mercoledì 6 giugno 2018

Contributo esterno: la vera storia del «Tempio del Popolo» (il massacro comandato)

Ecco l’annunciato seguito dello «speciale», scritto da Epaminonda (ormai il nostro più affezionato contributore), sulla vera storia del «Tempio del Popolo». Ricordiamo anche un suo precedente articolo, in due puntate, sul «lavaggio del cervello».

Questo nuovo post descrive l’agghiacciante verità su quel massacro: dimostra, in base a testimonianze dirette e attendibili, come andarono veramente le cose.

Gli «anti-sette» nostrani continuano a sfruttare la valenza «mitologica» del «Peoples Temple» («Tempio del Popolo») per fomentare un allarmismo sociale generalizzato (sfruttando quella che oramai è diventata una sorta di «credulità popolare») e al contempo attirano la curiosità di media e di enti compiacenti e promuovere così la loro campagna ideologica. Campagna che riteniamo dannosa perché infarcita di notizie infondate.

Fra i principali portabandiera di tale propaganda vi è senz’altro Lorita Tinelli, psicologa pugliese, la quale recentemente, nel corso di un seminario via Web tenuto in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, ha sfruttato di nuovo la valenza «mitologica» del «Tempio del Popolo» per «spiegare» (a modo suo, e con argomentazioni alquanto superficiali) il fenomeno dei «culti distruttivi».

Auspichiamo dunque che Lorita Tinelli si informi e si documenti meglio in futuro, soprattutto se deve essere chiamata cattedra professandosi «esperta» di religiosità «non convenzionale» pur non avendo una qualifica accademica in merito.






di Epaminonda


INIEZIONI TRA LE SCAPOLE PER IL “SUICIDIO DI MASSA”
TEMPIO DEL POPOLO, IL FALSO MITO DEGLI ANTI-SETTE


Torniamo sulla vicenda di Jonestown, caratterizzata dai mass media internazionali come il suicidio di massa di oltre 900 aderenti della “setta” del Tempio del Popolo.

Siamo nel novembre del 1978 e l’opinione pubblica mondiale viene sconvolta dalla notizia che rimbalza da un mass media all’altro: un nuovo movimento religioso americano che si era trasferito in massa in Guyana, decide di suicidarsi in blocco bevendo una bibita “aromatizzata” al cianuro.

Già nell’articolo precedente abbiamo esaminato i legami tra il leader del movimento (il reverendo Jim Jones) e l’FBI, oltre che un vasto entourage politico americano. Abbiamo anche posto in evidenza la similitudine fra attività condotte nella comunità di Jonestown e il progetto di controllo mentale realizzato dalla CIA con il nome di MK Ultra.

Nel presente articolo ci concentriamo su un elemento oggettivo che dimostra in maniera definitiva che le innumerevoli vittime della tragedia, molte delle quali bambini, sono state uccise in modo premeditato.

Citiamo il resoconto del Dr. Leslie Mootoo, medico legale capo della Guyana a quel tempo. Fu proprio Mootoo ad esaminare i cadaveri poco tempo dopo la morte e a dichiarare che gran parte di essi avevano ricevuto un’iniezione di cianuro in mezzo alle scapole oppure nella parte posteriore del braccio. Entrambe queste posizioni non possono essere raggiunte da una persona che pratichi l’iniezione su se stessa. Di conseguenza sono state praticate da qualcun altro che sapeva che cosa stava facendo e che ha agito molto in fretta.

Un’altra parte di vittime sono state semplicemente uccise a colpi di arma da fuoco, compreso Jim Jones come abbiamo visto nell’altro articolo.

Il Dr. Mootoo ha potuto documentare che almeno 187 vittime avevano ricevuto l’iniezione, ma non fu in grado di documentare anche il resto poiché il caldo asfissiante e la rapida decomposizione dei corpi, oltre naturalmente alla considerevole quantità degli stessi, lo aveva reso impossibile.

L’area del massacro fu sgomberata a velocità di record grazie all’improvvisa disponibilità di un migliaio di bare messe a disposizione sul posto dallo Stato Maggiore della Difesa statunitense.

Tra poco vedremo perché il Pentagono si era premurato di far arrivare per tempo così tante bare in una località sperduta come la Guyana.

Di fatto il Dr. Mootoo non ebbe la possibilità di eseguire un’autopsia completa su nessuno dei corpi. In seguito, sotto pressione di forze non meglio definite, aveva pure cambiato versione; ma le sue dichiarazioni iniziali, rilasciate dopo il lavoro sul campo, furono molto chiare. Basta compiere una ricerca su Internet per trovare testimonianze in tal senso.

Ora: chi avrebbe avuto interesse a uccidere tutte queste persone in un colpo solo e perché?

Chiamiamo in nostro soccorso uno dei numerosi elaborati pubblicati dall’Università Statale di San Diego che ha creato un vero e proprio osservatorio permanente dedicato a sfatare e chiarire questa incredibile vicenda.

Si tratta del testo intitolato “Jonestown, la CIA e il nastro misterioso”.

