sabato 19 gennaio 2019

Contributo esterno - l’era della «post-verità» religiosa

Dal nostro corrispondente esperto in questioni estere, Epaminonda (ma con una piccola rifinitura del solito, impertinente Mario Casini), ecco un pregevole contributo a proposito del ruolo dei giornalisti non solo nella propaganda «anti-sette» di cui ci occupiamo in questo blog, ma anche e soprattutto nella diffusione (prezzolata) di «informazioni» dalla scarsa attendibilità, che in ultima analisi rovinano la categoria stessa dei reporter e deturpano la libertà di stampa.

Conosciamo bene le conseguenze (talvolta disastrose) del tamtam mediatico sul presunto «allarme sette» ai danni delle vite di individui o di intere famiglie facenti parte di gruppi spirituali «non convenzionali», ma oltre a ciò deve essere considerata l’influenza dei disinformatori di «professione» rispetto al vasto pubblico e agli scenari socio-politici del terzo millennio. 


sabato 12 gennaio 2019

Disinformazione «anti-sette»: Carmine Gazzanni sa di cosa sta parlando?

di Mario Casini

Ormai è quasi scontato – anche perché copiosamente documentato nel nostro blog – prevedere le dichiarazioni degli «anti-sette»: sebbene proferite ogni volta da soggetti differenti del loro esiguo, variegato e quanto mai contraddittorio arcipelago, sono costantemente caratterizzate dal medesimo tratto stilistico: la ripetitività di offese gratuite e storie ricamate, che mirano a screditare (qua e là con toni anche infantili come nel caso di AIVS e Toni Occhiello, altrove con i tratti ben più gravi della calunnia e della persecuzione) i bersagli delle invettive: che si tratti di un libro, di un post su Facebook o di una trasmissione in TV o in radio, la tecnica impiegata è sempre la medesima: liste di proscrizione di movimenti e relativi leader, presunti «abusi economici» e interessi nascosti che però di rado vengono dettagliati e circostanziati in fatti precisi, accuse di nefandezze ripugnanti, video pruriginosi con sfondi sonori da film dell’orrore, pubblicazione di foto private, fatti personali e legami familiari spiattellati pubblicamente. Questo è il business degli «anti-sette» e, come si è più volte dimostrato, è costruito alle spalle di persone il più delle volte innocenti.

In questo becero/triste quadro ben s’inserisce la campagna pubblicitaria avviata tre mesi fa per vendere «Nella Setta» il libro dei militanti «anti-sette» italiani firmato da Carmine Gazzanni (giornalista il cui «curriculum» contro il mondo della spiritualità è cominciato ben prima che egli si arruolasse nell’ordine dei professionisti) e Flavia Piccinni, scrittrice ma più che altro sua fidanzata. Perché poi pubblicamente debbano sottacere il fatto di essere compagni di vita quando «svelano» tutto il «torbido» che esisterebbe intorno a chi ricerca una spiritualità tanto lontana e odiata da loro, non è dato sapere. Pare quasi che debba esservi un che di losco o di imbarazzante: eppure l’amore è una cosa meravigliosa. Ma sto divagando, meglio andare al sodo e ai punti davvero importanti che vorrei brevemente sollevare.

Sì, perché mentre la libertà di parola è sacrosanto che sia garantita a tutti, persino a chi volesse scrivere un libro per narrare la vita grama degli asini volanti o degli allevatori di Scarpantibus, da un giornalista professionista ci si aspetterebbe una competenza per lo meno sufficiente rispetto a ciò su cui esprime i propri giudizi, influenzando così inevitabilmente la vita di centinaia di migliaia di persone. Ne avevamo accennato in un recente post: il «rispetto della verità sostanziale dei fatti» dovrebbe essere un «obbligo inderogabile» per chi pretende di riferire notizie di interesse pubblico.

