martedì 12 giugno 2018

Contributo esterno: la vera storia del «Tempio del Popolo» (gli «anti-sette» sbugiardati di nuovo)

Mentre noi continuiamo a pubblicare e far conoscere (in parte apertamente, in parte dietro le quinte) i fatti concreti che smentiscono clamorosamente la propaganda degli «anti-sette», costoro si agitano e compiono dei goffi e speciosi tentativi di giustificare il proprio discutibile operato.

Come sempre, essi non mirano dritto al punto e cioè non intervengono sui punti specifici che noi portiamo come obiezioni o critiche ragionate. Al contrario, cercano appoggi là dove l’obiettività si fa di più difficile valutazione, accampano «testimonianze» ardue da verificare e probabilmente prezzolate, dopo di che naturalmente la buttano sulla critica ad hominem (la loro massima specialità), come quando tentano di intimidire chi prova a farli ragionare.

Un motivo di più per proseguire la nostra opera, dunque questa volta abbiamo noi voluto sollecitare il nostro più affezionato contributore, Epaminonda, ad esaminare gli ultimi frizzi e lazzi di Sonia Ghinelli, Lorita Tinelli e Toni Occhiello: anzitutto, si voleva capire se avessimo in qualsiasi modo tralasciato qualche fatto o qualche elemento; solo in secondo luogo, se così non fosse stato, si sarebbe dovuto argomentare ulteriormente i fatti che stiamo qui un po’ alla volta documentando.

Ed Ecco il risultato di questo ulteriore approfondimento: gli «anti-sette» smentiti e sbugiardati per l’ennesima volta.

Ad ogni buon conto, ricordiamo che il presente post rappresenta una naturale prosecuzione dei seguenti:
- [17 Aprile 2018] Demolizione della controversa teoria del «lavaggio del cervello» (parte 1)
- [26 Aprile 2018] Demolizione della controversa teoria del «lavaggio del cervello» (parte 2)
- [16 Maggio 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» (un compendio)
- [6 Giugno 2018] La vera storia del «Tempio del Popolo» (il massacro comandato)

Di questo passo, ci toccherà aprire un intero nuovo sito o blog specificamente dedicato al tema dei falsi miti «anti-sette»...




di Epaminonda


COSA SAPPIAMO DAVVERO SU
JONESTOWN E IL TEMPIO DEL POPOLO?


Risposta semplice e sicura: praticamente nulla di certo, se crediamo alle versioni "ufficiali".

Vediamo infatti che le scarse notizie che vengono ancora pubblicate occasionalmente su media periferici vertono sulla testimonianza di individui che all’epoca erano poco più che bambini e che hanno visto svilupparsi davanti ai loro occhi una tragedia drammatica in brevissimo tempo senza poter capire davvero che cosa stava accadendo.

E persino queste testimonianze frammentarie, a decenni di distanza, raccontano che non si è trattato di un suicidio di massa, bensì di un omicidio nudo e crudo, conseguente al fatto che molti dei “seguaci” di Jones si rifiutarono di bere la famosa bevanda avvelenata.

Anzi, molti ricevettero iniezioni letali tra le scapole oppure semplicemente pallottole, come abbiamo già riportato nel nostro post precedente sullo stesso tema.

Ma questa volta concentriamoci sulla testimonianza di un medico legale americano che ci chiarisce senza ombra di dubbio che qualsiasi affermazione strombazzata sulla morte delle 900 persone a Jonestown è semplicemente propaganda ideologica "anti-sette".

Fatto: non esiste nessun referto scientifico che dimostri l’avvelenamento o qualsiasi altra informazione relativa alla morte di questi sventurati.

Riportiamo a tal proposito la testimonianza (documentata e al di sopra di qualsiasi sospetto), di Cyril H. Wecht, medico legale statunitense che all’epoca si era offerto di condurre autopsie qualificate sui cadaveri delle vittime. La sua fu un’offerta gratuita a beneficio sia dei famigliari delle vittime sia del governo statunitense. Alla pari di Wecht si offrirono molti altri medici forensi qualificati, ma nessuno svolse mai alcuna vera autopsia sui corpi. Pochi esami vennero condotti, dopo lunga attesa, su cadaveri ormai in avanzato stato di decomposizione il che rendeva impossibile qualsiasi tipo di giudizio scientifico accurato:


“Sebbene al medico legale del Delaware siano state mosse delle critiche per il mancato intervento dopo che i cadaveri erano stati convogliati alla base aerea militare Dover, il dato di fatto è che egli non aveva alcuna autorità per poter prendere una decisione autonoma e condurre delle autopsie su quei corpi, semplicemente perché ad un medico legale militare è concesso fare solo ciò che gli viene ordinato di fare (o di non fare) dai suoi superiori nella gerarchia militare e dalle autorità civili federali. A dire il vero, numerosi medici legali in tutto il paese (me compreso) si erano proposti volontariamente di condurre delle autopsie sulle vittime senza pretendere alcun compenso né da parte delle famiglie dei defunti né da parte del governo americano. Che io sappia, tutte queste generose offerte spontanee furono completamente ignorate.”

