sabato 9 dicembre 2017

Lorita Tinelli e il suo entourage: un deplorevole cliché di disinformazione anti-religiosa?

All’inizio di settembre scorso era stata notata, e riferita altrove sul web, una pseudo-notizia poi rivelatasi una bufala, riguardante Guerlin Butungu, un ventenne africano richiedente asilo resosi responsabile di alcuni drammatici e riprovevoli fatti di cronaca avvenuti a Rimini.

Lorita Tinelli del CeSAP non aveva perso l’occasione di riferire la chiacchiera di paese che più si confaceva alla sua costante campagna di avvelenamento dell’opinione pubblica, tanto da suscitare commenti sdegnati; uno su tutti, quello di un utente del sito Agenzia Radicale che l’ha definito «un deplorevole, deprimente, disarmante esempio di subdola propaganda mascherata con grande saccenteria da informazione qualificata».

Ecco il post in questione:


Stucchevole, se non addirittura viscida e maliziosa, la precisazione «se la notizia fosse vera» (a mo’ di «disclaimer») inserita e poi ribadita solamente per tutelarsi da eventuali minacce di tipo legale; ha tutta l’aria del «gettare il sasso e poi ritrarre la mano».

La ragione alla base di tale diceria contro i Testimoni di Geova, chiarita dapprima in un comunicato stampa della «Sala del Regno» di San Marino e successivamente confermato sui media, stava nel fatto che lo stupratore congolese aveva pubblicato alcune fotografie sul suo profilo Facebook che lo mostravano mentre partecipava a delle riunioni della congregazione. Si sta parlando di ritrovi aperti al pubblico e ai quali partecipavano decine o centinaia di altre persone che manifestavano interesse per la religione: sarebbe quasi come considerare un assassino un fervente cattolico perché si è scattato dei «selfie» in qualche cattedrale cui ha fatto visita o perché ha partecipato ad alcune lezioni di catechismo oppure frequentava assiduamente questo o quell’altro oratorio di paese.

In altri termini, elementi del tutto indiziari, ma assolutamente sufficienti a Lorita Tinelli anzitutto per determinare con malcelata certezza che Butungu era un Testimoni di Geova, e quindi per bollare velatamente l’intera categoria come una massa di delinquenti.

Trascorso un tempo ragionevole, abbiamo voluto fare una ricognizione della faccenda.

Nel frattempo, la giustizia ha fatto il suo corso; fortunatamente Butungu, riconosciuto dalla magistratura colpevole oltre ogni dubbio degli stupri, è stato condannato a 16 anni di carcere, scontati i quali verrà espulso dall’Italia (qui tutti i dettagli della notizia).

Ma nei confronti dei Testimoni di Geova ingiustamente coinvolti in una notizia tanto tragica, la Tinelli ha forse pubblicato delle scuse? Una chiosa? O anche solo un semplice, telegrafico aggiornamento? Macché, nulla di nulla.

Non essendo minimamente in grado di fare un sereno ma serio (e adulto) esame di coscienza, ha glissato completamente sulle infamanti accuse che ha rivolto nei riguardi di una minoranza religiosa pacifica.

Tuttavia, andando a cercare il post laddove era prima, ecco cosa si presenta all’utente:


Il post è stato rimosso.

Segno inequivocabile che Lorita Tinelli sa perfettamente di aver propalato una «bufala».

Lo ha fatto non solo consapevolmente, ma anche con il ben preciso intento di diffamare i Testimoni di Geova, gruppo religioso a lei particolarmente inviso (per varie ragioni, fra cui quella che ci racconta un utente in questo commento). Rimane il fatto che compie questo atto scellerato da una posizione di personaggio pubblico, mediante un «social network» e dunque coinvolgendo decine e decine di altre persone che leggono e commentano i suoi post.

Infatti, ecco come reagiscono alcuni dei facinorosi facenti parte del suo entourage:


Va da sé che la Tinelli fa tutt'altro che smorzare i toni.

Ed ecco cosa ne risulta:



Sarà forse per questo motivo, allora, che ultimamente Lorita Tinelli sta cercando di rifarsi una veste promuovendo (a nostro avviso, paradossalmente e speciosamente) eventi per il «dialogo interreligioso»?

