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sabato 27 ottobre 2018

Quando gli «anti-sette» vengono colti in fallo: la debole replica di Luigi Corvaglia

di Mario Casini


Comincio a disperare della mia utopia che possa avvenire, un giorno o l’altro, un serio esame di coscienza da parte dei militanti «anti-sette» di CeSAP, FAVIS, AIVS e qualchedun altro.

Questo dico dopo aver letto, e in parte risposto, alle reazioni di Sonia Ghinelli, Lorita Tinelli e Luigi Corvaglia al penultimo post del presente blog, nel quale venivano sottolineate le incongruità di un maldestro tentativo di screditare un’illustre studiosa tacciandola addirittura, con scarso rispetto, di propalare «fake news».

Disillusione, la mia, che proviene dal carattere delle repliche di questi esponenti «anti-sette»: laddove mi aspetterei una critica puntuale e dialogica, mi ritrovo a dover leggere improperi (di cui tengo traccia e nota, pur non pubblicizzandoli) o – bene che vada – battute fuori luogo. Tutte cose che paiono tentativi di fuorviare, sminuire, scantonare.

Unica eccezione – che sottolineo con soddisfazione – è un appunto mosso da Sonia Ghinelli su un dettaglio tutto sommato marginale (titolo e qualifica di Janja Lalich) ma che nondimeno sarà volentieri (e a breve) oggetto di opportuna revisione e – se necessario – darà adito ad una rettifica.

Tuttavia – e disgraziatamente – quanto al merito vero e proprio del post si è dovuto attendere una decina di commenti per così dire «interlocutori» prima che Luigi Corvaglia si degnasse di fornire una replica vera e propria, dopo aver non poco tergiversato.

E pensare che lo stesso psicologo leccese (che odia essere definito «pugliese»… sic) solo qualche anno fa ha sentenziato (testuali parole sue!) quanto segue.

«È vero che il concetto di manipolazione mentale
non è universalmente accolto in ambito scientifico.»

Ma al nostro post, che dimostra l’inefficacia di un suo tentativo di screditare la prof.ssa Eileen Barker, Corvaglia deve a tutti i costi rispondere impettito (ostentando una superiorità che stride con vari segnali, fra cui le ben quattro modifiche del suo commento) e sostenendo che altri hanno «male interpretato il senso di quel suo piccolo scritto». Eppure c’era ben poco da interpretare, tant’è che sono state riportate fedelmente le sue stesse parole, il cui senso è peraltro lampante.

Una replica, quella di Luigi Corvaglia, che purtroppo riesce solo ad evidenziare ulteriormente una volontà evasiva di sostenere ancora delle argomentazioni già dimostrate fallaci; una sorta di «difesa dell’indifendibile».


Tant’è che bisogna arrivare quasi a metà del suo lungo commento, sfrondando le pure e semplici lamentazioni, per trovare la replica vera e propria.

Scrive infatti Corvaglia:


Il concetto è alquanto chiaro: il suo post prendeva di mira un singolo aspetto del saggio della prof.ssa Barker. Ne prendiamo atto, per non dire che era lapalissiano. Ciò precisato, tale assunto non mina in alcun modo la validità della nostra confutazione. Anzi, conferma che Corvaglia ha sbocconcellato il saggio della studiosa britannica nella vana speranza di riuscire a trovarvi qualche punto debole.

Scrive altresì Corvaglia:


Eppure è stato proprio Corvaglia a introdurre la sua «breve “pillola”» con questa frase:

«Le tecniche di persuasione non sono particolarmente efficaci e il fatto che la gente entri ed esca liberamente dai culti dimostra che non esiste il “lavaggio del cervello”.»

Allora questa «breve “pillola”» riguarda o non riguarda il «lavaggio del cervello»? Mi domando cos’altro si potrebbe escogitare per negare un fatto tanto ovvio.

Ma proseguiamo per vedere come Corvaglia conclude la propria replica:


Posso solo ringraziare lo psicologo leccese a nome della redazione del blog perché ci riconosce appieno di aver perfettamente inteso il senso del suo scritto.

Infatti, è proprio quello da lui riaffermato il punto che gli si è voluto contestare e che gli va ribadito, così che (forse) sia proprio lui ad afferrarne il concetto:

Chiunque eserciti una minima dose di buon senso, direbbe: che ci azzecca? Rispondiamo noi: perfettamente nulla. 
Corvaglia traspone una questione statistica afferente all’ambito dell’affiliazione religiosa in un ambito riguardante la tossicodipendenza, che si colloca dunque fra il fisiologico e lo psicologico.
Sarebbe come dire che, siccome solo uno «zero virgola» degli acquirenti di autovetture Fiat torna ad acquistare Fiat successivamente, allora l’efficacia dei metodi di vendita dei commerciali Fiat non è nemmeno paragonabile ai discorsi di persuasione dei Moonisti. Dinanzi a un siffatto paragone, ci si sentirebbe decisamente presi per i fondelli.

In definitiva, è sorprendente che proprio lo psicologo «anti-sette» Luigi Corvaglia continui a rifarsi ad una teoria (quella del «lavaggio del cervello» alias «manipolazione mentale»), da lui stesso riconosciuta controversa, da più parti sbugiardata, priva di basi scientifiche accreditate, quasi come se fosse un dogma. Non sarà forse, il suo, un atto di fideismo simile a quelli tanto dileggiati dalla sua amicissima e collega psicologa Lorita Tinelli?

