giovedì 30 novembre 2017

Giovanni Ristuccia, un altro apostata «anti-sette» dall’esemplare incoerenza


Ecco come protesta il rappresentante per Novara del fronte «anti-sette» (portavoce dell'associazione «SOS Antiplagio») contro le critiche alla sua religione:



Non entriamo qui nel merito della discussione, piuttosto desideriamo focalizzarne le modalità: quando è la sua religione a subire una critica carica di pregiudizio, allora scatta la polemica.

Quando invece è proprio lui, Ristuccia, a fare esattamente la stessa cosa nei confronti di altri movimenti o religioni che lui, a suo insindacabile giudizio, ritiene «culti distruttivi», allora si sente completamente legittimato a mettere in moto la macchina del fango, ad usare parole pesanti e giudizi implacabili, a formulare sentenze in assenza di dibattimento, ad alimentare odio e intolleranza. Come in questo caso, ad esempio:



«Culto coercitivo», «molto pericoloso» (sorvoliamo sui due strafalcioni che si presume siano dei banali errori da tastiera)… ecco Ristuccia che sale in cattedra e, dall’alto del suo piedistallo di presunto (più che altro, sedicente) «esperto di sette», pronuncia il suo anatema contro un movimento religioso pacifico che conta migliaia e migliaia di aderenti solo nel nostro paese. Ma la sua Bibbia, quella no: non si può e non si deve criticarla!

L’ex seguace di «Anima Universale», nonché fratello di Osvaldo Ristuccia (tuttora un esponente di spicco del movimento), Giovanni Ristuccia, sempre con il petto pieno delle proprie convinzioni personali (del tutto rispettabili di per sé, ma altrettanto indebitamente fatte assurgere a «parere qualificato» da seguire a mo’ di diktat) non perde occasione per proclamare i propri anatemi contro questo o quel movimento a lui inviso.

Quindi la comprensione reciproca, la cultura, la tolleranza e il rispetto sono importanti, sì… ma solo se devono essere gli altri ad usarle. Lui, invece, se ne può ritenere completamente dispensato. Infatti, non esita a vendersi alla stampa come responsabile di una associazione «anti-sette», con i soliti slogan allarmistici sulle «vittime di sette e “santoni”»… ovviamente non meglio identificati né definiti, altrimenti sarebbe costretto a fornire dettagli, circostanze, nomi e (possibilmente) statistiche concrete.



Macché: i suoi giudizi, esattamente al pari degli altri «anti-sette» di cui parla il nostro blog, sono sempre generalizzati, mai realmente contestualizzati, ed esprimono giudizi gravi e a senso unico. Come questo su Sahaja Yoga (sul quale, si noti, uno dei soli due «Like» è del poliziotto «anti-sette» Bruno Zambon, delle cui predilezioni si parlava in un nostro precedente post):



Oppure quest’altro sulla comunità spirituale e filosofica nota come «Damanhur»:



Osservando da vicino le asserzioni di Ristuccia, diventa sempre più chiara qual è la matrice del suo pensiero: bigottismo e intolleranza religiosa. Ecco un suo post che rende bene l’idea dell’imparzialità e della prospettiva super partes con la quale costui si approccia ai fenomeni sociali, religiosi e spirituali:



Tant’è vero che, da «buon» cattolico intransigente, Ristuccia si scaglia contro il «gay pride»:



A proposito, la sua amicona «anti-sette» Sonia Ghinelli del FAVIS (della quale si parlava in uno degli ultimi post) lo sa? Lei non pare affatto porsi questo genere di scrupolo morale.

Negli anni ’90 due famosi ricercatori statunitensi di psicologia, David Dunning e Justin Kruger della Cornell University, formularono una tesi a proposito delle «distorsioni cognitive», divenuta poi famosa sotto il nome, per l’appunto, di «effetto Dunning-Kruger» Se ne può trovare una descrizione alquanto completa (e più seriosa) qui oppure (più scherzosa) qui.

Il tema è: «gli individui inesperti tendono a sopravvalutarsi, giudicando a torto le proprie abilità come superiori alla media»e finendo per «sopravvalutare le proprie abilità» fra cui, in particolare, la propria competenza. E infatti, che fine fa Ristuccia? Anche lui, come gli altri «anti-sette», diffonde bufale: non sottopone le notizie ad adeguata verifica come ci si aspetterebbe dal responsabile di un’associazione che opera nel sociale (e, pertanto, in una certa misura un personaggio pubblico):



Non contento, dopo aver pubblicato una bufala (qui mostriamo un altro caso) ed averlo addirittura ammesso, non la cancella né dimostra una qualche forma di pentimento. Al contrario, se ne bea! (poco importa se, nel frattempo, come si può notare dai commenti, qualcuno si è indignato per la sua notizia fasulla):



Torniamo dunque a domandarci: è a questo genere di figura che dovrebbe fare riferimento lo stato per giudicare in materia di fenomenologia religiosa?

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