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martedì 23 ottobre 2018

Paradossi «anti-sette»: Luigi Corvaglia, una «bufala» per (fingere di) smentire «fake news» inesistenti

[N.B. Post modificato in data 30/10/2018 per rettificare l'impreciso riferimento alla prof.ssa Janja Lalich]

È ormai da tempo un fatto conclamato che gli «anti-sette» cercano di riaffermare talune teorie da loro spesso adoperate per giustificare il proprio operato; tentano di ribadirle perché rappresentano appigli e basi ideologiche su cui poter fondare le campagne mediatiche alle quali danno adito, e per poter classificare movimenti religiosi da loro odiati come «sette», «culti distruttivi», «culti abusanti», ecc. Una prassi (questa dello «stigma» contro le cosiddette «sette»), che accomuna le diverse associazioni del panorama «anti-sette» italiano: AIVS, CeSAP, FAVIS e la loro controversa capofila europea FECRIS.

Quando però ricercatori indipendenti come noi, piuttosto che giornalisti o studiosi, mettono in luce le incongruenze del loro argomentare, ecco che scattano le offese, lo scherno e le intimidazioni, invece di critiche obiettive e puntuali come ci si aspetterebbe in un contraddittorio civile e costruttivo.

Quello che focalizziamo nel presente post è un tentativo paradossale e forse subdolo, da parte di Luigi Corvaglia (psicologo ed esponente «anti-sette» piuttosto attivo negli ultimi tempi, forse perché ansioso di ritagliarsi una sua fetta di palcoscenico per motivi che abbiamo ben evidenziato qui), di «smentire» solo una delle numerose argomentazioni mosse dal mondo accademico contro le tesi estremiste degli ideologi «anti-sette». Tesi peraltro molto simili (se non sovrapponibili) a quelle adoperate nel periodo fascista per discriminare le confessioni religiose minoritarie e per giustificarne la persecuzione, come si è descritto nei due post (primo e secondo) a proposito della circolare «Buffarini Guidi».

Andiamo al sodo.


Luigi Corvaglia (presidente del succitato CeSAP), in un articolo che ha scritto il 9 aprile scorso e ha pubblicato su un proprio blog personale, asserisce che secondo la prof.ssa Eileen Barker, «le tecniche di persuasione [nella Chiesa dell’Unificazione, un gruppo annoverato fra i «nuovi movimenti religiosi»] non sono particolarmente efficaci e il fatto che la gente entri ed esca liberamente dai culti dimostra che non esiste il “lavaggio del cervello”».

Corvaglia fa riferimento a uno studio (del 1984) sulla «Chiesa dell’Unificazione del Reverendo Moon», che per la verità s’intitola «The Making of a Moonie: Choice or Brainwashing?» (e non «The Making of the Moonies» come scorrettamente indicato dello psicologo pugliese). Per completezza, la traduzione letterale del titolo del saggio sarebbe «Come si diventa Moonie, scelta o lavaggio del cervello?».


Si tenga conto che la prof.ssa Eileen Barker, ora ottantenne, è una luminare nel campo della sociologia, infatti conduce e pubblica studi sui movimenti religiosi da quasi quarant’anni); dunque già il fatto di tacciarla di dare adito a «fake news» ha come minimo dell’irriguardoso.

Inoltre, ammesso e non concesso che l’esatto enunciato della prof.ssa Barker sia quello riportato da Luigi Corvaglia nel suo post (è lecito dubitarne perché non è virgolettato ma è preso di rimando da un altro scritto in cui viene menzionato), occorre anche considerare il fatto che si sta astraendo un unico concetto da uno studio di ben 300 (trecento) pagine che andrebbe letto integralmente. Corvaglia l’avrà fatto? Chissà…

Comunque il dato statistico cruciale, su cui Corvaglia impernia tutto il suo tentativo di confutazione, è:

«Barker ha scoperto che su oltre 1.000 persone fermate per strada che hanno partecipato al loro primo evento Moonie (generalmente un pranzo), circa il 33,3% è andato al seguente corso / workshop, circa il 10% ha dichiarato di voler aderire e circa il 5% era ancora membro a tempo pieno due anni dopo.»

