mercoledì 11 luglio 2018

Contributo esterno: la vera storia del «Tempio del Popolo» (torazina letale)

Ecco la quinta puntata della serie sulla strage del «Tempio del Popolo», il «suicidio di massa» fasullo che in realtà, come si è ampiamente dimostrato, fu un massacro organizzato.

Siccome – almeno per il momento – si tratta dell’ultimo post sul tema, riepiloghiamo qui di seguito tutti gli articoli di questa serie così da fornirne un indice completo per rapido riferimento:

- [16 Maggio 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» (un compendio)
- [6 Giugno 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» (il massacro comandato)
- [12 Giugno 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» («anti-sette» sbugiardati)
- [22 Giugno 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» (quale «lavaggio del cervello»?)
- [24 Giugno 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» (una strage politica)

Come background per capire certe premesse, valga inoltre questo post:

- [6 Marzo 2018] Gli «anti-sette» e il «condizionamento mentale»

In questo approfondimento, il nostro Epaminonda esamina accuratamente l’aspetto forse più macabro dell’eccidio della Guyana.



di Epaminonda


MORTE TRAMITE TORAZINA
IL LATO OSCURO DI JONESTOWN


Il massacro di Jonestown è sicuramente l’evento più grave dei tempi moderni che coinvolga la morte di civili in un contesto non bellico. Inizialmente presentato dai mass media come suicidio di massa a sfondo religioso, si è gradualmente rivelato in un sinistro incidente che coinvolge molti fattori ben lontani dalla religione.

Ne abbiamo già sviluppato diversi aspetti in articoli precedenti e questa volta ci concentriamo in particolare sull’impiego massiccio di torazina nel campo di Jonestown.

La torazina è uno psicofarmaco sviluppato nel 1950 e considerato il capostipite delle sostanze “antipsicotiche”. Il nome originale è cloropromazina e nasce in Francia dai laboratori della Rhone-Poulenc come tentativo di curare la malaria, poi trasformatosi accidentalmente in un farmaco quasi idolatrato dai medici psichiatri; di conseguenza, viene presto fatto inserire nell’elenco dei farmaci essenziali compilato dalla World Health Organization, e infatti è stato il primo psicofarmaco approvato negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration ancora nel 1954.

Torazina è semplicemente un marchio di fabbrica e viene affiancato da altri marchi come ad esempio Largactil. Viene tipicamente utilizzato per trattare la schizofrenia e le psicosi indotte da anfetamina. Ha numerosi effetti collaterali tra cui la deformazione ritardata e permanente dell’espressione del viso. La persona muove involontariamente la parte inferiore del volto dando vita a espressioni innaturali e a movimenti inconsulti. Ad esempio butta fuori la lingua, fa schioccare la bocca, gonfia o ritira le guance e sbatte costantemente le palpebre. Questo tipo di condizione, che prende il nome erudito di “discinesia tardiva” è permanente e irreversibile.

In alcuni casi i movimenti sono talmente violenti che è impossibile tenere una dentiera in bocca e la persona deve vivere di una dieta liquida, oppure continua a mordersi la lingua in una sorta di supplizio dantesco che si ripete all’infinito (si tratta di due casi reali citati nell’articolo di cui parlerò poco più avanti).

Altri effetti collaterali sono insonnia, difficoltà respiratorie, gonfiore della bocca, alterazioni visive, incapacità di muovere gli occhi, movimenti incontrollati del corpo, crisi epilettiche, ansia e altro ancora. L’individuo non riesce a smettere di muoversi. In realtà gli stati indotti dal farmaco possono diventare l’anticamera del cosiddetto morbo di Parkinson. Inoltre, se somministrata a persone anziane affette da “agitazione senile”, questa sostanza può provocare la morte.


Alcuni l’hanno ribattezzata “lobotomia chimica” per lo stravolgimento permanente che può generare in un individuo. Gli effetti dell’uso prolungato della torazina sono infatti gli stessi che si ottengono con una lobotomia chirurgica.

Citiamo le parole dei due ricercatori che l’hanno inventata, Jean Delay (a sinistra nella foto seguente) e Pierre Deniker (a destra).