È a parole come «sterco», a minacce quali «cacciamoli tutti» o alle sconclusionate dietrologie dell’ultimo commento che si riferiva la Tinelli quando propagandava i «sentieri del dialogo interreligioso»?

venerdì 8 dicembre 2017

Le devastanti conseguenze della propaganda «anti-sette»

Con un banale (e forse anche un po’ inflazionato) adagio popolare, si potrebbe sentenziare: «la gallina che canta, ha fatto l’uovo».

Passiamo dalle facezie alla serietà e focalizziamo ulteriormente una tematica grazie allo spunto fornitoci proprio da una delle principali esponenti «anti-sette» in Italia, ossia Sonia Ghinelli del FAVIS, che da anni gestisce l’anonimo e controverso profilo Facebook di «Ethan Garbo Saint Germain».

Due dei suoi ultimi post, in particolare, forniscono ulteriori elementi a riprova di quanto viene denunciato in queste pagine. Ecco il primo:

 

A noi pare che salti un po’ di palo in frasca: forse a causa di uno stato d’animo un po’ nervoso? o forse in un funambolico tentativo di giustificare se stessa senza perdere la faccia? Chissà, lasciamo a ciascuno trarre le proprie conclusioni.

Comunque, nel suo messaggio indubbiamente, nel complesso, un po’ confuso, la Ghinelli però si lascia sfuggire:



«Chi si scusa si accusa», dice un altro proverbio. Senza contare che risulta alquanto incomprensibile il contorto (s)ragionamento che attribuisce dei giudizi a noi, a proposito di un caso di cui non ci eravamo (sinora) nemmeno occupati, senza neanche averci interpellato prima!

D’altronde, già solo la citazione del caso di Aldo Verdecchia porta alla luce un intero argomento che trasuda incompetenza e faciloneria. Forse involontariamente (o inconsciamente?), così facendo la Ghinelli ha inteso dischiudere un altro cassetto nel quale erano celati fatti che sono stati, in passato, raccontati nel blog «Pensieri Banali» e che dovranno essere oggetto di (almeno) un post a parte sul presente blog.

Uno stralcio su tutti (questo il post da cui è stato estrapolato), direttamente afferente a quanto richiamato dalla Ghinelli:

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In una lunga intervista pubblicata da Il Giornale il 17 ott. 2004, Aldo Verdecchia racconta più in dettaglio la vicenda che lo ha portato alla creazione del suo gruppo anti-sette e anti-pedofilia. Apprendiamo così che ad adescargli il figlio di "pochi mesi", per poi plagiarlo "quando aveva solo due anni", non fu l'opera di un singolo "guru" plagiatore, ma una temibile:

"setta di degenerati morali, pornografi e plagiatori, collusa con autorità giudiziarie, politiche e religiose".

Quella raccontata da Verdecchia è una storia piuttosto complicata, con molti personaggi e ricca di intrecci, che si caratterizza per la scabrosità dei crimini denunciati, consistenti in reati sessuali di inimmaginabile depravazione compiuti su minori. (Verdecchia appare inoltre convinto che tutta la società italiana sia trasversalmente caratterizzata da una incontenibile depravazione sessuale). 

L'esposizione dei fatti è poco chiara, ma qualche punto fermo c'è. Il primo è che il figlio neonato "adescato" dalla setta, gli viene "portato via per ordine della magistratura", la quale avrebbe poi di proposito "trascinato [il neonato] a vivere in una comunità dove si celebrano riti d’incarnazione, si praticano sedute spiritiche, si consumano sordidi incontri fra adulti e minori."»

(…)

Veniamo ai fatti. Siamo nel 1983, Verdecchia ha 36 anni e fino a quel momento ha "pensato solo al lavoro", che lo costringeva ad essere "sempre in giro". 

Questo continuo viaggiare gli consentiva di sfoderare le sue armi di seduttore: "come i marinai, avevo donne in ogni città".

Per inciso, chi ritiene che sia più deplorevole fare il farfallone amoreggiando contemporaneamente con donne sparse "in ogni città", piuttosto che avere una foto della propria compagna nuda, è probabilmente da considerarsi un "degenerato morale".

Torniamo ai fatti, che sono così riassumibili: nell'83 scocca la scintilla con "una bella ragazza, mora, di ottima famiglia", che resta incinta "quasi subito". Matrimonio riparatore, e nel maggio '84 nasce il bambino (quello adescato all'età di pochi mesi e plagiato all'età di 2 anni).

