venerdì 12 ottobre 2018

Incoerenza o provocazione? Gli «anti-sette» hanno la coda di paglia?

Dalle pagine di questo blog abbiamo notato e messo in luce molte volte come – da un lato – gli esponenti «anti-sette» di CeSAP, FAVIS, AIVS e GRIS (per non parlare della loro capofila europea FECRIS e della «polizia religiosa» di cui sono consulenti, la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno, meglio nota come SAS) spesso si lancino in affermazioni di nobili principi o in un’apparente difesa dei valori della convivenza civile o della legalità. Principi e valori che, però, sovente sono i primi a infrangere con le loro offese, le loro intimidazioni, le loro canzonature, le loro false accuse, le loro denigrazioni strumentali e le loro allucinatorie delazioni. È questo un fenomeno tanto ricorrente che abbiamo dedicato un’intera pagina di riepilogo (che teniamo costantemente aggiornata) ai post della categoria Contraddizioni e incoerenza.

I loro tentativi di offuscare la libertà religiosa mettendo alla gogna i piccoli gruppi spirituali e le confessioni minoritarie definendoli «sette religiose», «culti distruttivi» o «culti abusanti» per ghettizzarle e sottoporle a un vero e proprio «stigma» tramite campagne mediatiche e propaganda continua, sono ormai un fatto noto di cui sempre più gente viene a conoscenza e che costoro nemmeno tentano più di negare.

Forse per provocazione o forse nel disperato tentativo di coprire i propri reali intenti, assistiamo a post come il seguente, condiviso alcuni giorni fa da Sonia Ghinelli di FAVIS:


Il post consente di visualizzare questo video:


Ci domandiamo: non è forse questo il massimo in fatto di ipocrisia? Proprio una esponente «anti-sette», che (anche perché non impegnata in altra occupazione o professione che possa dirsi utile alla società) fa della promozione e trasmissione dell’odio online la sua attività principale, condivide un tale video? Proprio Sonia Ghinelli, che dal suo discutibile profilo anonimo Ethan Garbo Saint Germain, di giorno in giorno diffonde «notizie» o comunicati per lo più tendenziosi che mirano a generare allarmismo nella gente e a spaventare le persone?

Perché questo video non lo ha condiviso proprio con i suoi amici militanti «anti-sette» che conducono le medesime attività spesso facilmente riconoscibili come «hate speech»?

Non ci risulta infatti che Sonia Ghinelli sia mai intervenuta per ricondurre nei ranghi del senso civico i suoi colleghi di AIVS, nemmeno nei momenti di maggiore espressione online di odio nei confronti di confessioni religiose, minoranze etniche, o intere nazionalità per mezzo di false «notizie» allarmanti.

Non ci risulta nemmeno che Sonia Ghinelli sia intervenuta per fare osservazione alla sua collega e amica di sempre Lorita Tinelli in una delle innumerevoli occasioni in cui ha pronunciato uno dei suoi anatemi generalizzati contro le fantomatiche «sette».

Non è dunque giunto il momento di lavare i panni sporchi in casa propria, invece di aggiungere un po’ di lustrini all’abito e girarlo al rovescio per nasconderne le macchie?

lunedì 8 ottobre 2018

Barlumi di giustizia nell’iniquo mondo «anti-sette»: a giudizio due giornaliste

Il mese scorso è stata diffusa una notizia che ci ha lasciato ben sperare per il futuro: due giornaliste Mediaset sono state rinviate a giudizio con l’accusa di «diffamazione a mezzo stampa» per aver realizzato due servizi, andati in onda il 27 maggio 2013 a «Studio Aperto» su «Italia 1», in cui ipotizzavano dei collegamenti fra alcuni suicidi di ragazzi della zona di Saluzzo (Cuneo) e dei presunti «riti satanici» e relative «sette».


Come spiega Monica Bruna nell’articolo qui riportato, nei servizi televisivi diffusi dalle due giornaliste ora sotto accusa «si parlava anche del suicidio della studentessa avvenuto due anni prima. La ragazza veniva citata per nome, comparivano anche alcune immagini dell’abitazione».

