ecco crollare l’intero castello di carte «anti-sette», ecco dimostrarsi l’assoluta inesistenza del presunto «allarme» dei «culti distruttivi», come peraltro già era stato dimostrato da altri in precedenza e come abbiamo più volte dimostrato anche noi.

Ma non era proprio Lorita Tinelli a parlare di «circa 500 sette» e a ribadire continuamente questa cifra (tutt’altro che documentata) ai mass media e su Internet?

«(...) non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Ma non era proprio don Aldo Buonaiuto a dichiarare di fronte alla stampa e ad altri illustri invitati presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, che in cinque anni la sua organizzazione aveva trattato 1853 presunti «casi» di persone che avevano aderito a movimenti a suo dire «discutibili» o «pericolosi»?

Eppure:

«(...) non sappiamo quantificare il numero di questi gruppi più o meno organizzati»

Teniamo in mente questa clamorosa incongruenza e torniamo all’intervista di Rita Sberna: si sfiora addirittura il paradosso un paio di minuti più tardi, quando don Aldo Buonaiuto parla della figura de «l’ingannatore, l’astuto, il serpente, il menzognero»:


Di chi stava parlando il prete inquisitore referente della SAS?

Chissà. Però le sue parole (evidentemente attribuite a chi segue una spiritualità a lui invisa, ma che un po’ sarcasticamente ci domandavamo se non potessero riferirsi a lui stesso) ricordano un recentissimo post della sua collega «anti-sette» Lorita Tinelli:


Quale candore: «stiamo prendendo tutti una brutta deriva in campo relazionale e di rispetto dell’altro»? Evidentemente stava parlando del CeSAP e dei suoi colleghi «anti-sette».

Ma sentiamo come prosegue il prete esorcista don Aldo Buonaiuto:


«(...) il demonio a volte riesce anche proprio a utilizzare cristiani credenti consacrati persone anche proprio del mondo della Chiesa intesi come sacerdoti ecc. per combinare i suoi misfatti.»

Che sia un lapsus freudiano?

mercoledì 20 marzo 2019

Gli «anti-sette» e gli «anti-satanisti» fra alleanze e divorzi

di Angela

ANTI SETTE E ANTI SATANISMO
TRA ALLEANZE E DIVORZI


Uno degli sport preferiti dagli antisette è sempre stato quello di vedere satanisti o satanassi ovunque, una vera ossessione. Naturalmente questo chiodo fisso li ha portati anche a creare allarmismi sociali inesistenti tramite i media, il più delle volte basati su “statistiche” tutte da dimostrare.

Per capire la profondità culturale e la coerenza dei (presunti) esperti italiani che si occupano di “sette” e di “satanismo” dobbiamo necessariamente ricorrere, a titolo dimostrativo, a quanto accaduto al Festival di Sanremo e  alla satira di Virginia Raffaele.

La comica romana ha “invocato” per ben cinque volte il nome del “maligno” durante uno sketch umoristico sul palco del grande Festival. In realtà si è trattato di un gioco di parole unito a molti altri che facevano parte dell’esibizione, ma per il prete inquisitore don Aldo Buonaiuto si è trattato di un fatto grave.

Anzi: ha lanciato un vero e proprio appello alla Raffaele: “perché chiarisca quella che apparirebbe una gag spiritosa, ma poi stonata perché sembra non tenere conto della sensibilità di tante persone che soffrono a causa della presenza del maligno.”

La vicenda è caduta rapidamente nel ridicolo e ha prodotto un netto voltafaccia dei soliti “esperti” che da fedeli alleati dell’esorcista in tonaca, hanno rapidamente scaricato don Aldo con buona pace della propria coscienza.

Ciò è avvenuto dapprima con un comunicato stampa congiunto (questo assieme a questo) pubblicato da FAVIS e CeSAP,le associazioni antisette italiane rappresentanti in Italia della controversa sigla europea FECRIS.

In contemporanea hanno mosso delle critiche al vetriolo, come mostra questo post di Sonia Ghinelli (sempre attiva dal suo controverso profilo anonimo):


Ne hanno fatto dell’ironia:


E in conclusione lo hanno scaricato definitivamente:


Ma ricordiamo che fino a poco prima c’era una grande vicinanza (di fatto, una stretta collaborazione) fra le due frange militanti degli antisette.

