giovedì 16 agosto 2018

La strage del ranch di Waco: background storico e influenza «anti-sette» sulla genesi del massacro

Ecco il secondo contributo del nostro esperto di questioni estere, Epaminonda, a proposito della tragedia di Waco in Texas (USA) e del massacro di un’ottantina persone (fra cui donne e bambini) facenti parte di una piccola comunità religiosa locale.

In questo post si comincia sul serio a squarciare il velo della propaganda mediatica e a intravedere la reale fonte delle circostanze che hanno condotto a un tanto clamoroso fallimento governativo, una cantonata dalle conseguenze sanguinarie.

Sullo sfondo, di nuovo, degli agitatori «anti-sette» intenti nella loro delinquenziale opera di allarmismo: proprio quegli stessi «anti-sette» che – oggi come allora – hanno venduto e vendono ai mass media una versione del tutto fuorviante della vicenda, interpretandola come una strage dovuta alla «manipolazione mentale» da parte del «guru» di una «setta».

Menzogne: le solite menzogne buone solo a mascherare una verità ben più amara.


di Epaminonda


WACO: DOVE FBI E BATF HANNO CLAMOROSAMENTE FALLITO



Abbiamo già descritto la dinamica dell’eccidio di Waco nel Texas avvenuto il 30 aprile 1993 in cui morirono circa ottanta persone, tra le quali anche bambini, legati alla comunità religiosa Branch Davidians. Da tale resoconto, basato su semplici fatti comprovati e documentati, abbiamo chiarito che l’evento è stato un colossale fiasco della capacità investigativa e negoziale di due grandi agenzie governative statunitensi: il ben noto FBI e il meno conosciuto Bureau of Alcohol, Tobacco and Firearms (BATF), che si occupa di monopoli di stato e di controllo della vendita di armi, tabacco e alcolici nel territorio degli Stati Uniti.

Quella che sarebbe dovuta essere una semplice indagine di routine, è sfociata nella morte di decine di persone (anche fra le forze dell’ordine) e in un assedio estenuante che ha portato a un attacco finale con carri armati e gas tossico infiammabile. Il grande rogo che ha consumato in meno di un’ora l’intero complesso e le vite dei suoi occupanti ha marchiato col fuoco la reputazione del presidente Bill Clinton, al tempo insediatosi da poco alla Casa Bianca, e del suo ministro della giustizia, Janet Reno.

È ancora oggi considerato da molti texani come una versione moderna della battaglia di Alamo, momento culminante della ribellione texana contro il Messico (di cui il Texas faceva parte a quell’epoca), che nel 1836 vide la morte di un centinaio di soldati texani accerchiati dall’esercito messicano. Qui sotto la riproduzione dell'evento in una stampa rievocativa.


Il Texas infatti è uno stato molto particolare. La sua storia evidenzia una fortissima vena indipendentista rispetto a qualsiasi forma di controllo centrale: a cominciare dalla rivolta messicana contro la Spagna nel 1821, per proseguire con la rivolta contro il Messico (vinta proprio ad Alamo nel marzo 1836) e per finire con la guerra civile che lo vide schierarsi con gli stati della Confederazione contro il governo federale di Washington dal 1861 al 1865.

Ancora oggi il Texas è un vasto territorio che si considera unico nel contesto statunitense, tanto da esibire nella propria bandiera una singola stella. Un’indipendenza che i texani sono pronti a difendere con le armi e che più volte è stata sfidata senza successo dal governo di Washington.

In questo clima e in questo contesto diventa più facile capire come il movimento dei Branch Davidians, pacifico per natura ma con visioni notoriamente apocalittiche, potesse reagire a un attacco armato in massa da parte del BATF, emblema del controllo governativo. I Branch Davidians avevano nel proprio credo la convinzione che la fine del mondo fosse prossima e che si sarebbe manifestata anche con un attacco da parte del governo centrale. Argomenti discutibili finché si vuole, ma tuttavia comprensibili nel quadro del clima sociale e storico in cui venivano coltivati.