Dopo aver condotto una prima sperimentazione su 38 pazienti che ricevevano dosi giornaliere di torazina, hanno dichiarato:

“Il paziente rimane immobile nel suo letto, sia che si trovi seduto oppure coricato. Spesso è pallido e con le palpebre abbassate. Rimane in silenzio per la maggior parte del tempo. Se gli si pone una domanda, risponde lentamente e con un tono deliberatamente monotono e indifferente; dice poche parole e poi torna nel silenzio.”

In Canada, lo psichiatra di origini tedesche Heinz Lehmann (segue foto), condusse nel 1954 esperimenti diretti con la cloropromazina.


Lehmann viene considerato il padre della moderna psicofarmacologia; descrisse l’indifferenza emotiva causata dalla somministrazione del farmaco, che egli considerava il vero obiettivo del trattamento. Dichiarò inoltre: “I pazienti trattati mostrano una mancanza d’interesse spontaneo per il loro ambiente”.

Nel 1950 un libro di testo indicava apertamente gli effetti per così dire “lobotomici” della torazina.

Infine, nel 1958, il testo Modern Clinical Psychiatry di Arthur Percy Noyes e Laurence Coleman Kolb dichiarava:

“Se il paziente risponde bene al farmaco, sviluppa un atteggiamento d’indifferenza nei confronti del suo ambiente come pure dei suoi sintomi.”

Quindi i sintomi non venivano eliminati, semplicemente il paziente diventava indifferente nei loro confronti. Ci troviamo pertanto di fronte a uno psicofarmaco per eccellenza che negli anni Settanta, quando avvenne la strage di Jonestown, era particolarmente in voga.

Prendiamo ad esempio l’articolo intitolato Psychiatry’s Drug Addiction publicato sulla rivista americana The New Republic l’8 dicembre 1979, un anno dopo la strage di Jonestown. L’autore, Peter Sterling, conduceva ricerche sul cervello presso la Pennsylvania School of Medicine e scrisse questo saggio come parte di una perizia richiesta da un tribunale. Le sue parole sono molto chiare:

“La netta riduzione della consapevolezza, della motivazione e dell’abilità di risolvere i problemi sotto l’effetto della cloropromazina assomigliano in tutto e per tutto agli effetti di una lobotomia prefrontale. La sindrome da lobotomia era ben nota agli psichiatri nel 1954 per il vasto numero di pazienti lobotomizzati che si erano accumulati negli ospedali. La ricerca suggerisce che le lobotomie e le sostanze chimiche come la cloropromazina possono produrre i propri effetti nello stesso modo (…) Di fatto uno psichiatra sarebbe in grande difficoltà nel distinguere un paziente lobotomizzato da uno trattato con cloropromazina.”

L’articolo è veramente molto istruttivo e descrive non solo i vasti effetti degli psicofarmaci a quel tempo, ma anche la strategia commerciale utilizzata da Smith, Kline & French nel diffondere questo psicofarmaco negli Stati Uniti, dopo averne acquisito i diritti nel 1953 (per chi fosse interessato, disponiamo di copia integrale dell’articolo originale in inglese).


Torniamo ora al massacro di Jonestown e attingiamo nuovamente da una fonte che abbiamo usato spesso nei nostri resoconti su questa materia: l’università di San Diego.

In particolare prendiamo spunto da un articolo intitolato: “Omicidio tramite torazina” scritto da Bonnie Yates, laureata in psicologia presso la Northern Illinois University e protagonista di ricerche sul suicidio degli adolescenti


Nel suo articolo, la dott.ssa Yates ci spiega che, molto prima del massacro, gli abitanti della comunità gestita dal “reverendo” Jim Jones venivano sottoposti regolarmente a trattamenti mediante torazina. In particolare lo psicofarmaco veniva usato abbondantemente sui dissidenti, i malcontenti e i possibili transfughi. Uno di questi “oppositori” era Gene Chaikin, avvocato dei Peoples Temple che per sua stessa ammissione fu trattato con torazina per mesi.

Tra le vittime del trattamento c’erano anche due donne che avevano rifiutato le avance sessuali di Jim Jones. Queste persone, una volta rilasciate dall’infermeria della comunità, vagavano per il campo in uno stato confusionale e di completa sedazione.