(…)

È una storia banale, come ne accadono tante ogni giorno. Dopo una prova su strada, la ragazza opta per un usato sicuro, e ritorna dall'ex fidanzato con cui va a convivere (forse per impedirsi in futuro altri colpi di testa tanto sciagurati). Fu una relazione tanto effimera che non possiamo neppure parlare di corna.

Ciò che rende questa storia diversa dalle innumerevoli altre simili, è che il sedotto e abbandonato, anziché annoiare gli amici con le sue pene d'amore, tira in ballo la setta plagiatrice sostenuta dal complotto. 

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Il post sarebbe davvero da leggere integralmente, anche perché riesce a raccontare fatti alquanto paradossali con uno stile spigliato e a tratti spassoso.

Ma desideriamo riportarci al secondo spunto offertoci da Sonia Ghinelli in un suo secondo post su Facebook di qualche giorno fa, perché questo, sì, conduce il pensiero a temi ben più seri e tragici:

 

Il post porta avanti nuovamente un discorso apologetico e rimanda ad un interessantissimo articolo pubblicato su «Il Foglio» a firma Annalena Benini. Maggiori approfondimenti sulla tematica trattata da questo ottimo articolo si possono trovare a questi link:
- https://video.repubblica.it/cronaca/il-paese-dei-bambini-perduti-veleno-la-serie-da-ascoltare/287343/287954
- http://lab.gruppoespresso.it/repubblica/2017/veleno/correlati.php?p=1
- http://lab.gruppoespresso.it/repubblica/2017/veleno/correlati.php?p=2

E' una triste, tristissima storia di accuse fasulle di violenze su bambini, che hanno scatenato una vera e propria atroce persecuzione contro dei genitori e contro un prete (innocente) morto per infarto durante il procedimento. Una persecuzione fondata sull'allarmismo e sul pregiudizio.

Ecco perché la chiusa del post, da parte della Ghinelli, merita un commento a parte:


Ci verrebbe da dire: «eppur si muove»!

Sì, perché un’affermazione del genere ci appare come il travestimento del lupo che s’ammanta della pelle dell’agnello: con quale faccia tosta, mentre una mano continua a menare fendenti contro le minoranze e i gruppi che lei ha bollato come «abusanti», leva l’altra mano verso l’alto indicando la volta celeste?

Con quale speciosa incoerenza muove un monito per il rispetto dell’altro, per l’affermazione del principio dell’innocenza fino a prova contraria, mentre in contemporanea prosegue nella sua opera incessante di avvelenamento dell’opinione pubblica con le sue malignità generalizzate e storiacce allarmistiche?

Che faccia, invece, un serio esame di coscienza. Che si renda conto (per lo meno fra se e sé, non le chiediamo certo di essere noi il suo confessore!) di come il suo «lavoro» (o, per meglio dire, il suo ozio pagato dai contribuenti) si traduca in un costante fomento del fuoco dell’intolleranza, che conduce proprio a tragedie come quella raccontata nell’articolo de «Il Foglio».

Purtroppo, essendo i veri moventi di costoro tanto lontani dalla «pubblica informazione» e dal «servizio alla comunità», non siamo ottimisti in proposito.

Ma, per lo meno, proseguiamo nella nostra opera di denuncia di tali fenomeni – questi, sì – «abusanti» da parte degli «anti-sette».

mercoledì 6 dicembre 2017

Gli «anti-sette», Michelle Hunziker e la «minestra perfetta»

Da idolo televisivo ad autrice il passo può essere assai breve, soprattutto in Italia dove c’è un pubblico sempre pronto ad accogliere con entusiasmo qualsiasi cosa provenga da una donna bella e famosa. Stiamo anche parlando di una conduttrice di Striscia la Notizia, quindi il successo editoriale è garantito.

Ma questa volta Michelle sembra aver preso un granchio. Anziché parlare dei numerosi aspetti della sua vita pubblica e privata che avrebbero sicuramente attratto il lettore italiano come la carta moschicida, si butta in un «amarcord» abbastanza nebuloso su vicende che gravitano attorno a un fenomeno che ha già regalato innumerevoli fallimenti a chi ha cercato di cavalcarlo: le «sette».

In particolare, fa testo in tal senso la conferenza stampa tenuta a Milano Domenica 19 novembre scorso presso il Museo della Scienza e delle Tecnica, con la contestuale intervistata di Michela Proietti, giornalista del Corriere della Sera. Curiosamente, quest’ultima si affretta sin da subito ad ammettere di non poter essere obiettiva perché «ammaliata» dal fascino della Hunziker.

