[Post aggiornato il 4 Marzo 2018]
Nei giorni scorsi gli «anti-sette» hanno trionfato all’unanimità (o quasi) per l’ultima puntata della trasmissione televisiva «Presa Diretta», andata in onda Sabato scorso (24 Febbraio) su RAI 3 con il titolo «Io ci credo» e dedicata al fenomeno della religiosità «alternativa».
La giornalista che ha confezionato il servizio è Raffaella Pusceddu, già nota al pubblico per i propri «calderoni terroristici» come quello contro i produttori di vino andato in onda due anni fa e contestato da più di un media legato agli esperti (quelli veri) di settore.
Al minuto 50:44 del reportage «Io ci credo», la Pusceddu afferma:
«per le altre religioni e confessioni [diverse dalla cattolica, N.d.R.] il rapporto è col Ministero dell’Interno che deve riconoscere la personalità giuridica come enti di culto».
Tale dichiarazione è gravemente fuorviante: infatti, il rapporto dell’associazione religiosa è eventualmente con il Ministero laddove essa richieda di stipulare un’intesa. Diversamente, non vi è alcun obbligo o vincolo di instaurare un rapporto con il governo, dal momento che la Costituzione stessa riconosce ad ogni individuo la libertà di professare il proprio credo «in forma individuale o associata» (cfr. art. 19 e art. 8).
A qualcuno potrà apparire un cavillo. Non lo è.
Al contrario, è un fatto grave: trattasi infatti di un giornalista della TV di stato (RAI 3) che dà ad intendere di «fare informazione» su questioni di rilevanza costituzionale (libertà di credenza), e invece mostra di non conoscere nemmeno l’ABC della materia. Ciò risulta in una mera disinformazione propinata a circa un milione di italiani (secondo le stime Auditel), fondata sulla «consulenza» degli «anti-sette» come Lorita Tinelli del CeSAP (già più che notoriamente schierata contro le minoranze spirituali e pubblicamente attiva per osteggiare tutto ciò che non le vada a genio).
Verso il minuto 57:40, Gianni Del Vecchio giornalista e co-autore di un controverso libro contro i gruppi religiosi, intervistato dalla collega Pusceddu dichiara: «tutte queste organizzazioni, quasi tutte, poi alla fine vogliono tutte quante diventare delle religioni. C’è un motivo: che secondo la legislazione italiana se tu, movimento, fai un'intesa con lo stato, il quale appunto ti riconosce come confessione religiosa hai una serie di vantaggi strepitosi». Ecco un altro, clamoroso esempio di «dotta» ignoranza: una confessione religiosa non diventa una religione perché lo stato la riconosce tale. Un movimento è religioso sia perché lo è, sia perché la Costituzione lo sancisce, a prescindere dal fatto che quel movimento stipuli o meno un’intesa!
Costoro sarebbero degli «esperti» (e come tali vengono presentati dalla Pusceddu nella fanfara di RAI 3) che hanno voluto scrivere un intero libro sui gruppi religiosi minoritari per bollarli allarmisticamente come «sette pericolose», ma in verità non conoscono nemmeno i principi basilari della materia! E infatti sono proprio loro gli idoli degli «anti-sette» e della stessa Pusceddu (giornalista del servizio pubblico), che sembra ascoltarli con una sorta di timore reverenziale e li idealizza quali autori di «uno dei pochi saggi approfonditi sull’argomento». Talmente «approfondito» da risultare discrepanti rispetto al testo giuridico per eccellenza, la Costituzione della Repubblica Italiana!
Al minuto 01:26:06, il parlamentare Pino Pisicchio (sostenitore del CeSAP e da tempo schierato con gli «anti-sette», come si riferiva in un precedente post) afferma «Gli americani in modo particolare hanno molto lavorato su questo e parlano di ‘lavaggio del cervello’. Ecco… credo che sia più chiaro alla pubblica opinione questo temine».
Di nuovo, clamorosamente, l’ignoranza più disarmante: la teoria del «lavaggio del cervello» è stata completamente smentita proprio in America. Si veda, ad esempio, la sezione dal titolo «L'APA e il lavaggio del cervello: la storia e i documenti» in questo articolo sul sito del CESNUR.
Ecco quanto è «preparato» il politico amico degli «anti-sette» che da anni vorrebbe reintrodurre il «reato di plagio» e che la Pusceddu, sulla TV di stato, vorrebbe far apparire come un «eroico parlamentare» che da anni conduce una «lodevole lotta» per difendere le «vittime delle sette».
Non è forse proprio questa, invece, una vera e propria «manipolazione mentale»? Ecco perché, quanto prima, torneremo ad occuparci di questa trasmissione di «pubblico (dis)servizio».
Di fatto, costoro stanno perseguendo la direzione opposta rispetto a quel che è il comune sentire della gente, ovvero di quei telespettatori e di quegli elettori che essi dovrebbero servire.
Ad esempio, ecco cosa si legge in un articolo che riporta le dichiarazioni dell’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore della Santa Sede presso l’ONU: «molte società nel mondo sembrano adottare un'attitudine di rifiuto verso la religione, marginalizzando o persino perseguitando le minoranze religiose, sia che ci siano da sempre o che siano arrivate da poco». E ancora: «le leggi che discriminano le minoranze religiose sono sfortunatamente troppo presenti del mondo», e così pure «gli stati che permettono e coltivano una ideologia radicale e culturale che nega i sentimenti religiosi dei loro cittadini, sebbene sia ormai evidente che una società basata sul rispetto della libertà di religione e credo sia più forte e non più debole».
Tali dichiarazioni fanno virtualmente eco a Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS). In un'intervista riportata sul sito Internet della rivista «L’Indro», il Rev. Negro parla dei «politici che strumentalizzano il discorso sulle religioni dandone una lettura esclusivamente in termini di ordine pubblico, alimentando la paura e stigmatizzando le diversità a fini propagandistici». Esattamente ciò che ripetutamente denunciamo qui sul nostro blog.
L’intervista de «L’Indro» accenna infine a «forze politiche di matrice xenofoba, che tendono a cavalcare le paure di presunte invasioni e di perdita di (fittizie) radici cristiane dovute al doppio fattore immigrazione/differenze religiose, di fatto del tutto smentite dai dati numerici» e conclude con un concetto che riteniamo di assoluta importanza: «è fuor di dubbio che sia necessario lavorare affinché si crei una coscienza comune sempre più forte che prenda atto che il pluralismo religioso è già un dato concreto e vivente e che l’allargamento dei diritti è un dovere morale prima ancora che giuridico, oltre che un percorso inarrestabile».
A breve, ulteriori confutazioni della trasmissione televisiva in questione.
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