“Limitatamente alle poche autopsie che invece si riuscì ad eseguire, esse non avvennero tempestivamente. La decomposizione post-mortem aveva ormai offuscato numerosi indizi macroscopici e microscopici, e aveva o compromesso o completamente vanificato la validità di una qualsiasi analisi tossicologica dei fluidi corporei e dei tessuti.”

Mettiamo in chiaro che il Dr. Wecht non è un medico qualunque: è stato presidente dell’American College of Forensic Sciences, nonché il presidente dell’American College of Legal Medicine. Infine ha coperto la carica di professore aggiunto di legge presso la Duquesne University ed è stato nominato Distinguished Professor of Anatomy and Pathology presso la Carlow University. Siamo dunque al cospetto di un luminare in materia.

Ma procediamo con ordine e attingiamo dalla sua ampia relazione pubblicata sul sito di ricerca dedicato dall’Università Statale di San Diego proprio alla vicenda di Jonestown.

Wecht ci dice che il modo in cui fu condotta l’analisi delle vittime fu una vera e propria débâcle:


“In ogni caso, gli esatti meccanismi della morte e di conseguenza il modo il cui la morte sopraggiunse, vale a dire incidente, omicidio o suicidio, non furono affatto chiari. In mancanza di autopsie e analisi tossicologiche complete condotte in maniera tempestiva da patologi pienamente qualificati ed esperti, non fu possibile accertare le risposte a queste domande che sono fondamentali dal punto di vista di un’indagine medico-legale.”

In buona sostanza non siamo nemmeno sicuri che le vittime siano state uccise con cianuro e quale sia stata l’effettiva causa del decesso, a parte naturalmente quelle trovate crivellate di colpi di arma di fuoco. Ma in quest’ultimo caso diventa veramente arduo sostenere la tesi del “suicidio di massa”.

Naturalmente il fatto che la vicenda sia accaduta in una nazione del terzo mondo, la Guyana, non ha certo facilitato il compito. Ma persino dopo che le salme sono state rimpatriate, non è stato possibile condurre alcuna autopsia degna di tale nome.

Noi sappiamo che i primi a intervenire sul posto furono la CIA e i Berretti Verdi (questo è un fatto accertato e documentato), ma ciò nonostante mancò l’intervento anche del medico legale militare. I corpi furono impacchettati rapidamente in altrettante bare militari che erano già disponibili sul posto e quindi spediti in patria per lasciarli letteralmente a marcire prima che poche autopsie fossero autorizzate quando ormai era troppo tardi.

Come giustamente fa notare il Dr. Wecht, la gestione di questa situazione appare in netto contrasto con quanto avvenuto dopo il disastro delle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. In questo secondo caso, il numero dei cadaveri non solo fu il triplo rispetto a quelli trovati a Jonestown, ma anche la tipologia dei decessi fu molto diversa da caso a caso e i medici legali furono costretti a lavorare anche in presenza di sostanze altamente tossiche. Nonostante lo scenario apocalittico che l’aveva investita, la città di New York era riuscita ad eseguire tutte le autopsie tempestivamente utilizzando unicamente i medici legali a disposizione del municipio.

Com’è possibile, si chiede il Dr. Wecht, che un’intera nazione come gli Stati Uniti non sia riuscita ad eseguire nemmeno una autopsia ben fatta avendo a propria disposizione, non solo i medici legali militari e federali, ma anche un gran numero di patologi forensi che, come il Dr. Wecht, si offrirono volontari?

Evidentemente non interessava a nessuno fare chiarezza su quanto accadde e – di fatto – sappiamo che si è trattato di un avvelenamento su vasta scala di cianuro solo perché così è stato riportato sui media imbeccati da CIA ed FBI, senza uno straccio di prova concreta.

Esistono procedure ben precise che un medico forense deve intraprendere nel momento in cui si trova di fronte a un cadavere che è morto in circostanze disastrose. Sono dettagliate nei protocolli dell’American Board of Disaster Medicine e dell’American Academy of Disaster Medicine.

Le vittime erano cittadini statunitensi. Per quale motivo sono stati negati loro e ai loro famigliari i diritti sanciti dalla legge? Perciò ancora oggi dobbiamo affidarci alla memoria di bambini dell'epoca che si erano rifugiati nella giungla in uno stato di puro terrore. Oppure dobbiamo fare affidamento sui media che di certo non hanno brillato per trasparenza in questa terribile vicenda.

Chiudiamo quindi riportando le frasi conclusive del Dr. Wecht:

“Questo tipo di approccio dovrebbe essere inaccettabile per una nazione all’avanguardia come gli Stati Uniti. Il fiasco negligente e le deliberate macchinazioni governative che hanno seguito il disastro di Jonestown devono essere condannate con forza ed evitate strenuamente. Possiamo e dobbiamo fare di meglio.”

E ancora oggi abbiamo sedicenti “esperti” nazionali che portano questa montagna di chiacchiere confuse e alterate come argomento “scientifico” a sostegno delle proprie tesi. Che faccia tosta!

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