Il che, tradotto in cifre, significa che mediamente solo 5 (cinque) persone su 100 (cento) dopo due anni proseguono nel cammino spirituale proposto dalla Chiesa dell’Unificazione. Le altre 95 (novantacinque) lo abbandonano oppure ne smettono l’adesione o la praticano molto meno assiduamente di prima.

Un dato statistico – si noti – che lo psicologo «anti-sette» Luigi Corvaglia nemmeno si sogna di smentire, per il semplice fatto che non può! Non ha mai svolto uno studio qualificato ed esteso come quello della prof.ssa Barker, né possiede gli strumenti teoretici per poter contraddire la nota sociologa.

L’unica cosa che Corvaglia può solo tentare di fare è screditare l’assunto conclusivo della prof.ssa Barker.

Come lo fa? Dapprima chiama in causa la sua amica sociologa Janja Lalich la quale rimane sostanzialmente ai margini della questione e (riporta Corvaglia) «fa il confronto con gli effetti della propaganda di Billy Graham, un pastore battista di enorme popolarità negli USA e noto per le sue “crociate”»:

«(…) le cifre mostrano che circa dal 2% al 5% “sceglie Cristo”; solo circa la metà di queste rimane attiva un anno dopo, e dallo 0,33% allo 0,75% circa rimane permanentemente convertita. Questi dati rivelano tassi di reclutamento e di ritenzione molto inferiori a quelli presentati dallo studio di Barker sui Moonies.»

In concreto, la Laljc riesce solo a fare una fredda comparazione statistica fra due movimenti minoritari, che tutt’al più può fornire degli indizi da interpretare o – meglio – degli spunti per una ricerca seria. Tutta da compiere, però.

Secondo Luigi Corvaglia, invece questa citazione di tre righe dovrebbe confutare l’intero studio della prof.ssa Barker semplicemente «dimostrando» che, siccome il pastore Graham riscuote grande successo negli USA ma al contempo solo un’infinitesima parte di chi aderisce alle sue prediche lo segue anche successivamente, allora l’opera di convincimento dei Moonie deve per forza avere qualche caratteristica coercitiva siccome invece le loro percentuali di permanenza sono tot volte più elevate. E questa secondo Corvaglia sarebbe scienza?

Evidentemente no, se lui stesso si sente poi costretto a pescare dalla propria esperienza di dirigente SerT («servizio tossicodipendenze», quel ramo dei servizi sociosanitari che somministra metadone e altre sostanze stupefacenti come terapia per chi si droga) e proclama che, secondo uno studio delle Nazioni Unite, «solo il 9% delle persone che consumano sostanze psicotrope illecite finisce per sviluppare una addiction».

Per la cronaca, parlando in italiano, «addiction» si direbbe «dipendenza».

A tale conclusione, che secondo Corvaglia dovrebbe «demolire» definitivamente la ricerca della prof.ssa Barker, si giunge tenendo conto che:


«a livello mondiale circa 243 milioni di persone, cioè il 4,5% della popolazione,
ha usato almeno una sostanza psicotropa illecita; le persone che hanno
sviluppato dipendenza sono invece circa 27 milioni, all’incirca lo 0.5%
della popolazione adulta mondiale.»

Chiunque eserciti una minima dose di buon senso, direbbe: che ci azzecca? Rispondiamo noi: perfettamente nulla.

Corvaglia traspone una questione statistica afferente all’ambito dell’affiliazione religiosa in un ambito riguardante la tossicodipendenza, che si colloca dunque fra il fisiologico e lo psicologico.

Sarebbe come dire che, siccome solo uno «zero virgola» degli acquirenti di autovetture Fiat torna ad acquistare Fiat successivamente, allora l’efficacia dei metodi di vendita dei commerciali Fiat non è nemmeno paragonabile ai discorsi di persuasione dei Moonisti. Dinanzi a un siffatto paragone, ci si sentirebbe decisamente presi per i fondelli.

Inoltre, cosa sta cercando di insinuare? Che la religione o la spiritualità sono da equiparare alla droga e dunque vanno esaminate seguendo gli stessi canoni?