Per esempio, lo scorso settembre il presidente FAVIS, il ragioniere in pensione Maurizio Alessandrini, ha addirittura invitato don Aldo Buonaiuto al convegno organizzato con l’associazione Penelope Scomparsi (evento del quale avevamo parlato in un precedente post):

 


C’erano anche stati scambi di proposte, dato che Maurizio Alessandrini è stato poi invitato a intervenire a Roma al convegno organizzato per Novembre 2018 alla LUMSA proprio da don Aldo Buonaiuto.

Comunque è lampante che FAVIS in precedenza ha appoggiato a spada tratta la campagna anti satanista di don Aldo Buonaiuto:



A cosa è dovuto questo improvviso voltafaccia? Si potrebbero formulare diverse ipotesi, eventualmente da sviluppare e documentare un po’ alla volta in post successivi.

Ma tornando a don Aldo Buonaiuto, a parte alcune voci politiche che lo hanno sostenuto per mero protagonismo, in realtà ha fatto una magra figura anche nei confronti di altri sacerdoti come Paolo Farinella, studioso di religioni e attivo in progetti sociali: basti leggere il suo commento sul Fatto Quotidiano.

Il giudizio di don Farinella è inflessibile: “A vedere il filmato, una persona psicologicamente equilibrata non vi riscontra alcuna invocazione o peggio, alcun sottinteso satanismo della povera attrice comica che s’impegna con qualche fatica a fare un po’ di satira…”

Quindi, secondo Farinella, don Buonaiuto sarebbe praticamente equiparabile a uno squilibrato.

“Se il prete esorcista fosse rimasto zitto, tutto sarebbe passato nel dimenticatoio... Ora, per un’esclamazione che non è affatto invocazione, perché è evidente 'il contesto' satirico e ridanciano, si sta facendo una guerra escatologica da Armageddon.”

Quel che più colpisce è che don Aldo Buonaiuto è considerato un referente chiave dal Ministero dell’Interno in materia non solo di satanismo, ma di “sette” in generale. Com’è possibile che nel 21mo secolo abbiamo un “esorcista” che si prende la briga di catalogare e sentenziare su fenomeni sociali che molto probabilmente nemmeno comprende (o quanto meno non ha mai studiato a fondo come ci si aspetterebbe, conseguendo un titolo accademico nel settore)? Una persona talmente immersa nel proprio contraddittorio fanatismo, da ritrovarsi sconfessata “pubblicamente” persino dai suoi stessi alleati.

Citiamo il comunicato degli antisette:

“CeSAP e FAVIS, affiliate alla ‘Federazione Europea dei Centri di Ricerca e Informazione su Culti e Sette’ (FECRIS) prendono una chiara e netta distanza dalle dichiarazioni di Don Aldo Buonaiuto, presentato dalla stampa come ‘coordinatore’ del ‘forum anti-sette’ sullo sketch della soubrette Virgilia Raffaele sul palco di Sanremo per il quale egli ha parlato di ‘rituale satanico’. Riteniamo fondamentale che l’opinione pubblica sappia che il sacerdote esprime interpretazioni e opinioni personali e non condivise dal movimento che contrasta le derive settarie in Italia.”

Peccato che sinora il sacerdote “scaricato” abbia loro fatto comodo in molteplici occasioni.

Evidentemente non hanno alcuna remora a sputare nel piatto nel quale hanno mangiato finora.

E inoltre, da che pulpito viene la predica? Questi personaggi in realtà non fanno altro che sparare sentenze e opinioni campate per aria, come più volte s’è dimostrato in questo blog.

venerdì 4 gennaio 2019

Incoerenza «anti-sette»: don Aldo Buonaiuto usa due pesi e due misure?

In questo breve aggiornamento, presentiamo un caso alquanto esemplare di come gli «anti-sette» (nella fattispecie don Aldo Buonaiuto), utilizzino frequentemente (se non costantemente) l’ingiusto criterio dei «due pesi e due misure», o – per dirla con un neologismo giornalistico – del «doppiopesismo». Lo facciamo ripercorrendo per un brevissimo stralcio l’inquietante convegno di Roma del 9 novembre 2018, che abbiamo analizzato nell’ultimo post.

