mercoledì 19 settembre 2018

La strage di Waco del 1993: l’incompetenza che gettò le basi per un massacro

Riprendiamo finalmente la serie dei contributi riguardanti la tragedia di Waco in Texas (USA) del 1993, e – più in generale – le «fole» sovente addotte dai militanti «anti-sette» nel loro ormai traballante tentativo di sostenere le loro sibilline e screditate teorie, come quella assai controversa del «plagio» o «lavaggio del cervello».

Per un più rapido riferimento, riepiloghiamo i due post precedenti sul medesimo tema:
- [08 Agosto 2018] La strage di Waco: propaganda «anti-sette» moralmente responsabile?

In questa puntata, il «nostro» Epaminonda presenta gli esiti di un’indagine governativa svolta ufficialmente dalle autorità americane competenti a proposito della gestione di quella vicenda: le responsabilità che ne emersero fanno tuttora vergogna ai cittadini statunitensi.

Una clamorosa sequela di cantonate che, se da un lato può lasciare completamente allibiti, dall’altro non è affatto casuale: come si è riferito nel recente post a proposito del caso di «Ananda Assisi», anche qui l’influenza «anti-sette» ha potuto fuorviare completamente i dirigenti di un ente pubblico mettendoli in condizione di conculcare i diritti di quegli stessi individui che avrebbero invece dovuto tutelare.




di Epaminonda


GRAVISSIMA INCOMPETENZA E INFLUENZA INDEBITA
NEL CASO DI WACO E DEI BRANCH DAVIDIANS




L’assalto e il successivo assedio sanguinario condotto da forze governative statunitensi contro il complesso dei Branch Davidians nella cittadina texana di Waco rappresenta un esempio di clamorosa incompetenza nella gestione degli affari pubblici da parte di un governo nazionale.

Lo dice un’estesa indagine condotta dal Congresso degli Stati Uniti (il parlamento americano) sul massacro in cui persero la vita un’ottantina di persone il 19 aprile 1993. Le entità pubbliche indagate e fortemente criticate dalla commissione d’indagine parlamentare includono l’FBI, il Department of Justice (ministero della giustizia), il Department of Treasury (ministero del tesoro) e naturalmente il Bureau of Alchol Tabacco and Firearms (ATF) che è al centro di questo fiasco colossale.

L’indagine coinvolse più di 100 testimoni che furono ascoltati durante una decina di udienze pubbliche. Vennero esaminati migliaia di documenti forniti dalle diverse agenzie governative. Il rapporto finale e definitivo di tale indagine è disponibile a questo indirizzo e costituisce un atto ufficiale del parlamento statunitense:


Poiché l’elenco degli errori (molti dei quali macroscopici) riempie diverse pagine, ci concentreremo unicamente sulla parte relativa all’ATF. Infatti la maggiore responsabilità dell’accaduto ricade proprio su questo ente che condusse il raid iniziale accendendo la miccia che avrebbe portato al rogo finale.

I nove “peccati capitali” dell’ATF

Riportiamo direttamente uno stralcio del testo redatto dalla commissione parlamentare che divide gli errori dell’ATF in nove distinti settori:

1) L’indagine condotta dall’ATF su Branch Davidian fu condotta in modo grossolanamente incompetente. Mancò del livello di professionalità minimo richiesto ai tutori dell’ordine di una delle principali agenzie federali [americane].

2) Benché ci fosse una causa plausibile per ottenere un mandato di arresto a carico di David Koresh [il capo dei Branch Davidians, il cui vero nome era Vernoll Howell] e per perquisire la residenza dei Branch Davidians, nondimeno il documento presentato al giudice per richiedere tale mandato conteneva una quantità incredibile di affermazioni false.

3) Sarebbe stato possibile arrestare David Koresh all’esterno del complesso, ma l’ATF scelse di non arrestarlo in tale occasione e invece decise di usare un’irruzione a sorpresa. In tale scelta gli agenti dell’ATF mostrarono una capacità di giudizio estremamente scarsa, fecero ipotesi erronee e ignorarono i pericoli che sarebbero stati prevedibili per una simile linea di azione.