Inutile dire che Michelle esordisce facendo di tutta un’erba un fascio e perciò ritroviamo tra i «santoni» anche i «life coach», una figura professionale molto affermata e accreditata in tutto il mondo. Che dire ad esempio di Tony Robbins? Se diamo credito alla «velina» d’importazione, trattandosi di un «life coach» che si fa persino pagare, dovrebbe essere immediatamente arrestato. Peccato che Tony Robbins abbia costruito un impero mediatico di dimensioni gigantesche e sia una delle persone meglio pagate al mondo. Un livello a cui la Hunziker non arriverà mai nonostante gli indubbi attributi di cui dispone.

Senza contare che criticando «life coach» e figure simili, indirettamente, la Hunziker taccia di delinquenza personaggi come alcuni «anti-sette», un esempio fra tutti è il Pier Paolo Caselli di cui si riferiva in un precedente post. Ecco come ne parla la soubrette:


Invoca persino una forma di censura per direttissima:


In definitiva, nel corso dell’intervista per la presentazione del suo libro sulla «tempesta perfetta», sentiamo un confuso minestrone di idee personali frammiste a racconti frammentari e dati spesso contraddittori, il tutto condito con le solite e tipiche accuse propagandistico-allarmistiche da «anti-sette»:


Ma non ha raccontato lei stessa che è grazie alla sua «setta» che ha potuto riavvicinarsi a suo padre, potendo così stargli vicino poco prima che morisse?

Ridicolo (per essere eufemistici) è il paragone con una realtà drammatica ed efferata come quella di Daesh:


Proseguendo: a queste boutade sono da aggiungere gli auspici di Ineke per una nuova legge che ripristini il reato di «plagio» (già in vigore nel codice penale di epoca fascista e giudicato incostituzionale nel 1981) e il racconto di come si sarebbero potuti risolvere i problemi fra Michelle e la sua «setta» mediante l’uso di una mazza da baseball (a noi ricorda un po’ la «dialettica erudita» di Toni Occhiello di cui ai nostri post degli scorsi 22 Novembre e 30 Novembre):


Addirittura esilarante il momento in cui Ineke, soprappensiero, pronuncia il nome vero della pranoterapeuta finita nel mirino della figlia, vittima sacrificale di una cinica trovata pubblicitaria, e Michelle, assieme alla giornalista, la zittisce:


Insomma, tutti elementi che hanno fugato anche gli ultimi dubbi, se mai ve ne fossero stati: è lapalissiano che ad alimentare (fornendo il carburante ideologico per sostanziarla) la campagna di marketing allarmistica della Hunziker e di sua madre, sono i soliti faccendieri «anti-sette».
Tant’è vero che, come peraltro si rammentava già nel nostro precedente post sul tema, già nel 2003 Ineke era in contatto con l’associazione «ARIS Toscana», ora sciolta da qualche anno ma in quel periodo piuttosto attiva nel contrastare le spiritualità alternative in collaborazione con FAVIS e CeSAP e persino con Forza Nuova.

In ultima analisi, la sequela di scivoloni logici e dialettici di Michelle mostrano chiaramente come la nostra autrice non è ben documentata e non ha capito veramente di che cosa sta parlando. Ha dovuto persino mutuare il titolo di un film che ha venduto benissimo al botteghino: più «plagio» di così! Più che una «tempesta perfetta», è una «minestra perfetta»!

Michelle racconta della sua storia con una pranoterapeuta avvenuta in tempi molto remoti, cercando di far apparire come misteriosa e inedita una vicenda di cui si sa già tutto e si è già detto tutto anche pubblicamente. La soubrette, però, ci racconta di un periodo orribile in cui il suo successo professionale e personale era sfavillante, ma ciò nonostante oscurato da ombre che non riusciamo a decifrare o identificare, nemmeno dal suo raffazzonato racconto.

Cita vagamente un rapporto difficile con un padre alcolista, da cui si era distaccata da tempo. Menziona la madre come una santa e compassionevole donna finora tenuta all’oscuro di questa vicenda devastante (i cui contorni sono però quanto mai indefiniti ed evanescenti). Insomma, sembra il racconto di una bambina viziata che ha avuto tutto dalla vita e che ora tenta di emergere come autrice senza alcuna reale preparazione nella materia che sta discutendo.