Eppure Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni – amici e collaboratori di controverse associazioni «anti-sette» come la già citata AIVS e come CeSAP e FAVIS e quindi indirettamente privilegiati dal collegamento di questi ultimi con la «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno) non sembrano preparati a fondo sugli argomenti di cui raccontano. Al contrario, oltre a strombazzare cifre completamente autoreferenziali e soprattutto prive di un’analisi compita e dettagliata, costoro si lasciano anche scappare strafalcioni veri e propri, mostrando delle lacune abissali in quegli stessi argomenti su cui tentano ostentare sicurezza.

Parto da un primo dato che è indubbiamente significativo, se consideriamo che rappresenta il fulcro di tutta la réclame per incrementare le vendite del libro: la cifra dei quattro milioni. La formulano così:

Quattro milioni di italiani ogni mattina si alzano, e hanno un segreto: sono membri di un’organizzazione settaria (…)

Frase ad effetto: spaventa, rende sospettosi e guardinghi. Ben studiata: attenzione, il nemico è qui fra di noi, potrebbe essere (anzi: «sono», dice il libro) «il vostro edicolante, la ragazza che vi prepara il cappuccino al bar la mattina, la signora simpatica che incontrate sull’autobus andando al lavoro o il vostro odiatissimo vicino».

Ho cercato in lungo e in largo nel libro un dettaglio di questa «paurosa cifra» (addirittura il 6-7% della popolazione italiana sarebbe «vittima» di belzebù!) ma non l’ho trovato. Di fatto, non si dice quale sia la fonte del dato, non vi è alcuna traccia del calcolo che lo ha prodotto. Se ne parla all’inizio del testo (per captare ben bene l’attenzione?) e poi basta.

Insomma, da dove deriva questa cifra che d’improvviso è piombata sul popolo italiano e che finora cinquantasei milioni di cittadini non avevano nemmeno lontanamente sospettato? È «liberamente» ricavata dalla sommatoria dei numeri dei partecipanti dei diversi gruppi religiosi forniti dalle organizzazioni degli stessi? Proviene dalle «statistiche» curate da don Aldo Buonaiuto? È tratta da uno sviluppo o proiezione statistica di quanto elaborato dal Ministero dell’Interno nel famigerato rapporto del 1998? Chissà.

Cerco, cerco, e trovo forse una spiegazione nel primo capitolo del libro, a pagina 11, dove Gazzanni e Piccinni sostengono che il loro «viaggio» si concluda idealmente nell’ufficio della SAS di Firenze. Lo stesso ufficio che si vede nell’infelice trasmissione andata in onda il 24 febbraio 2018 su RAI Tre, «Presa Diretta», alla quale hanno collaborato essi stessi. Sì, perché il giornalista di Isernia afferma alla TV di stato:


Questo chiaramente dà un’aura di ufficialità al suo libro «anti-sette», però stona con i documenti ufficiali e con le cifre precedentemente buccinate dai suoi amici della compagnia contro i presunti «culti distruttivi»:


Tutto chiaro ora? Nient’affatto, perché le cifre diffuse dalle «citate associazioni» (che alla fine si riducono in concreto alla singola e singolare figura di don Aldo Buonaiuto) sono alquanto diverse e, in particolare, il prete inquisitore non ha mai parlato di «quattro milioni di italiani» ma ha fatto discorsi di tutt’altro genere, peraltro profondamente contraddittori.

A differenza di don Aldo Buonaiuto e dei suoi colleghi mangiapreti come Luigi Corvaglia del CeSAP o Maurizio Alessandrini di FAVIS, però, la «Squadra Anti-Sette» è un corpo di polizia dello stato: ne consegue che, se considera valide (senza verificarle) e poi ratifica e diffonde pubblicamente delle cifre infondate e impropriamente allarmistiche, rischia di cadere in una «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici» (articolo 479 del codice penale): «Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell`esercizio delle sue funzioni, (…) attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l`atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell`art. 476».

Sarebbe ora che la SAS renda definitivamente conto dei dati «anti-sette» ai contribuenti e si faccia al 100% garante dell'attendibilità degli stessi, a maggior ragione visto e considerato che lo stesso Carmine Gazzanni dichiara di averli ricevuti proprio da loro.

