sabato 30 giugno 2018

Assolte altre vittime della macchina del fango «anti-sette»: il caso della «Comunità Shalom»

Nel nostro blog abbiamo raccontato più volte dei «risultati» (dal dannoso al disastroso) che scaturiscono dall’operato degli «anti-sette».

Questo che menzioniamo oggi è un altro caso alquanto emblematico del loro allarmismo strumentale, amplificato dal megafono mediatico tramite il solito giornalismo prezzolato di bassa lega.

In realtà, abbiamo ormai ampiamente documentato che la prassi degli «anti-sette» è di riprendere notizie (o presunte tali), specie quelle più sensazionali o allarmanti e con poco riguardo al fatto che siano state adeguatamente verificate, e riproporle o diffonderle attraverso i loro canali (Facebook, siti Internet, blog, convegni, ecc.) nel tentativo di fare in modo che vengano largamente accettate come «fatti» o «verità» anche quando non lo sono.

Abbiamo anche documentato la disarmante superficialità, al limite della pseudoscienza, di certe dichiarazioni ufficiali rese dai principali esponenti «anti-sette», i quali spesso compiono incursioni in settori non di loro competenza e finiscono per mettere in luce le proprie enormi, preoccupanti lacune. Lacune che, se si limitassero a rimanere all’interno del loro perimetro, non nuocerebbero a nessuno; sfortunatamente così non è, dato che costoro si propongono ai media come «esperti» e lanciano anatemi e proclami additando intere minoranze religiose pacifiche e attive nel sociale.

Si parla – solo in Italia – di decine di migliaia di persone come minimo, ma allargando un poco la prospettiva, di fatto sono incontestabilmente centinaia di migliaia (si pensi solo a una sommatoria dei fedeli di Testimoni di Geova, Soka Gakkai, Cammino Neocatecumenale, Damanhur e Scientology). Fedeli di estrazione spirituale radicalmente differenti, ma tutti accomunati dalle infamie e dalle angherie che vengono rivolte contro di loro dai militanti «anti-sette».

In questo quadro, preoccupante per l’ordine pubblico del futuro (giacché i movimenti religiosi continuano a crescere: e cosa succederà quando qualche «anti-sette» un po’ troppo animoso passerà alle vie di fatto?), si incastra anche la vicenda cui vogliamo accennare oggi. Sarà appunto solo un accenno, perché sul triste caso mediatico-giudiziario della Comunità Shalom di Palazzolo sull’Oglio (BS) molto vi sarebbe da raccontare e numerosi sono gli aspetti rimasti in ombra sui quali sarebbe doveroso fare chiarezza.

Shalom è una comunità di recupero dalla tossicodipendenza e dalla disabilità, accreditata presso gli enti preposti, che ha sede in una grande cascina ristrutturata in un paese situato nel Nord Italia, fra le province di Brescia e Bergamo. Fortemente ispirata ai principi cristiani cattolici, è per l’appunto gestita da una suora laica di nome Rosalina Ravasio e propone la riabilitazione dal tunnel della droga mediante il lavoro, la preghiera e la ricerca di Dio secondo il Vangelo. Sono centinaia le testimonianze di persone che hanno riguadagnato la propria vita e sconfitto l’angoscia delle dipendenze grazie al percorso di recupero proposto dalla Shalom, che non è certo una vacanza in villeggiatura o un soggiorno per relax, tanto quanto non è un’emicrania o un comune malessere la condizione (spesso disastrosa e al limite dell’irrecuperabile) dalla quale a suor Ravasio e ai suoi collaboratori tocca ripescare i nuovi ospiti che bussano alla loro porta per chiedere aiuto.

Catalizzata da un tam tam mediatico quasi istantaneo, in maggio 2012 nei confronti di questo centro di recupero scatta un’indagine della magistratura per dei presunti maltrattamenti e abusi. Una situazione sorprendentemente simile a quella verificatasi alcuni anni prima, poco lontano (sempre nella provincia di Brescia), e che abbiamo anche noi sintetizzato in questo post, dell’Associazione Sergio Minelli e della sua responsabile (e benefattrice) Fiorella Tersilla Tanghetti, tacciata dai media in stile «anti-sette» di essere una «santona», ecc. (le solite accuse poi rivelatesi infondate).