In conclusione: lo psicologo Luigi Corvaglia non solo non dimostra nulla di ciò che speciosamente afferma nel titolo del proprio post e nell'immagine pantagruelica che lo rappresenta, ma finisce addirittura su un piano a dir poco sdrucciolevole e formula un asserto a dir poco discutibile.

Tutto ciò solo per evitare di accettare la nuda e cruda realtà: le teorie del «lavaggio del cervello» accampate ad ogni piè sospinto dai suoi compari «anti-sette» non sono più né attuali né credibili, e nel ventunesimo secolo dovrebbero essere definitivamente abbandonate.

venerdì 4 maggio 2018

Gli «anti-sette» e le simpatie fasciste: il GRIS e Giovanna Balestrino

Abbiamo già citato in un recente post una esponente «anti-sette» piemontese, Giovanna Balestrino.

Ne avevamo parlato a proposito di alcuni suoi incitamenti ad un «controllo comportamentale» (o forse un controllo mentale?) nei confronti dei giovani e delle persone in generale, come evidenziato in quel post.

La Balestrino è presidente, per la zona di Acqui Terme (AL), del GRIS (il diocesano «Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa», già «Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette», che cambiò nome per rendersi più accettabile).

Tempo addietro (si veda questo post) ci siamo interrogati sull’orientamento politico degli estremisti «anti-sette» basandoci su alcuni elementi emersi negli anni scorsi come le connivenze con Forza Nuova: senza la presunzione di riuscire a trovare il bandolo della matassa, avevamo comunque potuto abbozzare un’ipotesi abbastanza plausibile.

Quanto riferiamo qui di seguito in merito alla Balestrino sembra concorrere a confermare quelle deduzioni.

Abbiamo notato alcune sue dichiarazioni pubbliche a proposito di Benito Mussolini e del fascismo, che riteniamo siano d’interesse in relazione al ruolo istituzionale che la Balestrino riveste nel GRIS e, di conseguenza, in qualità di personaggio pubblico che interagisce con le istituzioni e organizza convegni per portare avanti la propaganda «anti-sette».

Istituzioni come il Ministero dell’Interno che, oltretutto, dovrebbe avere un ruolo garantista nei confronti della prima legge dello stato, ossia la Costituzione della Repubblica Italiana, la quale bandisce espressamente il partito fascista. Non dimentichiamo, fra l’altro, che anche la «apologia del fascismo» è considerata un reato in base alla «legge Scelba» del 1952 (cfr. articoli 4 e 5). Siamo sicuri che la Balestrino è al corrente di tali elementari nozioni.

La preferenza politica dell’avvocatessa acquese è ben nota in tutto il suo territorio; solo per fare un esempio, eccola due anni or sono a promuovere la candidatura a sindaco di suo padre per il MSI (per la cronaca, non fu eletto):



E infatti la scorsa settimana, nell’ambito di una discussione che è seguita ad un suo post sulla commemorazione della morte di Benito Mussolini, la Balestrino non solo non manifesta la benché minima contrarietà al fascismo, ma al contrario mette in risalto la «malvagità» degli «uomini che [lo] hanno così ignobilmente ucciso».

Questo il post:


E questa la discussione (da notare come – tratto tipico degli «anti-sette» – il confronto vero e proprio viene sviato in modo tale che si eviti di entrare nel merito della critica, mentre l’interlocutore viene dapprima fuorviato e poi mandato elegantemente a spasso):


D’altronde, la concezione della Balestrino a proposito di democrazia e di rispetto della Carta Costituzionale in tema di scelte religiose emerge anche da un altro post:


Il che vale a dire che le confessioni religiose non devono godere di uguali diritti: solo la sua religione, come ai tempi dei «Patti Lateranensi» siglati nel 1929 (in pieno fascismo), deve essere considerata tale. Gli altri? Degli inferiori.

