giovedì 15 novembre 2018

Gli «anti-sette» e la magistratura: quando la libertà dei cittadini è a rischio

Come talvolta la magistratura venga fuorviata e indotta in errori che solo in seguito si rivelano clamorosi, è un fenomeno che a più riprese abbiamo esaminato e descritto nel nostro blog. Leggerezze investigative e sbagli giudiziari e che vengono favoriti vuoi dalla propaganda vuoi dalla consulenza tendenziosa dei presunti esperti «anti-sette».

Errori che hanno conseguenze perniciose, talvolta devastanti, per singoli individui o famiglie o intere comunità. A questi danni fanno da contraltare i profitti o il ritorno d’immagine di cui nel frattempo hanno goduto militanti «anti-sette» come gli psicologi Lorita Tinelli e Luigi Corvaglia (CeSAP), l’ex ragioniere in pensione Maurizio Alessandrini (FAVIS), la quasi criminologa Patrizia Santovecchi (ONAP) o il prete inquisitore don Aldo Buonaiuto, tutti a vario titolo referenti per la controversa «polizia religiosa» SAS (la «Squadra Anti-Sette» del Ministero dell’Interno).

Così è stato in ciascuno dei seguenti casi (per citare soltanto quelli che abbiamo trattato nel nostro blog e senza uscire dal territorio italiano):
- la persecuzione ai danni di Ananda Assisi;
- gli inesistenti Angeli di Sodoma e la visionaria relazione di don Aldo Buonaiuto;
- la presunta «santona» di Prevalle (Brescia), al secolo Fiorella Tersilla Tanghetti;
- la Comunità Shalom di Palazzolo (Brescia);
- l’associazione Arkeon (basilare, qui, l’influenza del CeSAP);
- le «sette sataniche» inventate di Saluzzo e Costigliole d’Asti;
- e infine, per lo meno per quanto riguarda un processo mediatico tenutosi ancora prima che le indagini venissero concluse, il caso di Mario Pianesi e «Un Punto Macrobiotico».

Proprio su quest’ultimo caso vogliamo riflettere ancora una volta per mettere in luce un aspetto che nei precedenti non ci era risultato chiaro mentre ora si è manifestato in tutta la sua evidenza.

Titolare delle indagini a carico dell’associazione «Un Punto Macrobiotico» è il cinquantottenne magistrato anconetano Paolo Gubinelli, personaggio pubblico (segue foto) il cui nome avevamo notato nell’articolo di «Cronache Maceratesi» in cui si riportava l’intervista ai figli di Mario Pianesi (ne abbiamo parlato in un nostro precedente post).


Fiducioso nell’imparzialità e coscienziosità della magistratura inquirente, il nostro Mario Casini aveva provato a sensibilizzarlo a proposito del linciaggio mediatico in atto ai danni di Mario Pianesi, inviandogli un’e-mail (datata 30 Ottobre) al suo indirizzo istituzionale presso la Procura di Ancona. Nessuna risposta, d’altronde esigue erano le aspettative e non si può certo pretendere che un pubblico ministero possa riscontrare tutta la corrispondenza che gli perviene, specie se inerenti a questioni tanto delicate.


Ma qualche giorno più tardi (6 novembre scorso), Paolo Gubinelli torna sotto le luci della ribalta per una requisitoria pronunciata a conclusione di un’inchiesta a carico di un 32enne di Senigallia (Ancona) accusato di aver ridotto in schiavitù la propria fidanzata.

In quella, Gubinelli avrebbe sposato la tesi secondo cui «seppur storicamente dichiarato incostituzionale il reato di plagio, la Procura di Ancona, in questo processo sembra intraprendere una battaglia perché si crei un precedente volto a dare una risposta a tutti quei casi in cui le donne sono vittime di uomini che agiscono plagiando, manipolando, inducendo a comportamenti di sottomissione».

Un’inquietante interpretazione che sembra voler travalicare il limite del codice penale attualmente in vigore, richiamando teorie controverse e accademicamente screditate come quella del «lavaggio del cervello» nei movimenti religiosi, per riproporre la reintroduzione del «reato di plagio» di fascista memoria.

Addirittura, Paolo Gubinelli avrebbe ritenuto di intraprendere «un percorso che vuole essere innovativo (…) citando Aldo Braibanti, l’unico uomo condannato per plagio nella storia d’Italia», asserzione paradossale se si considera quanto reazionaria fu quella sentenza rispetto alle avanguardie culturali e sociali che nel 1968 si batterono strenuamente per la libertà d’opinione e di espressione, come ben descrisse in questo articolo il giornalista Giuseppe Loteta.

Infine, Gubinelli avrebbe descritto «il ritratto del plagiatore dipinto dalla psicoterapeuta Silvia Croci» (di Forlì). Il che fa cadere ogni dubbio sulle fonti da lui ritenute attendibili per valutare simili casi: basti pensare che la monografia scritta dalla Croci a proposito di «plagio» non solo si accoda palesemente alla propaganda dei militanti contro i «movimenti religiosi alternativi», ma è persino citata come riferimento sul blog dell’associazione «anti-sette» FAVIS.

Non è dunque irragionevole, purtroppo, considerare il PM Paolo Gubinelli come un magistrato schierato con gli «anti-sette»; e l’andamento mediatico dell’inchiesta a carico di «Un Punto Macrobiotico» (con le assurde accuse che si tratti di una «setta» e la feroce campagna denigratoria a carico del suo fondatore Mario Pianesi) non fa che fornire spunti a conferma di tale ipotesi.

Di conseguenza, il pronostico sui due filoni di quell’indagine non può che essere pessimistico. Lampante, infatti, è il parallelo è con l’operato del procuratore Francesco Bretone di Bari, che nelle indagini a carico di Arkeon si era basato sugli acrobatici teoremi di Lorita Tinelli e del CeSAP, poi completamente screditate in tribunale.

Sarà probabile che fra qualche anno si debba dare conto dell’ennesima ingiustizia propiziata dagli «anti-sette»: così stando le cose, la libertà dei cittadini è ancora a rischio.

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