«La studentessa si era tolta la vita, impiccandosi, il 1° maggio 2011, (…). I genitori avevano detto che la figlia era depressa a causa di una delusione sentimentale», ma i giornalisti influenzati dalla propaganda «anti-sette» avevano invece preferito dare ascolto a qualche diceria, forse pensando che potesse «vendere meglio», e avevano parlato di «sette sataniche» e quant’altro. Una pista che, nel corso delle indagini, era stata «completamente scartata dagli inquirenti».

Occorre sottolineare che siamo solo al primo grado di giudizio e quindi occorrerà vedere quali saranno gli esiti veri e propri del processo; tuttavia, per una volta la macchina della giustizia sembra si muoversi in direzione della correttezza e della legalità mettendo sotto accusa dei produttori di «fake news» complici degli «anti-sette». Volendo essere scrupolosi, anche questi ultimi dovrebbero essere processati come complici delle due giornaliste.

Ma purtroppo il triste caso della studentessa del cuneese la cui reputazione fu infangata (assieme a quella della sua famiglia) persino dopo la sua morte per suicidio senza alcun rispetto per una tale tragedia non è affatto isolato.

Un’altra vicenda di cronaca nera in cui i «megafoni» della propaganda «anti-sette» presero subito a vociare contro delle inesistenti «sette religiose» ebbe luogo poco lontano da Saluzzo, a una settantina di chilometri più a est, nell’astigiano:


Era l’aprile del 2014 e le indagini erano in pieno svolgimento; decine e decine fra articoli e post sui vari blog «di informazione» parlarono di questa povera donna scomparsa e trovata morta in un canale solo sei mesi più tardi. Anche qui, fioccarono le illazioni sul fatto che fosse stata «plagiata» da qualche «seguace di una setta», ecc. Le solite «notizie» ricamate o inventate per risultare allarmanti e spaventose.

Quale fu la verità, accertata in sede giudiziaria?


Condanna che è stata poi confermata recentemente, in maggio scorso.

Ci auguriamo che la giustizia segua il suo corso e faccia piena chiarezza sulle responsabilità delle due giornaliste nel diffondere false notizie di stampo «anti-sette».

sabato 6 ottobre 2018

L’influenza fuorviante degli «anti-sette»: il caso di FAVIS e associazione Penelope

di Mario Casini

Sabato 15 e domenica 16 settembre scorsi a Rimini si è tenuta una conferenza organizzata dall’associazione Penelope (S)comparsi, dal singolare titolo «Manipolazione mentale e scomparsi». Un cittadino qualunque che fosse interessato ad un argomento tanto delicato e preoccupante come le sparizione o il rapimento delle persone, sarà sicuramente rimasto perplesso dinanzi all’accostamento di due concetti tanto eterogenei come quelli dichiarati nel titolo dell’evento; ipotesi che può spiegare la scarsa partecipazione in termini di presenze (in totale una ventina di persone inclusi i relatori, stando alle foto diffuse dagli organizzatori). Infatti mentre il pomeriggio del sabato la prima porzione dell’evento si è tenuta presso la sede della Penelope, la sessione domenicale ha avuto luogo presso la «Casa delle Associazioni»:


A voler guardare più attentamente si nota subito come un programma così ambizioso (ben due giorni, in due sedi diverse) per un contesto tanto locale come la «Casa delle Associazioni» di Rimini, possa adombrare un qualche secondo fine; o, se non un secondo fine, quanto meno una sfumatura non esplicitata. Per esempio, il fatto che mentre l’ente organizzatore della conferenza è per l’appunto l’associazione Penelope (S)comparsi, di fatto la gran parte del palcoscenico era già predestinata agli «anti-sette» Maurizio Alessandrini (presidente FAVIS, gruppo laico fortemente critico della Chiesa Cattolica) e don Aldo Buonaiuto) e un prete inquisitore, entrambi accomunati dalla grottesca posizione di consulenti privilegiati della «polizia religiosa» del Ministero dell’Interno meglio nota come «Squadra Anti-Sette» o SAS, sulla cui costituzionalità sussistono ponderosi dubbi.