Ci riferiamo in particolare a una certa linea della propaganda «anti-sette» (portata avanti non solo dal «prete inquisitore» in questione, ma anche da altri militanti suoi colleghi che citeremo più oltre) perfettamente espressa in un suo enfatico anatema contro quei «criminali» (anzi: «cri-mi-nali!», cfr. 1h47m35s), quei «truffatori» facenti parte di «sette diaboliche» che a suo dire si approfittano «della solitudine, dello stato di debolezza, dello stato di bisogno» o della sofferenza dovuta per esempio ad una grave malattia:


Cosa dovrebbe dire allora don Aldo Buonaiuto di fronte a notizie comprensibilmente entusiastiche e festose, diffuse in Internet, che inneggiano alle guarigioni per fede? E non parliamo certo di guarigioni da comuni malesseri, ma della remissione di mali gravissimi. Parliamo, insomma, di fatti ritenuti miracolosi.

Torniamo qui ad un paradosso di cui abbiamo dato conto più volte in precedenza, per esempio quando abbiamo dimostrato che un’esponente «anti-sette» come Lorita Tinelli del CeSAP, secondo le sue stesse affermazioni, avrebbe parecchio da ridire nei confronti di un’altra rappresentante «anti-sette» come Giovanna Balestrino del GRIS; oppure quando abbiamo rilevato (sempre con le sue stesse parole fedelmente riportate, né più né meno) cosa pensa Sonia Ghinelli di FAVIS a proposito delle guarigioni miracolose.

Sia chiaro che non intendiamo qui esprimere alcun giudizio di merito rispetto alle notizie propalate da questo o quel media, laddove non abbiamo avuto modo di verificarle accuratamente. Inoltre, qualunque sia la ragione alla base di un miglioramento delle condizioni di salute di chicchessia, non si può che esserne soddisfatti, giacché non si potrebbe mai augurare certa sofferenza a nessuno.

Ma conoscendo le gravi accuse, i giudizi pesanti e le affermazioni intolleranti con cui si esprimono pubblicamente gli «anti-sette» ai danni di movimenti del tutto pacifici e sovente impegnati nel sociale, la nostra attenzione si è soffermata su questa notizia diffusa dal media online cattolico «papaboys.info» e poi ripresa da vari gruppi Facebook come quello «anti-satanista» in nome del (fu) noto esorcista padre Gabriele Amorth:


Non si può che felicitarsi ed esprimere sollievo per una tale notizia:


Tuttavia, se si ragionasse come mostra di fare don Aldo Buonaiuto nel video incorporato all’inizio del presente post, si dovrebbero notare in particolare questi passaggi dell’articolo di «papaboys.info»:


Certo, da questo articolo non risulta che qualche parente abbia sollecitato i genitori della piccola degente a buttare alle ortiche le terapie consigliate dal personale medico; è anche alquanto ovvio che di un tale fattore non sarebbe stata fatta alcun cenno in una descrizione tanto celebrativa. Ma cosa si sarebbe detto se invece, disgraziatamente, la bambina non ce l’avesse fatta? Per fortuna, così non è stato.

Ribadiamo nuovamente a scanso di equivoci che non si intende qui in alcun modo mettere in discussione la fede di una famiglia che deve avere attraversato (fortunatamente con un lieto fine) momenti devastanti carichi di angoscia e di struggimento per l’imminente perdita di un loro caro in così tenera età. Ciò detto, non possiamo fare a meno di focalizzare l’attribuzione tanto sicura da parte di «papaboys.info» della remissione del morbo alla «catena di preghiera» e raffrontarla a quanto dichiara in modo così veemente ed astioso don Aldo Buonaiuto.

Dichiarazioni, le sue, che si accostano perfettamente a quegli stessi «anti-sette», suoi commilitoni nella lotta contro la spiritualità «alternativa», che non esiterebbero a gridare allo scandalo laddove una simile notizia fosse stata diffusa da persone legate a qualche movimento di matrice buddista piuttosto che ad un gruppo filosofico o esoterico o ad una congregazione cristiana pentecostale (come «Parola della Grazia», tanto per citarne una).

E pensare che tutti gli «anti-sette» che abbiamo citato nel presente post sono accomunati, a vario titolo, dalla collaborazione con la «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno). La stessa SAS che, per bocca di Francesca Romana Capaldo (la sua rappresentante attualmente in auge) si esprime proprio con la medesima linea ideologica:


Per non parlare delle affermazioni e delle teorie di fronte a cui degli «anti-sette» intransigenti quali Lorita Tinelli e Luigi Corvaglia dovrebbero gridare alla pseudoscienza e invocare l’intervento del CICAP: come quelle pubblicate da Rita Sberna (una blogger catanese, per assurdo supporter proprio di don Aldo Buonaiuto!) a proposito dei «sintomi fisiologici del maleficio e della fattura».