Idealmente, questo potrebbe diventare il tema di un’interrogazione parlamentare che suonerebbe press’a poco come segue.

Considerato che le informazioni allarmanti diffuse dai media e reiterate da controverse associazioni «anti-sette» sembrano provenire da ambienti della Polizia di Stato (almeno stando a quanto dichiarato da un giornalista di nome Carmine Gazzanni);

considerato che il «numero verde» del telefono «contro le sette sataniche» diretto da don Aldo Buonaiuto è referente ufficiale della Squadra Anti-Sette della Polizia di Stato come stabilito nella circolare istitutiva nr. 557/RS/3040 del 23 novembre 2006 del Ministero dell’Interno;

considerati gli errori giudiziari e il dispendio di denaro pubblico dovuto ad informazioni tendenziose o del tutto fasulle basandosi sulle quali la magistratura ha in taluni casi condotto inchieste che si sono rivelate poi superflue ma hanno ugualmente prodotto un’influenza gravissima sugli individui coinvolti;

si interrogano i ministri per sapere se (...) eccetera

Sarà meglio ch’io torni con i piedi per terra: ho ancora un punto da rilevare nelle strampalate affermazioni rese in TV da Carmine Gazzanni per pubblicizzare il libro scritto con la sua fidanzata Flavia Piccinni.

È un momento dell’intervista che mi ha fatto sbellicare dalle risa persino più di un altro passaggio in cui delle «questioni di salute» (in modo tutto sommato veniale) con una potente trasfigurazione semantica diventano «questioni salutari» (sarà stata una licenza poetica?).

No, direi che l’apice del ridicolo si raggiunge quando il giornalista isernino arriva a dichiarare:


Scusate, fatemelo trascrivere:

«Proposte in parlamento ci sono state ma effettivamente non sono mai né state calendarizzate né tantomeno approvate»
(cit. Carmine Gazzanni)

Gazzanni si riferisce (senza ovviamente dettagliare alcunché, come al solito) alle proposte di legge sulla «manipolazione mentale», che sono state una mezza dozzina a partire dai primi anni 2000 e portano tutte quante l’inconfondibile marchio della propaganda «anti-sette» contro i «nuovi movimenti religiosi».

È vero che nessuna di quelle iniziative è mai stata approvata dal parlamento e ratificata fino a diventare legge.

È clamorosamente falso che non ne siano mai state calendarizzate e discusse: al contrario, fra il 2003 e il 2004 uno dei progetti di legge del fronte «anti-sette» accorpò due iniziative (una dell’attuale presidentessa del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, l’altra dell’allora senatore di estrema destra Renato Meduri; ne abbiamo parlato qui) in un unico testo dal titolo «Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale», e l’iter parlamentare ottenne i pareri favorevoli di due commissioni permanenti e arrivò in Commissione Giustizia del Senato.

Successivamente, il disegno di legge nr. 569 a firma dell’on. Antonino Caruso rimase per mesi in calendario e venne discusso in Commissione Giustizia del Senato in sede referente tra il 2009 e il 2010. Vennero svolte numerose audizioni (anche successivamente, nel 2011 e 2012), fino a quando poi non cadde il governo. Fra l’altro, l’iter parlamentare del disegno di legge nr. 569 (grazie alla complicità della senatrice cofirmataria Laura Allegrini) fu fortemente influenzato dal fronte «anti-sette», nei modi decisamente discutibili apertamente denunciati in questo e questo post del sito «Libero Credo».

Questo fa capire a me (e a chiunque altro osservi il fenomeno con obiettività) che Carmine Gazzanni, il giornalista, non si è documentato sull’argomento di cui sta parlando. Ne sta parlando esclusivamente a fini pubblicitari, e allora che importa se le informazioni che diffonde sono – di fatto – disinformazione?

giovedì 10 gennaio 2019

Il caso dello psicologo Luigi Corvaglia: gli «anti-sette» sono attendibili o manipolano l’informazione?