Non è forse questo un ossimoro che ha del visionario?

Mi spiego: «manipolazione mentale» e persone scomparse, il primo un concetto completamente aleatorio e il secondo una categoria di fatti non solo serissima e concreta, ma anche potenzialmente drammatica se non tragica. Da un lato una teoria ampiamente screditata dal mondo accademico e ormai da tempo superata, dall’altro lato degli eventi di un realismo ruvido e scioccante che quando disgraziatamente colpiscono una famiglia lasciano una traccia indelebile e possono trasformare un dato periodo nel peggiore degli incubi.

A me questo strano accostamento ha dato subito l’impressione che FAVIS abbia cercato di farsi ospitare da un’altra associazione per sfruttarne la popolarità (dovuta all’ambito benemerito in cui opera) e forse anche i fondi. Ma temo che questo interrogativo sia destinato a rimanere aperto per sempre, dal momento che (come abbiamo documentato in questo post) non è dato conoscere come spendano i fondi sociali Maurizio Alessandrini e Sonia Ghinelli (responsabili di FAVIS); al contrario, quando si domanda loro un po’ di trasparenza, reagiscono con veemenza e mettendo alla porta i malcapitati.

Cercando se l’evento avesse avuto una qualche risonanza, ho potuto notare soltanto qua e là qualche post festoso degli organizzatori, fra cui quello che segue. Come sono solito fare, ho voluto provare a dire la mia, cogliendo l’occasione di un altro commento che era già presente e che non poteva non stimolare la mia piena approvazione:


Appena ho visto questo commento, ho subito replicato:


Pensavo di suscitare una riflessione nei responsabili di Penelope (S)comparsi, e invece l’unica reazione che c’è stata è una (sorprendente) risposta di Maria Gaia Pensieri di tenore completamente favorevole alle attività di FAVIS; a seguito di questa, avevo scritto un lungo commento di replica motivando più dettagliatamente il mio pensiero, ma purtroppo ancora quello stesso giorno (20 settembre) quel post è stato rimosso e non è più pubblicamente reperibile online come lo era prima. Segno evidente che le mie indicazioni non potevano essere adeguatamente confutate o smentite, ma al contrario avevo evidentemente fatto centro.

Mi domando se la dott.ssa Pensieri, che leggo essere laureata in scienze per l’investigazione e la sicurezza e docente  presso l’Università Popolare di Milano, abbia mai esplorato le metodologie messe in atto dagli «anti-sette» per distogliere i fedeli di movimenti religiosi dalle dottrine cui aderiscono. Tralasciando la macchina del fango costante cui costoro sottopongono quei movimenti, mi riferisco in particolar modo alla «deprogrammazione» e alle modalità coercitive con cui viene messa in atto, cioè ai limiti del lecito laddove non sia stata propriamente sanzionata come illegale.

Come già dichiaravo nel mio commento di cui ho inserito l’immagine prima, l’intento benefico e l’impegno sociale di realtà come Penelope sono indubbiamente lodevoli e degni di rispetto.

Ciò che invece del tutto stona con la nobiltà dell’operato della dott.ssa Pensieri e dei suoi collaboratori è il loro frammischiarsi con obiettivi di tutt’altra fatta ed ispirazione portati avanti da FAVIS e compagnia.

Come ricordavo nel commento, disponibile online vi è un’intervista alquanto interessante al figlio di Maurizio Alessandrini, andata in onda a Tele Rimini in ottobre 2011, nella quale costui spiega un po’ dei retroscena che hanno portato alla nascita di FAVIS e chiarisce alcuni dei punti altrimenti oscuri nella loro condotta allarmistica. Ne voglio riportare qui un breve stralcio a partire dal minuto 1’50” della seconda parte:


Laddove vengano commessi deprecabili atti illeciti quali il ratto di minori, la legge deve senz’altro intervenire, accertare e sanzionare (anche con il prezioso aiuto di organismi attivi nel sociale, quali appunto Penelope). Ma questo non autorizza nessuno (peraltro estraneo a quell’impegno concreto!) a inventare delle «piaghe» inesistenti per ritagliarsi un palcoscenico.