Nel marzo del 2015, il «caso» era ormai diventato una succosa preda per qualche giornalista assetato di «contenuti» scabrosi da poter vendere alle TV nazionali, così ecco un «servizio» su Sky realizzato con la modalità tipica di questo genere di «inchieste» (musiche da thriller, testimonianze di persone camuffate, toni foschi da film del terrore, ecc.):


I soliti noti (leggasi Sonia Ghinelli e Maurizio Alessandrini) della solita associazione «anti-sette» (leggasi FAVIS) non perdono l’occasione di riprendere questo discutibile «contenuto» allarmistico e smerciarlo a loro volta sui propri canali:


Si noti, fra l'altro, come l'accento viene posto sull'aspetto teologico-dottrinale («guarire con Dio») dei servizi erogati dal centro di recupero: ciò che sembra voler essere colpevolizzato è l'ispirazione religiosa stessa dell'assistenza prestata da suor Ravasio e dal personale (volontario, lo si tenga ben presente) della comunità. Persone che non guadagnano un centesimo per il lavoro, tanto difficile quanto amorevole, che svolgono ogni giorno. Insomma, un sarcasmo che incarna un attacco alla religione tout court, come del resto si è già visto in precedenza.

Chiaramente, siccome in quel momento la Shalom era nell’occhio del ciclone e la versione resa «popolare» dal megafono mediatico era quella che vedeva suor Rosalina e i suoi collaboratori colpevoli delle peggiori nefandezze, Ghinelli e Alessandrini cavalcano l’onda e invece di fare informazione in maniera obiettiva sfruttano l’allarmismo già fomentato per ingigantirlo ulteriormente. Ecco la notizia del rinvio a giudizio, avvenuto (guarda caso) solo pochi mesi dopo la gogna mediatica:


E non mancava la Ghinelli di condividere la stessa notizia sulla propria pagina Facebook anonima (il controverso pseudonimo Ethan Garbo Saint Germain di cui ci siamo più volte occupati):


Ecco la «giustizia mediatica» degli «anti-sette»: una condanna già pronunciata ancora prima che la magistratura abbia potuto svolgere il suo lavoro. Nulla di nuovo, potremmo dire: è la loro solita prassi.

In seguito, il processo ha avuto il suo svolgimento e si è celebrato con fasi alterne e con la consueta copertura mediatica. Ma un po’ alla volta si è fatta chiarezza e sono venute a cadere le principali accuse.

Sicché è notizia di tre settimane fa che, addirittura, la pubblica accusa ha richiesto l’assoluzione per suor Ravasio e i suoi più stretti collaboratori:


L’udienza in cui il giudice ha espresso la propria decisione sul caso si è celebrata questa settimana.

Ed eccone un breve sunto (qui il link all’articolo originale):


«Suor Rosalina Ravasio esce di scena senza colpe» dice giustamente il giornalista della stampa locale. In buona sostanza, la sentenza rappresenta una vittoria completa per la Comunità Shalom e una sonora, clamorosa smentita di tutte le accuse che erano state loro rivolte. Al contrario, gli unici due condannati sono degli ex ospiti.

Si attendono entro la fine del mese prossimo le motivazioni della sentenza, e possibilmente (ma, a quanto si apprende, solo in assenza di ulteriore fango mediatico) una dichiarazione da parte della Shalom.

Ad oggi, però, il blog della FAVIS mantiene un silenzio «assordante»: nessuna rettifica, niente scuse, nemmeno una pubblicazione di questa importante notizia.

Il sito gestito da Ghinelli e Alessandrini è fermo al 2 maggio scorso e ben si guardano i due responsabili dal rendere noto che il processo ha avuto questa determinante svolta:


Ecco come fanno «informazione» gli «anti-sette»: in realtà una disinformazione sistematica e deliberata.

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