Tra le figure attualmente più in vista nel chiacchierato sottobosco italiano delle associazioni «anti-sette», oggigiorno in auge è indubbiamente Luigi Corvaglia, psicologo dipendente dell’ASL di Bari nonché presidente del chiacchierato CeSAP, il «centro studi» improntato alla lotta contro i nuovi movimenti religiosi fondato dalla sua amica e collaboratrice Lorita Tinelli; oltre a dirigere un «SerT», Corvaglia si fregia altresì del ruolo di membro del comitato direttivo della controversa organizzazione europea FECRIS, mentre da ateo conclamato (e apertamente anticlericale, se non addirittura antireligioso tout-court) assieme a un prete (don Aldo Buonaiuto) è parte integrante della struttura che fa da sfondo ideologico al discutibile operato della «Squadra Anti-Sette» (SAS) del Ministero dell’Interno. Qui una sua foto recentissima.


Di Luigi Corvaglia e della tattica «anti-sette» (ormai conclamata) di sfruttare il cancan mediatico ai danni dei movimenti religiosi «alternativi» per procurare vantaggi economici e popolarità per le categorie dei presunti esperti (dalla difficile credibilità), dei «documentaristi» improvvisati, dei giornalisti compiacenti o degli ex membri vendicativi con lampanti secondi fini, abbiamo già dato conto più volte in precedenza.

Avevamo anche documentato l’inesattezza e la tendenziosità insiste nel tentativo compiuto da Luigi Corvaglia di difendere la teoria «anti-sette» del «lavaggio del cervello», ormai ampiamente screditata dalla comunità accademica. Rilievi, i nostri, che non solo si sono rivelati corretti, ma sono stati addirittura confermati in pieno dai successivi colloqui «virtuali» intercorsi online proprio con lo psicologo leccese.

A quello scambio di commenti sulla pagina Facebook del nostro blog, fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre dello scorso anno, ne seguì un ulteriore in cui Luigi Corvaglia da un lato mostrò l’indubbio pregio (alquanto fuori dal comune fra i suoi colleghi «anti-sette» più estremisti) di non sottrarsi alle nostre critiche e di rendersi disponibile ad un contraddittorio, dall’altro lato non riuscì a dare spiegazioni e risposte tali da permetterci di modificare le nostre conclusioni; al contrario, non poté che fornirci delle conferme definitive che a certe nostre obiezioni non vi è alcun’altra risposta se non la constatazione della (triste) realtà delle stesse. Due punti, fra tutti quelli toccati in quel frizzante «carteggio» pubblico online, li riportiamo qui per esemplificare a dovere l’esito delle nostre osservazioni.

Avevamo contestato allo psicologo Luigi Corvaglia di essere in un certo senso venuto meno ai suoi stessi principi epistemologici nel momento in cui afferma, quali «verità indiscusse», i soliti elementi dell’ideologia «anti-sette» ai danni dei nuovi movimenti religiosi. La sua risposta fu l’ammissione (certamente condivisibile) che «le conoscenze scientifiche sono SEMPRE discusse e MAI definitive. Non sono verità di fede. È per questo che le teorie sulla manipolazione mentale - la stragrande maggioranza delle quali non condivido io stesso - sono scientifiche, proprio perché popperianamente falsificabili». Dieci e lode. Peccato, però, che quando poi va in TV per pubblicizzare il CeSAP e la propria attività di psicologo per «curare» le ipotetiche «vittime» di presunte «sette», ciò che ne risulta siano i soliti, triti e ritriti «dogmi» e anatemi tipici della sua ideologia:


