Descriviamo in questo post un ulteriore tassello che si aggiunge ai
molti precedenti (ad esempio
questo o
questo), a proposito di come gli «anti-sette» e i
giornalisti compiacenti al loro seguito producono una
disinformazione che è principalmente composta da circostanze e
fatti adulterati oppure raffazzonati in modo tale che le loro sequenze conducano a
conclusioni fuorvianti.
A innestarsi questa volta (
come in passato) nel solco dei
manipolatori dell’informazione è la trasmissione «
Le Iene», senz’altro arcinota ma spesso contestata,
persino dalla stampa sua consimile oltre che da
specialisti delle bufale:
Autore del «reportage» in questione, come vedremo, è un «giornalista» la cui qualifica poniamo
fra virgolette per una ben precisa ragione che motiveremo più oltre.
Questa volta, nel mirino della
macchina del fango «anti-sette», amplificata dal
megafono mediatico de «
Le Iene», è finita una
congregazione evangelica pentecostale che da alcuni anni raccoglie sempre maggiori consensi fra la gente. Per inciso, ci domandiamo: non sarà proprio questa la
vera ragione di fondo di tanto accanimento, il suo allargarsi sempre più e il suo implicito (ma del tutto involontario) rappresentare una sorta di minaccia per qualche interesse privato e nascosto? Chissà.
Parliamo della «
Parola della Grazia» o
PdG, un’associazione a tutti gli effetti classificabile fra i «nuovi movimenti religiosi», ben descritta dagli studiosi (seri) come una
chiesa pentecostale con caratteristiche proprie e una certa autonomia (qui
qualche spunto per approfondire).
Due settimane fa novembre scorso, questo gruppo religioso con sede in
Palermo (sì, proprio la stessa gloriosa capitale che mille anni or sono fu già esempio mondiale di
libertà di culto, sotto il dominio normanno di re
Ruggero II d'Altavilla), e uno dei suoi principali pastori (
Gioacchino Porrello) è stato preso di mira a causa di un video nel quale un loro
giovane fedele dichiarava di essersi
ritrovato eterosessuale e di aver abbandonato l’omosessualità, che aveva praticato per alcuni anni, ora percepita come un male impostogli dal diavolo e poi superato. Estasiato e quasi inebriato dal proprio ardore per Dio, il ragazzo ha voluto gridare al mondo intero la propria gioia prima di battezzarsi nella sua ritrovata fede e si è raccontato a modo proprio illustrando
la propria esperienza. Ne sono sorte in reazione delle critiche, sulle quali il «giornalista» de «
Le Iene» si è subito avventato.
Consequenziale è stata, nella logica mediatica del
«contenuto» ad ogni costo, la ripresa della «notizia» da parte di altri media (
dalla Sicilia fino
alla Svizzera) che naturalmente hanno fatto il solito effetto «cassa di risonanza».
Così la testimonianza di un giovane fedele di una congregazione pentecostale fuori di sé dalla felicità per aver conseguito un radicale cambiamento nella propria identità sessuale è divenuto una «buona ragione» per
etichettare lui e qualche centinaio di migliaia dei suoi correligionari non come «fedeli» di un certo tipo di spiritualità, ma come «
seguaci» di un qualcosa che il video nel complesso vorrebbe dipingere come «misterioso» o «sinistro».
Un elemento che probabilmente il telespettatore medio non noterà è
l’audio: un complesso di motivetti solo lontanamente musicali, nemmeno una colonna sonora ma più che altro una sorta di effetti o di
gemiti inquietanti, che ricordano un
film dell’orrore. Che c’entrano con l’intervista a un leader spirituale che ispira e guida migliaia di fedeli? Ovviamente non vi hanno
nulla a che fare, ma sono funzionali a creare
un’atmosfera, un
sound che trasmette un certo timbro emozionale.
Si sfiora il
ridicolo anche nella descrizione della struttura in cui si riuniscono i fedeli di
PdG, ovviamente una «chiesa», ma messa in dubbio e descritta come qualcosa di insolito da un «giornalista» che evidentemente non ha mai aperto un vocabolario per scoprire che «
chiesa» significa sin dall’origine della parola «adunanza, assemblea» per poi passare a rappresentare un «
edificio dedicato al culto», specie se cristiano (come nel caso di specie).