4) Gli agenti dell’ATF dichiararono falsamente ai funzionari del Dipartimento della Difesa che i Branch Davidians erano coinvolti nella produzione illegale di droga. Come risultato di tale inganno poterono procurarsi addestramento militare che non sarebbe stato diversamente disponibile e che sicuramente non avrebbero potuto avere nei tempi ristretti in cui fu fornito. L’imbroglio inoltre premise all’ATF di non dover rimborsare il Dipartimento della Difesa per l’addestramento, cosa che invece avrebbe dovuto fare se non avessero affermato la connessione con la droga.

5) La decisione di mettere in atto un raid in stile militare fu presa due mesi prima di iniziare un periodo di sorveglianza ravvicinata, un’indagine sotto copertura e dei tentativi di infiltrazione nel gruppo. Le operazioni di sorveglianza e d’indagine sotto copertura mancarono del livello minimo di professionalità che ci si aspetta dai tutori dell’ordine di un’agenzia governativa federale.

6) Il raid iniziale condotto dall’ATF il 28 febbraio avvenne in base a un piano che conteneva errori significativi. Il piano fu concepito in modo scadente e utilizzò un approccio tattico ad alto rischio quando invece si sarebbero potute utilizzare con successo altre tattiche. Fu redatto e diretto da funzionari dell’ATF che erano meno qualificati di altri agenti disponibili e utilizzò agenti che non erano abbastanza addestrati per l’operazione. Inoltre i comandanti dell’ATF non presero precauzioni affinché il piano non venisse scoperto in anticipo.

7) I capi superiori al comando del raid dell’ATF, Phillip Chojnacki e Chuck Sarabyn, sapevano oppure avrebbero dovuto sapere che i Branch Davidians erano venuti a conoscenza del raid imminente e che avrebbero probabilmente opposto resistenza con forza letale. Ciò nonostante decisero di procedere con il raid, sconsideratamente, mettendo in tal modo a repentaglio la vita degli agenti dell’ATF sotto il loro comando e delle persone che risiedevano nel complesso. Questo fu il fattore determinante, più di qualsiasi altro, che condusse il 28 febbraio alla morte dei quattro agenti dell’ATF.

8) Il precedente direttore dell’ATF, Stephen Higgins, e il precedente vice-direttore, Daniel Hartnett, ebbero parte della responsabilità per il fallimento del raid. Non si interessarono in modo significativo alla pianificazione del raid e mancarono d’instillare nei comandanti in capo del raid una comprensione della necessità di mantenere il segreto in un’operazione di questo tipo.

9) Non c’era nessuna giustificazione per assumere nuovamente i due comandanti in capo del raid dell’ATF dopo che erano stati licenziati. Il fatto che i funzionari primari dell’amministrazione Clinton abbiano approvato la loro riassunzione indica una scarsa capacità di giudizio da parte loro.

Come vediamo è un vero e proprio rosario di strafalcioni e cantonate che mostrano come un’intera forza di polizia fu predisposta a spargere menzogne a destra e a sinistra purché avesse la possibilità di condurre un attacco militare nei confronti di un insediamento religioso. Un attacco per il quale non c’era giustificazione, per il quale gli agenti dell’ATF non erano preparati e che fu condotto nel modo peggiore possibile. La tattica utilizzata era infatti quella di un assalto a sorpresa, ma, come abbiamo visto in articoli precedenti, la stampa era già stata coinvolta da qualche giorno e praticamente preannunciò il raid con la grancassa.

Insomma una massa di incompetenti guidati da capi noncuranti e dotati di una scarsissima capacità di giudizio. Un’agenzia governativa (che non avrebbe dovuto nemmeno trovarsi sul posto) che cercava di occuparsi di materie che non erano di sua competenza (traffico di droga, abusi, eccetera) e che creò uno dei più gravi incidenti politici e costituzionali nella storia degli Stati Uniti. Un incidente che coinvolse persino la Casa Bianca e il neo eletto ministro della giustizia, Janet Reno, la cui figura viene letteralmente scorticata viva nel rapporto parlamentare sopra indicato.

Come è possibile che un’agenzia governativa, che normalmente dovrebbe occuparsi dei monopoli di stato e della vendita di armi, finisca coinvolta in un ginepraio di questo genere e diventi una fonte primaria di menzogne che trascineranno nel disastro anche niente meno che l’FBI e Janet Reno?

Questo sarà l’argomento del prossimo articolo, in cui descriverò colui che agì dietro le quinte di quell'orribile carneficina: un maestro della mistificazione e delle operazioni di controllo mentale (quello vero, ottenuto con la coercizione e la violenza) di nome Rick Ross.


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