Come mai dunque don Aldo Buonaiuto non interviene per deferire alla «Squadra Anti-Sette» la sua tifosa Rita Sberna, oppure quel gruppo di preghiera che ha «preteso» di aiutare una bambina malata circondandola di amore («love bombing»?), di devozione in Dio e di preghiere? Perché non richiede l’immediata incarcerazione di tutta la sua famiglia, che ha «osato» privilegiare la fede rispetto all'ostinata ricerca di cure tradizionali? Perché non specula sull'alquanto probabile percorso di osservanza cattolica (dovuto a un «condizionamento» o a una «manipolazione mentale»?) che si profila all'orizzonte della bambina così salvata?

E perché don Aldo Buonaiuto non commenta mai le invettive scagliate da taluni «anti-sette» contro la religione Cattolica e contro il Dio adorato dai cristiani?

Don Buonaiuto è ovviamente di parte, dunque è comprensibile (seppur non necessariamente giustificabile) che si comporti in modo «doppiopesista» pur rimanendo palesemente squalificato come referente della SAS. Ciò che invece risulta alquanto arduo da digerire è che un simile «doppiopesismo» sia evidentemente accettato e condiviso da un’alta dirigente della Polizia di Stato come la Francesca Romana Capaldo, che sarebbe tenuta a difendere la laicità della Repubblica come vuole la Costituzione, e invece di tale valore fondante fa scempio a spese dei contribuenti.

lunedì 24 settembre 2018

Contraddizioni «anti-sette»: don Aldo Buonaiuto è «diversamente cristiano»?

In questo breve aggiornamento torniamo a parlare di don Aldo Buonaiuto e della sua rivista online «In Terris», tramite la quale, di quando in quando, porta avanti la campagna ideologica «anti-sette» contro la religiosità «alternativa», forte del suo ruolo di consulente privilegiato della «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).


Tanto per cominciare, precisiamo che, sebbene l’articolo in questione sia firmato Federico Cenci, «In Terris» è un media online di fatto (e anche formalmente) di proprietà di don Aldo Buonaiuto, con tanto di società commerciale registrata presso la Camera di Commercio.


Molto vi sarebbe da dire sugli interessi finanziari che ruotano attorno alla figura di don Aldo Buonaiuto e del suo ruolo strategico sul crocevia di masse ingenti di risorse economiche, ma non vogliamo divagare dall’oggetto di questo breve aggiornamento e torniamo all’articolo citato prima.

Si legge nel pezzo a firma di Federico Cenci, che sostanzialmente riporta a sua volta il contenuto di una notizia di (Fox News, un canale mediatico americano di risonanza internazionale):

«Esperti e attivisti sarebbero dell'avviso che il governo cinese sta ora conducendo la più severa repressione del cristianesimo nel Paese da quando le libertà religiose sono state concesse dalla Costituzione cinese nel 1982.»

Se da un lato si può solo vedere con favore il fatto che tali soprusi vengano continuamente resi noti e denunciati, dall’altro lato è sbalorditivo notare come siano ormai trascorsi diversi mesi (se non anni) da quando la repressione della libertà religiosa in Cina è un fatto tristemente conosciuto. Però «In Terris» leva il suo grido di protesta solo ora che a farne le spese sono i cattolici?

Da anni le minoranze confessionali che don Aldo Buonaiuto definirebbe «sette religiose» o «culti distruttivi» vengono discriminate e perseguitate in Cina, con metodi anche violenti. Gli esempi più eclatanti (qua e là tragici) sono la Chiesa di Dio Onnipotente (di cui abbiamo parlato nel nostro blog) e la «Falun Dafa» (nota anche come «Falun Gong»).

«“L’evangelizzazione online è severamente vietata, così come i materiali destinati alla conversione dei lettori. Le risorse catechistiche o istruttive non possono essere pubblicate online, bensì devono essere limitate alle reti interne cui si accede con nomi utente e password registrati”. Ma basterebbe ricordare lo stillicidio di chiese buttate giù perchè non rispettano i rigidi regolamenti sull'edilizia, per comprendere il clima che i cristiani respirano in Cina.»

In un post recente abbiamo documentato come gli «anti-sette» italiani salutino con favore l’intolleranza religiosa messa in atto da regimi come quello russo e cinese.

