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sabato 22 settembre 2018

Maria Elisabetta Alberti Casellati e le contraddizioni della propaganda «anti-sette»

Davanti alla TV e seduti di fronte alla carta stampata dei quotidiani di una settimana fa, milioni di italiani hanno letto ed ascoltato una dichiarazione della presidentessa del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, presumibilmente annuendo ed approvandone la retorica «politicamente corretta».


Un ineccepibile ed irreprensibile intervento di prammatica, non vi è dubbio.

Ma quale coerenza per la giurista rodigina?

Poniamo un interrogativo tanto inquietante non certo per sollevare una polemica fine a se stessa, ma perché il fulcro stesso dell’intervento della Alberti Casellati confligge clamorosamente con le sue iniziative parlamentari precedenti:


In questo stralcio, la Alberti Casellati si sta particolarmente riferendo al periodo più buio dell’ultimo secolo italiano, quello del ventennio fascista. Periodo del quale abbiamo parlato anche noi di recente nei due post a proposito della circolare antireligiosa Buffarini Guidi e dei suoi diretti strascichi successivi che giungono fino ai giorni nostri con la propaganda «anti-sette».

Il binomio fra fascismo/nazismo e intolleranza religiosa (oltre che etnica) è storicamente acclarato. Andrebbe precisato che il fascismo non è l’unico estremismo politico a promuovere persecuzioni ai danni delle confessioni religiose (vedasi il funesto e purtroppo attualissimo esempio di Russia e Cina), ma in questo post vogliamo focalizzare il periodo fascista sulla scorta della rievocazione del triste anniversario delle «leggi razziali», da cui trae spunto il succitato intervento della presidentessa del Senato.

L’incoerenza di quel discorso puranco inappuntabile risiede – dicevamo – nelle iniziative parlamentari precedentemente messe in atto dalla Alberti Casellati. Non casi isolati, ma manovre ben precise dettate dal manifesto ideologico «anti-sette», del tutto in linea con l’ispirazione intollerante della «Buffarini Guidi» e, di fatto, un tentativo di continuazione di quel diktat fascista.

Correva l’anno 2001 quando in novembre l’allora senatore di Alleanza Nazionale Renato Meduri presentò il disegno di legge nr. 800 dal titolo «Norme per contrastare la manipolazione psicologica», che s’imperniava apertamente sulle controverse teorie del «lavaggio del cervello» e mirava direttamente e palesemente a restaurare il «reato di plagio», giudicato incostituzionale nel 1981.


Nostalgico del «duce», Renato Meduri era (ed è tuttora), notoriamente ed espressamente vicino alle posizioni del fascismo, come egli stesso non esita a dichiarare pubblicamente (vedasi figura seguente). Indagato e poi prosciolto per la strage dovuta all’attentato al treno Freccia del Sole a Gioia Tauro, Meduri era comunque ufficialmente una figura di riferimento delle proteste violente della destra di Reggio Calabria. Un’inclinazione  alle maniere forti e alla spavalderia che non l’ha mai abbandonato sin dai tempi del «Boia chi molla!», a giudicare dalle sue parole:


Meno di un anno più tardi, fu proprio Maria Elisabetta Alberti Casellati a formulare e presentare una proposta di legge del tutto simile, la nr. 1777 di ottobre 2002, dal titolo «Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale». Come ebbe ella stessa a precisare ulteriormente in una trasmissione televisiva andata in onda a SAT2000 (ora TV2000) il 24 marzo del 2004, l’obiettivo dichiarato di quel disegno di legge erano in particolar modo le «sette religiose».

I due progetti di legge (Meduri e Casellati) vennero assegnati alla Commissione Giustizia del Senato, la quale il 3 febbraio 2004 dispose l’assorbimento del nr. 800 nel testo del nr. 1777. Le due proposte di legge, così accorpate, proseguirono nell’iter ma non si spinsero oltre la fine della legislatura (27 aprile 2006) e non giunsero nemmeno al vaglio dell’assemblea parlamentare. Un’iniziativa legislativa che, come ebbe a commentare l’esperto di religioni Massimo Introvigne («sulla base di vent’anni [oggi quasi trentacinque] di esperienza nello studio delle cosiddette “sette”») in un articolo su «Il Foglio» del 19 marzo 2004, altro non fu se non un «capriccio liberticida della Casa per le libertà», un’iniziativa «pericolosa (…) e insieme inutile per gli scopi che si propone di raggiungere».