Seguendo il filone dell’ideologia fascista, ci dev’essere infatti una minoranza (o comunque un «altro») da combattere o da annientare; e anche in tal senso le affermazioni della Balestrino, che si scaglia contro questa o quella corrente di pensiero, sono piuttosto esplicite:


Per la cronaca, la Balestrino ha lasciato completamente ignorata l’obiezione del primo utente (come sopra: dribblare la critica), mentre alla seconda ha risposto fornendo del materiale propagandistico.

Piuttosto che acculturarsi in merito alle nuove religioni delle quali si dovrebbe occupare come GRIS, la Balestrino preferisce invece frequentare corsi di esorcismo:


Che dire? Amen.

Sulla scorta di tali inequivocabili esternazioni da parte di una rappresentante del GRIS, viene quasi da sorridere quando si legge un post di tenore diametralmente opposto da parte dello psicologo varesino Dimitri Davide Baventore, una sorta di «anti-sette» in erba dal momento che (per nostra conoscenza) solo di recente ha fatto capolino nel panorama dei propagandisti contro le realtà religiose «non convenzionali» al fianco di Lorita Tinelli, sua collega pugliese che invece di tale pratica è un’esperta consumata.

Ecco come si poneva Baventore nei confronti del fascismo qualche anno fa:


Passeggiando per le strade del centro storico di Vicolungo (NO), Baventore ha notato su di una parete la scritta «Molti nemici molto onore», storicamente nota come un motto sovente adoperato dal «duce»; fa quindi riferimento al «ventennio» come ad un «vergognoso passato», come confermano i commenti successivi, particolarmente in relazione agli «inutili massacri della guerra» e alla «follia colonialista».

Parrebbe un’ennesima dimostrazione di come il mondo degli «anti-sette», oltre che discusso e chiacchierato, sia anche costantemente frazionato e contraddittorio: quattro anni fa Baventore dichiarava il fascismo una vergogna, adesso invece dà spazio e appoggio a chi vorrebbe ripristinare il controverso «reato di plagio» che proviene proprio dall’ordinamento giuridico fascista e venne depennato dal codice penale anche in conseguenza del tragico caso di Aldo Braibanti, un intellettuale comunista «colpevole» di essere apertamente omosessuale oltre che controcorrente.

Forse che quando si diventa fautori della propaganda «anti-sette» mutano anche le proprie convinzioni politiche?

sabato 28 aprile 2018

I fatui discorsi «anti-sette»: Lorita Tinelli contro il fideismo

Ci occupiamo ancora del webinar (seminario via Internet) organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia e tenuto da Lorita Tinelli in data 18 Aprile, di cui abbiamo trattato in dettaglio in un post della scorsa settimana e ne focalizziamo un punto specifico che riteniamo di particolare rilievo.

Afferma la psicologa pugliese del CeSAP (il sedicente «centro studi» sugli «abusi psicologici»):


Curiosamente, la psicologa «anti-sette» smentisce se stessa in modo alquanto clamoroso (riprendiamo qui una dichiarazione da lei resa in Senato nel 2011):


Abbiamo voluto soffermarci su questo specifico punto argomentato dalla Tinelli nel webinar, perché ci pare conduca ad un’osservazione che lascia a dir poco sbalorditi.

Contraddicendo le sue affermazioni del passato, la Tinelli parla di «atteggiamento fideistico», ossia di «fideismo», per manifestare il proprio stupore di fronte alla «adesione totale» da parte dei fedeli di gruppi religiosi (a lei invisi e stigmatizzati come «culti distruttivi») alle varie credenze, principi o dogmi emanati dai rispettivi leader. Qualcosa come «il corpo di Cristo» che si materializza nell’ostia consacrata. Ma vediamo cos’è il fideismo secondo una fonte qualificata come il vocabolario Treccani:


Va da sé che riportando tale definizione non si vuole qui esprimere un giudizio né di favore né di sfavore rispetto al fatto che una credenza possa essere nutrita sulla base di una «fede aprioristica e acritica in una determinata dottrina». Potremmo naturalmente essere di avviso completamente diverso. Così come potremmo invece professare la religione cattolica (ed essere quindi profondamente convinti dell’esistenza di Dio padre onnipotente, della validità del dogma della Santissima Trinità, e della verginità di Maria).