L’altra profonda contraddizione è quella relativa alla succitata FECRIS: insistentemente abbiamo rimarcato che il ruolo di Luigi Corvaglia quale dirigente di tale organizzazione «anti-sette» europea dovrebbe farlo riflettere profondamente sulle modalità e sulle conseguenza della propaganda portata avanti da quell’ente e da tutte le associazioni ad esso (e quindi a lui medesimo) collegate o subordinate. Le sue risposte sono variate da un iniziale «non è neppure vero che io presieda addirittura “un blocco di associazioni”», salvo poi confermare appieno il proprio «ruolo ufficiale (…) di componente del comitato direttivo», passando per un «io potrò anche parlare a nome di altri proprio per quel minimo di rappresentatività che ho (e che lei esagera), ma altri non parlano a nome mio», per approdare al traballante alibi «al 99 per cento non conosco (…) le persone che costituiscono il "blocco di associazioni" che dovrei presiedere». Quando però gli sono stati fatti nomi e cognomi di una dozzina di militanti con cui collabora, non ha potuto che ammettere di sapere perfettamente chi siano e ribadire di «riconoscermi nella filosofia e nelle azioni di FECRIS, rappresentata in Italia da cesap e favis». E stando a quanto egli stesso pubblica su Facebook, non potrebbe mai negare di trovarsi spesso allo stesso tavolo con vari esponenti «anti-sette» europei e di frequentarli anche al di là degli appuntamenti «professionali».

Vi sarebbe altresì spazio per l’asserto secondo cui a Luigi Corvaglia non piacciono gli attacchi basati «sulla demolizione della persona più che alle idee, sul dileggio più che sull’argomento»: basterebbe ricordare alcuni suoi post come quelli su Madre Teresa di Calcutta per non parlare di certe violenze verbali da parte della sua amica e collega Lorita Tinelli (ampiamente documentate nel nostro e in altri blog e siti Web), ma sospendiamo un momento questo punto per riprenderlo fra poco.

In altri termini, fra gli «anti-sette» regna una costante contraddittorietà, documentata ormai da una miriade di elementi concreti (e principalmente desunti dalle loro stesse dichiarazioni ed esternazioni) che può trovare una spiegazione valida solamente nella finalità che legano assieme soggetti tanto diversi: il lucro, il profitto, il vantaggio personale.

Poco importa a Luigi Corvaglia se il verbo propagato dalla Chiesa Cattolica è quanto di più lontano potrebbe esserci dalle sue vedute: tutto fa brodo, se grazie a don Aldo Buonaiuto la «Squadra Anti-Sette» è diventata ormai un prodotto mediatico per la «grande distribuzione» dei talk-show da «TV spazzatura».

Poco importa se accanto al CeSAP c’è un’associazione diretta da due o tre facinorosi come AIVS, il cui presidente Toni Occhiello coglie occasioni a più non posso per infamare senza ritegno la religione di cui ha fatto parte per trent’anni.

Poco importa se la screditata teoria della «manipolazione mentale» viene invocata per fare pressione sul parlamento affinché ripristini il reato fascista di «plagio»: chi come Luigi Corvaglia si definisce «un libertario» (convinto di «una irriducibile sovranità individuale che non può essere violata da alcun potere o pretesa del singolo o della collettività») dovrebbe insorgere come fecero gli intellettuali di cinquant’anni fa e battersi a spada tratta per difendere i propri valori (sacrosanti, oseremmo dire) da un’iniziativa liberticida.

Tutto ciò non avviene per un fatto alquanto semplice: pecunia non olet, è più conveniente infischiarsi dei principi asseriti pubblicamente come propri e insindacabili, ma operativamente traditi in pieno.

Tale spiegazione e il movente che abbiamo così individuato risultano fra l’altro illuminanti anche come chiave di lettura di un ulteriore elemento che riteniamo completi il quadro. Lo citiamo ricordando quell’emblematico assunto secondo cui Luigi Corvaglia disdegna gli attacchi «ad hominem».