Ma nonostante i pareri accademici, gli appetiti «anti-sette» della Alberti Casellati, evidentemente, non si erano placati. Infatti, dieci anni più tardi (26 febbraio 2014) la senatrice pronunciò un’interrogazione parlamentare che riprendeva il discorso contro i nuovi movimenti religiosi da dove l’aveva lasciato, riproponendo l’allarmismo e la fanfara mediatica contro fantomatiche (ma mai chiaramente specificate) «organizzazioni all’origine delle derive settarie» e «gruppi a carattere religioso, esoterico o spirituale». Come sempre, guai a chi è anticonformista.

Fra i pochi cofirmatari di quella interrogazione parlamentare troviamo Pietro Liuzzi, già più volte citato nel presente blog, concittadino ed amico personale di Lorita Tinelli del CeSAP.

Non è affatto un caso: nel testo presentato dalla Alberti Casellati vengono infatti portate a riferimento le associazioni «anti-sette» corrispondenti della controversa organizzazione europea FECRIS, quindi sia il succitato CeSAP, sia la FAVIS e il suo presidente Maurizio Alessandrini.

Naturalmente, il testo non manca di presentare come «necessaria» la controversa unità della Polizia di Stato nota come SAS o «Squadra Anti-Sette», che verrebbe meglio descritta come una «polizia religiosa».

Tutti elementi che, assieme ai molti altri segnali dell’estremismo di destra che caratterizza gli «anti-sette», richiamano in tutto e per tutto la repressione religiosa in atto nel periodo fascista.


Con quale memoria storica, dunque, è un «obbligo morale fare i conti»?

sabato 30 dicembre 2017

Un interrogativo: gli «anti-sette» sono estremisti di destra?

A scanso di equivoci, precisiamo sin da principio che, per una volta, vogliamo fare una «eccezione alla regola» e pubblicare un testo un po’ diverso dal solito. Infatti, qui formuliamo più che altro delle ipotesi e diamo voce a degli interrogativi che ci sono sorti nell’ultimo periodo collegando tutta una serie di fatti antecedenti: potremmo sbagliare, pertanto non consideriamo queste riflessioni dei dati di fatto, ma le proponiamo ai lettori come spunti da riesaminare.

Partiamo dalla fine degli anni ’90, quando il neonato movimento politico di estrema destra «Forza Nuova», guidato da Roberto Fiore, pregiudicato per banda armata e associazione sovversiva nel processo per la strage di Bologna, da poco rientrato in Italia dall’Inghilterra, congloba nel proprio manifesto la «lotta alle sette religiose»:


Come si può notare, si trattava di dichiarazioni piuttosto esplicite e categoriche che non lasciavano spazio a nessun genere di dialettica, tant’è che già in quel periodo alcune «squadracce» di forzanovisti si resero responsabili di atti violenti, fra cui in particolare vanno ricordati i fatti di Roma del Maggio 1998 e il coinvolgimento nei tragici disordini di Genova del 2001.

Ma il legame con i gruppi «anti-sette» si evidenziò in maniera inequivocabile nel Marzo del 2002, quando Forza Nuova diede spazio ad una sigla famigerata come la «Associazione per la Ricerca e Informazione sulle Sette» (ARIS, oggi sostanzialmente defunta dopo vari guai giudiziari dei suoi soci) avendola assunta come punto di riferimento per fornire l’indispensabile materiale ideologico al fine di combattere i movimenti da loro considerati più «discutibili» e quindi (va da sé) più facilmente attaccabili sul piano dell’opinione pubblica.

Le attività antireligiose di Forza Nuova scemarono un po’ alla volta di fronte al rigetto pressoché spontaneo che se ne registrò da parte della stragrande maggioranza dei cittadini italiani, a cui la repressione violenta della diversità (per quanto la si possa dipingere come «discutibile») non sembra proprio andare a genio.

Nel 2001, Renato Meduri, senatore della Repubblica di «fede politica» notoriamente fascista (sic!), presentò il progetto di legge nr. 800 «Norme per contrastare la manipolazione psicologica», espressamente mirato contro i nuovi movimenti religiosi anche se, ovviamente, presentati alla maniera allarmistica tipica degli «anti-sette».

Per la cronaca, quella proposta di legge non ebbe alcun seguito concreto, ma negli anni successivi vi furono ancora vari tentativi simili di restaurare il «reato di plagio», nessuno dei quali però passò il vaglio del dibattimento parlamentare.

