Si è trattato di una strana strategia mediatica, gettare il sasso senza voler dire a chi è destinato? Che temesse ripercussioni legali?
Comunque la campagna per la promozione del libro si è accompagnata alla campagna di marketing allarmistica ripresa dai soliti faccendieri «anti-sette» a tamburo battente:
Dopodiché la soubrette viene selezionata per presentare la 68ma edizione del Festival di San Remo, che in realtà è diventato di fatto il suo palcoscenico privato: infatti, Michelle Hunziker non ha perso occasione per promuovere il marchio e gli affari di famiglia, come pure le sue (molto ipotetiche) attività sociali.
Infatti, i social media italiani hanno dato ampia eco a una serie di comportamenti discutibili della disinvolta conduttrice, che sono anche stati ripresi da alcune testate online.
La più accesa tra le critiche viene da Raffaella Palladino presidente di D.i.Re., la rete che raccoglie ottanta centri italiani che si adoperano per difendere le donne dalla violenza. In una dura lettera inviata direttamente al Presidente della Rai, Monica Maggioni, pone in evidenza come San Remo sia stato strumentalizzato per fare propaganda all’associazione Doppia Difesa presieduta dalla Hunziker e Giulia Bongiorno, candidata con la Lega Nord di Matteo Salvini.
Non solo Doppia Difesa viene descritta come un’associazione di fatto inesistente, che raccoglie donazioni senza operare in alcun modo a difesa delle donne, ma si accusa la Hunziker di strumentalizzare la sofferenza di altre donne unicamente allo scopo di farsi pubblicità. Sostanzialmente la stessa cosa che ha fatto e sta tuttora facendo con la sua strumentalizzazione dell’allarmismo «anti-sette» per mettersi in mostra ai danni delle minoranze religiose e di chi subisce i soprusi di qualche facinoroso.
Il Fatto Quotidiano sottolinea anche che una giornalista della stessa testata, Selvaggia Lucarelli, aveva pubblicato un articolo segnalando come i telefoni di Doppia Difesa, la ONLUS presieduta dalla Hunziker «erano perennemente muti, mentre le email restavano senza risposta», allegando peraltro i messaggi ricevuti da parecchie donne che si erano rivolte invano all’associazione. Qui sotto alcuni messaggi a titolo di esempio.
Notiamo con stupore e un certo interesse che la madre di Michelle, Ineke Hunziker, fa parte dello staff di questa associazione.
Comunque, l’unica risposta di fatto ricevuta è stata una querela per diffamazione dopo che l’articolo-denuncia era stato pubblicato, mentre i telefoni di Doppia Difesa ritornavano improvvisamente e magicamente a funzionare.
Una finzione sulla finzione che ben si addice allo stile della Hunziker e che trova nella RAI una cassa di risonanza visto che la direzione dell’emittente di stato ha lasciato correre sull’iniziativa (alquanto discutibile) della soubrette svizzera di distribuire ai conduttori una spilla della propria associazione da esibire proprio durante il Festival.
«A noi sembra un malcelato e fintamente ingenuo tentativo non solo di sostenere la campagna elettorale di Bongiorno, ma anche di far dimenticare le critiche piovute sull’associazione Doppia Difesa», scrive Raffaela Palladino nella propria lettera alla direzione RAI.
Manuela Ulivi, Presidente della «Casa di Accoglienza delle donne maltrattate di Milano», parla di «antiviolenza spettacolo». In un suo post pubblicato su Facebook dichiara:
«Non so cosa faccia l’associazione di Hunziker e Bongiorno. Noi nella stessa città, Milano, abbiamo aperto da trent’anni il nostro centro, un’associazione di donne che ha costruito centinaia di percorsi di uscita dalla violenza, ospitando in case segrete le donne in pericolo».
E prosegue specificando di non aver mai incontrato né Michelle Hunziker né l’avvocata Bongiorno: «Ma le vediamo parlare di violenza contro le donne in televisione. Tutti corrono a dire che sono contro la violenza, in tanti anni di relazioni pubbliche e interventi a seminari, incontri, convegni, non ho mai trovato uno che dicesse di essere a favore. Ecco, la differenza è sempre tra il dire e il fare».
Perciò la finzione di Michelle e la sua sfacciata strumentalizzazione del Festival sia per fare pubblicità al marchio commerciale del marito sia per tirare l’acqua al mulino delle sue alleanze politiche non è sfuggita agli osservatori attenti. In particolare è stata notata e denunciata da chi lavora davvero e tutti i giorni per tutelare le donne vittime della violenza.
Ci domandiamo, in tutto ciò, dove siano finiti i propugnatori della campagna di marketing «anti-sette» che avevano promosso le attività della loro paladina Michelle Hunziker: da parte loro non un commento, non uno striminzito post di critica e denuncia di un siffatto, inammissibile sfruttamento della buona fede popolare.
Come mai hanno tralasciato di stigmatizzare questo episodio che, da quanto si evince, mette in luce gente che non si fa scrupoli a cavalcare le sofferenze altrui?
È un interrogativo a cui tenteremo di dare risposta...
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