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domenica 31 dicembre 2017

Aggiornamento breve - Oggi a me, domani a te

Come si è più volte denunciato (e si continuerà a denunciare) in questo blog, gli «anti-sette» generano rumore e allarmismo (fondato o meno, per loro non sembra essere molto importante) ai danni di gruppi da loro opinabilmente ritenuti «controversi» o «distruttivi», formulando sospetti e fomentando timori ingiustificati, tanto da arrivare a istigare accuse che si tramutano in indagini e processi, dei quali qualcuno finisce poi vittima.

Ne sono stati casi eclatanti il processo ai «Bambini di Satana», l’inchiesta contro i presunti «Angeli di Sodoma», la vicenda giudiziaria di Fiorella Tersilla Tanghetti additata come la «santona» del bresciano, il caso Arkeon ed altri tutti italiani, per non parlare delle tragedie di risonanza internazionale come il rogo del ranch di Waco (Stati Uniti) del 1993.

Quando a venire sbattuto in prima pagina come «mostro» di turno è un seguace di qualche culto religioso emergente o gruppo spirituale di minoranza, gli «anti-sette» calcano la mano, usano toni forti, lanciano anatemi, gridano allarmi e invocano l’intervento dello stato.

Quando invece è qualcuno dei loro  ad essere sotto accusa, allora diventano improvvisamente garantisti. Emblematico ed esemplare è, a tal proposito, il caso dello psichiatra anti-sette Marco Casonato, indiziato per l’assassinio del fratello dopo anni di litigi per una questione ereditaria. Ne avevamo accennato in un precedente post.

Attualmente Casonato è in prigione per motivi cautelari, tuttavia vale o dovrebbe valere, per lui come per ogni altro cittadino italiano, il sacrosanto principio che si è ragionevolmente innocenti fino a prova contraria.

Ecco come reagiscono gli «anti-sette» e i loro amici a una carcerazione ritenuta ingiusta:


«Il processo mediatico»? Ma guarda un po’, sembra proprio tale e quale ciò che avviene per i «culti distruttivi» ben prima che si possa accertare se hanno commesso qualche marachella o se qualche «ex» inacidito s’è inventato tutto.


Parole sante, non c’è che dire. Ma come mai costoro non insorgono anche quando un devoto di Sai Baba viene messo sotto accusa per aver «manipolato la mente» di qualche suo compagno di fede?


In linea di principio non possiamo che convenire: è ingiusto che una persona rimanga in carcere in attesa che la giustizia faccia il proprio corso, e se proprio ciò deve avvenire, dovrebbe limitarsi a un tempo brevissimo.

Ma perché Di Fiorino e i suoi amici non hanno protestato in modo simile quando a venire tranciati dalle affilate lame della macchina giudiziaria messa in moto dalla mitraglia mediatica «anti-sette» sono stati i quattro giovani pescaresi additati come gli «Angeli di Sodoma»?

Sarà forse una nemesi? Sarà da intendersi come karman?

Eppure anche don Aldo Buonaiuto è stato indagato per pedofilia. Sì, proprio il don Buonaiuto che si scaglia in modo tanto veemente contro le «sette», contro i criminali sessuali e contro gli sfruttatori della prostituzione: fu sotto inchiesta da parte della procura di Ancona all’inizio del 2004 per un’accusa di abuso sessuale ai danni di un minorenne.

In Internet ormai non vi è più alcuna traccia di quella vicenda giudiziaria, evidentemente alquanto scomoda per un prete che deve mantenere un’immagine irreprensibile; tuttavia, un lettore che era a conoscenza del caso ci ha mandato questo contributo:


In poche parole, anche don Aldo Buonaiuto, secondo giustizia, è stato innocente fino a prova contraria. Per l’accusa di pedofilia è stato infatti prosciolto il 29 marzo 2004 «perché il fatto non sussiste» in virtù del fatto che la testimonianza della presunta vittima fu ritenuta «totalmente inattendibile».

Nulla del genere per i seguaci dei nuovi movimenti religiosi: la loro reputazione dev’essere infangata e poco importa se un domani verranno riconosciuti innocenti; così sembrano voler ragionare gli «anti-sette» come lo stesso don Buonaiuto.