Entrambe le posizioni, nella Repubblica Italiana, dovrebbero godere del medesimo rispetto.

Ma a sentire la Tinelli, tale «atteggiamento fideistico» deve essere deriso e schernito in quanto caratteristica di un «culto distruttivo» che porta le persone ad una «adesione totale» alle credenze del gruppo, magari uno di quei «gruppi che non hanno una base teorica e ideologica sostenibile» (parole sue), tanto da farle concludere, retoricamente: «come si fa a credere a cose di questo genere?»

Il discorso della Tinelli non ci pare solo di un’ovvietà e di una banalità pressoché disarmanti; ci sembra anche di una superficialità e di una tendenziosità allarmanti: incita alla discriminazione su basi del tutto inesistenti.

Per essere molto schietti: come si fa a non rendersi conto di quanto sia scontato un tale concetto? I gruppi religiosi devono essere bollati come «culti distruttivi» perché i loro membri hanno un «atteggiamento fideistico» e di «adesione totale». Ma non è forse così per la stragrande maggioranza delle religioni, se non tutte?

Da quando in qua un buddista si considererebbe un buon praticante dell’ottuplice strada se la osservasse a giorni alterni o solo quando gli pare?

Come potrebbe un imam reputare un buon musulmano colui che prega due volte al mese appollaiato su una poltrona e che non si attiene strettamente alle norme morali del Corano?

Che giudizio darebbe il priore di un monastero sulla condotta di un novizio che ogni Sabato sera se n’andasse a ballare e a fare bisboccia in birreria?

Eppure nessuno di questi comportamenti avrebbe alcunché di riprensibile, in senso lato.

E gli esempi sarebbero innumerevoli.

Per riprendere un paragone cui abbiamo già fatto ricorso, l’argomentazione della Tinelli equivale a dire che i commercianti devono essere considerati fraudolenti perché praticano dei prezzi più elevati rispetto a quelli che vengono loro praticati dai fornitori. In altri termini, sono «fraudolenti» per il semplice fatto che sono dei commercianti.

Sembreranno facezie, ma non è proprio così: la superficialità del discorso della Tinelli investe il fenomeno religioso e spirituale nel suo insieme, attaccando direttamente dottrine affatto maggioritarie a partire da quella ebraico-cristiana (in tutte le sue declinazioni, dalla protestante all’ortodossa sino alla pentecostale e al geovismo) solo per citarne una.

Cioè: ancora prima che di «nuovi movimenti religiosi», la Tinelli sta parlando di «religioni rivelate», principalmente fondate sul «fideismo»:


E abbiamo voluto citare la definizione più semplice, quella appunto riportata qui sopra, solo perché non desideriamo addentrarci in problematiche ben più complesse ed articolate che hanno riempito interi trattati di grandi filosofi, a cominciare da Immanuel Kant per proseguire con molti altri illustrissimi studiosi del passato.

Insomma, verrebbe quasi da descrivere il discorso della Tinelli con le parole della stessa Tinelli:



In altri termini la Tinelli, mentre condanna il fideismo zompando a piè pari in una materia che in quanto psicologa non le compete affatto (e in cui dimostra una palese superficialità), al tempo stesso conferma la sua incoerenza rispetto a dichiarazioni rese da lei stessa solo sette anni fa in Senato.

A chi si dovrebbe credere, dunque? Alla Tinelli del recente webinar che si scaglia contro il fideismo rivolgendosi ai suoi colleghi psicologi? Oppure alla Tinelli del 2011 che si mostra garantista per ingraziarsi la Commissione Giustizia del Senato e favorire così la promulgazione di una legge sul controverso reato di plagio?

sabato 21 aprile 2018

Aggiornamento breve - gli «anti-sette» di AIVS dileggiano persino se stessi?

Osservando il seguente post su una delle pagine Facebook gestite da AIVS, abbiamo notato una situazione che definiremmo grottesca.