Viene quindi da chiedersi quale malsano intento abbia spinto il BATF a scatenare una vera e propria battaglia con un gruppo religioso armato fino ai denti e pronto alla morte pur di non rinunciare ai propri principi d’indipendenza. Un gruppo che distillava nel proprio credo la vita sociale texana degli ultimi centocinquanta anni che aveva visto coloni americani difendere la propria vita e quella dei propri cari dagli indiani, dagli spagnoli, dai messicani e dallo stesso governo statunitense.

Tutti i numerosi contatti delle forze dell’ordine locali con i Branch Davidians erano stati semplici ed innocui fino all’entrata in scena del BATF e dell’FBI. Da dove scaturì un tanto improvviso cambiamento di approccio? Chi decise di accendere la miccia nella polveriera e per quale motivo?

Innanzi tutto ci sono motivazioni politiche molto precise: Bill Clinton e il suo partito Democratico tentava da decenni di ridurre la libera circolazione di armi negli Stati Uniti. La facoltà di essere armati e di difendersi è uno dei pilastri della costituzione statunitense ed è considerata praticamente sacra in Texas. Il neoeletto Clinton e la sua amministrazione videro evidentemente l’opportunità di usare i Branch Davidians come un “caso nazionale” per favorire una nuova legislazione sul controllo delle armi che accontentasse larghe fasce dell'elettorato.

I Branch Davidians vivevano dello smercio legale di armi da fuoco ed erano anche tiratori esperti. Ne è la dimostrazione l’efficace difesa attivata nei confronti del raid iniziale del BATF e la successiva capacità di resistere a un assedio armato di 51 giorni da parte dell’FBI che aveva dispiegato un vero e proprio esercito. Di fatto, l’FBI riuscì a porre fine all’assedio solo attaccando il complesso con i carri armati e con il gas provocando l’incendio finale che soverchiò ogni resistenza. L’ordine dell’attacco venne direttamente dalla Casa Bianca attraverso il ministro della giustizia Janet Reno. Fu un tentativo disperato di porre fine a una situazione che stava imbarazzando il governo federale e le sue agenzie e che stava facendo apparire debole l’amministrazione appena eletta.

Ma il raid iniziale del BATF non fu ordinato da Clinton. Perciò dobbiamo cercare altre cause che giustifichino le mosse insensate di questo ente governativo che non sarebbe mai dovuto intervenire in primo luogo. Allo scopo prendiamo a prestito un resoconto preparato nel settembre del 1993 dalla professoressa Nancy Ammerman, docente di sociologia e religione presso la Boston School of Theology.


Si tratta di un rapporto ufficiale stilato a beneficio del ministero del tesoro e della giustizia statunitensi. Rappresenta il primo, concreto contributo da esperto in una situazione che era stata gestita alla carlona fino a quel momento. È un documento abbastanza lungo che richiederà più di una puntata per essere analizzato e commentato. Per ora concentriamoci sull’attività del BATF e sull’aberrante raid iniziale che provocò un violento scontro a fuoco durato ore, alla fine del quale erano decedute dieci persone, di cui 4 agenti del BATF.

Quella che doveva essere una semplice verifica amministrativa si era trasformata in una attacco senza quartiere. Da quel punto in avanti tutto divenne più complicato visto che i Branch Davidians, che fino a quel momento non erano stati accusati di nulla in particolare, si erano macchiati di omicidio.

Come ci spiega la prof.ssa Ammerman, il BATF impiegò mesi prima di sferrare l’attacco frontale con 80 agenti armati di tutto punto. Durante quel periodo la BATF non si preoccupò di consultare nessun esperto che potesse informarli del credo e delle abitudini dei Branch Davidians: nessuno cercò di comprendere quella strana comunità improvvisamente chiusasi a riccio di fronte all’intervento statale. Nessuno si preoccupò nemmeno di coinvolgere lo sceriffo locale che aveva buoni rapporti con i Davidiani e con il suo capo Vernoll Howell, alias David Koresh. Non coinvolsero esperti di sociologia, psicologia e di sociologia delle religioni come sarebbe stato sensato fare, considerando la situazione.