E pensare che proprio Luigi Corvaglia cita frequentemente il noto filosofo della scienza Karl Raimund Popper per ricordare che «la conoscenza scientifica non è oggettiva, né sicura né tantomeno completa», che «la nostra attuale visione del mondo non è necessariamente “vera”, ma sicuramente verosimile», e che «l’assolutismo della fede (e questo vale tanto per quella religiosa, quanto per quella politica o calcistica) comporta l’infalsificabilità, ovvero la svalutazione delle evidenze contrarie ai propri dettami di fede».

Non è una «svalutazione delle evidenze contrarie ai propri dettami di fede» quella che ha tentato di produrre lo psicologo leccese nei suoi derisori commenti al nostro post?

D’altronde, si sa: guai a sottoporre a figure come Lorita Tinelli o allo stesso Corvaglia elementi anche cospicui che contraddicono le loro asserzioni!

Ma dunque, non paiono forse proprio gli «anti-sette» dei gruppi chiusi, astiosi ed ostili che seguono i dettami di pochi individui i quali hanno proclamato delle presunte verità dogmatiche, autoreferenziali e antiscientifiche? Non tentano poi di schernire, osteggiare ed intimidire chiunque abbia l’ardire di metterle in discussione o di muovere loro delle critiche?

In altri termini, costoro non si comportano proprio come sostengono che agisca una «setta» o un «culto distruttivo»?

mercoledì 3 gennaio 2018

Calunniatori, istigatori di odio e bugiardi: ecco gli «anti-sette»

Nel gergo di Internet si chiamerebbero «troll», vocabolo con cui s’intende «chi interviene all'interno di una comunità virtuale in modo provocatorio, offensivo o insensato, al solo scopo di disturbare le normali interazioni tra gli utenti».

Eccone un esempio:


Il rispetto della dignità altrui, il comportamento civile, il puro e semplice senso di responsabilità rispetto all’utilizzo di un mass media quale oramai è Internet: nulla di tutto ciò sembra far parte del bagaglio culturale di Toni Occhiello.

Al contrario, il criterio sembra essere «più cattiveria possibile, nella maniera più ad effetto possibile». Infatti, ecco un altro esempio di come cerca di strumentalizzare un tragico fatto di cronaca per attaccare la Soka Gakkai, una religione che conta centinaia di migliaia di fedeli in tutto il mondo: prende la notizia di un suicidio, riferita dalla stampa, per affermare (in maniera del tutto opinabile, se non propriamente calunniosa) che sarebbe «colpa» del movimento se la signora si è tolta la vita. Come se la quasi totalità dei suicidi, statistiche alla mano, non avvenisse fra persone battezzate (ossia la stragrande maggioranza degli italiani) e come se si volesse stabilire una fantasiosa relazione tra la quantità di messe e cerimonie cristiane frequentate da quelle persone nel periodo precedente al fattaccio.

Tutt’altro: Occhiello, con le solite parole molto pesanti e giudizi molto categorici, imputa la disgrazia al gruppo religioso di cui si riferisce che la signora faceva parte; poi, non contento, rincara la dose con ulteriori offese (più adatte a una bettola che ad altri contesti) e improperi.


Discorso simile per quest’altro post:


Ancora: se il tal seguace è deceduto, deve «certamente» essere «colpa» del movimento (anzi, il «culto distruttivo») del quale faceva parte, e per giustificare tale ipotesi accampa una fantasiosa, maliziosa teoria tutta da dimostrare:


Naturalmente, il prevedibile risultato dell’allarmismo di Occhiello si nota bene dal commento successivo: paura e rigetto del «diverso», specie se quel «diverso» è dipinto come un «mostro».

Passino le opinioni personali e persino le dietrologie (la libertà di parola è un diritto sacrosanto sancito dalla nostra Costituzione), ma le parole adoperate da Occhiello sono davvero forti e pronunciate con astio: questi post schiumano rabbia e sembrano scritti per terrorizzare e intimidire.

Ma oltre che volgare e calunnioso, il comportamento di Toni Occhiello sembra anche essere truffaldino: infatti, notiamo che è reticente a proposito della sua data di nascita.

Mentre in nessuno dei suoi scritti pubblicamente disponibili (inclusa la sua pagina Facebook personale) Occhiello sembra voler indicare il proprio anno di nascita, qui addirittura si legge che la sua classe è il 1962:


Eppure la vera data di nascita di Toni Occhiello è il 20 Novembre del 1951, come si evince da documenti ufficiali che lo riguardano e che si riferiscono alle sue passate (e fallimentari) attività cinematografiche:


Cosa si nasconde dietro a questo grottesco mistero?

Tanto per voler essere pignoli, abbiamo voluto sottoporre a verifica anche un’altra informazione spacciata dallo stesso Toni Occhiello: quella relativa alla sua qualifica presso la DGA, Directors Guild of America, una sorta di Albo dei Registi del paese a stelle e strisce. Ecco cosa Occhiello dichiara pubblicamente in proposito dal suo profilo Facebook:


Peccato che, almeno utilizzando lo strumento pubblico di ricerca messo a disposizione dalla DGA, di Occhiello non vi sia traccia (anche utilizzando le differenti possibili declinazioni del suo nome di battesimo). Se questa nostra superficiale verifica ha omesso qualche passaggio di cui potremmo non essere a conoscenza, siamo certi che l’interessato ce lo comunicherà ai fini di un’adeguata smentita.

Ma fino ad allora, di fronte a simili incongruenze e tanto beceri comportamenti, non possiamo che rinnovare il nostro inquietante interrogativo: quanto sono attendibili gli «anti-sette» come Toni Occhiello e i suoi stretti collaboratori quali Lorita Tinelli, Sonia Ghinelli, Maurizio Alessandrini, ecc.?