Toni Occhiello dà il buongiorno ai suoi compari pubblicando una foto che, peraltro, ci pare piuttosto fuori tema (una strada cittadina sulla quale scorrono due velocipedi):


Gli fanno subito eco dei commenti di utenti del gruppo Facebook di AIVS che colgono (persino) questa occasione per dileggiare la religione di cui facevano parte in precedenza. Commenti, a nostro parere, un po’ squallidi:


Potrà sembrare semplicemente un commento di cattivo (anzi, pessimo) gusto.

Noi invece vi ravvisiamo un aspetto ulteriormente paradossale.

Sì, perché dovrebbe essere ben noto agli accoliti di AIVS che Toni Occhiello è paraplegico, o comunque ha un’invalidità che ne compromette la capacità di deambulazione.

Interviene un altro utente a spiegare che tipo di veicolo è quello visibile nella parte alta della foto e perché non c’è molto da ridere in proposito (si pensi anche solo a manifestazioni sportive ormai grandemente partecipate come le Paralimpiadi):


Singolare, a nostro avviso, che Occhiello lasci correre delle battutacce offensive contro la propria stessa categoria, senza nemmeno intervenire per riportare nel gruppo (che ha fondato) un minimo di educazione e di rispetto nei confronti di chi soffre una tanto grave limitazione fisica.

Verrebbe quasi da dire che la solidarietà, presso l’AIVS, non è proprio di casa.

lunedì 22 gennaio 2018

Luigi Corvaglia, lo psicologo «anti-sette», è anche anti-cattolico oltre che anti-religioso?

Che si sia atei è cosa ben più che legittima; asserzione, questa, tanto ovvia da risultare pleonastica.

Ma ingaggiare a tutti i costi una lotta contro la spiritualità solo perché si è atei, è ben altra cosa.

Sarebbe come fare una propaganda di odio contro i vegetariani solo in virtù del fatto che personalmente si ama mangiare carne e pesce e non si potrebbe mai concepire un’alimentazione di diverso tipo.

Eppure, è proprio questo che fanno gli «anti-sette» giorno dopo giorno: mantengono sempre in moto una macchina del fango contro gruppi religiosi o movimenti spirituali a loro invisi, nella speranza (peraltro alquanto vana, stando alle loro stesse affermazioni) che sempre meno persone aderiscano a quelle fedi.

A tal proposito, questa pagina che ha incontrato la preferenza di Corvaglia è alquanto esplicita in quel senso:


Da ateo agguerrito, Corvaglia ha spesso parole ostili e irriguardose non solo verso i nuovi movimenti religiosi, ma anche nei confronti della Chiesa Cattolica e delle sue figure di spicco.

Ad esempio, qui si scaglia contro santa Madre Teresa di Calcutta:


Una cattiveria, la sua, che diventa addirittura un turpiloquio irriverente e dissacrante:


Notare anche il «Mi piace» della socia di Alessandrini, Sonia Ghinelli del FAVIS, sempre sotto le mentite spoglie del controverso pseudonimo Ethan Garbo Saint Germain.

E non è affatto questione di essere cattolici o no, né di essere più o meno appassionati ai Rolling Stones e nemmeno di avere un maggiore o minore senso dell’umorismo: da parte di persone civili e dotate di un minimo di educazione dovrebbe essere sottinteso il rispetto nei confronti di una persona, defunta, che ha rivestito un ruolo di primo piano nella propria congregazione e che tuttora gode della devozione di decine di migliaia di persone facenti parte di una stessa religione.

Ma la scarsità di benevolenza verso le credenze cattoliche è talmente profonda che raggiunge la vera e propria derisione, del tutto priva di considerazione per il fatto di ricoprire un ruolo di divulgatore e di uomo di scienza in quanto presidente di un (sedicente) «centro studi» come il CeSAP:


Anche nel seguente post fa botta e risposta con il suo collega «anti-sette» Maurizio Alessandrini nel dileggiare alti prelati:


D’altronde, il livore di Corvaglia verso i gruppi spirituali non di suo gradimento è tanto radicato da manifestarsi anche in altri modi.