Si noti come a più riprese lo psicologo pugliese prenda di mira un (vero) esperto di religioni e sette, il prof. Massimo Introvigne. Citiamo ad esempio solo l’ultima delle sue critiche, risalente alla scorsa settimana:


Se si fosse documentato almeno un pochino invece di abbandonarsi a quella che ha tutta l’aria di essere mera invidia, lo psicologo Luigi Corvaglia non solo non si sarebbe «perso», ma avrebbe facilmente trovato quanto noi abbiamo rinvenuto con una semplice ricerca in Internet, ossia questo articolo de «La Stampa» in cui il diretto interessato dichiara quanto segue:

Non ho nessuna difficoltà a confessare di essermi sbagliato. Come molti altri, vedevo i buoni frutti della congregazione dei Legionari di Cristo e avevo difficoltà a convincermi che potessero venire da una radice perversa. Sapevo anche che il beato Giovanni Paolo II – come il film non manca di ricordare – credeva all’innocenza di padre Maciel. Avevo torto io, e aveva ragione il cardinale Ratzinger che invece fin dall’inizio riteneva colpevole il fondatore dei Legionari di Cristo. Mi è già capitato di fare ammenda – in pubblico, con una lettera letta al congresso dell’International Cultic Studies Association tenuto a Montreal nel 2012 – per una posizione sbagliata che può avere arrecato dolore ad autentiche vittime dei crimini di padre Maciel.

Per inciso: l’articolo andrebbe peraltro letto integralmente per capire non solo come la piaga della pedofilia nel clero sia un tema profondamente sentito e all’attenzione in Vaticano perché i suoi effetti devastanti non potranno mai essere negati da alcuno, ma anche come la propaganda mediatica contro la Chiesa Cattolica sia talvolta tanto strumentale e maliziosa da somigliare parecchio a quella regolarmente messa in atto contro i nuovi movimenti religiosi.

Ma tornando al post di Luigi Corvaglia, nei commenti si osserva una chiosa che elimina qualsiasi dubbio sul fatto che lo psicologo del «SerT» abbia sottoposto il proprio giudizio a una qualche forma di riesame:


Si noti il commento di Lorita Tinelli, che non perde l’occasione per dimostrare la propria inattendibilità: non solo le scuse di cui parla si sono verificate diversi anni or sono, ma se si parla di onestà e di umiltà qualcuno dovrebbe soppesare con estrema cautela le proprie parole per non rischiare di venire clamorosamente smentito.

E qui si apre un ulteriore siparietto, che mostra come la manipolazione delle informazioni ad opera dei dirigenti del CeSAP finisca per tradursi nella diffusione di «fake news» da parte dei loro adepti.

Sì, perché il Pier Paolo Caselli al quale Corvaglia ha appena somministrato la propria «perla di saggezza» ai danni della reputazione di un esperto internazionale come il prof. Massimo Introvigne, è lo stesso soggetto di cui abbiamo parlato ai primordi del nostro blog in quanto arcinoto ammiratore di Lorita Tinelli e altrettanto arcinoto persecutore online della studiosa Simonetta Po. Teorema che non fallisce nemmeno questa volta. Infatti il ringraziamento di Caselli a Corvaglia porta l’ora delle 15:34, e appena nove minuti più tardi il cinquantacinquenne vicentino ha già riversato in forma di gossip la diceria sul gruppo di discussione Google su Scientology curato proprio dalla Po:


Si noti peraltro la modalità di relazione della «notizia»: il post di Luigi Corvaglia e la domanda di Caselli diventa «mi è stato riferito» (ma in realtà è Caselli che ha chiesto chiarimenti, perché evidentemente non ne sapeva nulla), un illustre sociologo di fama internazionale diventa «un ben noto esponente anti anti-sette», e la menzogna a proposito della «copertura» dei pedofili diventa un fatto che viene dato quasi per sottinteso.