E il vespaio già si leva: Roberto Simioli, il compagno della madre che ha vissuto con loro negli anni in cui la carriera di Michelle prendeva il via, ha creato un blog in cui mostra di poter sbugiardare tanto Michelle quanto la madre Ineke definendole come opportuniste pronte a calpestare chiunque pur di garantirsi notorietà. Ecco le sue parole: «Tu poi Michelle, da buona opportunista, come qualcuno dei veri Hunziker, che avete innata questa prerogativa, che esiste nel vostro D.N.A.  per non affogare, hai sempre tolto il salvagente ad altri...»

Simioli promette una battaglia senza quartiere anche sul nuovo libro e apre con una salva che fa tremare il castello di carte della nostra Michelle d’importazione:
«Ribadisco che ciò che scrive la signora è solo una bella favola, è dal 2002 che io racconto la vera storia, molto è già stato scritto sul mio libro, uscito nel 2010. Smonterò il suo libro, indicando, punto per punto, le parti romanzate, e quelle nascoste... mi permetto di soffiare su quel castello costruito con le carte da gioco, impilato dalla Hunziker e far cadere quel maniero, che non ha fondamenta, ma è solo sostenuto da menzogne, menzogne che hanno arrecato danni non solo a me, anche ad altre persone».

Ma perché allora la Hunziker si accanisce nei confronti di personaggi ormai dimenticati e si trasforma in una matrigna virtuale di una causa persa da sempre? Che cosa la spinge a farlo?

Simioli ci promette di scoprirlo: «Oltre a ciò che leggo nel suo libro, devo assistere al teatrino di dichiarazioni fasulle, interviste pilotate, omissione di nomi, gossip a tutto campo, si intuiva già il clamore che avrebbe prodotto  il libro, ciò che non era intuibile, il perché Michelle ha omesso i nomi, già  PERCHE' ? Visto che la vicenda è arcinota, così pure i personaggi, credo che la spiegazione, sia abbastanza semplice, esiste senz'altro una ragione. Quale, potrebbe essere?».

Perciò scopriremo quale potrebbe essere il movente che ha spinto Michelle Hunziker a cavalcare quest’onda di fango che rischia di farla affogare. Capiremo perché si espone al ridicolo davanti a tutti con affermazioni che vengono immediatamente smentite, come quella in cui dichiara che la madre Ineke era una manager quando in realtà, stando a Simioli, che dovrebbe ben conoscerla, era semplicemente una venditrice porta a porta.

Ma Simioli ha le idee chiare e dice che il motto delle due Hunziker è risaputo ed ha profonde radici storiche: «Riferito sempre alle due furbe, madre e figlia, Hunziker, il 22 luglio del 2013 pubblicai il post, ‘Michelle, Ineke Hunziker e il loro motto Mors tua, vita mea’ (visibile in questo blog) dove anticipavo le stronzate che stanno contraddicendo adesso, glissando, celando. Travisando».

E quindi ci troviamo improvvisamente esposti a un nuovo volto di Michelle. Non più angelico, ma calcolatore. Non più simpatico, ma fasullo e cinico. Una carriera iniziata con un celeberrimo «fondo schiena» (famosissimo lo spot dell’intimo che tanto la rese famosa e desiderata dai maschietti di mezza Italia)… che rischia di finire all’insegna della medesima parte anatomica.

Forse Michelle dovrebbe recitare, a mo’ di mantra, proprio lo slogan di quella pubblicità: «Per stare così bene davanti, bisogna avere una bella storia dietro». Le servirebbe la guida e da monito, come del resto lei stessa ci ricorda...

lunedì 4 dicembre 2017

Aggiornamento breve - «Sbatti il mostro in prima pagina»

Siamo alle solite.



Accuse infamanti e generalizzate, in questo caso contro la Chiesa Cattolica.




Sì, proprio la stessa Chiesa di cui è portavoce quel Don Aldo Buonaiuto che è anche un loro stretto collaboratore.

Sonia Ghinelli del FAVIS (alias Ethan Garbo Saint Germain) e Lorita Tinelli del CeSAP hanno sempre parole velenose per tutte le religioni e i movimenti spirituali.

E i loro sostenitori non mancano di rincarare la dose estendendo il loro livore a tutto ciò che è religione o spiritualità.



Ci permettiamo una piccola riflessione in proposito.

Che dei crimini raccapriccianti come quelli descritti nei casi di cronaca nera in questione vadano condannati (dalla magistratura, però, dopo i debiti accertamenti) non vi è alcun dubbio: la vita umana, specialmente quella dei bambini, non merita un trattamento tanto turpe e devastante.

