venerdì 22 giugno 2018

Contributo esterno: la vera storia del «Tempio del Popolo» (quale «lavaggio del cervello»?)

Prosegue la serie di Epaminonda sulla strage del «Peoples Temple» («Tempio del Popolo»), che gli «anti-sette» tuttora tentano di far credere sia stato un «suicidio di massa» grazie al megafono dei mass media compiacenti.

La verità, invece, è ben più difficile da digerire.

Eccone un altro risvolto; anche questa volta, una lettura per stomaci forti.

Prossimamente prenderemo di mira un’altra delle tristi «fole» portate avanti da costoro.





di Epaminonda


IL VIOLENTO CONTROLLO MENTALE
AI DANNI DEI MEMBRI DEL TEMPIO DEL POPOLO


Abbiamo ampiamente trattato la vicenda di Jonestown, una località della Guyana dove persero la vita oltre 900 americani in quello che i media frettolosamente classificarono come un suicidio di massa.

Abbiamo descritto con dovizia di particolari le prove che si trattò in realtà di un omicidio di massa nel quale furono coinvolte diverse agenzie governative statunitensi, tra cui la CIA, i Berretti Verdi, il comando supremo delle forze armate (Joint Chief of Staff) e, in modo meno diretto, l’FBI.

Abbiamo raccontato che Jim Jones, il leader della comunità, stava in realtà portando avanti un progetto politico di controllo mentale seguendo le modalità già impostate precedentemente dall’operazione segreta governativa denominata MK Ultra. Si tratta di sistemi di condizionamento basati su abusi fisici, che includono percosse, segregazione, negazione del sonno, violenza sessuale ed elettroshock.

Abbiamo anche parlato dell’ampio uso di droghe e di medicinali destinati ad uso psichiatrico che vennero invece adoperati per soggiogare i dissidenti.

È giunto quindi il momento di entrare un po’ più in dettaglio nell’analisi di queste sostanze, che sono state rinvenute in grandi quantità dopo il disastro e che venivano somministrate regolarmente a dosi da cavallo. In particolare, dopo la strage, furono trovate migliaia di dosi di quaaludes, demerol, seconal, valium e morfina oltre a 11.000 dosi di thorazine. Si tratta di quantità sufficienti a drogare più di 200.000 (duecentomila) persone, ben oltre le necessità di controllo mentale sperimentate sul migliaio di abitanti di Jonestown.

Tutte queste sostanze furono rinvenute dalle truppe della Guyana che arrivarono con circospezione sul posto dopo la segnalazione del massacro. Si tratta quindi di entità separate da quelle governative statunitensi già presenti nel luogo e perciò non controllate dal velo di segretezza e di opportunismo politico che il governo statunitense impose alle proprie agenzie prima e dopo l’eccidio dei fedeli di quella comunità sostanzialmente pacifica.

Solo grazie all’arrivo delle truppe regolari della Guyana oggi noi siamo consapevoli della presenza di queste sostanze nella comunità del Tempio del Popolo. Tra l’altro si tratta di sostanze costose che gli abitanti della zona non avrebbero certo potuto permettersi e che le finanze della comunità, costantemente in deficit, non avrebbero potuto finanziare. Non sono prodotti che si possano comperare liberamente al supermercato oppure in farmacia e non sarebbe stato possibile somministrarle senza la supervisione medica del dottor Lawrence Schacht, di cui parleremo meglio più avanti.

Grazie alle testimonianze raccolte dall’FBI mediante l’intervista dei sopravvissuti sappiamo che queste droghe venivano utilizzate quotidianamente per sedare i dissidenti e per controllare l’operato delle quasi 1.000 cavie che facevano parte del progetto di Jonestown.

Per assisterci nella ricostruzione dei fatti prendiamo il lungo e dettagliato articolo scritto da John Judge per la San Diego State University, un ateneo che (come si è detto in precedenza) conduce da anni un osservatorio super partes sulla quella tragica pagina della storia americana ed internazionale:


Il buco nero della Guyana:
la storia mai raccontata del massacro di Jonestown
di John Judge, 1985
(ndr – questa è una copia d’archivio dell’articolo originale di John Judge reperibile qui.
Questa edizione corregge anche diversi errori tipografici e standardizza alcune note
a piè di pagina. Qui si trova il pdf dell’articolo originale)

L‘articolo fu scritto in origine nel 1985, ma è stato aggiornato nel febbraio di quest’anno: è uno dei resoconti più completi e documentati che io abbia mai trovato sulla vicenda, ricco di riferimenti a fonti esterne e documenti, con una minuziosa ricostruzione dei fatti.