Sempre Meduri, in Gennaio 2006, presentò un’interrogazione parlamentare palesemente istigata dall’associazione FAVIS di Maurizio Alessandrini e Sonia Ghinelli. Anche quell’iniziativa finì lettera morta in quanto la situazione tanto «allarmante» che veniva riferita (con tanto di esplicita richiesta di intervento dello Stato) risultò essere più che altro una bega di cortile. Infatti, in seguito fu proprio il figlio di Alessandrini a smascherare le gravi incongruenze nell’operato della FAVIS, che in fin dei conti era composta principalmente dai suoi stessi genitori e da quella Sonia Ghinelli che oggi cerca di operare nell’anonimato tramite il controverso profilo Facebook «Ethan Garbo Saint Germain». A questo proposito vi è una interessante intervista resa pubblicamente da Fabio Alessandrini.

Sono invece recentissimi le dichiarazioni sdegnate degli «anti-sette» nei confronti (addirittura!) del cardinale Giuseppe Betori, a loro avviso «reo» di aver contrattato con un’altra confessione religiosa (la comunità islamica) la cessione di un terreno sul quale edificare un luogo di culto. Ecco come commenta il fatto lo psichiatra Mario Di Fiorino, un «anti-sette» e sostenitore delle teorie sul «plagio» sin dagli anni ’80:


Addirittura esorta i suoi contatti alla protesta pubblica contro il porporato:


Di Fiorino, il cui colore politico notoriamente non rosseggiante, si accoda alle voci polemiche di bigotti e intransigenti che, in effetti, attaccano il vescovo di Firenze con le stesse identiche argomentazioni degli estremisti di Forza Nuova:


Ecco infatti un post pubblicato su un gruppo Facebook che frequentemente pubblica le stesse notizie propalate da CeSAP, FAVIS, ecc.


I commenti stimolati da quel post parlano da sé:


Notare il livello culturale, come sempre elevatissimo, della dialettica «anti-sette»:


E poi non mancano mai i «leoni da tastiera» che da «anti-sette» si palesano per quel che sono, antireligiosi:


Avanziamo solo di una decina di giorni, quando l’accoppiata Lorita Tinelli (CeSAP) e Sonia Ghinelli (FAVIS) dà spazio e pubblica condivisione a questa notizia:


Lo stesso fa Toni Occhiello dell’AIVS praticamente in coincidenza:


Piccola nota di colore, questi post sono stati condivisi il giorno di Natale! Sbalorditivo… non pare un’ossessione?

Ma a parte la peculiarità cronologica, la condivisione e ripubblicazione di questa notizia richiama alla memoria quanto era avvenuto solo qualche mese prima (Luglio  2017) quando un tale di nome Adrian Oertli, un ex militante di estrema sinistra, raccontò ai media il suo «caso» per dimostrare in che modo, a suo dire, le organizzazioni comuniste sono del tutto equiparabili a «sette» nelle quali si pratica la «manipolazione mentale» coercitiva. Manco a dirlo, un’altra occasione creata ad arte per riproporre il solito minestrone del «plagio nei culti distruttivi»:



Non pare affatto strano che Oertli abbia stretto proprio in quel periodo amicizia su Facebook con Luigi Corvaglia, lo psicologo amico di Lorita Tinelli dalla quale ha anche raccolto il testimone della presidenza del CeSAP:


Tutto ciò premesso, dobbiamo ammettere che da queste riflessioni ne sono scaturite altre e ci siamo via via resi conto che l’argomento meriterebbe ulteriori e più consistenti indagini.

Sebbene molte delle attività degli «anti-sette» coinvolgano dei nostalgici del «ventennio» o, in ogni caso, degli estimatori dell'autoritarismo, forse non è completamente corretto sostenere che gli «anti-sette» siano tendenzialmente di destra.

Infatti, in più occasioni personaggi come Maurizio Alessandrini della FAVIS e i suoi compari si sono aggrappati al carrozzone della sinistra, pur di ottenere qualche interrogazione parlamentare preconfezionata: basti pensare al comunista Tiziano Arlotti o al democristiano Pino Pisicchio (ne davamo conto in questo post).

Sarebbe allora più corretto, forse, affermare che agli «anti-sette» piacerebbe essere di estrema destra per dispensare olio di ricino e manganellate in tutta libertà, ma al contempo devono fingersi democratici e garantisti per ottenere qualche appoggio politico.

Semplici opportunisti? O profittatori qualunquisti?