Del resto si tratta di un’agenzia del tutto estranea a questo tipo di attività e che si occupa solitamente di proteggere i monopoli di stato. L’unica fonte che il BATF ammise di aver sentito era un certo Rick Alan Ross, un deprogrammatore molto attivo negli USA e collegato con gruppi anti-sette locali come il Cult Awareness Network (CAN).


Fu proprio Ross a spingere l’agenzia governativa ad usare le maniere forti, fornendo informazioni allarmanti e infondate sulle attività interne del gruppo in relazione ai minori e altri temi su cui il BATF non aveva nessuna competenza e nemmeno giurisdizione.

Fu sempre lo stesso Ross ad alimentare la massiccia campagna denigratoria contro i Branch Davidians avviata sulla stampa texana e americana appena prima del funesto raid. D’altro canto Ross e il CAN avevano interessi personali e diretti nel sollevare ostilità e sospetto verso qualsiasi nuovo movimento religioso. Era il loro "business".

Come nota la prof.ssa Ammerman, per quanto il CAN e Ross si spacciassero per esperti nel campo, non conseguirono mai un riconoscimento come tali da parte della comunità accademica. Per dirla senza mezzi termini, erano impostori che conservavano la propria posizione giocando sui pettegolezzi e sull’insaziabile fame di scandali che caratterizza i mass media moderni.

Il BATF avrebbe dovuto consultare veri esperti in materia, ma si limitò a sentire Ross e alcuni ex membri del gruppo per farsi un’idea del tutto fuorviante di questioni sulle quali non aveva nessuna competenza. Come dice la prof.ssa Ammerman, Ross e gli altri ex-membri del gruppo avrebbero dovuto essere considerati fonti sospette. Avevano motivi unicamente personali e dissimulati per gettare benzina sul fuoco e non godevano della benché minima credibilità in materia.

Tutt’altro: Nancy Ammerman sottolinea nel suo rapporto che il National Council of Churches statunitense, autorevole organizzazione che riunisce le chiese cristiane degli Stati Uniti, aveva già indicato come socialmente pericolose le attività di Rick Ross e del CAN. In particolare le tecniche di deprogrammazione condotte da Ross e da altri suoi seguaci sono state riconosciute come illegali. Richiedono infatti il rapimento, la detenzione e l’abuso fisico su membri di organizzazioni religiose al fine di costringerli a “cambiare idea”.

Sono stati quindi Rick Ross e il CAN ad infiammare gli animi portando alla morte di quasi cento persone: per mesi hanno lavorato sui funzionari del BATF portandoli in uno stato di frenesia tale da essere pronti ad attaccare con 80 agenti armati di tutto punto un complesso che per oltre cinquant’anni era stato pacifico e completamente integrato nella comunità di Waco. Hanno fomentato una campagna mediatica in grande stile contro i Branch Davidians proprio il giorno prima dell’attacco così da riscaldare gli animi su entrambi i fronti. Inoltre, il coinvolgimento massiccio della stampa ha fatto sì che i Branch Davidians sapessero in anticipo dell’arrivo del BATF e avessero il tempo di preparare una difesa.

I funzionari del BATF si guardarono bene dal consultare uno qualsiasi degli esperti facilmente reperibili che avrebbero potuto consigliarli diversamente, evitando la morte di quattro dei loro agenti e l’uccisione di molte altre persone.

In sostanza, quello di Waco è stato un fiasco colossale fin dal primo momento, e ha lasciato un sapore amaro nella bocca di chi si batte per i diritti civili e la libertà (non solo di religione) negli Stati Uniti.

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