Ma mentre a un soggetto come Caselli più di tot non si può rimproverare se non la lampante facilità con cui il suo giudizio viene fuorviato da chi secondo lui è il detentore della «verità», al contrario ben più grave è la faziosità di tale operato se a portarla avanti è l’esponente di un’istituzione europea come la FECRIS, la cui influenza si estende ben oltre il già vasto distretto della città che la finanzia (Parigi) e raggiunge zone lontane come la Russia e la Cina attraversando il vecchio continente tutto, alimentando direttamente odio e persecuzioni religiose anche violente.

mercoledì 9 gennaio 2019

Bufale «anti-sette»: Roberta Grillo, il centro «Sicar» e il presunto «allarme satanismo»

Stemperiamo i toni necessariamente un po’ seriosi degli ultimi tempi (d’altronde, ci sarebbe davvero poco di che stare allegri) e tuffiamoci per un momento fra gli aspetti più ridicoli che il panorama «anti-sette» ci offre.

Lo facciamo con il nostro Epaminonda, che di satira s’intende, e che è incappato in un articolo semplicemente arlecchinesco, firmato da un laureando di nome Andrea Ferrario e pubblicato da una rivista edita addirittura dalla Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano (sic!).

Satira amara, comunque, perché dell'approssimazione e della superficialità degli «anti-sette» si potrebbe e si dovrebbe parlare in maniera ben più severa.



venerdì 4 gennaio 2019

Incoerenza «anti-sette»: don Aldo Buonaiuto usa due pesi e due misure?

In questo breve aggiornamento, presentiamo un caso alquanto esemplare di come gli «anti-sette» (nella fattispecie don Aldo Buonaiuto), utilizzino frequentemente (se non costantemente) l’ingiusto criterio dei «due pesi e due misure», o – per dirla con un neologismo giornalistico – del «doppiopesismo». Lo facciamo ripercorrendo per un brevissimo stralcio l’inquietante convegno di Roma del 9 novembre 2018, che abbiamo analizzato nell’ultimo post.

Ci riferiamo in particolare a una certa linea della propaganda «anti-sette» (portata avanti non solo dal «prete inquisitore» in questione, ma anche da altri militanti suoi colleghi che citeremo più oltre) perfettamente espressa in un suo enfatico anatema contro quei «criminali» (anzi: «cri-mi-nali!», cfr. 1h47m35s), quei «truffatori» facenti parte di «sette diaboliche» che a suo dire si approfittano «della solitudine, dello stato di debolezza, dello stato di bisogno» o della sofferenza dovuta per esempio ad una grave malattia:


Cosa dovrebbe dire allora don Aldo Buonaiuto di fronte a notizie comprensibilmente entusiastiche e festose, diffuse in Internet, che inneggiano alle guarigioni per fede? E non parliamo certo di guarigioni da comuni malesseri, ma della remissione di mali gravissimi. Parliamo, insomma, di fatti ritenuti miracolosi.

Torniamo qui ad un paradosso di cui abbiamo dato conto più volte in precedenza, per esempio quando abbiamo dimostrato che un’esponente «anti-sette» come Lorita Tinelli del CeSAP, secondo le sue stesse affermazioni, avrebbe parecchio da ridire nei confronti di un’altra rappresentante «anti-sette» come Giovanna Balestrino del GRIS; oppure quando abbiamo rilevato (sempre con le sue stesse parole fedelmente riportate, né più né meno) cosa pensa Sonia Ghinelli di FAVIS a proposito delle guarigioni miracolose.

Sia chiaro che non intendiamo qui esprimere alcun giudizio di merito rispetto alle notizie propalate da questo o quel media, laddove non abbiamo avuto modo di verificarle accuratamente. Inoltre, qualunque sia la ragione alla base di un miglioramento delle condizioni di salute di chicchessia, non si può che esserne soddisfatti, giacché non si potrebbe mai augurare certa sofferenza a nessuno.