Per esempio, lasciando che un suo amico denigri (o diffami?) gli Hare Krishna nel commento ad un post riguardante uno dei soliti articoli allarmistici contro le «sette»:


«Dovunque vi sono gli Hare Krishna vi è una fregatura»: caspita, che alto livello di scienza e di ricerca! Sarà sulla base di giudizi come questo che è stato scelto Corvaglia per rappresentare l’Italia nella FECRIS (la Federazione Europea dei Centri di Ricerca e Informazione sul Settarismo), organizzazione tristemente nota proprio per il suo supporto a iniziative discriminatorie?

Di fatto, non c’è da stupirsi che Corvaglia abbia avallato quel commento gratuitamente offensivo nei riguardi di una minoranza religiosa diffusa in tutto il mondo e notoriamente pacifica.

Infatti, troviamo Corvaglia solo qualche mese fa ad un convegno in Siberia con niente meno che Aleksander Dvorkin, fra i principali esponenti proprio della succitata FECRIS, figura controversa e fra i maggiori fautori dell’intolleranza e della discriminazione «anti-sette» nell’Est europeo; un consulente del governo Putin che qualche anno fa propose addirittura di mettere al bando in Russia la versione Hare Krishna del Bhagavad Gita (leggendario testo sacro della spiritualità indù), in quanto da lui considerato «estremista» rischiando peraltro di scatenare un incidente diplomatico di non poco conto nei rapporti fra Russia e India (se il tribunale non avesse respinto l'istanza alimentata dalle sue pressioni ideologiche).


La linea dottrinale di Corvaglia non dev’essere molto distante da quella tirannica di Dvorkin, tant’è che lo psicologo pugliese qualche tempo fa ha scritto, riferendosi alla propaganda mediatica contro i movimenti religiosi alternativi: «un giornalista ha tutto il diritto, in base alla propria idea di chi sia più affidabile, di decidere a quale fonte attingere». Vale a dire: quello che conta non sono l’attendibilità oggettiva delle informazioni o i criteri di selezione delle stesse, quello che conta sono le «preferenze» del giornalista.

E questa sarebbe l’accuratezza dell’informazione di cui parlano certi esponenti «anti-sette»?

venerdì 12 gennaio 2018

Gli «anti-sette» sono antireligiosi e contro la Costituzione?

Di quando in quando, gli «anti-sette» come Toni Occhiello, Sonia Ghinelli, Lorita Tinelli e gli altri di quella risma adducono speciose giustificazioni per il loro operato, cercando di apparire «corretti» malgrado tutto.

Proclami come «informiamo con maggior obiettività possibile», oppure «stiamo solo denunciando abusi», o anche «divulghiamo notizie di rilievo», ecc. ecc. Di fatto, il loro «riceviamo e pubblichiamo» è uno stillicidio di articoli scandalistici o di titoloni scritti appositamente per fare sensazione, addirittura in taluni casi basati su «informazioni» in buona parte inventate o non verificate, con obiettivi evidentemente delatori.

E non è nemmeno, come a prima vista può apparire, che gli «anti-sette» abbiano nel mirino certe bande pseudo-sataniche («pseudo», in quanto ammantate di una mera parvenza di satanismo) che si sono evidentemente rese responsabili di crimini efferati come l’omicidio o lo stupro: no davvero, costoro ce l’hanno con tutti i movimenti religiosi e persino con le religioni «tradizionali» che siano cristiani evangelici o pentecostali, che siano buddisti Soka Gakkai o Scientology, che sia Damanhur o i Testimoni di Geova.

Una parola astiosa l’hanno sempre per tutti, un articolo denigratorio non mancano mai di pubblicizzarlo. E la si potrebbe anche considerare informazione persino in questi termini, se fosse imparziale ed equilibrata; ma è tutt’altro che tale: al contrario, è tendenziosa e a senso unico, spesso sprezzante e categorica. Mai una volta riferiscono i comunicati e le dichiarazioni di questo o quell’altro movimento che avevano prima infangato, mai una volta segnalano gli articoli sulle buone testimonianze dei loro appartenenti.