Lo stesso solco è evidentemente ripercorso dalla rivista online di don Aldo Buonaiuto, che nel «suo» articolo a firma di Federico Cenci non spende nemmeno una singola parola. Si parla egoisticamente nemmeno di cristiani, ma specificamente di cattolici, mentre a un pastore evangelico viene soltanto riservato il ruolo di informatore che riferisce dei gravi fatti che si consumano sul territorio cinese.

Eppure «ama il prossimo tuo come te stesso» fu la strada chiaramente indicata da Gesù Cristo a chi gli domandava cosa fare di buono per ottenere un domani la vita eterna, come ben illustra il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Un po’ sarcasticamente, viene da domandarsi se don Aldo Buonaiuto, più ancora che un prete inquisitore come si è ampiamente documentato su questo blog, non sia anche un «diversamente cristiano»!

martedì 27 marzo 2018

I danni degli «anti-sette»»: la verità sugli «Angeli di Sodoma»

In precedenza abbiamo denunciato l’operato degli «anti-sette» nel triste, clamoroso e deleterio caso giudiziario degli inesistenti «Angeli di Sodoma».

Un’inchiesta penale, scatenatasi con titoloni sensazionalistici come «Riti sui bambini, blitz polizia a Pescara» (ADN Kronos, 15 ottobre 2002), «Bambini drogati e violentati per riti satanici / I ragazzini venivano adescati a scuola e in spiaggia» (Corriere della Sera, 15 ottobre 2002), «Pedofili e satanisti, quattro arresti / Cannibalismo e scarnificazione i loro riti prevedevano la morte» (Repubblica, 16 ottobre 2002), «Gli «angeli di Sodoma» forse preparavano il sacrificio di un bimbo» (Il Tirreno, 16 ottobre 2002), «Riti satanici e droghe giovani adescati nei locali» (Repubblica, 18 febbraio 2003); addirittura il comunicato della Polizia di Stato il 15 ottobre 2002 recitava «Riti satanici: bimbi violentati e drogati, 4 arresti della Polizia di Stato di Pescara».

Quegli articoli scandalistici sono poi finiti per fare da foraggio a libri di testo sul «satanismo», non solo come «Le mani occulte» (2005) dello stesso don Aldo Buonaiuto (diretto responsabile di quel sopruso), ma anche «L’abisso del sé – satanismo e sette sataniche» (2011), «L'Indagine Investigativa - Manuale Teorico-Pratico» (2015), «Satanismo, sette religiose e manipolazione mentale» (2015), «Criminologia Esoterica» (2016), e si potrebbe continuare.

Ultima ma non meno importante, addirittura una proposta di legge (la nr. 3770 del marzo 2003 a firma di Roberto Alboni (agente di commercio, diplomato, al tempo in forza ad Alleanza Nazionale) citò ad esempio il «caso» degli «Angeli di Sodoma», con parole inquietanti come queste:

«Basti ricordare la raccapricciante scoperta avvenuta lo scorso 16 ottobre ad opera della polizia di Pescara di reati efferati compiuti dalla setta "angeli di Sodoma". In questo antro degli orrori in cui si consumavano messe nere e riti satanici, venivano perpetrate nei confronti di minori, spesso prelevati fuori dalle scuole e ridotti in schiavitù con l'impiego di sostanze stupefacenti, violenze di ogni tipo, comprese quelle sessuali. Si predicava un odio sviscerato nei confronti dei bambini e la necessità della loro purificazione attraverso atti di vampirismo umano, capaci di "purificarli".»

Sbalorditi da come un simile caso di «fake news» possa essere diventato niente meno che un elemento tanto «importante» da sostanziare un progetto di legge parlamentare, abbiamo ripreso in mano l’argomento.

Ci siamo interessati ulteriormente a questo caso e abbiamo raccolto informazioni più dettagliate sulle ragioni che hanno portato a un caso tanto clamoroso di ingiustizia di matrice «anti-sette» ai danni di un gruppo di ragazzi abruzzesi finiti nel mirino di don Aldo Buonaiuto e di quella che in seguito sembra essere diventata la «polizia religiosa» della Repubblica Italiana… uno stato laico per natura (sic!).