Bisognerebbe invece imparare a rispettare la religiosità e la spiritualità altrui, senza tacciare il tale o il talaltro gruppo di «non essere una religione ufficiale», a maggior ragione per partito preso, senza nemmeno svolgerne uno studio serio e coscienzioso.

Mi auguro davvero che un’associazione di assoluta e indiscussa utilità sociale come la Penelope orienti meglio le proprie risorse in cerca di alleati degni di fiducia e soprattutto non coinvolti in costose, sterili e deleterie lotte contro «mostri» inesistenti creati apposta per racimolare fondi qua e là o incentivare business privati.

Ecco a quale grado può giungere l’influenza fuorviante dei militanti «anti-sette».

mercoledì 3 ottobre 2018

La strage di Waco del 1993 (epilogo): la vera storia di un disastro «anti-sette»

Siamo giunti ad una naturale conclusione del ciclo di contributi di Epaminonda riguardanti la tragedia di Waco in Texas (USA) consumatasi fra febbraio e aprile 1993.

Abbiamo ora un quadro d’insieme di come si svolse la vicenda e possiamo ragionevolmente affermare di aver ricostruito la verità dei fatti.

Dietro all’eccidio, vi è l’indebita e deleteria influenza di un «anti-sette», Rick Ross (un militante dedito alla «deprogrammazione», dato non trascurabile e che non va dimenticato) e della sua associazione (l’allora Cult Awareness Network o CAN) coinvolta nella propaganda ideologica e mediatica contro i «nuovi movimenti religiosi»: solo a seguito delle loro trame e dei loro interventi si sono potuti verificare gli errori madornali, da parte dei funzionari statali e delle forze dell’ordine, che hanno portato al massacro di un’ottantina di persone.

Ma non rubiamo altro tempo alla lettura e lasciamo spazio a questo nuovo e – crediamo – ultimo resoconto ben documentato su quella tristissima realtà storica.

Per un più rapido riferimento, riepiloghiamo tutti i post precedenti sul medesimo tema:
- [08 Agosto 2018] La strage di Waco: propaganda «anti-sette» moralmente responsabile?


lunedì 1 ottobre 2018

Gli «anti-sette» e le loro invettive contro la religione Cattolica e contro Dio

Da questo blog si è già dimostrato in numerose occasioni (ad esempio qui, qui e qui), come le diverse cellule dei militanti «anti-sette» italiani abbiano orientamenti ideologici e religiosi diametralmente opposti fra loro, eppure collaborino per generare allarmismo contro i «culti alternativi», mettendo palesemente in mostra la propria contraddittorietà.

Così è infatti per il fronte ateo rappresentato da FAVIS e CeSAP (con la sua propaggine AIVS) e della loro organizzazione europea di riferimento, la controversa FECRIS: queste sigle spesso collaborano con la frangia degli estremisti pseudo-cattolici «anti-sette» del GRIS di cui fa parte don Aldo Buonaiuto; trait d’union fra i due schieramenti, la «polizia religiosa» del Ministero dell’Interno meglio nota come «Squadra Anti-Sette» o SAS.

In questo post esaminiamo a quali livelli riesca a spingersi la propaganda più propriamente antireligiosa, la cui somiglianza con la propaganda «anti-sette» è alquanto stretta e rasenta l’uguaglianza.