Si badi bene come già nel titolo di questo post viene detto chiaramente che Don Giovanni Trotta è «imputato» e non «condannato con prove inconfutabili». Ciò detto, non vi sarebbe scusa né giustificazione alcuna se avesse commesso davvero quegli atti orripilanti, a maggior ragione in virtù del ruolo spirituale che ricopriva. Eppure, nell'ordinamento giuridico italiano si dovrebbe (condizionale d'obbligo) essere innocenti fino a prova contraria e non colpevoli fino a prova contraria.

Dunque, a tutti i costi è necessario «sbattere il mostro in prima pagina» con nome e cognome prima ancora che si siano fatte le indagini del caso?

E una volta puntato il dito accusatore (con nome e cognome) contro chi è indagato per un reato tanto grave, dopo aver scagliato la prima pietra, è anche tanto indispensabile generalizzare per mettere ideologicamente sotto accusa un'intera chiesa?

Ai lettori, come sempre, il giudizio.

venerdì 1 dicembre 2017

I «Toni» melodrammatici di Occhiello e dell’Associazione Italiana Vittime delle Sette

Mercoledì 21 Giugno 2017, presso la Sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, si è tenuta una conferenza stampa per la presentazione dell’associazione AIVS, Associazione Italiana Vittime delle Sette (della sua genesi parliamo in un post precedente).


In una cornice solenne e di assoluta autorevolezza come quella del Senato, si è concesso che alcuni individui, privi di reali qualifiche o titoli accademici in materia di religione o di sociologia, sferrassero un pesante attacco ad una minoranza religiosa recentemente riconosciuta dallo Stato Italiano, il Buddismo Soka Gakkai.

Antonio Occhiello, nato a Cerignola (FG) 20 Novembre del 1951 e meglio noto come Toni Occhiello, sin da subito si qualifica come presidente dell’AIVS e comincia la sua presentazione dell’associazione. Al suo fianco, l’amica ed alleata nella lotta senza quartiere contro i movimenti religiosi, Lorita Tinelli del CeSAP.



Con loro, anche i parlamentari «anti-sette», già citati in questo blog, Piero Liuzzi e Angela d’Onghia, amici personali della Tinelli e palesemente schierati contro le minoranze spirituali speciosamente ed opportunisticamente etichettate e ghettizzate mediante lo stigma di «culto distruttivo».


Questo è Liuzzi impegnato in un'apologia «in dialetto politichese stretto» di questo attentato alla libertà religiosa (sullo sfondo, una grafica dell'AIVS):


Questa è la D'Onghia intenta a ringraziare la Tinelli per averle offerto l'occasione di partecipare a un'iniziativa tanto «importante» (per chi?):



Riteniamo che l’intervento di Occhiello descriva di per sé, senza troppi commenti, il livello culturale, la bontà e la scientificità dell’iniziativa e dei suoi ispiratori.

Qui di seguito, ne descriviamo i punti salienti.

Al minuto 4’00”, Occhiello definisce la propria accezione del termine «setta» dichiarando: «noi usiamo questo termine per indicare una qualsiasi realtà sociale abusante, che si tratti di una religione o meno». Ci si domanda quale mai credito si possa dare ad una siffatta definizione, o quali testi di teologia, di sociologia o di filosofia della religione siano stati consultati per formularla: evidentemente, nessuno. Da ignoranti, noi preferiamo ricorrere a un buon vocabolario.

Al minuto 5’40”, Occhiello menziona, criticandola, la concessione dell’otto per mille dell’IRPEF all’Istituto Italiano Soka Gakkai da parte del governo Renzi. Qui Occhiello definisce tale confessione «una delle sette più ricche e pericolose del pianeta.» E prosegue dicendo: «Quando dico pericolose intendo in senso criminale, lo dico con profonda conoscenza del problema, avendone fatto parte per trent’anni e conoscendo tutti i retroscena di questa pericolosissima setta che adesso è religione dello stato». Da notare la pausa melodrammatica che Occhiello introduce prima di proseguire il discorso; ci permettiamo di ipotizzare che sia stata preparata ad hoc.

Al minuto 7’08” : «Potremmo dire che le vittime delle sette vengono in tal modo a trovarsi in una posizione niente affatto dissimile da quelle dello stalking o di uno stupro». Ci domandiamo: questa non è una calunnia sic et simpliciter?