Qui di seguito relazioniamo ciò che abbiamo scoperto: per rispetto di chi è stato rovinato dalla macchina del fango «anti-sette» e dal conseguente tritacarne giudiziario, non citeremo nomi in chiaro né espliciteremo le fonti; tuttavia, il materiale (la parte non di pubblico dominio) è disponibile e viene custodito da un professionista di fiducia.



Chi erano i componenti della «setta degli Angeli di Sodoma»

Il principale indiziato è G.C., un pescarese che all’età di trentun anni si ritrova sbattuto sulle prime pagine dei giornali come «mostro» di turno, per la fantomatica vicenda degli «Angeli di Sodoma»: è l’ottobre del 2002.

Vicenda che, tuttavia, si riferisce a fatti che risalgono a un arco di tempo fra il 1996 e il 1998, ovvero quattro/cinque anni prima. In quel periodo, G.C. viveva appunto a Pescara, sua città natale.

Ventisettenne, i genitori deceduti prematuramente, una sorella trasferita in un’altra città per motivi di studio, il giovane G.C. era rimasto da solo in un ampio appartamento arredato; in breve tempo la sua casa divenne luogo di incontro della sua compagnia di amici, tutti amanti della musica rock e dell’arte figurativa. Fra l’altro, G.C. componeva poesie e questo dettaglio è tutt’altro che superfluo, come si capirà in seguito.


L’inchiesta della magistratura accertò la presenza di stupefacenti

Forse si potrebbe definirli errori di gioventù, i più intransigenti li classificheranno come comportamenti riprensibili da sanzionare in nome della legge.

Di fatto, in occasione di qualche compleanno ogni tanto gli amici di quella compagnia pescarese consumavano tutti insieme piccole quantità di droga: un po’ di fumo, qualche «striscia» di coca, qualche pasticca… si parla di piccole quantità che i giovani goliardi acquistavano in gruppo mettendoci un po’ di soldi ciascuno.

Si parla senz’altro di serate o feste un po’ «trasgressive», ma va detto che saranno state in tutto non più di una decina nell’arco di un paio d’anni e non vi è prova alcuna che sia mai accaduto nulla di veramente grave; tant’è che nemmeno in sede giudiziaria è stato accertato alcun fatto criminoso degno di nota, con l’unica eccezione che tratteremo più avanti.

In seguito (seconda metà del 1998) G.C., proprietario di quell’abitazione, si trasferisce in un’altra città per seguire un corso di sceneggiatura: i contatti fra i componenti di quella compagnia si diradano progressivamente fino ad esaurirsi.

Ecco dunque che quei divertimenti «sopra le righe» si concludono nel corso dell’anno 1998: l’ampio appartamento arredato non era più a disposizione e ognuno di quegli amici aveva scelto una propria strada.

È solo in seguito che parte l’inchiesta della magistratura, quando oramai quelle situazioni appartenevano già al passato.

I media parlarono di stupefacenti con titoli ad effetto, sicché tutti chiaramente pensarono allo spaccio, ma non fu così nemmeno in termini processuali: G.C. venne infatti condannato per «cessione di stupefacenti» che è ben diversa dallo «spaccio», anche perché non prevede un fine lucrativo.

Ma non solo: il fascicolo giudiziario dimostra che durante le varie perquisizioni a carico degli indagati non fu mai trovato nemmeno un singolo spinello; fatto, questo, che si può leggere come una conferma della tesi difensiva del «consumo di gruppo», ben lontano dalla «cessione» e ancor più dallo «spaccio». Tanto che l'avvocato di G.C. ebbe a commentare, ironizzando, che s'era trattato di un caso di «droga parlata».


L’intervento della magistratura e la «perizia» di don Aldo Buonaiuto: cherchez la femme!

Scavando nei ricordi di chi quella vicenda l’ha vissuta, si scopre che la denuncia da cui è partito tutto venne sporta da una ragazza che frequentava regolarmente quella casa nel periodo dei divertimenti «sopra le righe».

Una ragazza con cui almeno due frequentatori stabili di quella compagnia avevano avuto brevi relazioni che s'erano concluse in modo un po’ burrascoso.

Ed ecco svelato il «segreto di Pulcinella»: tutta la storia degli (inesistenti) «Angeli di Sodoma» deriva proprio da quella denuncia, una vendetta tardiva di una giovane donna respinta, che decide di trascinare in tribunale due suoi ex amanti quando le frequentazioni erano oramai interrotte già da un paio d’anni.

