di Mario Casini
Sabato 15 e domenica 16 settembre scorsi a
Rimini si è tenuta una conferenza organizzata dall’associazione
Penelope (S)comparsi, dal singolare titolo
«Manipolazione mentale e scomparsi». Un cittadino qualunque che fosse interessato ad un argomento tanto delicato e preoccupante come le sparizione o il rapimento delle persone, sarà sicuramente rimasto
perplesso dinanzi all’accostamento di due
concetti tanto
eterogenei come quelli dichiarati nel titolo dell’evento; ipotesi che può spiegare la
scarsa partecipazione in termini di presenze (in totale
una ventina di persone inclusi i relatori, stando alle foto diffuse dagli organizzatori). Infatti mentre il pomeriggio del sabato la prima porzione dell’evento si è tenuta presso la sede della Penelope, la sessione domenicale ha avuto luogo presso la «
Casa delle Associazioni»:
A voler guardare più attentamente si nota subito come un programma così ambizioso (ben due giorni, in due sedi diverse) per un contesto tanto locale come la «Casa delle Associazioni» di Rimini, possa adombrare un
qualche secondo fine; o, se non un secondo fine, quanto meno una sfumatura non esplicitata. Per esempio, il fatto che mentre l’ente organizzatore della conferenza è per l’appunto l’associazione
Penelope (S)comparsi, di fatto la gran parte del palcoscenico era già predestinata agli «anti-sette»
Maurizio Alessandrini (presidente
FAVIS, gruppo laico
fortemente critico della
Chiesa Cattolica) e
don Aldo Buonaiuto) e un
prete inquisitore, entrambi accomunati dalla grottesca posizione di
consulenti privilegiati della «
polizia religiosa» del Ministero dell’Interno meglio nota come «
Squadra Anti-Sette» o
SAS, sulla cui costituzionalità sussistono ponderosi dubbi.
Non è forse questo un
ossimoro che ha del visionario?
Mi spiego:
«manipolazione mentale» e
persone scomparse, il primo un concetto completamente aleatorio e il secondo una categoria di fatti non solo serissima e concreta, ma anche potenzialmente drammatica se non tragica. Da un lato una
teoria ampiamente screditata dal mondo accademico e ormai da tempo superata, dall’altro lato degli eventi di un
realismo ruvido e scioccante che quando disgraziatamente colpiscono una famiglia lasciano una traccia indelebile e possono trasformare un dato periodo nel peggiore degli incubi.
A me questo strano accostamento ha dato subito l’impressione che
FAVIS abbia cercato di farsi ospitare da un’altra associazione per
sfruttarne la popolarità (dovuta all’ambito benemerito in cui opera) e forse anche
i fondi. Ma temo che questo interrogativo sia destinato a rimanere aperto per sempre, dal momento che (come abbiamo
documentato in questo post)
non è dato conoscere come spendano i fondi sociali
Maurizio Alessandrini e
Sonia Ghinelli (responsabili di
FAVIS); al contrario, quando si domanda loro un po’ di
trasparenza, reagiscono con veemenza e mettendo alla porta i malcapitati.
Cercando se l’evento avesse avuto una qualche risonanza, ho potuto notare soltanto qua e là qualche post festoso degli organizzatori, fra cui quello che segue. Come sono solito fare, ho voluto provare a
dire la mia, cogliendo l’occasione di
un altro commento che era già presente e che non poteva non stimolare la mia piena approvazione:
Appena ho visto questo commento, ho
subito replicato:
Pensavo di suscitare una riflessione nei responsabili di
Penelope (S)comparsi, e invece l’unica reazione che c’è stata è una (sorprendente) risposta di
Maria Gaia Pensieri di tenore completamente favorevole alle attività di
FAVIS; a seguito di questa, avevo scritto un lungo commento di replica motivando più dettagliatamente il mio pensiero, ma purtroppo ancora quello stesso giorno (20 settembre) quel post
è stato rimosso e non è più pubblicamente reperibile online come lo era prima. Segno evidente che le mie indicazioni non potevano essere adeguatamente confutate o smentite, ma al contrario avevo evidentemente
fatto centro.
Mi domando se la dott.ssa Pensieri, che leggo essere
laureata in scienze per l’investigazione e la sicurezza e
docente presso l’
Università Popolare di Milano, abbia mai esplorato le metodologie messe in atto dagli «
anti-sette» per distogliere i fedeli di movimenti religiosi dalle dottrine cui aderiscono. Tralasciando la
macchina del fango costante cui costoro sottopongono quei movimenti, mi riferisco in particolar modo alla «
deprogrammazione» e alle
modalità coercitive con cui viene messa in atto, cioè ai limiti del lecito laddove non sia stata propriamente
sanzionata come illegale.
Come già dichiaravo nel mio commento di cui ho inserito l’immagine prima, l’
intento benefico e l’impegno sociale di realtà come
Penelope sono indubbiamente lodevoli e degni di rispetto.
Ciò che invece del tutto stona con la nobiltà dell’operato della dott.ssa Pensieri e dei suoi collaboratori è il loro frammischiarsi con obiettivi di
tutt’altra fatta ed ispirazione portati avanti da
FAVIS e compagnia.
Come ricordavo nel commento, disponibile online vi è un’intervista alquanto interessante al figlio di
Maurizio Alessandrini, andata
in onda a Tele Rimini in ottobre 2011, nella quale costui spiega un po’ dei retroscena che hanno portato alla nascita di
FAVIS e chiarisce alcuni dei punti altrimenti oscuri nella loro
condotta allarmistica. Ne voglio riportare qui un breve stralcio
a partire dal minuto 1’50” della seconda parte:
Laddove vengano commessi deprecabili
atti illeciti quali il ratto di minori, la legge deve senz’altro intervenire, accertare e sanzionare (anche con il prezioso aiuto di organismi attivi nel sociale, quali appunto Penelope). Ma questo non autorizza nessuno (peraltro estraneo a quell’impegno concreto!) a
inventare delle «piaghe» inesistenti per ritagliarsi un palcoscenico.
Bisognerebbe invece imparare a rispettare la
religiosità e la
spiritualità altrui, senza tacciare il tale o il talaltro gruppo di
«non essere una religione ufficiale», a maggior ragione per partito preso, senza nemmeno svolgerne uno studio serio e coscienzioso.
Mi auguro davvero che un’associazione di assoluta e indiscussa utilità sociale come la
Penelope orienti meglio le proprie risorse in cerca di alleati degni di fiducia e soprattutto non coinvolti in costose, sterili e deleterie lotte contro
«mostri» inesistenti creati apposta per racimolare fondi qua e là o incentivare business privati.
Ecco a quale grado può giungere l’
influenza fuorviante dei militanti «anti-sette».