Al minuto 9’26”, «Quindi… siamo qui per avvertire le istituzioni. Questa è una religione di stato dell’Italia, che in Giappone è considerata una partner… una business partner della Yakuza, cioè della pericolosissima mafia giapponese. E di questo io ho testimonianza ed esperienza diretta, che potrò condividere con chiunque voglia ascoltarmi».

Al minuto 58’52”, «(…) la famigerata Soka Gakkai ha una divisione che chiama “Divisione Futuro”. Essi stessi, nelle loro pubblicazioni, finanziate ahimè dallo Stato Italiano, propugnano la… o richiedono la collaborazione dei loro adepti per iscrivere i loro bambini anche in età quasi prescolare a queste famigerate divisioni. Un modello organizzativo che – lo dico senza tema – è stato da essi mutuato direttamente da un archetipo nazifascista, del resto assolutamente non sconosciuto al… al sistema nipponico imperiale, prebellico quanto meno, che organizzava appunto i giovani, in queste divisioni; giovanissimi… giovani, anche in età prescolare. Questo esiste. Questo è portato avanti da una religione di stato, lo stato Italiano. Una religione, che non è religione, che ha mutuato, hijacked, scippato, il termine ‘Buddismo’, se ne è appropriato per una comodità meramente politica, economica, affaristica, e che oggi è religione riconosciuta dallo Stato Italiano con tanto di otto per mille». Un attimo dopo definisce tali asserzioni «fatti documentati». Sarebbe più che lecito domandarsi: perché non esibisce i documenti di cui va parlando?

A conclusione della conferenza stampa, viene mostrato un video, che si auto-qualifica come «inchiesta documentaristica: “Soka Gakkai, buddhismo o setta?” – prossimamente su YoutTube»; questo parte al minuto 1h11’38” e parla in termini fortemente sfavorevoli (se non del tutto offensivi) della Soka Gakkai; fra le persone che rilasciano le proprie dichiarazioni, alcuni che sembrano ex membri più di nuovo lo stesso Occhiello, che fra le altre cose dichiara: (minuto 1h14’22”) «usavano delle giovani donne, la Soka Gakkai, per sfasciare i matrimoni della vittima prescelta»; (minuto 1h14’50”) «quando sono stato a Shim … Uzo … come si chiama, non mi ricordo più, il quartier generale della Soka Gakkai a Tokyo, tutto il quartiere è letteralmente presidiato da questi men in black; seppi poi, appresi poi, che questi men in black sono tutti membri della Yakuza; per chi non lo sa, è la mafia giapponese»; (minuto 1h15’16”) «(…) sostiene di essere stata violentata, in gruppo, da un gruppo di responsabili della Soka Gakkai». Di nuovo, la domanda più che lecita è: per accuse tanto infamanti esistono prove? O si deve credere a Occhiello sulla parola?

Abbiamo inoltre alcune ulteriori osservazioni desunte da altri interventi della conferenza stampa AIVS:

L’Avv. Annalisa Montanaro, al minuto 21’17”, afferma «(…) io di sette e di gruppi religiosi che coercizzano il pensiero non ho mai sentito parlare prima di incontrare queste persone che oggi mi hanno coadiuvato (…)». Il che dimostra in modo inequivocabile che Montanaro, pur parlando da un palco di Palazzo Madama, è sostanzialmente impreparata sul tema dei nuovi movimenti religiosi, o quanto meno la sua preparazione si limita a ciò che le è stato riferito da coloro che ella nomina; informazioni che ella ha evidentemente accettate in maniera passiva e senza alcuna revisione personale o approfondimento. Tant’è che, a detta di Montanaro, quella di collaborare con l’AIVS è: (minuto 21’40”) «un’opportunità che mi è stata offerta, e io ringrazio il presidente Toni Occhiello, ringrazio Giuseppe Di Bello che è nella platea, che mi hanno consentito di conoscere queste persone, per confrontarmi con una realtà diversa».

Altrettanto si può dire della On. Angela D’Onghia, la quale al minuto 52’27” afferma: «Devo ringraziare la Dott.ssa Lorita Tinelli che qualche settimana fa mi ha indottrinato in parte sul discorso delle sette, perché io da persona completamente ignorante in materia non pensavo che il discorso delle sette fossero così radicati e presenti nel nostro territorio».

Il testo integrale dell’intervento di Occhiello è disponibile a questo link.

Come sempre, ai lettori il giudizio.