Persino l’idea, del tutto indiziaria, che si trattasse di una «setta» (come riportato nella «perizia» di don Aldo Buonaiuto) proviene da una raccolta di poesie che G.C. stava scrivendo ed era contenuta in una cartellina che gli fu sequestrata dagli inquirenti.

Di fatto, non è mai esistito alcun gruppo organizzato denominato «Angeli di Sodoma», nemmeno tacitamente.


La condanna penale per droga

Nel corso del processo, l’avvocato degli imputati (e in particolare di G.C., il principale accusato) ha sostenuto in tutti i gradi di giudizio la tesi secondo cui non solo non esisteva alcuno spaccio, ma nemmeno la «cessione di stupefacenti» dal momento che vi era stato caso mai un «consumo di gruppo» che, se moralmente può essere discutibile, sotto il profilo legale però non è illecito.

A quanto si capisce, però, la polizia aveva messo sotto torchio tutti i frequentatori di quella casa e tutti coloro che potevano avere qualcosa da riferire al riguardo, e – come è facilmente comprensibile – alcuni di loro, per trarsi d’impaccio senza conseguenze fornirono delle versioni «compatibili» con l’indagine in corso e utili per confermare che la droga la forniva G.C. gratuitamente. Un fatto che, di per sé, probabilmente oggigiorno non sarebbe nemmeno più sanzionabile in sede penale, ma che secondo le leggi allora in vigore condusse ad una condanna per «cessione di stupefacenti» per la quale in primo grado venne comminato il massimo della pena (6 anni + 1).


La perizia di don Aldo Buonaiuto era basata sul nulla?

Nel nostro blog abbiamo più volte sottolineato su che genere di «notizie» spesso si fondano le dichiarazioni degli anti-sette.

In realtà qualche elemento utile a sostenere la tesi di don Aldo Buonaiuto (prete cattolico arbitrariamente nominato consulente del Ministero dell’Interno) esisteva: nel corso delle indagini venne raccolto un vecchissimo teschio umano. Dalla nostra piccola indagine abbiamo scoperto che quel teschio era stato regalato a G.C. da alcuni amici che l’avevano trovato in un vecchio cimitero ormai in disuso e in completa rovina, in un paesino nei dintorni di Pescara (stando a chi vide quel camposanto, le tombe erano usurate dal tempo e le ossa addirittura affioravano dal terreno). Insomma, un regalo un po’ particolare per una persona con dei gusti (per così dire) atipici. D’altronde, secondo un antico adagio, «sui gusti non si discute».

Ma grazie alla «perizia» di don Buonaiuto e al clima di terrore generato dai media, quei semplici gusti divennero illeciti e si trasformarono in una condanna per «profanazione di tomba» e «sottrazione di parti di cadavere» (altri due anni con i quali si arriva al totale dei nove anni della sentenza di primo grado). Reati che, protestò G.C., egli non aveva mai commesso e per i quali l’unica «prova» fu quel teschio ricevuto in regalo.

Se è un crimine essere attratti dall’immaginario gotico, dall’horror e dall’occulto, ci si lasci dire che persone come Stephen King dovrebbero essere condannate all’ergastolo!


Produzione e diffusione di materiale pedopornografico

Anche di questo furono accusati gli «Angeli di Sodoma», ma pure qui c’è una verità molto semplice e lineare.

In quella compagnia di amicizie uno degli interessi condivisi era la fotografia, nelle sue diverse declinazioni fra le quali una certa passione era dedicata al nudo artistico. Si pensi al fatto che quei ragazzi erano sì adulti ma ancora piuttosto giovani, dunque l’approccio alla materia era sicuramente amatoriale. Amici e amiche che dunque di quando in quando posavano per fotografie che senz’altro un prete non può che condannare come «oscene»; se poi si tratta di don Aldo Buonaiuto, la cui intransigenza si traduce in feroce intolleranza, meglio si comprende come si è arrivati ad un’accusa tanto pesante.

Tuttavia, con grande scorno dei giustizialisti «anti-sette», semplicemente non c’era materiale pedopornografico nemmeno a cercarlo col lanternino, infatti quelle accuse caddero completamente nel vuoto già in primo grado per assoluta insussistenza del presunto fatto criminoso.

Ma intanto le accuse erano state formulate e sui media si erano letti titoli pruriginosi come «Riti satanici – giovani adescati nei locali» (Repubblica, 18 Febbraio 2003).