L’uso della torazina era del tutto sproporzionato rispetto alla popolazione di Jonestown. Stando alle statistiche raccolte dall’autrice sull’uso del farmaco negli USA a quel tempo, solo 7 dei circa 1000 individui presenti nel campo sarebbero stati candidati credibili per un simile trattamento. Inoltre, nel campo erano state ammesse solo persone che non presentavano alcun disturbo mentale.

Ciò nonostante, i documenti lasciati dal medico di Jonestown dimostrano che la torazina veniva utilizzata abitualmente e in dosi massicce. Già all’inizio della vita della comunità, si parla di 105 pillole distribuite in due settimane (una pillola è sufficiente a trattare un paziente) partendo da un flacone di 100 pillole. Si passa poco dopo a flaconi di 1000 pillole con dosi giornaliere che variano dalle 15 alle 36 pastiglie, con punte che arrivano a 100 e persino 135 pillole giornaliere in corrispondenza di eventi particolarmente significativi.

In buona sostanza, in aggiunta ai vari altri tipi di psicofarmaci usati a Jonestown e di cui abbiamo parlato in precedenza, l’uso della torazina era continuo, spregiudicato e sproporzionato rispetto al numero di persone presenti. Molti degli “adepti” erano stati trasformati in vegetali ben prima del massacro, proprio per fiaccarne la resistenza e predisporli alla morte imminente.

Bonnie Yates cita nel suo articolo cinque casi specifici e documentati, ma basandoci sulla quantità di torazina consumata nel campo, possiamo facilmente dedurne che una vasta percentuale della sua popolazione era sotto l’effetto di questo potente psicofarmaco.

Abbiamo visto che la torazina elimina la consapevolezza del proprio ambiente e trasforma la persona in un vegetale passivo. Non ci meravigliamo quindi che, dopo mesi di questo trattamento incessante, molti degli abitanti di Jonestown siano morti senza opporre particolare resistenza.

Riepiloghiamo gli effetti della torazina utilizzando le parole di Bonny Yates:

“Quel che si nota di più della torazina sono i suoi effetti collaterali che sono potenti e orribili. Innanzitutto, la torazina è ben nota per i suoi potenti effetti sedativi in chiunque la assuma. Di fatto, molti pazienti che l’hanno presa vengono paragonati a zombie per i suoi potenti effetti sedativi. Si è persino detto che prendere torazina equivale a ricevere una ‘lobotomia chimica’. Un altro effetto degno di nota è il cosiddetto ‘rimescolamento alla torazina’: gli individui che la prendono non riescono a stare fermi e sono costretti a camminare continuamente con un passo sgraziato. Altri effetti collaterali includono le vertigini, la sonnolenza, l’aumento di peso e i problemi sessuali. La torazina può anche produrre conseguenze serie come tremori, bava, nausea, irrequietezza, contorsioni, movimenti incontrollati, febbre alta, muscoli rigidi, confusione, sudorazione, battito cardiaco accelerato o rallentato, attacchi epilettici, svenimenti e respirazione rallentata.”

Vediamo quindi che la comunità di Jonestown era stata ridotta a un gruppo di zombie chimicamente lobotomizzati nel nome della sperimentazione psichiatrica sponsorizzata dal progetto MK Ultra. Come abbiamo visto in un articolo precedente, non è nemmeno comprovato che siano morti di cianuro come i media hanno voluto farci credere a quel tempo. Nel campo non sono state trovate tracce di cianuro, ma sono invece state rinvenute ampie scorte di torazina.

Sappiamo che in molti dei corpi esaminati sono stati ritrovati i segni di iniezioni praticate nella scapola oppure nella parte posteriore del braccio. Tutte posizioni che non potevano essere raggiunte dalle vittime. Infine sappiamo della presenza di un team medico nei paraggi. Le circa mille vittime possono anche essere morte per le conseguenze fatali di un’overdose di cocktail di psicofarmaci a base di torazina, sebbene sia noto che molti di loro furono assassinati con armi da fuoco.

Questa quindi è la verità: forse difficile da accettare, forse non molto politically correct, certamente ben poco digeribile da chi ha costruito un’impalcatura propagandistica sulla storiella del “suicidio di massa”… ma è la verità.

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