John Judge, scomparso nel 2014, era un ricercatore indipendente e la sua opera viene considerata come una delle più complete in materia. Altri autori lo hanno accusato di portare avanti teorie cospirazioniste e lo hanno attaccato, anche sul sito dell’Università di San Diego, ma non siamo riusciti a trovare qualcuno che sia riuscito a smentirlo davvero basandosi su fatti documentati. Prendiamo quindi valida per ipotesi (e soprattutto in mancanza di smentite concrete) la sua ricostruzione della componente “chimica” del progetto Jonestown.

Innanzi tutto descriviamo il contesto: Jonestown era una “comune” agricola a base socialista creata da Jim Jones, non aveva nulla di religioso ed era in realtà un vero e proprio campo di concentramento. Questo è un fatto corroborato anche da svariate testimonianze indipendenti dall’opera di Judge.

Non appena arrivati sul posto dagli Stati Uniti, tutti i membri di colore dei Peoples Temple furono legati e imbavagliati. Ricordiamo che questi costituivano la maggioranza dei seguaci di Jones che si proponeva come un leader contro la discriminazione sulla scia dell’opera condotta in precedenza da un leader di ben altro calibro: Martin Luther King. In seguito questi stessi membri di colore furono mantenuti segregati dal resto della comunità e dagli abitanti della Guyana. Tutti i contatti con l’esterno venivano condotti da bianchi, selezionati appositamente da Jones.

La gente lavorava dalle 16 alle 18 ore al giorno, vivevano in alloggi inadeguati e ristretti con razioni ridotte al limite della sopravvivenza. Di solito mangiavano riso, pane e carne rancida. Il ritmo di lavoro assicurava che fossero esausti sia mentalmente sia fisicamente, inoltre di notte venivano forzati a stare svegli per ascoltare le “conferenze” politiche deliranti di Jim Jones. Un trattamento condotto per mesi e mesi, chiaramente in linea con le tecniche di “lavaggio del cervello” sviluppate all’epoca e già sperimentate nelle attività dell’MK Ultra.

Il Dr. Lawrence Schacht eseguiva operazioni chirurgiche senza anestesia e somministrava quotidianamente droghe psicotrope, tenendone una registrazione puntuale. In caso di ribellione, i sediziosi venivano sottoposti a un trattamento obbligatorio con droghe e medicinali ed elettroshock, venivano isolati all’interno di una scatola simile a una bara che veniva poi seppellita, venivano stuprati in pubblico e torturati. L’uso di percosse e di abusi verbali era all’ordine del giorno.

Un clima quindi molto simile a quello di Auschwitz e notiamo il fatto singolare che il motto tedesco “il lavoro rende liberi” utilizzato nell’orrendo campo di concentramento nazista, fu sviluppato da un altro “Schacht”, per la precisione Hjalmar Schacht, ministro dell’economia di Hitler.

Scopriamo, sempre grazie al lavoro di Judge, che il progetto di Jonestown era ampiamente finanziato da fondi internazionali intestati a pochi membri chiave del movimento. Si parla di cifre che variano dai 26 milioni ai 2 miliardi di dollari, depositati presso banche in tutto in mondo tra cui un investimento molto cospicuo nella Barclay’s Bank e in una banca svizzera con sede a Panama. Non si trattava di erogazioni versate dai membri del movimento, molti dei quali in realtà erano poveri e vivevano dei contributi previdenziali dello stato. Questa notevole disponibilità di denaro ha permesso di condurre le sperimentazioni chimiche e reggere l’intera comunità di Jonestown che non era per nulla autosufficiente. Seguendo l’invito di John Judge dobbiamo abbandonare l’immagine di una comune a sfondo religioso che ci è stata propinata dai media internazionali e invece comprendere che si tratta di un esperimento governativo.

Secondo Judge, Jonestown faceva parte integrante del programma MK Ultra che è durato complessivamente 30 anni. Ne sono un’evidenza i trattamenti disumani, l’uso di droghe psichiatriche e il tipo di popolazione coinvolta.

Stando a una ricerca condotta dal senatore statunitense Sam J.Ervin e da diverse commissioni parlamentari statunitensi, il progetto MK Ultra aveva obiettivi demografici ben definiti. Prendeva di mira in particolare gli anziani, i bambini, le persone di colore e le donne. Una fotografia perfetta degli abitanti di Jonestown che erano stati selezionati scrupolosamente uno per uno durante una procedura di ammissione durata mesi prima che si trasferissero in Guyana.


