domenica 14 gennaio 2018

Aggiornamento breve - gli «anti-sette» si contraddicono anche all’estero

Non sapremmo dire se sono gli «anti-sette» italiani che hanno preso esempio da quelli americani o viceversa.

Tuttavia, alcune notizie apprese nei giorni scorsi confermano appieno la tesi già ampiamente esposta e documentata da questo blog, ossia che l’ambiente degli «anti-sette» è pieno stipato di contraddizioni, discordanze e incongruenze.

Apprendiamo dai «soliti noti» di CeSAP e FAVIS che recentemente due apostati della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’Ultimo Giorno (Mormoni) hanno messo online un sito «per rendere pubblici dei documenti riservati» al fine di denunciare dei presunti abusi commessi nell’ambito di quel movimento religioso, di cui facevano parte.

Tanto per cambiare, l’accento viene posto su possibili casi di abuso sessuale (che, come si è già illustrato in precedenza, per costoro sembra essere un argomento caratterizzato da una sorta di ossessione morbosa).


Abbiamo dato un’occhiata a quel sito e ne abbiamo letto con attenzione la brevissima presentazione.

Non abbiamo potuto far altro che constatarne la lampante incoerenza che caratterizza l’iniziativa sin dall’esordio:


Dichiarano infatti: «FaithLeaks è un’associazione e un mezzo d’informazione non a scopo di lucro basato sul principio che una maggiore trasparenza all’interno delle associazioni religiose dia come risultato un minor numero di falsità, una minore corruzione e meno abusi».

Tant’è che la denominazione cui fa capo il sito è la «Truth and Transparency Foundation», ovvero la Fondazione per la Verità e la Trasparenza. Una sigla quanto mai solenne ed altisonante, si potrebbe dire. Nella pagina principale del loro sito Internet, campeggia il pulsante «Fai una donazione oggi»:


Quindi il principio asserito da «FaithLeaks» è: più trasparenza uguale meno abusi.

Trasparenza, però, che solo i «culti» sono tenuti ad avere. Almeno a giudicare dalle loro stesse affermazioni.

Loro, infatti, l’obbligo/dovere della trasparenza non sembrano averlo: «L’associazione [FaithLeaks] fornisce alle fonti e agli informatori i mezzi tecnici per inviare in forma anonima dei documenti riservati che poi dei professionisti e dei giornalisti possano adoperare per realizzare sulla base di essi (e per ampliare di volta in volta) dei reportage, delle cronache e degli articoli a proposito della religione».

Da notare che i «mezzi tecnici» di cui parlano nient’altro sono che i principali sistemi per occultare la propria identità in Internet, metodi adoperati per lo più da delinquenti telematici e persone che sguazzano fra siti pornografici, pedofilia online, spamming (invio di e-mail pubblicitarie non richieste), reti di terroristi, ecc.

E come se non bastasse, questi «mezzi tecnici» di natura quanto meno discutibile «FaithLeaks» li mette a disposizione di chiunque voglia fare denunce anonime per sviluppare campagne di pettegolezzi e dicerie ai danni di minoranze religiose pacifiche.

Il principio più trasparenza uguale meno abusi, dunque, secondo gli «anti-sette» deve tutelare soltanto chi accusa un movimento religioso e non il movimento religioso che viene messo sotto accusa da qualche ex membro imbufalito, perché il principio «innocente fino a prova contraria» sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non è contemplato dai loro valori.

Complimenti! Se esistesse un «Premio Incoerenza», probabilmente sarebbe già stato assegnato.

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