Proseguendo, nell’intervista (che pare più un «
terzo grado») al pastore
Gioacchino Porrello il «giornalista»
subdolamente dà un’imbeccata per riprendere e rilanciare il solito «
allarme sette»: insinua il dubbio che la sua congregazione sia «
una setta» ma senza esporsi: ossia, induce Porrello a confutare l’accusa facendo apparire che sia lui stesso a formularla (per poi negarla) sulla base di un paio di
sporadici commenti in Internet (come sempre, a fronte del parere diametralmente opposto di
migliaia di persone che invece testimoniano la bontà della pratica di
PdG e i benefici che ne hanno tratto):
Eppure si tratta di
sporadici commenti, una
percentuale del tutto
infinitesima rispetto a quella rappresentata non solo dai fedeli della
Parola della Grazia, ma anche dalla
maggioranza dei cittadini di differente estrazione religiosa. Ciò nonostante, secondo il «giornalista», quella mezza dozzina (forse) di commenti dovrebbe rappresentare una prova del fatto che
«molti gridano al plagio», o che
«la gente» (minuto 17’00”)
«pensa» che il giovane ex-omosessuale sia stato
«plagiato».
Già qui ci troviamo di fronte a
«fake news»: quel
«molti» è una mera
mistificazione che fa comodo al «giornalista» ed è del tutto strumentale a tenere in piedi il suo «servizio».
Lo stesso vale per la
telefonata (rigorosamente
anonima) che viene fatta sentire successivamente (dal min 22’40” circa) e nella quale
un’ignota signora sparla della congregazione facendo delle
accuse scarsamente circostanziate.
Come giustamente afferma
Gioacchino Porrello in un passaggio che per fortuna non viene tagliato, il «giornalista» sta né più né meno adoperando l’argomento per «
fare audience».
Tanto è vero che la stessa
delatrice anonima sembra finire per
contraddirsi, negando di aver personalmente constatato ciò che qualcun altro le avrebbe riferito accadere:
Anche ammesso che questa
telefonata sia reale (e non artefatta, magari architettata proprio dal «giornalista»), è lampante che
fa acqua da tutte le parti.
Ma non è ancora tutto.
In piena tattica «
anti-sette», un rispettabile e benamato
pastore pentecostale (il padre di Gioacchino Porrello) che ha addirittura rinunciato alla carriera di dottore per coltivare la fede e predicare la parola di Dio, deve per forza venire
dipinto con tinte fosche e con una qualche nomea discutibile:
Peccato che l’asserto
«da medico di base a guaritore miracoloso» sia del tutto
fuorviante rispetto a ciò che affermano i diretti interessati: infatti, né Porrello senior né suo figlio hanno nemmeno lontanamente alluso al fatto di essere mai stati loro a
guarire i fedeli! Caso mai, la loro credenza sta nel fatto che sia
Dio a provocare le guarigioni, compiendo dei
miracoli, per mezzo della fede stessa del suo gregge. Che si sia dello stesso avviso o meno, che si ritenga possibile o meno, che sia scientifico o meno, è tutto un altro discorso e comunque non legittima a mettere in bocca al pastore Porrello delle parole che
non ha mai detto, quando invece lui e il figlio si sono sempre riferiti al Dio
taumaturgo.
E qui veniamo al motivo per cui abbiamo scritto «giornalista» fra virgolette in tutto il post.
Il servizio-fiction de «Le Iene» è stato infatti composto da tale «
Gaston Zama», pseudonimo di un misterioso
Giorgio Romiti molto attivo in Internet ed autore prezzolato di contenuti per il format di Italia Uno, ma che
sull’albo dei giornalisti non figura affatto. Uno
pseudo-giornalista a tutti gli effetti, quindi: chissà se aveva precisato di non avere tale qualifica quando si è presentato presso la congregazione palermitana? chissà se è stato davvero «
trasparente» come a più riprese dichiara di voler essere, pretendendo altrettanto dal suo interlocutore?
È perché su questo «
Gaston Zama» alias
Giorgio Romiti non si riescono a trovare
informazioni precise? Chi è costui? E perché
vuole nascondere le proprie generalità? Perché nel video il suo viso non compare mai? Questa una delle poche fotografie disponibili sul suo
profilo Facebook, sempre ammesso e non concesso che ritragga realmente il viso di Romiti:
Troppi
misteri, troppe
ombre in un servizio
pseudo-giornalistico che vorrebbe essere allarmistico ma quasi quasi nemmeno ci riesce, dato che in alcuni punti finisce per rasentare l’auto-contraddizione.
L’unica cosa che davvero spicca è l'operato tipico degli «
anti-sette»:
manipolare i fatti e le informazioni per far passare al di là dell’evidenza (e soprattutto al di là della verità) un ben preciso
messaggio, ossia che esistono delle fantomatiche «
sette», che rappresentano un «
pericolo» e che praticano il «
plagio» (teoria che, come si è visto ripetutamente
nel nostro blog, è ormai notoriamente anti-scientifica).
Peccato, però, che anche questa volta è sufficiente analizzare accuratamente il «servizio»
pseudo-giornalistico per constatare che la sua veridicità lascia terribilmente a desiderare.