Un esempio principe di tale tendenza: un recente post di Imma Iannone (fervente attivista contro i Testimoni di Geova, della quale si parlava in questo post) che dileggia la religione:


D’altronde, i loro giudizi sono ancora più «demolitori» e a noi sembrano alquanto più in linea con gli sfottò «da stadio» (con tutto il rispetto per il meglio del calcio), altro che «pubblico servizio». Ecco un altro esempio:



È forse informazione, questa? No, è propaganda discriminatoria e qualunquista, e lo è già solo in virtù di questa occlusione di informazioni a favore per lasciare spazio solo ed esclusivamente alle notizie a sfavore, peraltro sovente imprecise o sommarie o che in seguito si rivelano addirittura infondate.

D’altronde, lo ha affermato senza mezzi termini anche Pietro Liuzzi, parlamentare amico di Lorita Tinelli (si veda questo post): «La promozione e la difesa del diritto alla libertà di religione e credo, nonché il riconoscimento e la tutela delle minoranze religiose e spirituali contro ogni forma di intolleranza e discriminazione non devono costituire un'impasse rispetto alla protezione delle vittime di organizzazioni cultuali abusanti e/o totalitarie» (fonte: Senato, Atto n° 4-08243). Il che significa, in parole povere e in concreto, che la libertà di culto può anche essere accantonata se l’obiettivo è limitare o perseguire (o perseguitare?) alcune minoranze definite «abusanti» dagli «anti-sette».

Non è forse questo un vero e proprio pericolo per la democrazia della nostra Repubblica?

venerdì 22 settembre 2017

Presentazione

Le ragioni di questo blog

In Italia esiste una rete di associazioni, a volte cooperanti, a volte in acceso contrasto fra loro, che opera tramite i mass media e influenza la società a proposito dei gruppi religiosi e spirituali minoritari da loro etichettati come «sette» (vocabolo volutamente dispregiativo) quando non addirittura come «culti distruttivi» o «culti abusanti» (termine, invece, già di per sé al limite del diffamatorio o calunnioso). Questa rete agisce trasversalmente alla politica e alle istituzioni, creando artificialmente un’atmosfera di allarme, di tensione e di rigetto del diverso. Il tutto a spese dei contribuenti e distraendo dai reali problemi l’attenzione delle autorità civili, delle forze dell’ordine e degli organi legislativi, peraltro già sovraccarichi.

La rete italiana degli «anti-sette» è inoltre collegata alla FECRIS, «Federazione Europea dei Centri di Ricerca e Informazione sul Settarismo»: con la loro opera sistematica e costante di informazione tendenziosa (quando non propriamente disinformazione) sui gruppi religiosi e spirituali, costoro hanno fomentato azioni governative di pesante repressione nei confronti di certi movimenti da loro bollati come «estremisti» (sic!) in quanto semplicemente non conformati alla religione di maggioranza.

La mission di questo blog è anzitutto diffondere notizie, informare, sensibilizzare a proposito di fatti che sui media vengono sottaciuti. La verità viene adombrata talora da speciosi proclami di nobili intenti, talora da allarmi mirati a fare sensazione e a scatenare reazioni, similmente a quanto avviene con il drammatico e purtroppo diffusissimo fenomeno delle fake news. In entrambi i casi, tali condotte sono motivate dall’obiettivo cinico e malizioso di convogliare l’attenzione dei lettori o spettatori o utenti della Rete e generare consenso, vendere dei contenuti facendoli accettare come veri quando tali non sono o quando vera ne è solo una minima parte.

Obiettivo secondario di questo blog è stimolare la discussione fra coloro che sono stati in qualche misura riguardati dal questo business degli «anti-sette»: che se ne parli, una buona volta, che si portino alla luce le loro incongruenze, che vengano finalmente svelati i loro reali intenti. Chissà mai che un domani si smetta di concedere loro favori e risorse finanziarie, per investirle invece nelle soluzioni ai veri problemi di questo nostro meraviglioso e martoriato paese.

Per concretizzare al meglio tali ambiziosi (e sicuramente “scomodi”) obiettivi, l’autore e i suoi collaboratori daranno fondo a tutta la loro curiosità intellettuale, al loro istinto indagatore e al loro coraggio, fiutando e ricercando e rivelando notizie e fatti raccolti qua e là dall'inquietante, conflittuale e contraddittorio mondo degli «anti-sette».