Ma conoscendo le gravi accuse, i giudizi pesanti e le affermazioni intolleranti con cui si esprimono pubblicamente gli «anti-sette» ai danni di movimenti del tutto pacifici e sovente impegnati nel sociale, la nostra attenzione si è soffermata su questa notizia diffusa dal media online cattolico «papaboys.info» e poi ripresa da vari gruppi Facebook come quello «anti-satanista» in nome del (fu) noto esorcista padre Gabriele Amorth:


Non si può che felicitarsi ed esprimere sollievo per una tale notizia:


Tuttavia, se si ragionasse come mostra di fare don Aldo Buonaiuto nel video incorporato all’inizio del presente post, si dovrebbero notare in particolare questi passaggi dell’articolo di «papaboys.info»:


Certo, da questo articolo non risulta che qualche parente abbia sollecitato i genitori della piccola degente a buttare alle ortiche le terapie consigliate dal personale medico; è anche alquanto ovvio che di un tale fattore non sarebbe stata fatta alcun cenno in una descrizione tanto celebrativa. Ma cosa si sarebbe detto se invece, disgraziatamente, la bambina non ce l’avesse fatta? Per fortuna, così non è stato.

Ribadiamo nuovamente a scanso di equivoci che non si intende qui in alcun modo mettere in discussione la fede di una famiglia che deve avere attraversato (fortunatamente con un lieto fine) momenti devastanti carichi di angoscia e di struggimento per l’imminente perdita di un loro caro in così tenera età. Ciò detto, non possiamo fare a meno di focalizzare l’attribuzione tanto sicura da parte di «papaboys.info» della remissione del morbo alla «catena di preghiera» e raffrontarla a quanto dichiara in modo così veemente ed astioso don Aldo Buonaiuto.

Dichiarazioni, le sue, che si accostano perfettamente a quegli stessi «anti-sette», suoi commilitoni nella lotta contro la spiritualità «alternativa», che non esiterebbero a gridare allo scandalo laddove una simile notizia fosse stata diffusa da persone legate a qualche movimento di matrice buddista piuttosto che ad un gruppo filosofico o esoterico o ad una congregazione cristiana pentecostale (come «Parola della Grazia», tanto per citarne una).

E pensare che tutti gli «anti-sette» che abbiamo citato nel presente post sono accomunati, a vario titolo, dalla collaborazione con la «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno). La stessa SAS che, per bocca di Francesca Romana Capaldo (la sua rappresentante attualmente in auge) si esprime proprio con la medesima linea ideologica:


Per non parlare delle affermazioni e delle teorie di fronte a cui degli «anti-sette» intransigenti quali Lorita Tinelli e Luigi Corvaglia dovrebbero gridare alla pseudoscienza e invocare l’intervento del CICAP: come quelle pubblicate da Rita Sberna (una blogger catanese, per assurdo supporter proprio di don Aldo Buonaiuto!) a proposito dei «sintomi fisiologici del maleficio e della fattura».

Come mai dunque don Aldo Buonaiuto non interviene per deferire alla «Squadra Anti-Sette» la sua tifosa Rita Sberna, oppure quel gruppo di preghiera che ha «preteso» di aiutare una bambina malata circondandola di amore («love bombing»?), di devozione in Dio e di preghiere? Perché non richiede l’immediata incarcerazione di tutta la sua famiglia, che ha «osato» privilegiare la fede rispetto all'ostinata ricerca di cure tradizionali? Perché non specula sull'alquanto probabile percorso di osservanza cattolica (dovuto a un «condizionamento» o a una «manipolazione mentale»?) che si profila all'orizzonte della bambina così salvata?

E perché don Aldo Buonaiuto non commenta mai le invettive scagliate da taluni «anti-sette» contro la religione Cattolica e contro il Dio adorato dai cristiani?

Don Buonaiuto è ovviamente di parte, dunque è comprensibile (seppur non necessariamente giustificabile) che si comporti in modo «doppiopesista» pur rimanendo palesemente squalificato come referente della SAS. Ciò che invece risulta alquanto arduo da digerire è che un simile «doppiopesismo» sia evidentemente accettato e condiviso da un’alta dirigente della Polizia di Stato come la Francesca Romana Capaldo, che sarebbe tenuta a difendere la laicità della Repubblica come vuole la Costituzione, e invece di tale valore fondante fa scempio a spese dei contribuenti.