Allarmismo infondato e interpretazioni strumentali

In fin dei conti, quell’allarmismo risultò completamente infondato: la «setta», il «cannibalismo» e le «orge con adolescenti» furono fantasie senza costrutto. Tuttavia, certi titoli in cui si dava la notizia della pesante condanna di primo grado fecero pensare che ci fosse stato chissà quale narcotraffico.

Ma non solo: nella «perizia» di don Aldo Buonaiuto si parlava di un non meglio accertato «desiderio di uccidere un bambino» e di un appetito per la «carne di bambina cucinata». Non sono altro che un paio di frasi che vennero estrapolate dal proprio contesto e combinate con le intercettazioni telefoniche che furono fatte ai tempi, ricamate in modo artificioso da don Buonaiuto per avvalorare una presunta cattiveria nei confronti dei bambini. Anche in questo caso, prove concrete non ve n’erano: fu invece una macchinazione, e lo si comprende meglio leggendo le trascrizioni integrali (e ben diversamente comprensibili, se lette nella loro completezza).

Per esempio, in una di queste ci si imbatte nella seguente conversazione telefonica tra G.C. e l’amico G.D.C. – descritto, ai tempi, come il «braccio destro», si noti la terminologia che fu adoperata; si trattava semplicemente di due amici, ma li vollero dipingere come una specie di banda di delinquenti prima ancora che venissero processati. La scena si svolge in Giugno, G.D.C. stava a Catania e chiamava dalla spiaggia:

- G.D.C.: “Gia’, non ci crederai, sta passando un bambino ciccione bruttissimo tutto vestito di jeans. Cappellino di jeans, camicia di jeans, pantaloni di jeans e pure le scarpe di jeans.”

G.C.“Inguardabile! Da sparargli a vista!”

È ovviamente una battuta, tutt’al più un’uscita infelice se proprio si fosse costretti a commentarla, eppure è diventata la dimostrazione che vi era un sotteso «desiderio di uccidere un bambino», secondo la relazione del solerte don Aldo Buonaiuto. Eppure qualunque persona con un briciolo di raziocinio si renderebbe conto che si è trattato di una semplice, estemporanea boutade telefonica tra due amici e non dell’espressione di una volontà omicida.

Situazione simile per la faccenda del «cannibalismo»: furono stralci di conversazioni interpretate in modo tendenzioso.


Condanna ridotta, ma nel silenzio generale

Nel secondo grado di giudizio, la pena venne più che dimezzata. Ma ben si guardarono i giornali e le TV dal diffondere la notizia tanto quanto avevano strombazzato i roboanti titoloni nel corso dell’inchiesta. Solo un trafiletto su un giornale locale, da tutti gli altri un «silenzio assordante».

Nel frattempo, gli indiziati avevano dovuto vivere un inferno: anche coloro (tutti tranne uno) che furono completamente assolti dovettero sottostare alla gogna mediatica.

La pena definitiva per G.C., sebbene in secondo grado fosse stata ridotta, alla fine fu di quattro anni e tre mesi. A questi andava sottratto un anno che, in sede di indagine, aveva già espiato tra carcere e domiciliari. In galera, in fin dei conti, solo per delle feste trasgressive fra amici in casa sua.

Sofferenze, fra l’altro, che non terminano quando si esce dal carcere o quando la pena è estinta: ci sono dei postumi, c’è la difficoltà di ricostruire una vita normale, senza nemmeno contare le perdite economiche e la flagellazione del proprio nome, intaccato da accuse tanto infamanti quanto fasulle.

Accuse scaturite da una «perizia» commissionata (con soldi pubblici!) a don Aldo Buonaiuto, una sorta di «prete inquisitore» del terzo millennio che vorrebbe mandare al rogo tutti i seguaci di realtà religiose diverse dalla sua, quasi si fosse tornati nel tredicesimo secolo.

Se lo scandalo c’è, allora è quello dei gruppi «anti-sette» che continuano a cercare di costruire «casi» pompando delle notizie più o meno veritiere per invocare la reintroduzione del reato fascista di plagio.

Sebbene i fatti del recentissimo periodo non sembrino auspicare alcunché di buono, nondimeno ci auguriamo che un domani non troppo lontano questi soprusi possano cessare e la Repubblica Italiana torni ad essere il «libero Stato» in cui ognuno ha il diritto di avere i propri gusti e le proprie passioni, senza dover temere la perniciosa, inquisitoria persecuzione dei faccendieri «anti-sette».