Come molte volte s’è documentato, dalle sue pagine Facebook ufficiali AIVS (il gruppo «anti-sette» guidato dall’ex cineasta mancato Toni Occhiello) compie una continua opera di irrisione e denigrazione nei confronti di talune realtà religiose non tradizionali; per lo più si tratta del movimento di cui aveva egli stesso fatto parte per sette lustri, ma non solo: nella sconfinata Internet c’è spazio per prendere di mira anche altri movimenti spirituali, e persino le religioni maggioritarie. Come in questo caso:


Qui Toni Occhiello (riteniamo sia ancora lui a parlare per conto di AIVS) coglie l’occasione di un articolo di «wired.it» che – in poche parole – critica profondamente le credenze e le pratiche cristiane che ruotano intorno a Medjugorje (cittadina situata in Bosnia Erzegovina), riducendole a un mero fenomeno commerciale e irridendo la religione cattolica.

A nulla vale un indignato, focoso ma senz’altro accorato commento di protesta di una utente la quale ringrazia Dio per aver partecipato a dei pellegrinaggi di Medjugorje e fornisce vari spunti per una confutazione del pezzo di «wired.it». Il commento è piuttosto facondo ed esordisce così:


La replica di Toni Occhiello è di fatto un tentativo di evitare le critiche (forse perché a corto di argomentazioni valide?), scantonando, senza entrare nel merito (si noti come cerca di dare a intendere, ma non dichiara apertamente, che la utente indignata sia carente nelle proprie facoltà intellettive):


Tergiversando e lavandosi le mani per le offese arrecate ai fedeli di Medjugorje, AIVS lascia spazio a chi invece critica e accusa in modo tutt’altro che pudibondo:


Si noti l’uso della parola «setta», ovviamente mirato ad offendere e dileggiare, nel caso di specie rivolta nei confronti di un movimento di preghiera e adorazione precipuamente cattolico.

Che in Medjugorje vi siano degli aspetti discutibili (o che comunque meriterebbero approfondimenti e studi) sotto il profilo scientifico ed economico, è fuor di dubbio, specialmente se si affronta il tema con un atteggiamento rispettoso e obiettivo. Ma qui – come nel caso di Lorita Tinelli e delle sue invettive contro le credenze religiose che (a suo dire) non hanno «una base teorica e ideologica sostenibile» – ciò che viene criticata è la dottrina stessa, la professione stessa di fede; fatto di per sé gravissimo e distintivo di un militante o di un estremista, piuttosto che di uno studioso serio o di un critico equilibrato.

In altri termini, secondo costoro non si dovrebbe essere liberi di credere alle apparizioni della beata Vergine Maria a meno di non voler essere ritenuti dei minorati mentali. Tutto ciò non è solo oltraggioso, è anche illegittimo ed anticostituzionale.

D’altro canto è esattamente l’accusa che a più riprese viene mossa proprio agli «anti-sette» di AIVS, quella di voler provare a vincere il confronto dialettico offendendo l’interlocutore. Ecco un esempio pescato da un post altro ma contemporaneo al precedente (18 settembre):


Ma vediamo a cosa conducono ideologie estremiste come quella di AIVS: non solo al razzismo nei confronti di minoranze etniche come Rom e Sinti o di interi paesi come il Giappone, ma anche all’intolleranza rispetto a fenomeni religiosi maggioritari.

Vedasi per esempio un accanito sostenitore del CeSAP, notoriamente amico di Lorita Tinelli, un artigiano pugliese di nome Cosimino Placido:


O un altro affiliato al CeSAP, un certo Dino Potenza, responsabile di una caduca associazione «anti-sette» del passato denominata «AssoTutor» (ancora in essere sulla carta ma di fatto inattiva da pochi mesi dopo la sua nascita, almeno per quanto attiene alla lotta contro i «culti distruttivi»):


È proprio da questo genere di ideologia che con breve passo si giunge ad affermazioni estremiste come la seguente, solo per fare esempio:


Ogni commento è superfluo; ci limitiamo a domandarci se non sia, questo, davvero «estremismo» o, come si usa dire oggidì, «radicalismo», nella fattispecie radicalismo antireligioso.

Quale giovamento, dunque, porta alla nostra società l’operato degli «anti-sette»?

Quale contributo alla pace nel mondo e al rispetto reciproco?