Il documento governativo redatto dal Congresso americano (qui sopra il frontespizio) porta il titolo “Individual Rights and the Government’s Role in Behavior Modification” (ossia "Diritti civili e il ruolo del governo nella modifica del comportamento") e spiega che tra gli obiettivi di MK Ultra rientravano anche i pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici dell’epoca.

Nello stesso identico periodo in cui Jim Jones selezionava le cavie per il progetto di Jonestown, il governo statunitense sviluppava un progetto per prelevare un campione della stessa identica popolazione e trasferirla in una base missilistica abbandonata in California. Il progetto prendeva il nome di Center for the Study and Reduction of Violence ("Centro per lo studio e la riduzione della violenza") e verteva sull’uso esteso di chirurgia psichiatrica, tranquillanti e inserimento permanente di elettrodi nel corpo al fine di inviare scariche elettriche con comando a distanza.

Benché i rapporti quotidiani conservati meticolosamente dal dottor Larry Schacht siano scomparsi dopo la strage di Jonestown, le testimonianze e le evidenze raccolte sono state sufficienti a descrivere trattamenti perfettamente in linea con il metodo MK-Ultra: mescolanze di droghe e medicinali psicotropi, elettroshock e tortura in varie forme.

L’obiettivo era invariabilmente condizionare l’individuo a trasformarsi a comando in un assassino e in un suicida. Forse tutto ciò può ricordare qualche contemporanea "follia religiosa" che si consuma in tutt'altra parte del globo?

José Delgado, uno psichiatra spagnolo che costituiva uno dei “luminari” del progetto MK-Ultra, ha testimoniato davanti al Congresso statunitense che le finalità di MK Ultra consistevano nel sottomettere al controllo governativo larghe fasce della popolazione soprattutto per costringerle a lavorare per poco o niente (esattamente come accadeva a Jonestown).

I risultati desiderati erano: amnesia temporanea o permanente, confessioni spontanee (spesso di colpe inventate), creazione di doppie personalità, assassinii programmati a comando e spinte suicide pre-condizionate. Delgado aveva l’obiettivo dichiarato di creare schiavi che lavorassero su comando senza mai lamentarsi e soldati che uccidessero e si lasciassero uccidere sul campo di battaglia, semplicemente sotto il controllo elettronico dei loro “burattinai”.

Non siamo quindi sorpresi di trovare nel campo di Jonestown grandi quantità di sodio pentothal (il cosiddetto siero della verità), thalium (che confonde le idee), idrato di cloralio (un potente ipnotico), demerol (petidina, un oppioide analgesico),  aloperidolo (un farmaco antipsicotico), largactil o thorazine (altri antipsicotici) e via di questo passo.

Gran parte di questi farmaci produce dipendenza e nel loro insieme possono trasformare una persona in un vegetale oppure in una marionetta; abbinate ad abusi fisici ed isolamento costituiscono la base dei sistemi di “lavaggio del cervello” governativi sviluppati negli anni 50 e poi perfezionati nel successivo trentennio. Questo spiega anche il motivo per cui pochissime autopsie vennero autorizzate sui corpi e perché dovettero essere tutti cremati e seppelliti per la maggior parte in una fossa comune, come raccontavo nel mio precedente articolo su questo argomento.

Lo stesso Dr. Larry Schacht era un tossicodipendente che aveva fatto uso regolare di metanfetamina. Il suo corpo fu ritrovato tra i morti nel campo e identificato con difficoltà dalla famiglia, dopo lunghissima attesa. Il corpo era in uno stato di decomposizione tale che era praticamente irriconoscibile. Schacht fu uno dei pochissimi su cui fu autorizzata un’autopsia, proprio forse per “documentarne” la morte.

Jonestown non aveva granché di religioso. Era semplicemente un campo di sperimentazione psichiatrico-governativa finanziato dai servizi segreti USA e gestito con tecniche di controllo mentale già ben “collaudate”. Il solo uso della thorazine merita un articolo a parte, che cercherò di rendere disponibile a breve.

Possiamo quindi dire in modo conclusivo che il tentativo maldestro, ambiguo, equivoco e ormai obsoleto di pochi anti-sette nostrani “esperti fai-da-te” è basato su una clamorosa, crassa e colpevole ignoranza dei fatti: cercano ancora di utilizzare la vicenda di Jonestown come esempio di “plagio di massa”, quando ormai il resto del mondo l’ha sostanzialmente abbandonata perché troppo sporca e di fatto insostenibile. Questi sedicenti “esperti” cercano di costruirsi una “reputazione” operando solo sulla base di dicerie ormai ampiamente smentite e su preconcetti vetusti.

Un pessimo esempio di italianità nel mondo.

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