È un saggio pubblicato da David Parker Wise che fu egli stesso membro del Tempio del Popolo coprendo la posizione di pastore della congregazione di San Francisco. Parker ha speso buona parte della propria vita a indagare e documentare la vicenda.

Come si capisce dal titolo, l’articolo si riferisce a un nastro ritrovato dall’FBI a Jonestown dopo il massacro. Si tratta di uno dei tantissimi nastri prelevati dagli inquirenti sul posto. Ciò che lo rende speciale è il fatto di essere stato registrato dopo il massacro. È stato anche registrato in una località diversa da Jonestown, come dimostrato scientificamente attraverso un’analisi acustica del contenuto.

In realtà il nastro fu registrato nella vicina Port Kaituma dove c’era una stazione radio, e contiene una sintesi delle notizie che i media stavano pubblicando subito dopo che la notizia del massacro era stata resa pubblica.

Perciò qualcuno portò il nastro di proposito oppure accidentalmente a Jonestown dopo che tutto era finito e l’FBI lo inserì tra le prove raccolte anche se non aveva un contenuto davvero rilevante. È semplicemente una traccia lasciata da un gruppo organizzato e coordinato che era pronto a operare nei pressi di Jonestown poche ore dopo il massacro e che aveva l’unico interesse di monitorare la reazione dei mass media.

Quindi c’era qualcuno spedito sul posto prima che arrivasse l’FBI, e David Parker Wise ci suggerisce due organizzazioni: la CIA e i Berretti Verdi.

Già nel nostro articolo precedente, abbiamo evidenziato la presenza di persone della CIA nel team che aveva accompagnato il deputato statunitense Leo Ryan, assassinato poco prima del massacro.

Ma non è tutto: la CIA aveva monitorato gli avvenimenti a Jonestown fin dal primo giorno. Una delle persone più vicine a Jim Jones, Philip Blakey, era in realtà un agente CIA e aveva scelto Jonestown in origine come sede della comunità e aveva infiltrato vari altri agenti operativi nel team che circondava il reverendo Jones. L’obiettivo era di condurre esperimenti in stile «MK Ultra» su vasta scala e sullo stesso Jim Jones mediante l’uso di droghe specificamente sviluppate allo scopo.

Già abbiamo parlato degli abusi fisici e mentali perpetrati su membri della comunità, dell’uso di droghe e dell’impiego di strumenti coercitivi come l’elettroshock, anche sui bambini. Gli “adepti” venivano “trattati” con dosi massicce di tali droghe per spingerli a commettere atti estremi, come l’uccisione a comando di qualcun altro oppure il suicidio. Nella zona di Jonestown sono state ritrovate quantità impressionanti di tali sostanze dopo il massacro. Ma nonostante questi elementi coercitivi incessanti e pressanti, la gente non era pronta a suicidarsi, salvo alcuni casi che hanno ceduto e lo hanno fatto davvero secondo le testimonianze di alcuni membri del gruppo che hanno osservato la scena a distanza.

A quanto racconta Wise, le iniezioni di cianuro sono state praticate da un gruppo medico della CIA che era già pronto a intervenire sul posto. Le pallottole sono state invece sparate da un commando di Berretti Verdi arrivato sul posto poco dopo a bordo di elicotteri. Si trattava di un’operazione programmata da tempo ai vertici delle forze armate statunitensi e probabilmente su richiesta della stessa CIA. I Berretti Verdi avevano lo scopo ben preciso di uccidere qualsiasi sopravvissuto, come testimoniato da Charles Huff, uno berretti verdi incaricato dell’operazione a Jonestown.

Huff non partecipò direttamente all’azione, ma racconta degli antefatti. Purtroppo tutti i 16 berretti verdi che erano sul campo quel giorno fatale sono in seguito morti “suicidi”, ma Parker ci racconta di essere riuscito a intervistarne uno che si è identificato con lo pseudonimo di Scoot Hooker e che ha spiegato dettagliatamente che i Berretti Verdi avevano la missione di uccidere qualsiasi sopravvissuto su ordine della CIA.


Persino i due avvocati del Tempio del Popolo, entrambi fuggiti da Jonestown, hanno raccontato di raffiche di colpi sparate da armi automatiche e persino degli urrà gridati dai soldati dopo che la missione era compiuta e tutti i sopravvissuti da loro trovati erano stati massacrati. E si tenga conto che nella comunità non era mai stata registrata la presenza armi da fuoco automatiche.

È la stessa storia raccontata dal tenente colonnello James “Bo” Gritz, a quel tempo comandante dei Berretti Verdi in America Latina.

Vediamo perciò che la storia del “suicidio di massa” viene screditata completamente dalle testimonianze rilasciate da persone che avevano conoscenza dei fatti e che rivestirono ruoli ufficiali nella vicenda.

Chi si ostina ancora a usarla oggi in senso «anti-sette» (per riproporre il controverso concetto del «reato di plagio») mente sapendo di mentire, ma ormai sono rimasti davvero in pochi a continuare a sostenere la tesi-colabrodo del suicidio: è stata abbandonata da quasi tutti gli «anti-sette» del mondo, fatta eccezione per gli italiani che, come si documenta ampiamente in questo blog, non brillano né per trasparenza né per cultura.

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