lunedì 15 gennaio 2018

Coercitivi, ma con Garbo

Pubblichiamo qui integralmente una riflessione pervenuta da uno dei nostri lettori più affezionati, che descrive bene l’operato degli «anti-sette» per quanto concerne il loro modo perverso e fuorviante di «fare informazione».




Coercitivi, ma con Garbo


Le «fake news», nonostante il nome inglese, sono una realtà molto concreta anche in Italia. Dopo la contestazione di mostri sacri come «le Iene» e il ridimensionamento della “bolla” di Report, ci sono tanti altri piccoli casi molto meno carismatici, ma comunque non meno dannosi.

Uno di questi è la creazione di un fenomeno, che di per sé non esiste realmente, attraverso la continua ripetizione e reiterazione di «news» completamente fabbricate che addirittura trascendono il «fake», visto che non hanno nemmeno alcuna parvenza di contatto con la realtà.

Prendiamo l’esempio di Ethan Garbo, la donna (Sonia Ghinelli) che si finge uomo e che parla di «culti coercitivi» sui social media a ogni piè sospinto e regolarmente a sproposito. Cita ad esempio un abuso coercitivo contro sedici bambini indifesi da parte di assistenti sociali nel modenese (ne accennavamo in questo post) e tira in ballo le «sette» che non c’entrano nulla.

Spiega che la sottrazione dei figli alle famiglie da parte di funzionari dello stato è diventata una prassi molto remunerativa, usando anche false accuse come il satanismo, e naturalmente cita le  «sette coercitive», ma...  a sproposito.

Parla di colossali errori di valutazione degli operatori dei servizi sociali e tira di nuovo in ballo le «sette coercitive» senza alcuna connessione logica o ragione evidente. Anzi, se la prende con quelle poche organizzazioni che sono attivamente impegnate a denunciare questi abusi (che la stessa Ghinelli non può nemmeno esimersi dal riconoscere reali, nel mondo dell’assistenza sociale) e a porvi rimedio. Inoltre inveisce contro i politici che dovrebbero fare quello che dice lei/lui per porre rimedio a un problema che non esiste, anzi che semmai si presenta esattamente nella forma opposta.

Prendiamo un passaggio illuminante delle sue asserzioni:

«Mi occupo semplicemente di gruppi settari coercitivi e di minori»

Ma quali gruppi? Perché non lo specifica?

Quali minori ha conosciuto? Dove? Non è dato saperlo.

Prosegue: «In virtù di questo cerco di essere informato per informare a mia volta con maggiore obiettività possibile, ossia denunciando, tra l’altro, abusi commessi in ambiti culturali totalizzanti [Ma che significa? Il regime di Fidel Castro forse?] così come riferendo vicende, sovente drammatiche, quale quella citata al link, collegata ad accuse infondate di satanismo e a falsi rituali».

Appunto! Il problema sono proprio le false accuse di certi individui senza scrupoli che s’infischiano dell’accuratezza delle informazioni che diffondono, tanto quanto è stato per il caso dei presunti «Angeli di Sodoma» giusto per citarne uno eclatante, o per lo stupratore congolese di Rimini (pretesto per la propaganda di Lorita Tinelli contro i Testimoni di Geova), ecc., la lista non si limita affatto a questi.

Quindi l’intero scritto della Ghinelli si concentra sul caso degli abusi nel modenese, dove alcuni bambini sono strati sottratti alle famiglie e sottoposti a ore e ore di interrogatori «o potrei dire di vere e proprie torture», come scrive lei stessa, ad opera degli assistenti sociali che li accusavano falsamente di partecipare a riti satanici, e questo all’unico scopo di guadagnare da business dell’affidamento minorile. E il problema sarebbero le «sette coercitive»? Qualcosa non torna: la contraddizione di questo argomentare è facilmente riconoscibile.

Dice bene quando scrive: «tutto si giocò sul sospetto e il bisbiglio, uniti alle opere pressanti degli assistenti sociali, finalizzati a ottenere da bambini confusi dalla separazione dai genitori, confessioni e accuse». Ma non si rende conto che forse sono proprio il sospetto e il bisbiglio quelli che lei stessa cerca di alimentare ogni giorno con la sua «informazione» tendenziosa e a senso unico?
Poi continua riferendo di «gravissimi errori di valutazione degli assistenti sociali… Più spesso, purtroppo, un colossale business dove l’allontanamento dei bambini dalle famiglie, non risponde affatto, come dovrebbe essere, all’extrema ratio. Basta un nulla o nemmeno quello perché si decida di separare un figlio dai propri genitori».

Quindi è lo stato, attraverso un sistema di clientele, che esercita coercizione e sottrae i minori dalle famiglie (e di fatto tale criticità è innegabile, non si può darle torto), però a suo parere il problema rimangono le «sette coercitive» (inesistenti, a maggior ragione nell’ambito di quei fattacci modenesi) e che vengono usate come pretesto proprio da chi perpetra tali abusi. Ma al tempo stesso, è giusto continuare di giorno in giorno a sparlare di tali presunte «sette» diffondendo «notizie» negative sul loro conto.

Quanta confusione! O forse un’incoerenza totale che emerge da un frettoloso e impacciato tentativo di giustificare il proprio operato?

Dunque qui, più che di «fake news», si potrebbe parlare di sproloquio; d’altro canto la stessa Ghinelli ci avverte sul rischio che «le mie parole alcuno le consideri come oro colato». Una specie di «disclaimer» un po’ stucchevole, data l’altezzosità di tutta la sua rimanente dialettica.

Si può senz’altro essere disposti a credere a Sonia Ghinelli quando dice che nessuno la paga per scrivere quel che scrive: chi sognerebbe mai di finanziare questo intrico confusionario e allucinatorio di pensieri causali?

Ma allora, ammesso e non concesso che sia così, chi è davvero Ethan Garbo/Sonia Ghinelli? Non è facile rispondere a tale domanda a proposito della sua controversa figura.

Gli unici fatti evidenti sono da un lato la sua inconsistenza, dall’altro  il suo tentativo, piuttosto maldestro, di ritagliarsi un proprio «posto al sole».

Lei vorrebbe qualificarsi come un «Don Chisciotte» in gonnella, ma saprebbe di fare un grave torto a Miguel de Cervantes: vent’anni, come sottolinea lei, spesi a inseguire il nulla con risultati inesistenti.

Ci si potrebbe domandare se non sia un curioso caso d’invasamento che produce un’ossessione coercitiva, secondo la quale tutti gli altri devono ad ogni costo vedere gli stessi demoni immaginari che pullulano nella propria mente contorta.

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