Due pesi e due misure, quindi?

domenica 22 ottobre 2017

Aggiornamento breve – Quando la coerenza s’inchina (e lascia il posto) alla convenienza

Come è facile notare da ciò che mette pubblicamente online, Lorita Tinelli ama ostentare quelle che ritiene essere le proprie qualità e prerogative.

Fra queste, le amicizie «importanti», come – per citarne una – il rapporto che, tramite il marito, la legherebbe a monsignor Giovanni Intini, recentemente insediatosi come vescovo di Tricarico (MT):




Di una psicologa tanto ostile al mondo della spiritualità, non si direbbe che possa essere vicina alla religione.

Eppure, quando si tratta di contrastare pubblicamente i movimenti religiosi stigmatizzandoli come «sette», non disdegna affatto una partecipazione attiva alle attività del «GRIS» («Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-Religiosa», fu «Gruppo di Ricerca e Informazione sulle Sette»), organismo cattolico forte dell’imprimatur della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ormai da trent’anni.




Superfluo commentare l’approccio meravigliosamente scientifico – oltre che di immensa apertura mentale – che si ravvisa in un asserto come «la libertà religiosa diventa una trappola».

Ma la collaborazione col GRIS non si limita ad una partecipazione sporadica a un convegno, al contrario è evidenziata anche in contributi alla rivista di questo gruppo cattolico intransigente:



Data l’amicizia altolocata all’interno del clero e l’affinità di intenti con il GRIS, ci si aspetterebbe quindi non tanto una forma di deferenza nei confronti della Chiesa Cattolica, ma per lo meno un qualche rispetto nei riguardi del cristianesimo in quanto religione, peraltro condivisa e praticata da centinaia di milioni di persone.

Le attività del CeSAP e di Lorita Tinelli, invece, mostrano qualcosa di ben diverso.

Post come questo, ad esempio, in cui il cristianesimo viene citato come elemento di un «culto» considerato «distruttivo»:



Si potrà ragionevolmente obiettare che questo post non critica minimamente la Chiesa Cattolica. Vero, anche se il messaggio recepito da chi leggesse (come una gran quota della popolazione di Facebook fa) solo il titolo dell’articolo citato nel post, conterrebbe un’assimilazione fra «cristianesimo» e i concetti di «promiscuità» (evidentemente sessuale) e di «pedofilia». Tant’è che l’amico per la pelle della Tinelli (e noto oppositore dei Testimoni di Geova), Stefano Martella, commenta proprio con una frecciata al Vaticano.

D’altronde, è sufficiente una rapida occhiata proprio al sito del CeSAP, seguita da un fugace clic, per riconoscere la portata delle «informazioni» de facto anti-cattoliche diramate e propalate dalla Tinelli:




Sul menù di sinistra, abbiamo fatto clic alla voce «Pedofilia»; scegliendo «Rassegna stampa», ecco cosa viene visualizzato:




Una lunga lista di articoli la cui maggioranza riguarda casi di pedofilia nella Chiesa Cattolica.

Lorita Tinelli è evidentemente convinta di svolgere un servizio pubblico.

I post, infatti, sono di questo tenore:




Ma la «denuncia» del CeSAP non riguarda solo casi di pedofilia nella Chiesa Cattolica.

Ecco un’altra breve estrapolazione del materiale disponibile contro gli esponenti cattolici di vario rango:



Qui invece l’attuale presidente del CeSAP, Luigi Corvaglia, tuona contro «Rinnovamento nello Spirito»:



Tutte storie davvero agghiaccianti, che contribuiscono a incrementare il senso di insicurezza e di allarme della gente nei confronti del clero cattolico. Su questo si potrebbe obiettare portando ad esempio malcostume e corruzione, purtroppo conclamati e diffusi in certi ambienti religiosi: sebbene sarebbe stupido negarli, è pur vero che non si fa un’adeguata informazione descrivendo esclusivamente il lato negativo di un fenomeno. Bisognerebbe anche (per lo meno) menzionarne il lato positivo. Altrimenti si tratta di  «informazione» a senso unico, quando non mera propaganda.

Di questi orribili fatti cattolici la psicologa del CeSAP avrà dato conto anche al monsignore citato in questo articolo, che ha ricevuto in quanto assessore comunale nel suo paesino in Giugno del 2016?